Per Maria giunge il tempo di seguire il figlio fino ai piedi della croce (cf. Gv 19, 25-27). La profezia di Simeone si avvera: una spada le trapassa l’anima. Impotente, ma ferma, vede la sua “opera” immolata, apparentemente fallita, e lei ne viene come espropriata: “Donna, ecco tuo figlio”. È associata al mistero redentivo del Figlio, anche lui espropriato, così sembra ascoltando il suo grido “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mt 27, 45), della prerogativa di Figlio. Maria, ai piedi della croce, vive ed esprime il più grande dei carismi, il martirio, sempre presente e attuale nella vita della Chiesa , e mostra la valenza redentiva di ogni carisma.
Nulla di divino viene alla luce se non è pagato col dolore, né la famiglia, né la comunità cristiana , né una nuova opera di Dio. Così Gesù ha dato vita alla sua Chiesa, alla nuova umanità , così Maria è diventata Madre della Chiesa , così i missionari generano la loro porzione di Chiesa. Maria mostra fino a che punto occorre mettersi a servizio di Cristo e della sua missione.
Siamo Oblati di Maria Immacolata. Offerti come lei, sul modello di lei, uniti nella medesima adesione all’offerta di Cristo. Lei ci insegna come vivere la morte di Gesù, come unirci al suo mistero pasquale, come si diventa suoi cooperatori.
Non possiamo vivere la nostra missione senza di lei, che sant’Eugenio contempla come “Madre della missione”, “Madre di misericordia”, “Scala di misericordia”, “Nuova Eva”, “Corredentrice”, “Madre delle anime”, “Madre spirituale di una moltitudine innumerevole di figli di Dio”, “la grande nemica dell’impero del demonio”, “Dispensatrice di grazie”…
Forse per questo motivo Deschâtelets diceva che per noi Oblati “non si tratta – se vogliamo comprendere la nostra vocazione – d’avere per Maria Immacolata una devozione ordinaria. Si tratta di una specie di identificazione con Maria Immacolata”.
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