martedì 31 dicembre 2019

Un foglio bianco per l’anno nuovo


L'icona della Madre di Dio nella mia stanza
«Io sono un foglio bianco, dove lo scrittore può scrivere ciò che vuole. Faccia di me ciò che vuole il Signore dell’universo».
Così fa dire Origine a Maria, in uno dei testi più belli che ho citato mille volte nei miei scritti e che non mi stanco mai di rileggere.
I paradossi, le antitesi di Maria: vergine e madre, umile ed esaltata, serva e regina.
Si presenta davanti a noi, all’inizio dell’anno, come la Madre di Dio, il titolo che più d’ogni altro dice la sua grandezza e l’ha resa altissima.
Questa sua eccelsa dignità non l’allontana da noi, anzi, ce la rende vicinissima, della stessa vicinanza di Dio, più intimo a noi di noi stessi. Se Dio è ovunque, con la sua potenza e la sua grazia, lì c’è anche Maria, la Madre sua.
Madre di Dio è Madre di misericordia, tutta piegata verso di noi, capace di giungere dove giunge la misericordia di Dio che in Gesù è penetrata nel più profondo della nostra miseria: Madre di Dio e madre nostra, rifugio dei peccatori.
Il suo segreto di tanta pienezza d’essere sta nel suo non essere: un foglio bianco. E perché tale Dio ha potuto scrivere le sue meraviglie.

È l’augurio per il nuovo anno: un foglio bianco, la disponibilità piena, la fiducia senza limiti in Dio, pronti ad accogliere tutto quello che egli ci manderà, gioie e dolori, sicuri che tutto è dono, tutto viene dalla sua bontà, tutto è per il nostro bene.
Se così, non potrà che essere un anno meraviglioso, pieno di sorprese e di opere buone.


lunedì 30 dicembre 2019

Non c’era posto per loro… ma



Il presepe della nostra cappella
A proposito di “Non c’era posto per loro”…

In questi giorni ho sentito la storia di una maestra degli Stati Uniti che ha preparato il presepe vivente.
Ogni bambino della sua classe doveva essere coinvolto… anche quello, diciamo, un po’ meno dotato.
A quest’ultimo la maestra ha trovato una parte facile: doveva stare seduto a un lato del palco con una porta davanti a lui. Quando sarebbero venuti Giuseppe e Maria a bussare doveva dire: “Qui non c’è posto per voi”. Facile.
Finalmente la recita. Arrivano Giuseppe e Maria, bussano alla porta, e il bambino dice: “Qui non c’è posto per voi”. Poi però. vedendo che i due se ne vanno via tristi, si alza in piedi e grida: “Però potete venire a casa mia!”.


domenica 29 dicembre 2019

Auguri di un Natale perenne!



Tra i tanti auguri che mi sono giunti ce n’è uno, dagli Stati Uniti, aperto a tutto l’anno!:

Quest’anno festeggiare Natale solo il 25 dicembre mi sembra troppo poco. Ci sono stati tanti Natali durante questi mesi, tante occasioni in cui Dio, l’Amore si è fatto presente e si è lasciato incontrare, donandomi il senso più vero di questa festa: il divino sa farsi piccolo, fragile, nascosto e si fa toccare da noi, sa farsi uno di noi. Quanti incontri di Natale accadono ogni giorno, quante occasioni in cui possiamo celebrarli o ignorarli. Vorrei augurarti un Natale perenne, attento alle sorprese e agli incontri in cui “viene in mezzo a noi” e sa parlare al cuore e alla vita. Auguri di un Natale perenne!

sabato 28 dicembre 2019

I sogni di Giuseppe



“… un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe…” (Mt 2, 13-15. 19-23)
Sono tre i sogni di Giuseppe nel Vangelo di oggi, più quello prima della nascita di Gesù, e fanno quattro.

Ai suoi amici Dio parla in sogno, dai patriarchi all’apostolo Paolo.
Hanno sognato veramente e Dio si è rivelato mentre dormivano.
Un modo per far capire che è lui che guida la nostra vita e lo fa con delicatezza, suggerendo più che imponendo.

E Giuseppe è docile. Pensa, ragiona, pianifica… ma poi lascia fare a Dio, si fida e segue le sue indicazioni. 
Ed è sempre per il meglio.


venerdì 27 dicembre 2019

Domenico Mangano: La scelta del dialogo


Il 9 novembre 2017 sul mio blog scrissi alcune parole su Domenico Mangano:
Il computer mi segnala che in questi giorni quel post è stato visitato 129 volte. Da chi? Perché?
Impossibile saperlo. Però è una strana coincidenza, perché in questi stessi giorni ho letto tutti gli scritti che Mangano ha pubblicato sui diversi giornali. Una lettura che mi ha mostrato un uomo estremamente concreto, a contatto con tante persone che, come impiegato dell’IMPS e consigliere comunale, ha cercato di aiutare a risolvere i mille problemi pensionistici e fiscali. Nello stesso tempo un uomo con ideali grandissimi. Fra l’altro scrive: “La politica è una via alla santità”. Penso che per lui lo sia stato veramente.

Mi ha colpito l’ultimo articolo che ha scritto per Città Nuova, intitolato “La scelta del dialogo”. Mi è sembrato un testamento:

“Una schiera di donne e uomini “del dialogo”: di questo oggi c’è bisogno (…) Di politici “del dialogo”, certamente. Ma anche e soprattutto di comuni cittadini, giovani, adulti e anziani che smessi i panni dei guelfi e ghibellini, sappiano indossare l’abito della tolleranza per riuscire ad ascoltare le ragioni dell’altro pur nella convinzione delle proprie idee. In questa schiera di cittadini anonimi, i cristiani dovrebbero essere in prima fila. (…) Credere nella democrazia, e lavorare, tutti insieme, perché essa diventi più computa; adoperarsi per favorire il bene comune, gli interessi generali, il senso dello stato; avere nel governo della cosa pubblica, a livello locale, nazionale e internazionale un occhio “preferenziale” per i poveri, i meno abbienti…: questi valori non sono né di destra né di sinistra, sono valori e basta e sono valori profondamente cristiani e profondamente laici. Richiedono di essere ricompresi e rivissuti da tutti i cittadini con più forte volontà e, forse, con un supplemento d’anima. Prima ancor di far valere le ragioni delle proprie scelte partitiche, c’è bisogno oggi di una numerosa schiera di semplici cittadini, comuni, proiettati verso un’autentica, lunga stagione di dialogo, nel proprio e nell’opposto schieramento, per immettervi germi di tolleranza: ne siamo sicuri, anche i “politici” saranno contagiati” (1996, n. 6).

giovedì 26 dicembre 2019

Il presepe della Chiesa

In attesa che qualche pittore
dipinga un presepe con santo Stefano
ci contentiamo della reliquia del sasso
con cui fu lapidato,
gelosamente custodito a Prato


Nel nostro presepe, attorno al Bambino, ci sono Giuseppe, Maria, i pastori, i magi…
Nel presepe liturgico, attorno al Bambino, la Chiesa ha messo Stefano, Giovanni e i santi Innocenti.
Giovanni va da sé, è il discepolo amato.
Ma gli altri?
La presenza di Stefano e degli Innocenti ci ricorda da subito che Gesù è “segno di contraddizione”, come lo chiamerà poco dopo la nascita il vecchio Simeone. Ci si schiera subito con lui o contro di lui.
Egli viene per dare la vita e chiede la vita.
La notte di Natale il cielo si spalancò per far scendere Dio.
Al martirio di Stefano il cielo si spalancò per far salire l’uomo.
Da allora è tutto un traffico!

mercoledì 25 dicembre 2019

Per loro non c'era posto

Presepe nell'Aula della Scuola Abbà

Nei racconti popolari del Natale, a cominciare dalla poesia di Gozzano, Giuseppe e Maria arrivano a Betlemme di corsa e si affannano a cercare un alloggio, proprio all’ultimo minuto, quando sta per nascere il bambino. Che imprevidenti e incapaci!
Il Vangelo dice semplicemente che i giorni del parto si compirono “mentre erano là”. Figuriamoci se non avevano calcolato bene il tempo della nascita e non erano arrivati in anticipo, in modo che tutto avvenisse bene, con calma.
Dov’erano? Il Vangelo parla di un “alloggio”, in greco katalyma. Certamente non è una locanda, per indicare la quale Luca usa un’altra parola (cf. 10, 34). Giuseppe e Maria non sono due viaggiatori sprovvisti che arrivano in fretta e bussano al primo albergo che capita. Luca usa la stessa parola katalyma per indicare la sala del cenacolo (22, 11).
È quindi la stanza di una casa, quasi certamente dei parenti di Giuseppe presso i quali si erano recati. Le case di allora avevano una sola stanza, spesso costruita a ridosso di una grotta, che spesso serviva da stalla e da deposito per la riserva di viveri. Ed è forse nella grotta – il Vangelo parla solo di mangiatoia – che invitano Maria a partorire. Già nel secondo secolo Giustino è testimone della tradizione secondo la quale Gesù era nato in una grotta. L’ospitalità è sacra ed i parenti erano stati accoglienti, ma la nascita di un bambino…

Comunque siano andate le cose rimane quella frase così dura: “per loro non c’era posto nell’alloggio”.
Come non c’era posto! In questo mondo non c’è posto per colui che ha creato il mondo?
E siamo solo all’inizio!
Più avanti Gesù stesso dirà che le volpi hanno tane e gli uccelli nidi, “ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20).
Anche per morire non c’è posto per lui in città: verrà crocifisso fuori della porta della città (cf. Eb 13, 12).
L’evangelista Giovanni riflette su questi fatti: il Verbo di Dio era la luce, ”ma le tenebre non l’hanno accolto… Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (1, 5. 11)”.
Che dramma!
E non andò in una locanda, venne tra la sua gente! Sono i suoi che non l'accolgono...

La storia si ripete.
Quando volte Gesù si presenta a noi, travestito da altre persone, e noi non lo riconosciamo, non lo accogliamo, lo mettiamo in una stalla…

“A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12).
Si può immaginare ricompensa più grande?


martedì 24 dicembre 2019

Avvolto in fasce, avvolti di luce



Maria avvolse il bambino nelle fasce. Un gesto materno, pieno di tenerezza e d’affetto. Un gesto preparato fin da quando aveva saputo di essere in attesa di un bambino. L’angelo lo aveva annunciato come «Figlio dell’Altissimo», ma sarebbe pur stato un bambino. Certamente, premurosa, partì da Nazareth con l’occorrente per il parto, anche se sant’Alfonso de Liguori canta: “mancano panni e fuoco…”.
Natale: mistero di Dio che si fa uomo nella fragilità di un bambino che ha bisogno di essere avvolto in fasce per essere riparato dal freddo.
In quel gesto amorevole della Madre i Padri della Chiesa hanno visto l’umanità, significata dalle fasce, che avvolge la divinità: Gesù è vero Dio e vero uomo. Non è un mito, non una favola bella. Le fasce dicono la verità del suo farsi uno di noi.
Quel gesto della Madre prelude a quello che compiranno molto più tardi, dopo la tua morte, altre donne, quando lo avvolgeranno in un altro panno. Là si vedrà ancora più chiaramente che Gesù si è fatto veramente uomo, avvolto dalla nostra miseria, dal nostro peccato, dalla nostra morte.

La notte di Natale conosce un altro evento, di segno opposto: la gloria del Signore avvolge di luce i pastori. Se avvolgere con panni il bambino esprime un gesto materno, avvolgere di luce i pastori esprime un gesto paterno di Dio di altrettanta tenerezza e amore, pensato fin dall’inizio dei tempi, e prima ancora, da tutta l’eternità. Ed è segno dell’umanità divinizzata.
È un’umanità semplice quella che Gesù incontra nel suo nascere: non sa né leggere né scrivere, vive ai margini dei villaggi, è scartata e temuta. Sono gli ultimi e Dio li avvolge di luce, li trasfigura, rendendo loro la dignità regale di figli di Dio.
Natale: l’uomo accoglie Dio ed è trasformato in Dio. Divino e umano, Cielo e terra si abbracciano. È il «mirabile scambio» cantato dai nostri antichi Padri: l’uomo dà a Dio la sua umanità – le fasce –  e Dio dà all’uomo la sua divinità – la luce.
Figlio di Dio, Gesù si fa uomo per fare dell’uomo il figlio di Dio, avvolto di gloria. Scende su questa nostra terra per innalzarci nel suo Cielo. Spegne la sua luce, si rende opaco, nasconde la tua gloria nella piccolezza di un comune bambino, per accendere in noi il divino.


lunedì 23 dicembre 2019

Novena di Natale: Venisti in povertà, ma...


L'ultimo giorno della novena di Natale l’hanno preparato i bambini di una IV classe elementare di Roma. Hanno avuto tra mano il mio libretto Natale. C’è un regalo per te, hanno scelto una poesiola, l’hanno recitata (mi hanno mandato l'audio!), commentata… e finalmente mi hanno preparato un loro libro, che riprende il titolo del mio: C’è un regalo per te. Un autentico regalo che ricevo molto volentieri e altrettanto volentieri condivido. C’è il testo della poesia, alcuni disegni, le parafrasi… Ne scelgo due:

Gesù è venuto sulla terra in povertà ma ha voluto pastori e magi che rappresentassero l’umanità. In questo Natale 2019 vuole che tutti noi lo accogliamo con il nostro amore, non che solo una famiglia lo faccia. Gesù è venuto sulla terra in povertà in una capanna accolto da angeli e stelle, con animali che lo riscaldano e una mangiatoia dove dormire. Oggi vuole il cielo e la terra rinnovata da lui. Penso che questa poesia sia molto bella perché parla di come Gesù era stato accolto duemila anni fa e come noi possiamo farlo meglio oggi. Alice.

Quando Gesù è venuto sulla terra è venuto povero, ma ha voluto per sé pastori e magi che rappresentano l’umanità. In questo Natale 2019 Gesù vuole essere accolto da tutte le famiglie riunite della terra. Quando Gesù è venuto sulla terra è venuto povero, ma ha voluto per sé la natura, gli angeli e le stelle. In questo Natale 2019 Gesù vuole che anche il cielo e la terra siano fatti nuovi da lui che vive tra noi. Questa poesia mi è piaciuta, perché parla di come Gesù è un amico nostro e noi dobbiamo accoglierlo tutti insieme. Allegra.

Ed ecco la poesia, che avevo scritto nel 1994

La povertà del Natale

Venisti in povertà,
ma volesti per te madre e padre.
Oggi che torni
aspetti ancora una famiglia
che ti accolga
nel calore dell’amore.
Non basta un cuore a farti casa
vuoi i nostri cuori
uniti.

Venisti in povertà,
ma volesti pastori e magi.
Oggi che torni
non basta l’attesa di una famiglia.
Vuoi la tua gente raccolta
dall’amore nostro.

Venisti in povertà,
ma volesti
e paglia e animali e legni e sassi
e angeli e stelle.
Oggi che torni
attendi cieli e terra
fatti nuovi
da te
che vivi tra noi.

domenica 22 dicembre 2019

Racconto di Natale: Il bue e l’asinello di Gesù



Questa volta la Novena di Natale, sul tema del presepe, la faccio io con il “Canovaccio per una recita di bambini”

Tanti anni fa, in una città chiamata Betlemme, vivevano un bue e un asino. Di giorno lavoravano nei campi e quando veniva la sera il padrone li conduceva nella stalla dove passavano la notte.
Asino: Che bella giornata, oggi. Ho corso su e giù per le colline. Mi fa bene l’aria aperta. La respiro con la testa all’insù. Mi sento un re.
Bue: A me invece piace stare tranquillo, sdraiato per terra a mangiare lentamente.
Asino: Pensi sempre a mangiare. Anche adesso che è scesa la notte rumini come un bue.
Bue: Ma io sono un bue, un bue pacifico, non sono come te, sempre agitato. Vuoi stare fermo un attimo, cos’hai, sembri proprio un somaro.
Asino: Ma io sono un somaro. Cosa ho fatto di male per stare con te. Con quelle corna ridicole, sei proprio un bue.
Bue: Saranno belle le tue lunghe orecchie d’asino, sei proprio un somaro.

Padrone: Volete stare un po’ zitti? Che avrete da litigare sempre come cane e gatto?

Asino: Hai sentito il padrone? Cane e gatto? Noi siamo bue e somaro.
Bue: Va bene, d’ora in avanti si cambia proverbio, si litiga come bue e somaro.

Il padrone uscì sulla porta, la lasciò aperta e si fermò un attimo a guardare il cielo.
Che cielo stellato, quella notte. Non si erano mai viste tante stelle come quella notte.
Dal fondo della stalla anche l’asino scorse un angolino di cielo.
Asino: Hai visto quella stella laggiù come brilla? È una stella cometa.
Bue: Non fare il poeta. Adesso anche le stelle. Pensa a mangiare prima di dormire.
Asino: La vuoi smettere di fare il bue? Alza un po’ quel faccione e guarda fuori.
Bue: Lasciami in pace.
Asino: Con te non si può proprio ragione, sei un testone.

Padrone: Ricominciate a litigare? Proprio cane e gatto.

Il padrone chiuse la porta e se ne andò.
I due non si parlarono più, tanto era inutile, tutto finiva in discussione. Proprio due caratteracci, opposti, incompatibili.
- Ma chi ci ha messo insieme? Pensò l’asino.
- Ma perché ci hanno messo insieme? Pensò il bue.

Non era passato molto tempo che la porta si aprì di nuovo.
- Avanti avanti, entrate pure – disse il padrone. Lo so, questo alloggio non è un gran che ma almeno starete all’asciutto. Prego prego accomodatevi, qui c’è della paglia pulita, potete distendervi, fate come foste a casa vostra.

- A casa vostra, mormorò il bue continuando a ruminare, chiamala casa!
- Entrate pure come fosse la vostra stalla, sillabò l’asino facendo il verso al padrone.
- Ma cosa dice il padrone, questa è casa vostra? Questa è casa nostra. Si stava già stretti in due, ora siamo in quattro….

- Chi sono questi due poveri diavoli intirizziti dal freddo? Domandò il bue.
- Giovani e poveri, sentenziò l’asino.

Asino: Mi pare che qui sta per nascere un bambino.
Bue: Le cose si mettono male, pensa agli strilli del bambino.
Asino: Ci toccherà passare la notte in bianco.
Bue: Non chiuderemo occhio.
Asino: Per te sarà un grande problema, visto gli occhioni grandi che ti ritrovi, pio bove.
Bue: Il problema sarà tuo, con quelle orecchie d’asino che ti ritrovi sarai frastornato dai vagiti.
Asino: Questa proprio non ci voleva. Domani ci aspetta il lavoro.
Bue: Gliene direi quattro al padrone, questa è la nostra stalla, perché ha portato dentro questi intrusi?

Asino: Guarda com’è bella la mamma.
Bue: Guarda che bell’uomo è il papà.
Asino: Guarda com’è bellissimo il bambino.
Bue: Ti danno fastidio i suoi strilli?
Asino: Macché strilli, non senti che è un canto?
Bue: No, sono strilli.
Asino: No, è un canto. Ma ascolti con le corna invece che con le orecchie?

Asino: E se invece di riprendere a litigare pensassimo a riscaldare il bambino?
Bue: La notte è proprio fredda.
Asino: Fammi sentire il tuo alito. Va bene, non ha il solito cattivo odore.
Bue: Senti chi parla, boccuccia di rosa.
Asino: Basta, cominciamo a scaldarlo col nostro respiro.
Bue: Almeno per una volta facciamo qualcosa di buono insieme.

Asino: Hai visto? Si è addormentato.
Bue: Sembra stia bello caldo.
Asino: Allora passiamo la notte così, con lui in mezzo a noi?
Bue: Tra il bue e l’asinello…
Asino: Che non sono più cane e gatto.
Bue: Siamo il bue e l’asinello di Gesù.
Asino: Strano, mi sei simpatico, non ti avevo mai visto così.
Bue: Ci ha fatto fare amicizia.
Asino: Il bue e l’asinello di Gesù.


sabato 21 dicembre 2019

Novena di Natale: il silenzio di Giuseppe



Il quadro alla porta della mia stanza
«Mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore» (Mt 1, 18-24).

In questa quarta domenica di Avvento il tema nella Novena di Natale è già assegnato: il Vangelo ci parla di Giuseppe, uno dei tre personaggi principali del presepe, assieme a Maria e a Gesù.

Il presepe della mia stanza è tutto riassunto in questi tre personaggi: è una bella statuina di legno di artigianato locale che anni fa mi hanno regalato in Madagascar.
Non si sa bene chi dei tre sia il protagonista principale: Gesù che sembra sparire nelle braccia della madre, Maria che è tutta protesa nello stringere a sé il bambino, Giuseppe che domina la scena silenzioso e un po’ discosto.

Ma se tu dicessi almeno una parola! Gesù parla e parla, si sa, è il Verbo di Dio, la Parola! Maria prende la parola soltanto sei volte nel Vangelo, ma che parole! E quando si lascia andare canta addirittura un grande inno come il Magnificat. Ma tu una parola… nemmeno a cavartela con le tenaglie.
Però pensare pensi, altroché: “pensò” dice il Vangelo, e poi aggiunge “mentre stava considerando queste cose” (letteralmente : ”aveva queste cose nell'animo”). Certo che avevi nell’animo un bel peso. Non ne hai fatto parola con nessuno. Eppure qualcuno ti ha ascoltato, se viene l’angelo e ti dice: “Non temere”. Avevi paura, vero? Come tirarsi fuori da una situazione così seria e complicata e misteriosa?
Eppure ce l’hai fatta. Con la pazienza, la preghiera, il silenzio. Dio ascolta e interviene. Tutto si aggiusta per l’uomo giusto!

Non parli, ma le cose le vivi con intensità, sei uno che fa, un uomo d’azione. Non soltanto perché sei un lavoratore: mani callose e muscoli. Ti dicono di andare? Vai. Ti dicono di stare? Stai. Concreto. Nazareth, Betlemme, Gerusalemme, profugo in Egitto, di nuovo Nazareth. Con due tipi accanto che hanno davvero qualcosa di eccezionale. Ma a te non danno soggezione, non nutri neppure inutili sensi di inferiorità. Sei tranquillamente te stesso, con la tua personalità forte, sereno, buono, un artigiano senza pretese, dedito alla famiglia.
Nel mio presepe te ne stai in piedi, custode dei due inermi davanti a te, proteggendoli nella loro intimità.
Ti penso anche dietro di me…


venerdì 20 dicembre 2019

Novena di Natale: Il presepe di papa Francesco


Il presepe di papa Francesco in piazza san Pietro
Come prepararsi al Natale? si è domandato papa Francesco mercoledì scorso durante l’udienza. «Un modo semplice ma efficace di prepararsi – ha spiegato – è fare il presepe. Anch’io quest’anno ho seguito questa via: sono andato a Greccio, dove San Francesco fece il primo presepe, con la gente del posto».
Allora oggi la Novena di Natale ce la facciamo fare dal Papa, ce ci presenta un altro volto del presepe.

Il presepe «è come un Vangelo vivo». Porta il Vangelo nei posti dove si vive (…). E lì dove viviamo ci ricorda una cosa essenziale: che Dio non è rimasto invisibile in cielo, ma è venuto sulla Terra, si è fatto uomo, un bambino. Fare il presepe è celebrare la vicinanza di Dio. Dio sempre è stato vicino al suo popolo, ma quando si è incarnato e nato, è stato molto vicino, vicinissimo (…) è reale, concreto, vivo e palpitante. (…)

Il Bambino nel presepe ci trasmette la sua tenerezza. Alcune statuine raffigurano il “Bambinello” con le braccia aperte, per dirci che Dio è venuto ad abbracciare la nostra umanità. Allora è bello stare davanti al presepe e lì confidare al Signore la vita, parlargli delle persone e delle situazioni che abbiamo a cuore, fare con Lui il bilancio dell’anno che sta finendo, condividere le attese e le preoccupazioni. Accanto a Gesù vediamo la Madonna e San Giuseppe. Possiamo immaginare i pensieri e i sentimenti che avevano mentre il Bambino nasceva nella povertà: gioia, ma anche sgomento. E possiamo anche invitare la Sacra Famiglia a casa nostra, dove ci sono gioie e preoccupazioni, dove ogni giorno ci svegliamo, prendiamo cibo e sonno vicini alle persone più care. Il presepe è un Vangelo domestico. (…)

Il presepe ci offre un altro insegnamento di vita. Nei ritmi a volte frenetici di oggi è un invito alla contemplazione. Ci ricorda l’importanza di fermarci. Perché solo quando sappiamo raccoglierci possiamo accogliere ciò che conta nella vita. Solo se lasciamo fuori casa il frastuono del mondo ci apriamo all’ascolto di Dio, che parla nel silenzio. (…)

Dal presepe possiamo cogliere infine un insegnamento sul senso stesso della vita. Vediamo scene quotidiane: i pastori con le pecore, i fabbri che battono il ferro, i mugnai che fanno il pane; a volte si inseriscono paesaggi e situazioni dei nostri territori. È giusto, perché il presepe ci ricorda che Gesù viene nella nostra vita concreta.
E, questo è importante. Fare un piccolo presepe a casa, sempre, perché è il ricordo che Dio è venuto da noi, è nato da noi, ci accompagna nella vita, è uomo come noi, si è fatto uomo come noi Nella vita di tutti i giorni non siamo più soli, Egli abita con noi. Non cambia magicamente le cose ma, se Lo accogliamo, ogni cosa può cambiare. (…)
Quando noi facciamo il presepe a casa, è come aprire la porta e dire: “Gesù, entra! Perché se Lui abita la nostra vita, la vita rinasce. E se la vita rinasce, è davvero Natale. Buon Natale a tutti!

giovedì 19 dicembre 2019

Novena di Natale: Se fossi vissuta al tempo di Gesù...

Il presepe nel mio ufficio

Dopo due scrittori, oggi ho chiesto a una regista cinematografica, Liliana Cavani, di farci la Novena di Natale. Anche lei ci parla del presepe, come vuole papa Francesco:

Il presepio. Lo facevo da piccola anche se sono cresciuta in una famiglia che non sprecava tempo per il presepio e non andava a Messa; ma io ci tenevo perché mi piaceva, e perché trovavo molto bella la storia. Nel mio film Francesco, difatti, sono ritornata a raccontare il presepio, pensato e costruito dal Poverello.
Indubbiamente il Natale è un grande avvenimento per la cultura cristiana. È un fatto enorme, questa Incarnazione, che viene ignorata dal frastuono di questi giorni, direi, di massa.
Se fossi vissuta al tempo di Gesù avrei scelto il ruolo dei re Magi perché, in quanto maghi, erano dotati di sapienza e preveggenza. Queste caratteristiche mi affascinano molto.
A questo punto qualcuno potrebbe essere curioso di sapere che cosa avrei offerto; senz’altro la mirra perché è profumata. Non l’incenso perché detesto il fumo; non l’oro, perché è segno di potenza e, il più delle volte, speso per il proprio egoismo.
Se poi Gesù Bambino mi conferisse il potere di fare miracoli… mi adoprerei perché gli uomini fossero più disponibili alla socialità. Il mondo secondo me si salverà attraverso una grande solidarietà. Sono ottimista per quello che ci riserva il futuro. Che si avveri il messaggio di Francesco della vera pace.

Caro Gesù Bambino,
ti dovrei chiedere troppe cose; dovrei fare un elenco enorme: anche se tu puoi tutto, io capisco che debbo limitarmi.
Allora ti domando la speranza e la liberazione dalle paure.
Desidererei una più profonda conoscenza della morte per apprezzare maggiormente la vita.

Perché non proviamo anche noi a scrivere una letterina a Gesù? Lo fanno i bambini. Ma se lo fanno anche i grandi come la Cavani...

mercoledì 18 dicembre 2019

Novena di Natale: u spavintatu du prisepiu


Ieri la novena di Natale ce l’ha fatta De Crescenzio. Oggi tocca allo scrittore Fortunato Pasqualino. Ieri siamo andati a Napoli, oggi in Sicilia:

Ricordo che da bambino in Sicilia tra i personaggi del presepio m’impressionava in particolare u spavintatu du prisepiu. Stava davanti alla grotta, alla destra di chi guardava. Pareva agitarsi tutto dalla gran meraviglia, occhi, bocca e braccia aperte, quasi a gridare per un prodigio che lui solo dava l’impressione di avere presente. Gli altri personaggi non ci badavano. In mezzo alle campagne di muschio, ai fiumi di carta argentata, alle rocce e alle casette di scorza di sughero, ciascuno andava per il proprio sentiero alla grotta coi doni tra le braccia, come se si recasse ad attingere acqua al pozzo, a vendere la roba al mercato, a consegnare lavori fatti. I pastori avevano l’indifferenza dei giorni in cui pascolano i greggi. Chi sonava la zampogna, la sonava allo stesso modo che il contadino arava, il muratore dava la calce a un muretto, un bevitore beveva, una donna cuciva. Tutti continuavano a essere intenti nelle loro faccende. Se nella grotta al posto di Ge fosse nato un altro o nessuno, non sarebbe cambiato nulla. Solo «u spavintatu» scoppiava di meraviglia, come se vedesse qualcosa che neppure gli angeli scorgevano.
Pur senza scomodare Platone e Aristotele, per i quali la meraviglia sarebbe principio di sapienza filosofica, debbo dire che non mi dispiaceva del tutto se, per una mia certa tendenza a meravigliarmi delle cose, qualche volta si diceva ch’ero «nu spavintatu di prisepio».

Chissà se riusciremo a meravigliarci anche noi di questo bambino che nasce… Che sorpresa bella!
Domenica scorsa alla galleria Alberto Sordi di Roma i e le Gen4 hanno offerto ai passanti delle statuette di Gesù Bambino. 
Chissà se riusciremo a meravigliarci anche noi di questo bambino che nasce… Che sorpresa bella!

Domenica scorsa alla galleria Alberto Sordi di Roma i e le Gen4 hanno offerto ai passanti delle statuette di Gesù Bambino. Tanti passanti hanno tirato dritto indifferente, come diceva Pasqualino Fortunato: “Tutti continuavano a essere intenti nelle loro faccende”.

Alcuni però si sono fermati, meravigliati da Gesù Bambino.
Una signora molto distinta ha confidato: ”Sono di Firenze, sono venuta a Roma per riposare e ritrovare il Natale. Ho visto luci, alberi ma non ho sentito il Natale. Finalmente oggi voi qui me l’avete fatto sentire! Domani, lunedì, è il mio compleanno: qual è il regalo più bello che ho ricevuto? Il regalo è questo, aver ritrovato il vero Natale!! Grazie bambini, davvero!”

martedì 17 dicembre 2019

Novena di Natale: Il presepe


Il presepe di casa
Quest’anno il Papa ci ha scritto una lettera per «sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe». Ha ricordato che preparare il presepe «è davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata».
Allora iniziamo la novena di Natale con il presepe, come ce lo racconta Luciano De Crescenzio facendo parlare il professore Bellavista e i suoi studenti:

«Il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi: “Adesso viene Natale e facciamo il presepe”. (…) il presepista bravo o non bravo, diventa creatore (…)
I pastori debbono essere quelli di creta, fatti a mano, un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che si vendono all’UPIM, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli dell’anno precedente e non fa niente se sono quasi tutti un poco scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno, e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello: “Questo è Benito che non teneva voglia di lavorare e che dormiva sempre, questo è il padre di Benito che pascolava le pecore sopra alla montagna e questo è il pastore della meraviglia” e a mano a mano che i pastori escono dalla scatola, c’è la presentazione.
Il padre presenta i pastori ai figli più piccoli, che così ogni anno, quando viene Natale, li possono riconoscere e li possono voler bene come a persone di famiglia. Personaggi della vita, anche se storicamente inaccettabili come ’O monaco e ’O cacciatore c’o fucile». (…)

«Papà mio», dice Luigino, «quelli un poco scassati li riusciva sempre a mettere in maniera tale che poi nessuno si accorgeva se tenevano un braccio o una gamba di meno; mi diceva: “Luigi, adesso papà trova una posizione strategica per questo povero pastoriello che ha perduto una coscia”, e lo piazzava dietro a una siepe o dietro a un muretto, e poi mi ricordo che avevamo un pastore che ogni anno si perdeva qualche pezzo, tanto che alla fine ci rimase solo la testa e papà la piazzò dietro a una finestrella di una casetta. Papà le casette le faceva con le scatole delle medicine e poi dentro ci metteva la luce, e quando, durante l’anno, io mi dovevo prendere una medicina, per esempio uno sciroppo che non mi piaceva, allora lui prendeva lo scatolino e mi diceva: “Luigi, questo scatolo ce lo conserviamo per quando viene Natale, che così ne facciamo una bella casetta per il presepio, tu però bell’ ’e papà devi finire prima la medicina che ci sta dentro, se non papà la casarella come la fa?”».

«E poi quando veniva la mezzanotte», continua Salvatore, «ci mettevamo tutti in processione e giravamo per tutta la casa cantando “Tu scendi dalle stelle”. Il più piccolo della famiglia avanti con il Bambino Gesù, e tutti quanti dietro con una candela accesa tra le mani».