venerdì 30 settembre 2011

… la finale di Padre Liuzzo.

Giorni fa ho pubblicato sul blog l’incipit del mio libro su p. Gaetano Liuzzo. Oggi la conclusione… scritta da lui stesso:

Padre Gaetano Liuzzo ci lascia infine la testimonianza personale di fiducia illimitata in Maria Immacolata. Un giorno a Lourdes scrisse a Maria Immacolata: “Tutte le mie facoltà e ogni atomo del mio essere ti gridano ‘grazie, Mamma’! Mamma dolcissima, grazie per tutti i doni e la costante protezione che mi hai ottenuto da Gesù… Ti affido i miei fratelli e le mie figlie, soprattutto quelli e quelle che hanno più bisogno di misericordia, di amore e di aiuto. Ti aspetto nell’ora della mia morte… vieni a prendermi misericordiosamente nelle tue braccia per portarmi a Gesù. Tutto ho ricevuto da Dio per tuo mezzo: per tuo mezzo tutto attendo da Lui… Mi fido e mi affido a te, Mamma bella e dolce. Il tuo povero e infedele schiavo d’amore, Gaetano Omi”

giovedì 29 settembre 2011

Tre angeli per una vita


Michele significa: “Chi come Dio?” È così che inizia la nostra avventura, con la scoperta dell’eccellenza di Dio, al di sopra di tutto e di tutti. Ti incanta e ti rapisce.
Gabriele significa “Forza di Dio”. La sperimentiamo una volta intrapreso il cammino.
Raffaele significa: “Medicina di Dio”. È ciò di cui abbiamo bisogno verso la fine del cammino.

Oggi, festa degli arcangeli, un augurio ai miei compagni, Giuseppe, Rino, Celso, con i quali abbiamo iniziato l’avventura.

mercoledì 28 settembre 2011

La “lievità” del cristiano


 Agnostici  più vicini al Regno di Dio dei fedeli “di routine”? Una frase di Benedetto XVI pronunciata in Germania che ha suscitato sorpresa e una ridda di commenti. Proprio come quando Gesù disse che peccatori e prostitute avrebbero preceduto i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo. È il Vangelo di sempre, che sconcerta, interroga, provoca. Come accade spesso ci si ferma alla frase ad effetto e si ignora il messaggio. Perché non leggere integralmente il discorso del Papa? Ne rimarremmo coinvolti.
Il suo è infatti un semplice invito a superare la “routine” di un’appartenenza sociologica a una Chiesa ridotta a una delle tante istituzioni sociali e caritative. Non si sofferma nell’analisi, propone piuttosto il recupero di una sincera identità cristiana a partire da tre parole evangeliche:
Amore = lasciarsi raggiungere dall’amore di Dio e imparare ad amare l’altro “che ha bisogno di noi, più che un servizio tecnico”; un amore che nasce da un “rapporto personale con Dio” – l’Amore! –, nella preghiera, nella Messa domenicale, nella meditazione della Sacra Scrittura, nello studio del Catechismo;
Unità = rinsaldare i rapporti a tutti i livelli e collaborare tra tutte le forze vive: sacerdoti, persone consacrate e laici credenti in Cristo; parrocchie, comunità e movimenti. Soltanto così la Chiesa “supererà le grandi sfide del presente e del futuro e rimarrà lievito nella società”;
Umiltà = non cercare i propri interessi , ma quelli degli altri; il cristianesimo come “pro-esistenza: un esserci per l’altro, un impegno… per il bene comune”, stando con i piedi per terra (humilitas da humus, aderenza alla terra, alla realtà) e quindi capaci di rispondere con concretezza alle esigenze reali.
Che non sia davvero questo il percorso per una “lievità” del vivere cristiano e per una Chiesa che, perché amante e unita, sa porsi a servizio di ogni singola persona e della società intera?

martedì 27 settembre 2011

L’incipit di Padre Liuzzo

Aveva deciso di vendicarsi di Dio e dei propri superiori. Dio l’aveva chiamato ad essere missionario, gli aveva messo in cuore un’incontenibile passione per l’annuncio del Vangelo, un’attrazione irresistibile per i Paesi lontani ed ecco che non gli lascia varcare i confini dell’Italia se non a quasi sessant’anni, per andare in Ciad, ma solo per pochi giorni. I superiori gli avevano affidato l’incarico di percorrere l’Italia dal Nord al Sud per promuovere l’animazione missionaria, ma “gli avevano solennemente bocciato la partenza per le missioni”. Eppure l’Idea missionaria gli pulsava costantemente nella mente e nel cuore, quel mandato che Gesù aveva affidato ai suoi discepoli di andare nel mondo intero a rendergli testimonianza e ad annunciare il Vangelo.
Allora aveva deciso di vendicarsi mandando in missione quanta più gente avesse potuto, uomini e donne. Prima ha battuto i seminari in “pesca” di giovani che sarebbero partiti come Oblati di Maria Immacolata per i quattro angoli del mondo, poi ha fondato un Istituto secolare, le Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata, perché l’Idea missionaria fosse sempre viva nella Chiesa e perché esse stesse andassero in missione.

È l’incipit della biografia di Padre Gaetano Liuzzo che ho appena terminato di scrivere. Il libro sarà disponibile alla fine di ottobre, in occasione dei cento anni della sua nascita e dei sessanta anni di fondazione delle COMI

lunedì 26 settembre 2011

La passione della lettura / 7: La Fornarina e l’Advocata

Sabato 24 e domenica 25 settembre, le Giornate Europee del Patrimonio, ci hanno offerto l’occasione di visitare gratis i musei. Come non approfittare per una “rilettura” del nostro patrimonio artistico? Ho varcato le soglie di Palazzo Barberini, con la scale del Bernini, le nobili sale affrescate, la sua ricchissima galleria d’arte antica, con il capolavoro di Caravaggio Giuditta e Oloferne, le pitture di Filippo Lippi, Lotto, Tintoretto...
La tela più famosa, assurta meritatamente a icona della Galleria, è la Fornarina di Raffaello, che rappresenterebbe il ritratto di Margherita Luti, figlia di un fornaio trasteverino e identificata come l'amante ufficiale del pittore, entrata in convento dopo la morte di questi. È bella, pacata, gioiosa, con gli occhi che le sorridono…
Ma basterebbe fermarsi nella prima sala, a contemplare la prima preziosa tavola, la più antica della galleria, la Madonna Advocata del XII secolo. È bella più della Fornarina, d’una bellezza tutta interiore, custodita dalla mano del Padre; gli occhi non sono sfuggenti come quella della Fornarina, ma ti guardano dritti e ti penetrano con tenero amore materno.
Lettura comparata di due bellezze, di due amori. 

domenica 25 settembre 2011

La passione di leggere / 6 - Roma si Libra

Passeggiare per piazza Navona non in mezzo ai soliti artisti di strada, caricaturisti, espositori di quadri, ma tra gli stand dei libri! La terza edizione di "Roma si Libra", con la presenza di una centinaio di editori romani, rende viva e appassionante la cultura. Si possono passare ore ad incontrare autori, ascoltare letture antichi e contemporanee, conversare sui libri. È quanto ho fatto ieri pomeriggio. È un incanto sentire leggere e lasciarsi trasportare in luoghi diversi, condividere i sentimenti, avvertire la socialità di gente che vibra all’unisono. Mi sono soffermato soprattutto attorno all’editore Lozzi Publishing e alla sua nuova collana di narrativa “Emozioni a Roma”, all’interno del progetto REMO, con lettura di Novelle di Pirandello ambientate a Roma, Lettere di Leopardi da Roma, e soprattutto proposte nuove come quella della scrittrice Lia Levi, l’autrice di “La moglie gentile”, ora alle prese con una storia romana. Lo scopo è quello di far conoscere una Roma al di là dei soliti stereotipi. Chissà che anch’io non possa scrivere un libro sulla Roma vista con gli occhi dei santi, a cominciare da sant’Eugenio de Mazenod?
Tra i suoi numerosi scritti da Roma:
In città io ci vedo solo gli apostoli, i martiri, i santi confessori di tutti i tempi: non esiste angolo di Roma che non sia un monumento di fede e di devozione. La casa in cui son venuto per caso ad abitare, è stato il santuario dove per 25 o 30 anni il cardinal Tommasi ha praticato tante virtù da farlo entrare nel numero dei beati: l'ha santificata con la sua presenza, e la sua stanza c'è tuttora. Non vi ho pure ritrovato il ricordo, il busto e il corpo stesso sepolto in chiesa di quel santo sacerdote, di cui hai sentito parlare così spesso, il grande servo di Dio Bartolomeo Zinelli che fu mio maestro a Venezia ed è morto in odore di santità sotto questo tetto? Qui si ritrovano tutti i santi, da S. Pietro fino al beato Benedetto Labre e ad altri più moderni.
Nella casa dei Lazzaristi mi trovo benissimo: a due passi dal Quirinale dove risiedeva il Papa Pio VII. Questa è la parte più alta della città: dalla mia finestra lo sguardo spazia su tutti i begli edifici che racchiude, distinguo le chiese, le case, financo le strade. L'aria è magnifica.
Rientro a mezzogiorno e mezzo; mangio perché sono a stomaco vuoto, dato che a Roma venerdì e sabato dell'Avvento son giorni di digiuno obbligatorio… Qui i giorni di digiuno sono giorni di penitenza, specialmente per i Provenzali che, nonostante ogni sforzo, non possono mandar giù l'olio pessimo in uso a Roma. Durante le Quattro Tempora si osserva lo stretto magro con proibizione di uova e latticini, ed io ho ringraziato il Signore di non essermi avvicinato a quell'olio orrendo, contentandomi a pranzo di un pezzo di pesce bollito su cui ho spremuto mezzo limone.

venerdì 23 settembre 2011

La passione di leggere / 5: Il diario di Papa Giovanni e di mio padre



“Aprile 1969: Sto leggendo il Diario dell’anima di Papa Giovanni. Quando era chierico al servizio militare, vedeva tanta dissipazione ed anche nei sacerdoti, e diceva fra sé…”

Trovava il tempo per leggere, mio padre ... e anche per scrivere…

giovedì 22 settembre 2011

La passione di leggere / 4: La tavoletta e l’sms


“Mi hai attratto, amata mia,
mi hai ghermito, mia adorata.
Consentimi di starti innanzi
tremante”.
Erano giorni e giorni che pensava e ripensava come formulare la sua dichiarazione d’amore. Finalmente i versi gli fiorirono sulle labbra e li ripeteva, per fissarli nella mente e nel cuore. Ora che erano ben formulati, avrebbe potuto farli giungere all’amata.
Bisognava andare dal vasaio, scegliere l’argilla più adatta, la più pura e fina, farla impastare e con tratto lento e sicuro incidere le parole con lo stilo affilato. Un altro giorno ancora perché la tavoletta potesse essiccare al sole.
Ora bastava un salto al bazar, per scegliere la stoffa adatta nella quale avvolgere il prezioso messaggio. Infine occorreva un amico fidato che si recasse alla casa dell’amata e consegnasse, nelle sue proprie mani, la delicata missiva.
Dopo più di quattromila anni quel biglietto, scritto nei caratteri cuneiformi dei Sumeri, parla ancora d’amore, nel museo dell’Antico Oriente a Istambul.
Aggi un ragazzo scrive alla sua ragazza una sms con quello che gli passa in testa prima ancora che abbia finito di pensarlo; un messaggio che vive pochi istanti e subito muore. Bisognerà scriverne subito un altro per completare il pensiero, che tuttavia non è ancora ben chiaro, e un altro ancora per rettificare ed evitare un possibile frandimento. Con l’ansia che monta perché dopo sette secondi non è arrivato ancora un sms di risposta…
Ho cercato invano, nel museo del Moderno Occidente di Roma, uno di questi fugaci sms.

mercoledì 21 settembre 2011

Passione per la missione

“Son già parecchi anni che mi sono dato di gran cuore allo studio delle nostre missioni; ho letto con amore ed entusiasmo e, talvolta, con viva commozione i nostri libri più belli e mi son sentito ardere del desiderio di entrare anch’io a far parte di questa grande e bella schiera di eroi e di santi, che soffrono e combattono sotto tutte le latitudini per allargare il regno del Cuore di Gesù e di Maria.
“Qualche volta faccio il paragone tra il ministero dell’oblato nelle missioni e quello dell’oblato in Italia: allora la bellezza e il merito della vita missionaria mi si presentano con colori così vivi e attraenti dal punto di vista soprannaturale, che la vita in patria mi sembra qualcosa di troppo scialbo, di troppo comodo per la natura…
“Il mio desiderio più forte, quello che mi sembra venire più direttamente dal Signore e risponder meglio ai disegni di Dio sopra di me, è di essere missionario tra gli infedeli. Glielo dico non per un semplice entusiasmo passeggero, ma per convinzione intima: a me pare che le missioni siano il luogo dove lavorerò meglio e dove attuerò più facilmente i miei ideali di santificazione personale e i miei desideri di bene: mi sembra che il mio posto siano davvero le missioni.
“Io vagheggio soprattutto il Transvaal, per andare a dare man forte ai miei cari antichi compagni di scolasticato, ma le assicuro che sarei contentissimo di andare anche nel Natal o a Ceylon o in qualsiasi altra missione”.
“Dopo averle espresso i miei desideri… preferisco lasciare completamente nelle Sue mani – e quindi nelle mani di Dio – la decisone finale. Dinanzi al bivio in cui mi trovo ­– restare in Italia o andare all’estero – io preferisco restare del tutto passivo, non per mancanza di attrattiva interiore o di convinzione, ma unicamente perché in una cosa di tanta importanza…, vorrei avere la gioia suprema e la sicurezza di essere sospinto in una via o nell’altra, solo dalla mano stessa di Dio”.

È una lettera del 1936 di Padre Gaetano Liuzzo in risposta ad una circolare nella quale il superiore provinciale chiedeva ad ogni Oblato di esprimere i propri desideri per il futuro.
Sto scrivendo la biografia di questo uomo straordinario, alla vigilia del centesimo anniversario della sua nascita.

martedì 20 settembre 2011

La passione di leggere / 3 – leggere negli occhi



Per leggere non è necessario avere un libro in mano.
Si può leggere anche negli occhi dell’altro.

Si può scrivere su carta,
ma si può scrivere anche… sul blog.

Ed ecco un lettore di blog: “È proprio vero: il tuo blog è un candelabro che fa luce, ma oserei dire che è un sole che illumina e scalda. Grazie per il dono che ogni giorno mi offri: scoprire l'amore di Dio, attraverso i tuoi viaggi, le tue esperienze, la comunione della tua vita.... È un blog che dice il dono di Dio e che mi mette ali per correre nel santo viaggio della vita... e viaggiare insieme si mettono ancora più in risalto le bellezze del creato e delle persone. Grazie tantissime!” (Giovanni Paganelli, Svizzera)

lunedì 19 settembre 2011

La passione di leggere / 2: Requiem per il moggio



Il moggio è una antica unità di misura, come pure il recipiente che ha la capacità di un moggio. Usata in senso figurato nella celebra frase biblica, “mettere la lucerna sotto il moggio”, significa tacere o nascondere la verità.
(La fiaccola sotto il moggio è nientemeno che il titolo di una tragedia in versi di G. D’Annunzio.)

Le specie di piante scompaiono al ritmo di una al giorno. Lo stesso per le specie animali. Anche le parole della nostra lingua sono in estinzione.
Nel Vangelo di oggi, secondo la traduzione CEI, Gesù constatava che “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce”. La traduzione CEI ha il pregio di rendere più compressibile la lettura, ma ha impoverito la lingua. È sparita la “fiaccola” per la più comune “lampada” e il “moggio” è stato sostituito da un vaso qualsiasi.
In ogni caso l'importante è porre la lucerna sul candelabro... chissà che anche un blog non possa diventare un candelabro!

domenica 18 settembre 2011

La passione di leggere

L’ultima delle moltissime manifestazione che in questi giorni hanno attratto migliaia di persone a Loppiano Lab è stata “La passione di leggere: manuale semiserio per lettori smarriti”, un momento di intenso dialogo tra Chiara Favotti, Redi Maghenzani ed io sulla lettura e sulla scrittura, davanti a un vasto e interessato pubblico che è intervenuto con vivacità. Siccome era un incontro “semiserio” è stato una gioia e una festa poter comunicare le nostre esperienze in un ambito tanto ricco com’è quello del libro.
Si chiude così questo grande evento culturale che aveva come titolo “Sperare con l’Italia. In rete per il Bene comune nel 150° dell’Unità”. Il Card. Bagnasco ha recentemente detto che togliere ad un popolo il suo patrimonio culturale significa esporlo alla sua scomparsa. Città Nuova, a cui si è aggiunto l’istituto universitario “Sophia” e tante altre espressioni del Movimento dei focolari, da anni dà alla vita culturale della nostra nazione un apporto che molti, intellettuali e non, i chiedono di non far venir meno. Fare cultura è infatti il modo irrinunciabile cui diamo corpo alle nostre esperienze quotidiane, alla nostra ricerca di verità e di bellezza oltre il tempo e lo spazio.

sabato 17 settembre 2011

Loppiano Lab: con convinzione e fantasia



“Essere rete e fare rete per l’Italia: la cultura dell’unità al servizio del Paese”. È il titolo del secondo Loppiano Lab, un autentico laboratorio culturale, al quale anche quest’anno prendo parte, assieme a migliaia di persone che hanno ancora fiducia in un futuro migliore, del quale vogliono essere protagoniste attive. Nella crisi della società nella quale viviamo, niente rassegnazione, ma scambio di idee, condivisioni di progetti, esperienze in positivo.
Tra i mille eventi e incontri specializzati seguo l’incontro di “Città Nuova”, in tutte le sue espressioni multimediali, una voce piccola ma sincera e vera, che lotta perché la nostra società non perda la sua identità culturale, la voglia di riflettere, il coraggio di proporre. Mi sento attore nel grande progetto. Con Costanzo e Marina abbiamo presentato la nostra rivista “Unità e Carismi”, condividendo con i presenti la passione con la quale la portiamo avanti da 21 anni, per dare anche noi il nostro contributo: un’anima alla società. - Un'altra foto? clicca qui

venerdì 16 settembre 2011

Ogni prossimo



Oggi il passaparola mi invita a “Servire concretamente ogni prossimo nell’attimo presente”. Ho risposto un po’ male al telefono ad una alunna che mi chiedeva di aiutarla nel suo lavoro (non rientra nei miei doveri di professore), ma poi l’ho invitata a venire per vedere se posso aiutarla. Ho accolto un amico che è venuto per chiedermi un consiglio e l’ho ascoltato con attenzione: mi pare sia partito contento e forse con un po’ di luce in più. Ho scritto un articolo che mi è stato richiesto all’ultimo minuto e con urgenza.
Proprio “ogni” prossimo... non esageriamo, comunque…

giovedì 15 settembre 2011

I missionari come Maria

Per Maria giunge il tempo di seguire il figlio fino ai piedi della croce (cf. Gv 19, 25-27). La profezia di Simeone si avvera: una spada le trapassa l’anima. Impotente, ma ferma, vede la sua “opera” immolata, apparentemente fallita, e lei ne viene come espropriata: “Donna, ecco tuo figlio”. È associata al mistero redentivo del Figlio, anche lui espropriato, così sembra ascoltando il suo grido “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mt 27, 45), della prerogativa di Figlio. Maria, ai piedi della croce, vive ed esprime il più grande dei carismi, il martirio, sempre presente e attuale nella vita della Chiesa, e mostra la valenza redentiva di ogni carisma.
Nulla di divino viene alla luce se non è pagato col dolore, né la famiglia, né la comunità cristiana, né una nuova opera di Dio. Così Gesù ha dato vita alla sua Chiesa, alla nuova umanità, così Maria è diventata Madre della Chiesa, così i missionari generano la loro porzione di Chiesa. Maria mostra fino a che punto occorre mettersi a servizio di Cristo e della sua missione.
Siamo Oblati di Maria Immacolata. Offerti come lei, sul modello di lei, uniti nella medesima adesione all’offerta di Cristo. Lei ci insegna come vivere la morte di Gesù, come unirci al suo mistero pasquale, come si diventa suoi cooperatori.
Non possiamo vivere la nostra missione senza di lei, che sant’Eugenio contempla come “Madre della missione”, “Madre di misericordia”, “Scala di misericordia”, “Nuova Eva”, “Corredentrice”, “Madre delle anime”, “Madre spirituale di una moltitudine innumerevole di figli di Dio”, “la grande nemica dell’impero del demonio”, “Dispensatrice di grazie”…
Forse per questo motivo Deschâtelets diceva che per noi Oblati “non si tratta – se vogliamo comprendere la nostra vocazione – d’avere per Maria Immacolata una devozione ordinaria. Si tratta di una specie di identificazione con Maria Immacolata”.

mercoledì 14 settembre 2011

Laicità e carismi

Laicità è una parola equivoca. In certe occasioni indica una decisa posizione di rifiuto contro l’universo religioso, che a volte diventa un vero accanimento critico contro la religione, i suoi protagonisti e i suoi frutti sociali. In altre situazioni, invece, intende segnalare soltanto una giusta ed equilibrata difesa dell’autonomia delle realtà temporali nei riguardi dei principi e precetti che derivano della religione. Non è difficile trovare nella cultura attuale rappresentanti di spicco delle due posizioni. Esiste però anche un concetto di laicità pienamente ecclesiale e cristiano. Con questo numero “Unità e Carismi” tenta di fare un po’ di luce su questo fiume che percorre la cultura d’occidente, spesso in forma nascosta, ma che ogni tanto affiora nelle notizie in modo polemico (il crocefisso nelle aule, i riferimenti alla fede cristiana nella Costituzione Europea ecc.).
Così l’inizio dell’editoriale dell’ultimo numero di “Unità e Carismi”, la rivista che dovrò presentare a Loppiano Lab sabato prossimo. Varrebbe la pena leggere non soltanto tutto l’editoriale, ma tutto il numero! http://www.cittanuova.it/index.php?idsito=3

martedì 13 settembre 2011

Loppiano Lab e i “lettori smarriti”

Loppiano Lab e i “lettori smarriti”
Nel grande evento di Loppiano Lab (vedi http://www.loppianolab.it/) ci saranno anche due momenti nei quali sarò presente:
Sabato mattina, 17 settembre, ore 11.15-12.45, tra i vari Laboratori tematici, ci sarà anche:
“Incontro con la redazione di Unità e Carismi. Interviene P. Fabio Ciardi”
Il giorno seguente sono di nuovo in azione:
Domenica pomeriggio, 18 settembre, ore 15.00-17.00: “La passione di leggere: manuale semiserio per lettori smarriti” - Interventi di Fabio Ciardi (scrittore) e Redi Maghenzani (autore e regista teatrale); Modera Chiara Favotti (ricercatrice Università G. Marconi Roma) - presso libreria L’Arcobaleno Valdarno.
 … si accettano “lettori smarriti” o “lettori navigati” che aiutino gli smarriti…
Ci vediamo a Loppiano! 

lunedì 12 settembre 2011

Ritorno dall'Ucraina

Ieri, al termine della messa, sono uscito per visitare Il coloritissimo mercato domenicale che si stende nella grande piazza polverosa antistante la chiesa. Come ogni mercato che si rispetta si vende di tutto, ma niente commercianti: ognuno vende i propri prodotti. Basta poco per rendersi conto del tenore di vita. P. Sergiusz, accompagnandomi nella bella Kiev, mi aveva detto: Ricorda che Kiev non è l’Ucraina. Hai ancora ha percorrere migliaia di chilometri e troverai povertà e miseria. Lo stipendio medio è 100 euro al mese; come non emigrare? L’entusiasmo dell’indipendenza si è perso per strada davanti alla corruzione politica e alle ingiustizie sociali ed è calato un velo di scoraggiamento e di rassegnazione; si è tornati a bere, cresce la violenza, l’apatia…
Sono ripartito sentendo la “compassione” per questo grande popolo e insieme con la gioia di vedere i miei fratelli Oblati motivati come mai, interamente dedicati alla loro gente, determinati a portare ovunque e comunque il Vangelo, unica salvezza.

domenica 11 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 8 – Una comunità per i media

L’ultima comunità, appena nata, il primo settembre, si dedica ai mezzi di comunicazione. Tre giovani Oblati che vivono in un piccolo appartamento tra decine e decine di palazzoni di 50, 70 piani stipati di famiglie. Fino ad ora l’avevano gli uffici, ora in via di straferimento in un edificio ancora in costruzione, dove hanno affittato alcune stanze. Con poco e in pochi fanno tantissimo. Da 10 anni hanno due riviste per ragazzi, una in ucraino e una in russo, che entrano in tante scuole. Il giornale nazionale ucraino a più alta tiratura vanta 40.000 copie, la nostra rivistina 10.000. Due anni fa ha ricevuto un riconoscimento dal ministero dell’educazione come rivista didattica per le scuole. Padre Pawel, quando ha ricevuto il premio, ha pianto di gioia pensando al saluto che ogni giorno si doveva dare a scuola quando lui era ragazzo: il maestro o la maestra, entrando, diceva: “Dio non c’è”, e i ragazzi rispondevano: “E mai ci sarà”. Adesso hanno dato vita anche ad un giornale per bambini.
Alcuni anni fa hanno avviato Radio Maria ucraina, che poi hanno passato alla diocesi. Adesso producono programmi per la radio nazionale. Gestiscono una agenzie quotidiana di notizie. E ora… iniziano una televisione che trasmetterà 24 ore al giorno e sarà diffusa via cavo nella città di Kiev con 800.000 abbonati sa una popolazione di 5 milioni.
C’è poi la pastorale! Oggi, domenica, vanno nella loro parrocchia, che ha un raggio di 200, 300 chilometri e comprende diverse città. In una città di 80.000 persone troveranno 5 cattolici, in un’altra di 60.000 ne troveranno 7. Più missionari di così! E sono tutti felici e contenti!
Anche quando hanno cominciato qua a Obukhiv i cattolici erano pochissimi. Oggi, a messa, la chiesa era piena. C’è anche una piccola comunità di suore vietnamite. Messa solennissima, tutta cantata dall’inizio alla fine, con un bel coro di giovani under 20, incenso a sfare… Terminata la messa tutti rimangono a lungo a pregare insieme, davanti alla Madonna. L’omelia l’ha tenuta p. Sergiusz, che ieri mi ha accompagnato a Kiev: è il responsabile dei postulanti e cappellano delle carceri. Un saluto speciale è stato rivolto a Anton, un giovane che ha appena terminato il noviziato e andrà in Polonia per gli studi di teologia; viene dal Tuskmenistan, come anche alcuni postulanti, e oltre la sua lingua parla russo, ucraino e polacco.
Che bello aver visto nascere la Chiesa!

sabato 10 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 7 - Fino a quando ancora disuniti?


Terminato il ritiro, ho avuto in regalo un viaggio premio: la visita alla città di Kiev.
Prendiamo la strada lungo il fiume Dnepr e ci fermiamo a Ucrainca, una cittadina di 20 mila abitanti, che apparterrebbe ancora alla parrocchia degli Oblati di Obukhiv. Non c’è chiesa, ma sono presenti una decina di famiglie cattoliche. La mattinata è fresca e invita ad una passeggiata lungo il fiume. Ci sono già i primi bagnanti e un nugolo di pescatori. Più che sulla riva d’un fiume sembra d’essere su un lago che si perde all’orizzonte: non se ne vede l’altra sponda. Decine di isole verdissime sono adagiate silenziose sull’acqua, solcata da battelli ancora sonnacchiosi.
San Michele
Continuiamo sulla strada che taglia dritta nella foresta di abeti e betulle, fin quando appare Kiev, la grande città, madre della civiltà russa. Ucraina, Russia, Bielorussia discendono tutte dalla Rus' di Kiev.
Saliamo sulla prima delle sette colline su cui si distende la città, da una parte e dall’altra del fiume, come un’altra Roma. Da mille anni su questa collina vi è il Monastero delle Grotte, il più antico monumento dell'Ucraina, cuore mistico dell’ortodossia. Ma Sergiusz, che mi guida, sapendo che l’ho già visitato undici anni fa, preferisce farmi vedere l’ attiguo  grande museo all’aperto con le massicce retoriche sculture sovietiche che inneggiano all’epopea della seconda guerra mondiale.
Poi un giro in battello per godere dei parchi e dei giardini lungo le rive del Dnepr, una passeggiata nella centralissima piazza della Libertà e lungo il corso che da lì si parte, dove si respira l’aria di festa del sabato pomeriggio, una visita al colorito mercatino ambulante dei contadini, alla strada dei pittori, sulla collina di Vladimir da cui si gode una incantevole vista sul fiume Dnepr… Insomma la Kiev dei turisti, oggi animata da decine e decine di coppie di sposi che si lasciano fotografare nei luoghi più belli, attorniati da amici elegantissimi.
Nel pomeriggio l’ora delle chiese ortodosse. Entro in un altro mondo, fatto d’oro e di silenzio, di icone e di preghiera. La chiesa di san Michele, quella di sant’Andrea…, con le cupole dorate e colorate, le pitture e le icone…. 
Ma la chiesa delle chiese è la cattedrale bizantina di Santa Sofia, dell'XI secolo, con affreschi e mosaici degli inizi del secondo millennio. È la chiesa della Chiesa unita, quando non c’era ancora separazione tra ortodossi e cattolici. Una separazione che qui si sente fortissima, fatta di indifferenza se no di aperta ostilità. Possibile che non riusciamo a capire che Cristo non ha due o tre o cento corpi, ma una solo? Come possiamo dilaniare l’unico Corpo di Cristo? A quando l’unità?
Santa Sofia
L’interrogativo si fa ancora più forte quando, a fine pomeriggio, giungiamo in un parco dove la città sembra sparita. Sentieri silenziosi in un bosco fittissimo, laghetti… e lì in mezzo il monastero ortodosso di Kytayivskyy. La chiesa è in riparazione, ma la chiesetta accanto, quella della parrocchia, è aperta. Entriamo. Si celebra la sacra liturgia. La gente è raccolta, in piedi. Al centro i celebranti, i diaconi, i monaci, tutti vestiti con abiti solenni. Il coro degli uomini, davanti, canta divinamente (ma perché nelle chiese ortodosse potenti cori polifonici di uomini e nelle nostre…?). Dopo l’ultima benedizione dei pani i celebranti entrano dentro l’iconostasi per celebrare i misteri. È tutto così solenne e insieme così semplice che con Sergiusz ci guardiamo e ci diciamo spontaneamente: “Perché continuiamo ad essere divisi?”

venerdì 9 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 6

La pioggerellina di oggi pomeriggio ricorda che l’estate è ormai al termine.
Anche il nostro ritiro è al termine. A termine della prima meditazione di questa mattina mi sembrava di non essere riuscito a donare niente. Mi si avvicina subito uno dei padri e mi dice: Mai come adesso avevo capito la nostra oblazione. Poi un  altro: È stata la meditazione più bella! Chissà come mai perché gli altri abbiamo la luce qualcuno deve sempre essere nel buio…
A sera un po’ di festa. Il clima è così bello che cominciano a cantare questi terribili canti ucraini e russi: alcuni malinconici da far piangere, altri così tragici da far ridere. Non li ferma più nessuno. Mi sembra un branco di rudi cosacchi felici!
Intanto comincio a conoscerli meglio e mi rendo conto di quanto sia dura la loro vita. Hanno “parrocchie”, chiamiamole così, con 200, 400 chilometri di diametro. Fanno ore di viaggio per incontrare sette cattolici. Da alcune parti sono l’unica presenza della Chiesa in questa immensa terra.
Mi hanno regalato una icona della Madonna dipinta a mano: che tutti li benedica!

giovedì 8 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 5 - Non temere!

Anche qui in Ucraina oggi è la festa della nascita di Maria, nove mesi dopo la sua Immacolata Concezione!
Nel Vangelo di oggi Matteo ci racconta l’inizio della divina avventura dell’incarnazione attraverso l’esperienza di Giuseppe. Dio vuol farsi Emmanuale, vuole essere il Dio fra noi e domanda a Giuseppe di riceverlo nella sua famiglia, nella sua casa. L’uomo giusto lo accoglie, pur sapendo che non è suo figlio, perché Figlio di Dio; frutto non del suo sangue, ma di Spirito Santo; non discendenza carnale della stirpe di David, ma dono di Dio alla sua stirpe.
Ma accogliere il mistero è un’esperienza che può incutere timore. “Non temere, Giuseppe”, dovette dire l’angelo a Giuseppe, timoroso di essere coinvolto in un progetto più grande di lui. “Perché proprio io?”, si sarà domandato. “Perché entrare in questo progetto di Dio che mi sorpassa infinitamente? Meglio ritirarsi in buon ordine”, pensò.
Anche per noi può arrivare il momento in cui ci troviamo coinvolti in un progetto troppo grande, che ci sorpassa, a una chiamata che ci spalanca orizzonti impensati, come quella che si è presentata il giorno in cui ci è stato chiesto se eravate disposti ad essere ordinati vescovi.
Un angelo appare anche a noi, come a Giuseppe, e ci dice: “Non temere”, perché questa chiamata viene da Dio, è frutto del suo amore.  Anche su di noi, come su Maria, scende la “potenza dell’Altissimo”. È lui che ci rende strumento del suo amore. Di cosa dunque temere se lui verrà ad abitare in noi, ad agire con noi?

Abbiamo celebrato la Messa con una gioia grandissima, ricordando che il nostro nome – Oblati di Maria Immacolata – è un “passaporto per il Cielo”!

mercoledì 7 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 4

Obukhiv. Già, ma perché sono ai margini della foresta, nella periferia di questa cittadina spersa nel’Ucraina? Perché qui, nella loro casa principale, si sono dati appuntamento i 30 Oblati della regione. Alcuni vengono da vicino, da Kiev, altri da 800 chilometri. Sono qui per il loro ritiro annuale e sarei il loro “direttore degli esercizi”. Parlo in inglese e mi traducono in polacco: una cosa impossibile. Ma sono giovani. Due o tre sono sulla cinquantina, dieci sulla quarantina, gli altri sotto i trent’anni. Oggi si è aggiunto a noi un nuovo postulante dal Turkmenistan.
Parlo della nostra vocazione, che al dire di sant’Eugenio è la più bella, perché la stessa vocazione del Figlio di Dio quando venne sulla terra, la stessa che egli ha dato ai suoi apostoli quando li ha inviati nel mondo.
Nella mia solita ora di libera uscita mi sono incamminato nella foresta, in direzione opposta di ieri, per un sentiero tra gli abeti, fino ad un’altra piccola chiesa ortodossa, questa volta senza monastero, ma con una pia sacrestana che la custodisce. Mi sembra un pezzettino di cielo caduto sulla terra.

martedì 6 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 3 – Il monastero ortodosso e le sue icone


Nelle due “ore d’aria” del pomeriggio mi sono diretto alla ricerca della chiesa ortodossa che ieri aveva intravisto dall’altura. Mi avvio sulla strada regionale, ottima per una bella camminata: attraversa la foresta ed è percorsa da poche macchine. Quando trovo il cartello con l’indicazione del monastero (le scritte in caratteri cirillici non sono facili da decifrare, ma almeno la parola “monastero” la capisco) lascio la strada maestro e vado verso il nuovo paese. Passo lungo povere case di contadini, incontro donne con i grandi fazzoletti, ragazzi che giocano nei campi, fino ad un avvallamento dove si erge una chiesa bella, completamente restaurata da sembrare nuova. Nuovo è invece il monastero, costruito nello stesso tempo di libertà di quello degli Oblati. Entro nella chiesa, splendente di colori come tutte le chiese ortodosse, ascolto i canti e le preghiere della comunità di monaci, tutti giovani, bacio le icone, immagini della parola di Dio (nel linguaggio orientale l’icona si “scrive”, non si “dipinge”).
Dopo che il Verbo si è fatto visibile nella nostra natura umana, abbiamo bisogno di “vedere” anche con gli occhi del corpo, oltre che con la fede. Secondo Giovanni Damasco «Gli apostoli videro corporalmente il Cristo, le sue sofferenze ed i suoi miracoli, ed udirono le sue parole: ed anche noi desideriamo vedere, udire ed essere proclamati beati. Quelli videro faccia a faccia, poiché egli era presente corporalmente. Ma noi, poiché egli non è presente corporalmente, attraverso i libri udiamo le sue parole. Così, allo stesso modo, attraverso la pittura delle immagini contempliamo l’effigie della sua figura corporea, dei suoi miracoli e delle sue sofferenze, siamo santificati e confermati, gioiamo, siamo proclamati beati e prestiamo rispetto, onore e venerazione alla sua figura corporea… E perciò, come attraverso le parole sensibili noi udiamo con orecchie corporee e pensiamo le cose spirituali, così attraverso la visione corporea ci eleviamo alla visione spirituale».
Oriente e Occidente, scrive Daniel Ange, in questo devono tenersi per mano. «L’Oriente mi dice: “Vieni e vedi!”; l’Occidente: “Ascolta e cammina!”. L’Oriente: “Noi lo vediamo come Egli è!”; l’Occidente: “Sappiamo ciò che siamo!”. L’Oriente: “Ciò che i nostri occhi hanno visto”; l’Occidente: “Ciò che le nostre mai hanno toccato”».

lunedì 5 settembre 2011

Viaggio in Ucraina / 2


L'attuale complesso degli Oblati a Obukhiv
Venti anni fa l’Ucraina acquistava la sua indipendenza dall’Unione Sovietica. Gli Oblati polacchi erano presenti già da due anni, in aiuto ai cattolici polacchi dell’ovest che continuavano a tenere vive la tradizione cristiana. Mentre loro pregavano in polacco, gli ortodossi pregavano in russo e i creco-cattolici in ucraino. Ma la maggior parte degli Ucraini non pregava affatto: dopo settanta anni di comunismo, erano ormai senza religione alcuna. Presto gli Oblati si sono sparsi in tutto il Paese come autentici missionari. Hanno lasciato lingua e tradizione polacche, con grandi proteste dei consoli che tenevano al loro mantenimento per questione nazionaliste, e si sono lanciati con verso gli Ucraini, creando la liturgia latina in lingua ucraina (lingua bandita dall’Unione Sovietica a favore di quella russa), a cominciare dal Padre nostro!

La prima cappella degli Oblati a Obukhiv
Quando venni a Obukhiv nel 2000 c’era soltanto una piccola cappella e un gran  cantiere di lavoro per costruire casa e chiesa. Ad accogliermi c’era Padre Piotr. Tre anni prima, mentre stava a Kiev, si vide arrivare alcuni cattolici di Obukhiv che chiedevano la presenza di un prete cattolico nella loro città. Erano soltanto 100, ma volevano ugualmente una chiesa per loro.
Prese a fare la spola tra Kiev e Obukhiv fino a quando domandò ad una famiglia di accoglierlo nel loro appartamento. Ricordo di averla incontrata: Ivan e Liuba due persone semplici, con tre splendidi bambini.
In seguito padre Piotr affittò un appartamento al 12° piano di un palazzo in periferia. Lì lo raggiunse un altro Oblato e uno scolastico. Lì si celebrava la messa per i pochi cristiani, si tenevano le riunioni, le catechesi. Ma salire al 12° piano non era troppo comodo e presto l’appartamento si rivelò troppo piccolo. Allora Padre Piotr andò in comune e chiese che gli venisse assegnato un terreno per costruire un centro sociale e una cappella, in attesa di una futura chiesa parrocchiale. Gli viene donata questa vasta area nella zona di periferia.

Oggi trovo l’opera compiuta, cuore della missione oblata in Ucraina, che vede 9 comunità e 30 Oblati, da Czerniców all’estremo nord, al confine con la Russia, fino in Crimea all’estremo sud. È la sede della delegazione, luogo d’incontro, centro di formazione per le famiglie e i giovani affidati alle cure degli Oblati. La chiesa è parrocchia, l’unica della città e della regione attorno, che conta oltre 100.000 persone, di cui soltanto 200 cattolici. Vi sono anche una ventina di piccole comunità di altrettante denominazioni protestanti, che si raccolgono per la maggior parte in qualche casa privata, oltre alla chiesa ortodossa. Ma i cristiani, nel loro insieme, rimangono una infima minoranza, davanti ad un mondo ancora ateo.

Nel pomeriggio ho due ore libere. Lascio i palazzoni con le centinaia di appartamenti attorno alla chiesa e mi inoltre tra le strade sterrate, la polvere sottilissima, in mezzo ai campi incolti sui quali sorgono villette che vengono su in economia. Sono sparse alla rinfusa con un particolare stile architettonico dove domina la stravaganza, l’importante è che ognuna sia rigorosamente diversa dall’altra. Al limitare dei campi si apre una sterminata vallata verdissima. All’orizzonte si stende Kiev. L’obiettivo della mia macchina fotografica non riesce a contenere la città in un unico scatto tanto è vasta. Mi inoltro a passo svelto in una dei tanti boschi di conifere. Il cielo è d’un azzurro intento, con rapide pennellate di biacca, il sole luminosissimo. Ogni tanto si aprono squarci di paesaggi perduti, in avvallamenti e colline di betulle e abeti. D’un tratto, nel verde, la cupola perduta di una chiesa ortodossa. Mi par d’essere ai confine del mondo.

domenica 4 settembre 2011

Viaggio in Ucraina

Sorvolando la Lettonia
Il sole è appena tramontato lasciando un cielo di fuoco quando appare la grande città. L’aereo l’attraversa in tutta la sua interminabile lunghezza, fiancheggiando il fiume lungo il quale è sorta mille anni fa. Ero venuto undici anni fa, in treno. Oggi, sorvolandola, posso ammirarla in tutta la vastità e irregolarità fantasiosa, come vasto e irregolare è il suo fiume, che ora si fa lago, ora palude e si ramifica in mille meandri e diverticoli contorti.
Sono partito questa mattina da Roma alla volta di Riga, in Lettonia. Quando l’aereo lascia la Polonia per sorvolare il mare Baltico lungo la costa mare e terra brillano di luce. Riconosco Palanga, in Lituania, con la sua lunga striscia di terra che fiancheggia la costa. Poi la Lettonia, ricca di boschi, fino di nuovo sul mare per abbracciare la città di Riga.
Da lì riparto in volo ed eccomi a Kiev in Ucraina.
Ultima tappa, ed è ormai notte, Obukhiv, una cittadina a una quarantina di chilometri da Kiev. Mi accolgono strade piene di bancherelle, tavole imbandite, palchi con cantanti, giostre, fuochi d’artificio. Troppa grazia!!! (forse è soltanto la festa cittadina, ma faccio finta che sia proprio per me…). Domani inizia una nuova avventura.

sabato 3 settembre 2011

Il Castello di Poppi e la più bella espressione artistica

I conti Guidi, la battaglia di Capaldino, Guelfi e Ghibellini, Dante Alighieri… Basta vedere il castello di Poppi che subito ti assalgono secoli di storia medievale. Lo abbiamo visitato sulla via del ritorno a Roma, un tocco artistico finale ad una settimana vissuta nel mondo interiore, terminata nella più bella espressione artistica, Maria Immacolata. I nostri testi dicono che per gli Oblati “non si tratta d’avere per Maria Immacolata una devozione ordinaria. Si tratta di una specie di identificazione con Maria Immacolata”.
Non possiamo vivere la nostra missione senza di lei, che sant’Eugenio contempla come “Madre della missione”, “Madre di misericordia”, “Scala di misericordia”, “Nuova Eva”, “Corredentrice”, “Madre delle anime”, “Madre spirituale di una moltitudine innumerevole di figli di Dio”, “la grande nemica dell’impero del demonio”, “Dispensatrice di grazie”…
Siamo Oblati di Maria Immacolata. Offerti come lei, sul modello di lei, uniti nella sua medesima adesione all’offerta di Cristo. Lei ci insegna come come unirci al suo mistero pasquale, come si diventa suoi cooperatori.

venerdì 2 settembre 2011

San Romualdo: “Rimani quieto come un pulcino”


Uno sguardo alla vita e alle parole di San Romualdo (951?-1027), abate e fondatore dei camaldolesi, dato che siamo a Camaldoli?
Figlio del duca Sergio di Ravenna, ancora giovane assistette a un duello tra il padre e un parente. Quest’ultimo perse la vita e suo padre, secondo la consuetudine del tempo, per purificarsi dall’omicidio, avrebbe dovuto trascorrere un certo periodo in un monastero per farvi penitenza. Sergio non accettò e Romualdo si offerse al posto del padre e passò quaranta giorni nel monastero benedettino di Sant’Apollinare in Classe… e ci rimase! O meglio, romase monaco, ma iniziò a girare il mondo riformando la vita monastica secondo l’antica tradizione eremitica. Si fermava per breve tempo in luoghi isolati per poi abbandonarli appena i visitatori diventavano numerosi. Dovunque si ritirava, là dopo breve tempo nasceva un eremo. Egli vi stabiliva allora un responsabile ed emigrava per un altro luogo, dove puntualmente si ripeteva lo stesso fenomeno.
Cominciava a chiarirsi l’idea che l’eremo aveva bisogno di una base e questa era il cenobio, dove il mondo doveva arrestarsi totalmente per non disturbare minimamente la vita degli eremiti. Questi vivevano isolati nelle loro casupole o nelle celle e si dedicavano unicamente alla preghiera personale e alla contemplazione, recandosi nella chiesa dell’eremo solo per la celebrazione eucaristica e per la recita del coro.
Il Consiglio in preghiera...

“La solitudine – amava ripetere – è oro: dona il Dio vivente a coloro che ne sono assetati” .
Bruno di Querfurt racconta quello che Romualdo insegnava a chi intraprendeva la dura vita dell’eremita: “Rimani seduto nella tua cella come in un paradiso; respingi dalla tua memoria tutto quello che è del mondo; vigila sui tuoi pensieri come il pescatore quando spia le mosse dei pesci. Per ottenere questo hai una via nei salmi: non l’abbandonare mai. Prima di tutto mettiti alla presenza di Dio con timore e tremore, come chi si trova di fronte all’imperatore. Lavora alla totale distruzione di te stesso e rimani quieto come un pulcino, felice di ricevere la grazia del Signore: perché se la chioccia non gli dà qualche cosa, il pulcino non ha nulla da mangiare né da assaporare”.