lunedì 28 maggio 2018

Oblati per tutte le stagioni: Raffaele Miele

 
Qualcuno conosce Fratel Raffaele Miele? Io no, almeno fino ad ora. Si dà il caso che oggi sia l’anniversario della sua morte, così ho dato uno sguardo alla sua vita. Che bella sorpresa!

Nato nel 1875 ad Andretta (Avellino), andò in America per cercare fortuna... e in effetti la trovò!
Prima di partire aveva dato disposizione che la sua parte di eredita (non doveva essere granché se andava in America a cercare fortuna) andasse in parte alla matrigna (di vede che il padre si era risposato quando lui era ancora piccolo) e il resto alla “SS. Vergine” (alla parrocchia, mi pare di capire), come scriverà più tardi al Superiore generale.
Negli Stati Uniti, nel New Jersey, leggendo un libro spirituale, sentì la chiamata del Signore e dopo due anni tornò in Europa con l’intenzione di andare in Terra Santa per condurvi vita eremitica. A Marsiglia, al santuario di Nostra Signora della Guardia, si confessò da un Oblato, p. Bessière, che lo dissuase dall’idea del pellegrinaggio e lo mandò a Saint Pierre d’Aosta per fare il noviziato degli Oblati. Temendo però che fosse messo in carcere perché di fatto risultava renitente alla leva e quindi disertore, il maestro dei novizi lo inviò nella casa di formazione a Urmieta in Spagna.
Al termine del noviziato il maestro dei novizi scrisse di lui che si era comportato in maniera eccellente ed era uno di quegli uomini riservati che si fanno conoscere più attraverso le azioni che le parole, e che le sue azioni lo mostravano fedele e fervente. Svolgeva con impegno il compito di giardiniere, non stava mai con le mani in mano, non c’era bisogno di dirgli cosa dovesse fare perché capiva da sé il lavoro che c’era da fare, anzi faceva anche quello che gli altri trascuravano di fare. Insomma: «ha proprio la vocazione!».

Per 33 anni ha servito con fedeltà’ e amore la Congregazione. Appariva rude ed un po’ selvatico, ma nascondeva grandi ricchezze interiori. Di grande vita interiore era noto per la sua ubbidienza.
Bella una lettera scritta nel 1915 al superiore generale per fargli gli auguri onomastici nella festa di sant’Agostino, «pregando N.S. Gesù Cristo e la sua Immacolata Madre di volervi accordare tutte le grazie che il vostro cuore desidera in questa festa. Che sant’Agostino vi ottenga prima di tutto una ardente carità per Dio e per il prossimo e poi un po’ della sua scienza in quanto sia necessaria per bene dirigere il piccolo gregge che il Signore le ha confidato, quanto sia necessario per la di lei santificazione: io farò una novena a questa intenzione». Continua dicendosi contento della nuova comunità… gli dispiaceva solo di vedere alcuni fumare, cosa che non andava bene per dei religiosi…

Ricoverato al Cottolengo di Torino per subirvi un intervento chirurgico, fu così edificante
per la rassegnazione e la preghiera continua, che le Suore lo chiamavano il “Santo”.
Ai confratelli di San Giorgio che andavano a fargli visita diceva sorridendo: “Arrivederci
in cielo”.
Fu felice di morire nella casa dei poveri il 28 maggio 1937, all’età di 62 anni.


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