domenica 31 dicembre 2017

Il tutto di Maria


1 gennaio: Festa di Maria, Madre di Dio

Il tutto di Maria
Maria
tu donasti a Dio
la tua maternità
rispondendo al suo invito che ti chiedeva
tutto
dandoti a lui
nella verginità.
Ora egli ti rende la maternità
infinita.

Si possiede solo quanto si dona:
infinitamente e divinamente di più.

In questo Natale
insegnaci a donare
quanto Dio ci chiede.
Lui che chiede sempre
tutto
perché
tutto
si è dato 
(1993)


sabato 30 dicembre 2017

Lettera a san Giuseppe


Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione ritua­le, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – co­me è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Si­gnore.  (Lc 2, 22-40)

Nella festa della Santa Famiglia ho scritto una lettera a san Giuseppe

Per una misteriosa chiamata, tutti si sono dati appuntamento nel tempio di Gerusalemme: i genitori, Simeone, Anna. Al cen­tro, come sempre, Gesù, che riempie il tempio della presenza di Dio. È lui che porterà la salvezza, prima al popolo d’Israele – ne sarà la sua gloria –, poi a tutti i popoli della terra – ne sarà la loro luce.
Ma è ancora un bambino di pochi giorni. Egli, che sorregge le sorti del mondo, adesso deve essere portato in collo, come ogni bambino. Non lo vedo, come spesso viene raffigurato dall’ico­nografia, tra le braccia della madre, ma tra le tue braccia robu­ste e forti.

Tu, Giuseppe, sei suo padre, il capofamiglia. Compri per pochi spiccioli le due tortore con le quali riscattare il figlio che ti è appena nato, perché sai che appartiene a Dio. Tornerai poi a Nazaret portandolo con te, ma ormai sai che, nonostante il riscatto, non è più tuo, come non lo è stato nel concepimento, opera dello Spirito Santo, e neppure nell’adozione. Ora è chia­ro, più che mai, che egli appartiene interamente a Dio.

Con Maria nel tempio continui a meravigliarti di quanto sta av­venendo in quei primi giorni dalla nascita. Ti meravigli di quan­to detto dagli angeli e dai pastori a Betlemme, di quanto dicono adesso Simeone e Anna. Il mistero di quel bambino ti sorpassa infinitamente, è tuo e non lo è. È di Maria e non lo è. La mater­nità fisica lo lega a lei, ma ci sarà una spada che reciderà ogni legame di sangue; l’ha detto Simeone e lo dirà Gesù stesso, ve­nuto a portare la divisione: «si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre» (Lc 12, 53). Quel bambino è di Dio: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?», gli sentirai dire, ormai dodicenne, sempre nel tempio (Lc 2, 49).

Eppure il Padre l’ha affidato a te e tu diventi padre del Figlio di Dio. Il Padre del cielo penserà a dargli sapienza e grazia e affi­derà a te il compito di farlo crescere e fortificare. È quanto hai adempiuto a Nazaret, rimanendo servo fedele di Dio, lavorato­re silenzioso, premuroso custode della vergine Maria tua sposa, padre tenero di Gesù che hai guidato alla maturità. Racchiudi in te un segreto incomparabile.

Non è simile al tuo il segreto che ogni famiglia custodisce nel suo seno? È Dio che ha affidato ai genitori dei figli, siano essi naturali o di adozione; a essi il compito di crescerli con la stessa cura, affetto e dedizione che tu hai avuto per Gesù. Egli era Fi­glio di Dio e questi non sono meno figli di Dio. Qui è il segreto. Se sono figli di Dio appartengono, non meno di Gesù, al Padre del cielo. I genitori non sono padroni dei figli, ne sono i custodi, come tu lo sei stato di Gesù, disposti a vederli andare per la loro strada, anche se a volte il distacco sarà vissuto come il taglio di una spada. Il loro vanto, come il tuo, sarà averli aiutati a seguire la chiamata di Dio, qualunque essa sia; averli guidati, con cura e amore, alla libertà dei figli di Dio.

Quanta gratitudine dobbiamo a te,
Giuseppe, sposo casto e giusto,
che hai amato e rispettato Maria tua sposa.
Quanta gratitudine
per essere stato accanto a Gesù
tuo figlio,
per tanti anni,
e averlo fatto crescere sano e forte,
insegnandogli il tuo mestiere
e trasmettendogli la tua pietà.
Quanta gratitudine per la tua costante custodia
della grande famiglia della Chiesa
e di ogni nostra famiglia.
Insegna anche a noi a custodire il mistero
della presenza di Dio fra noi,
a riconoscere Gesù in ogni familiare
e a crescere con amore autentico e sincero distacco
i nostri figli
trasmettendo loro la fede che abbiamo ricevuto dai nostri padri,
così che seguano la via tracciata dal Padre,
che tutti ci conduce e ci riunisce nella sua casa.

venerdì 29 dicembre 2017

Le tabelline del 3 nel presepe



Chissà quale logica ha portato questo bambino a disegnare il presepe dopo le tabelline del tre.
Forse ha pensato ai tre personaggi principali del presepe.
Certo che quando una cosa l’hai in cuore, tutte le scuse son buone per tirarla fuori.


giovedì 28 dicembre 2017

La mangiatoia



2011: A Betlemme con tutta la famiglia
In poche righe nel racconto di Natale del Vangelo di Luca la mangiatoia nella quale fu deposto Gesù viene nominata tre volte.
La prima mostra Maria che avvolge il figlio in fasce e lo depone nella mangiatoia. La nascita di Gesù è già un velato richiamo alla sua morte quando sarà avvolto nuovamente in fasce e deposto nel sepolcro. Non a caso le icone orientali raffigurano la culla come una bomba.

Ciò che più mi impressiona in questo Natale è la seconda menzione della mangiatoia, quella fatta dall’angelo. Prima annuncia che è nato “un Salvatore, che è Cristo Signore”, poi offre loro un segno: “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Troppo evidente il contrasto tra l’annuncio e il segno. I pastori dovettero rimanere interdetti: com’è possibile che il Salvatore, il Signore, il Messia sia in una mangiatoia? Gli si addice una reggia, una corte, non certo una stalla.
I segni di Dio non sono quelli che ci aspetteremmo. Niente di grandioso, di straordinario. Dio si rivela in ciò che è piccolo e cosparge la nostra giornata di segni minuti che ci tracciano il cammino.
Quando ci convertiremo al vangelo?

La terza ricorrenza è quando i pastori trovano il bambino nella mangiatoia, come annunciato. Una mangiatoia, il luogo dove mangiano gli animali.
La mangiatoia profetizza quanto più tardi dirà Gesù: è il pane disceso dal cielo… prendete e mangiate. Gesù si dà da mangiare.
Natale è compendio di tutto il Vangelo.


mercoledì 27 dicembre 2017

Sono sorella


Anna è contenta perché, assieme a Gesù Bambino, le è nata la sorellina, proprio a Natale.
È contenta non soltanto perché voleva una sorellina, ma perché lei è diventata “sorella”.  E ora grida con gioia: “Sono sorella”.
Noi sorridiamo, ma è una scoperta straordinaria, la scoperta della relazione e quindi anche della propria identità. 


martedì 26 dicembre 2017

Un sasso come segno di un cristianesimo serio


Lo scorso anno ero in India, ma quest’anno eccomi nuovamente immerso nelle sane tradizioni. Santo Stefano, patrono di Prato. La città si ritrova nella cattedrale. La città… naturalmente una parte, di una certa età.
Bello, pieno di luci, coreografie, dai figuranti in costumi medievali che suonano le chiarine all’inizio, a metà e alla fine della messa, all’Ordine cavalleresco del Santo Sepolcro in alta uniforme (tutti rigorosamente disarcionati), dame con pizzi…
In mezzo a tutta questa sceneggiatura barocca è un po’ difficile riconoscere l’ultima cena di Gesù. Povero Papa Francesco, la sua riforma evangelica rimane ancora un po’ lontana.
Non è comunque difficile riconoscersi poveri peccatori e bisognosi di salvezza. Basta questo.

Per fortuna c’è il sasso, in bella mostra sull’altare (in una preziosa teca che merita la vigilanza dei carabinieri!). Forse nessuno ci fa caso. È una presunta reliquia, uno dei sassi con cui sarebbe stato ucciso santo Stefano. Indubbiamente è un simbolo forte, ci ricorda che il cristianesimo è una cosa seria. Abbiamo proprio bisogno di una sassata in testa, che ci rimetta sull’attenti.


lunedì 25 dicembre 2017

Natale: Avvolto in fasce, avvolti di luce


Uno dei presepi di casa
Maria lo avvolge di fasce. Un gesto materno, pieno di tenerezza e d’amore. Un gesto preparato fin da quando seppe di essere in attesa di un bambino. L’angelo lo aveva annunciato come «Figlio dell’Altissimo», ma sarebbe pur stato un bambino.
Natale: mistero di Dio che si fa uomo nella fragilità di un bambino che ha bisogno di essere avvolto in fasce per proteggerlo dal freddo.
In quel gesto della Madre i Padri della Chiesa hanno visto l’umanità che avvolge la divinità: vero Dio e vero uomo.

La gloria del Signore avvolge di luce i pastori. Un gesto paterno di tenerezza e d’amore, pensato fin dall’inizio dei tempi, e prima ancora, da tutta l’eternità.
È un’umanità semplice quella che Gesù incontra nel suo nascere: non sa né leggere né scrivere, vive ai margini dei villaggi, è scartata e temuta. Sono gli ultimi e sono avvolti di luce, trasfigurati, è resa loro la dignità regale di figli di Dio: l’umanità è divinizzata.

Divino e umano, Cielo e terra si abbracciano. È il «mirabile scambio» cantato dai nostri antichi Padri: l’uomo dà a Dio la sua umanità e Dio dà all’uomo la sua divinità.
Gesù spegne la sua luce e si fa opaco, nasconde la sua gloria celeste nella piccolezza di un comune bambino e accende noi del divino. (2009)

domenica 24 dicembre 2017

Natale: Dio si è fatto bambino


E' il libretto che ho scritto
per i miei nipoti
Natale: Dio si è fatto bambino,
si è fatto vicino,
è venuto a stare tra noi,
uno di noi,
per capirci, per condividere tutto di noi,
per dirci e darci tutto il suo amore,
per non farci sentire più soli.
Nelle nostre incertezze, nei nostri dubbi,
nelle nostre insicurezze,
nelle nostre paure,
nel nostro patire
Egli è con noi.
Ci conosce e non ci lascia soli.
È con noi nelle gioie e nelle speranze.
Condivide i nostri sogni...
È un Dio vicino.
È di casa!
Non siamo soli
nell’affrontare la vita.
Non c’è circostanza,
bella o triste,
difficile o assurda,
in cui non sia vicino,
che non sappia condividere,
che non riempia con il suo amore.
Un Dio così vicino.
Proprio uno di noi.
(1997)

sabato 23 dicembre 2017

Natale: Nulla è impossibile a Dio


Uno dei presepi di casa
«Lo Spirito Santo scende­rà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua om­bra… nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 28-38).

L’annuncio più bello che una donna possa mai ricevere: «Stai per diventare madre». Il cuore è colmo di gioia e di esultanza. Ma tu, Maria, hai ricevuto il più straordinario degli annunci: non soltanto madre, ma madre del Figlio dell’Altissimo, il so­gno di ogni donna ebrea. Eppure ancora non ti lasci andare al giubilo. Le parole dell’angelo non hanno sciolto pienamente il turbamento iniziale.
Non sei donna di facili entusiasmi, vuoi andare a fondo delle cose, perché ogni scelta sia consapevole. «Come è possibile?», domandi. È la prima delle parole che ti sentiamo pronunciare nel Vangelo, e non è l’ultimo interrogativo che poni. «Perché ci hai fatto questo?», chiederai più tardi al Figlio che ti ha lasciato per rimanere a Gerusalemme. Vuoi andare a fondo nelle cose, penetrare nel mistero, in una ricerca sincera e spesso sofferta, che porti a un’adesione consapevole e convinta.

Com’è difficile comprendere i disegni di Dio: sovrastano infini­tamente i nostri progetti e spesso sembrano contraddirli, negar­li. Come si concilia il tuo non conoscere uomo con l’annuncio di una maternità? A mano a mano che la tua vita si snoderà in una sequenza del tutto inedita e imprevedibile, sopraggiunge­ranno altri nuovi interrogativi: «Cos’è mai questo racconto di pastori che hanno visto angeli in cielo?», «Che senso ha l’an­nuncio di Simeone nel tempio?», «E le parole che, sempre nel tempio, mi rivolge il figlio dodicenne?».
«Sarà possibile – ecco ora la domanda cruciale – che si compia in me quello che Dio mi chiede? Non è troppo grande?». «Ce la farò?» (quest’ultima domanda forse tu non l’hai mai formulata, ma di sicuro è la nostra domanda, vedendoci così impari, davanti alle richieste che Dio ci rivolge).
Tutto è più grande di te, che pure sei così grande. Devi giun­gere a contenere lo stesso Iddio, che cieli e terra non possono contenere, in una maternità che non si esaurisce nel momento della nascita di Gesù, ma continua e si dilata a mano a mano che il Figlio cresce, fino a spalancarsi sulla Chiesa, pienezza del suo Corpo.
Sei pur sempre una creatura umana e la rivelazione del mistero non può non lacerare la mente e il cuore, che abbisognano di di­latarsi all’infinito, come infinito è il mistero. Tutta la tua vita sarà un crescere progressivo verso la pienezza, il costante adeguamen­to all’infinita totalità di Dio; un cammino fatto di interrogativi, ascolto, accoglienza delle parole di Dio, per custodirle con cura, meditarle con assiduità, approfondirle, penetrarle.

A te come a noi, dinanzi a ciò che sembra arduo, troppo diffici­le, impossibile, torna a echeggiare la parola dell’angelo: «Nulla è impossibile a Dio». Soltanto da questa certezza può nascere l’arrendevole fiducia, la consegna nelle mani dell’Onnipotente: «Avvenga per me secondo la tua parola».


venerdì 22 dicembre 2017

La povertà del Natale


La povertà del Natale
Venisti in povertà,
ma volesti per te madre e padre.
Oggi che torni
aspetti ancora una famiglia
che ti accolga
nel calore dell’amore.
Non basta un cuore a farti casa
vuoi i nostri cuori
uniti.

Venisti in povertà,
ma volesti pastori e magi.
Oggi che torni
non basta l’attesa di una famiglia.
Vuoi la tua gente raccolta
dall’amore nostro.

Venisti in povertà,
ma volesti
e paglia e animali e legni e sassi
e angeli e stelle.
Oggi che torni
attendi cieli e terra
fatti nuovi
da te
che vivi tra noi.
(1994)


Da sinistra: p. Gennaro Pacelli,
p. Nicola Ferrara, p. Paolo D’Errico,
tutte e tre sono stati a Prato
Oggi ho vissuto la novena di Natale nella basilica dell’Assunta a Santa Maria a Vico, per il funerale di padre Nicola Ferrara.
Oggi è l’anniversario della sua ordinazione sacerdotale, 61 anni fa.



L’ho conosciuto a Firenze negli anni del liceo, poi a Prato, dove era superiore della comunità oblata di Gesù divin Lavoratore.
È stato 21 anni alla casa generalizia lavorando per le cause di beatificazione dei nostri santi. Ha lasciato il suo ufficio poco prima che giungessi io, quasi uno scambio del testimone.
L’abbiamo ricordato per la sua semplicità, affabilità, bontà, professionalità…
Una vita vissuta nel nascondimento eppure ricca di frutti.
Natale è la nascita di Gesù, ma anche la nostra nascita al cielo.


giovedì 21 dicembre 2017

Natale: il panforte


La comunityà oblata del Sahara
ci rivolge gli auguri di Natale
Era ottobre quando partii per il Canada. Natale era ancora lontano, ma all’aeroporto di Fiumicino comprai il panforte di Siena. Come avrei fatto a Natale, lontano, senza il panforte?
Giunto a destinazione riposi gelosamente il dolce nel cassetto, sotto le camice. Quando mi capitava di sfiorare casualmente la scatola di cartone del panforte, si accendeva il ricordo di casa.

E venne Natale.
Tra i coloratissimi dolci canadesi spuntò anche il mio panforte bruno, sommerso nella impalpabile bianchissima vaniglia. Lo scartai con cura e lo offrii agli amici. Non era avvolto nel foglio di piombo come quando ero piccolo, una variante da nulla, che lasciava inalterata la magia di sempre.

Cosa si sarà messo in valigia Gesù Bambino quando partì dal Cielo per venire in terra?
Certamente qualcosa di casa che non avrebbe trovato qui all’estero, dove c’era più freddo di quanto non ne avevo trovato io nelle innevate praterie canadesi.
Sono sicuro che quando di notte, di nascosto, usciva furtivo in solitudine, apriva la valigia e ritrovava un respiro d’aria di casa. Si era portato con sé l’amore reciproco, “aria del Paradiso”. Qua non lo trovava di certo.
E oggi, a Natale, condivide il suo dono.
(1998)


Oggi sono stato alla novena di Natale a Santa Maria Maggiore, davanti alla "sacra culla", le cinque assicelle di acero della mangiatoia di Betlemme, custodite sotto l'altare maggiore della basilica. Canti solenni in latino, come una volta: Regem venturum Dominum... Rorate coeli desuper...
Già nel 432 papa Sisto III aveva fatto costruire nella basilica una grotta della natività, riproduzione di quella di Betlemme. Nel 1288 Arnolfo di Cambio scolpì il primo presepe al mondo, ancora presente della cripta.

mercoledì 20 dicembre 2017

Natale: Ogni uomo è veramente mio fratello


Natale è rimasto uno dei pochi momenti che conservano intatto l’incanto, il senso della poesia, il fascino segreto della bellezza.
È ancora capace di sprigionare la gioia pura e semplice delle cose vere.
Nondimeno l’Incarnazione di Dio è un evento sconvolgente, che rivoluziona la storia dell’umanità:
se Dio si è fatto uomo, “ogni uomo è mio fratello”.
Questa straordinaria realtà è stata ridotta all’impotenza dalla retorica divenendo un luogo comune, uno slogan inoffensivo.
Il mio augurio di Natale:
ridare senso all’Incarnazione e alle sue conseguenze.
Se Dio si è fatto uomo,
ogni uomo è veramente mio fratello.
È l’abolizione dell’idea di nemico, di straniero, di extra-comunitario,
ma anche di antipatia, di indifferenza.
A Betlemme pochi seppero riconoscere in quel Bambino il Figlio di Dio.
Avremmo voluto essere tra quelli.
Pochi sanno scoprire nelle persone che ci passano accanto Gesù.
Vogliamo essere tra quelli.

Ricevo intanto questa email:
Ti ringrazio per la novena che ci fai fare.
La faccio anche con i miei nipotini che ogni pomeriggio, quando stanno con me, mi chiedono: Raccontaci di quando non trovavano posto, riferendosi a Maria e Giuseppe. Allora ripeto la storia della nascita di Gesù. Anche questo è un modo per prepararsi al Natale

martedì 19 dicembre 2017

Natale: un nuovo inizio


Il presepe nel mio ufficio
Natale si fa sempre più vicino. È tempo di leggere la genealogia di Gesù.
Allora l'archivio familiare era la memoria collettiva, che custodiva gelosamente i ricordi del passato che si ripetevano la veglia dopo cena e che passavano di generazione in generazione. Così anche i nome degli antenati.
Nella genealogia di Gesù tramandata nel Vangelo di Matteo fa impressione il verbo scandito per ben 42 volte: “generò”. “Abramo generò Isacco…” e avanti per tre gruppi di 14 generazioni: generò, generò, generò… Un verbo carnale, che mostra la bellezza della continuazione della vita di secolo in secolo: da Abramo a Davide (14 generazioni), da David a Ieconia (14 generazioni), da Ieconia a Giuseppe (14 generazioni).
Poi, improvvisamente, la generazione si interrompe. Dopo “Giacobbe generò Giuseppe” non ci sono più generazioni. Cambia il verbo: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato il Cristo”. Non c’è più nessuno che genera, Giuseppe non genera. Gesù arriva al termine di una lunga genealogia per dirci che è inserito nella storia d’Israele. Nasce, ma non è generato da un uomo, proviene da Dio. Il vero Padre è Dio. Tutto ricomincia di nuovo.
Natale è un nuovo inizio, una nuova creazione, nella quale tutti possiamo rinascere.

Mi scrive intanto una persona che non conosco:

Nel suo blog lei chiede se si fa ancora la Novena di Natale.  Qui a Colombia si fa, nelle Chiese e nelle case e da tutte le parti, i bambini vanno a tutte le novene che si fanno vicino alle loro case.  Credo che è una tradizione che hanno lasciato gli spagnoli.  Si chiede che venga presto Gesù, e si cantano anche canzoni di Natale.

Si canta un ritornello che dice: "Dulce Jesús mío, mi niño adorado, ven a nuestras almas, ven no tardes tanto" (Dolce Gesù mio, mio bambino adorato, vieni nelle nostre anime, vieni presto) e i bambini cantano e suonano quello che possono, è un ritornello molto allegro. Se si vuole cambiare qualche cosa o qualche orazione è quasi impossibile perché sanno questo tutto  a memoria e sembra che se si cambia non è lo stesso.  La Novena viene dal 1725.


lunedì 18 dicembre 2017

Natale: Non temere


Uno dei bei presepi di casa nostra
In questo periodo di Natale sentiamo gli angeli ripetere per quattro volte: “Non temere”.
Lo dicono a Zaccaria, a Maria, a Giuseppe, ai pastori.
Sono tutte persone che avvertono Dio così vicino da avere paura.
Dio fa paura? No di certo, ma il messaggio di cui gli angeli sono portatori è così grande, così nuovo, che sconvolge e, se accolto, scombussola davvero la vita. E noi tutti vorremmo una vita quieta, senza scosse.
Qua sono cose serie! Cosa c’entriamo noi, così piccoli?

Sono tanti gli eventi che capitano a noi o attorno a noi, che spesso non sappiamo cosa fare, siamo un po’ persi. Cosa possiamo fare davanti a tanto più grande delle nostre forze?
Ecco allora l’assicurazione da parte di un angelo: “Non temere!”.
Non temere perché la storia, quella piccola e quella grande, ce l'ha in mano Dio , siamo in mani sicure.
Può accadere in tutto, ma non siamo in balia degli eventi, non siamo mai soli ad affrontare le prova o a rispondere alle richieste di Dio, anche quando ci sembrano troppo grandi e noi ci sentiamo troppo piccoli: siamo nelle sue mani, le risolve lui le cose, ci pensa lui a fare tutto.
“Non temere”.


domenica 17 dicembre 2017

Presepe romano: Er Pupo poverello


Presepe romano di sant'Eustachio
Questa volta per la novena di Natale mi aiuta l’amico Claudio Cianfaglioni, che mi manda una sua poesia: oltre ad essere un filosofo, teologo, letterato, è anche poeta!

Sotto all’Artare de Santa Maria Maggiore
dicheno ce sia gnente de meno che la culla de Nostro Signore:
du’ legni ‘ncroce, e gnente de più,
funesto presago della sorte che fu.

Quer Pupo benendetto
venne ar monno senza manco un tetto
né un guanciale ‘ndove posà la testolina:
è nato poverello, da na pora regazzina.

«È questo er Re?» chiedono in coro li potenti de la tera.
«È questo er Sarvatore, sto piccolo Signore?
È mai possibile penzallo Onnipotente
proprio a Lui che nun possiede gnente?».

Sì, è proprio Lui, dubbio non c’è.
È venuto fino a qua pe mme e ppe tte
a ricordacce n’antica verità
na sapienza, cha mai nun passerà.

Vengo a dire, ciovè, quello che conta
in nella vita pe nun falla tonta:
è condivide er pane e volesse bene
come ancor oggi faremo inzieme.


sabato 16 dicembre 2017

Si fa ancora la novena di Natale?


San Giovanni Battista, nel museo della basilica di
san Giovanni Battista dei Fiorentini
Io l’ho iniziata!
Sono andato a trovare l’inventore della novena, Giovanni Battista. Sì, proprio lui. Siamo abituati a chiamarlo Giovanni il Battista, il Battezzatore. Il suo vero nome è tuttavia il Testimone. Il Vangelo di Giovanni, che leggiamo nella terza domenica di Avvento, per due volte afferma che la sua missione era quella di “rendere testimonianza alla luce”.

Il suo computo è preparare le persone ad accogliere la venuta di Gesù, di indicarlo presente nel mondo. Infatti non è mica facile riconoscerlo. «In mezzo a voi c’è uno che non conoscete», continua a ripetere. Anche noi rischiamo di festeggiare il Natale… ma il natale di chi? Ci vuole proprio l’annuncio del Battista, la sua testimonianza.
Mi viene alla mente la crocifissione del pittore tedesco Matthias Grünewald, in cui Giovanni è raffigurato con l’indice della ma­no destra sproporzionatamente grande, mentre indica Gesù.

E dove sono andato a trovare Giovanni il Testimone? Nella sua chiesa all’inizio di via Giulia. Da non credere: ci sarò passato davanti migliaia di volte in quarant’anni che sono a Roma, eppure non c’ero mai entrato. Capita così ai romani veri…
Era la chiesa dei Fiorentini, che aveva come rettore san Filippo Neri, fiorentino anche lui, e quindi era dedicata a san Giovanni Battista, patrono di Firenze.
L’ho visitata con tutta calma, lasciandomi incantare dalle tavole del Cinquecento e del Seicento. Poi mi sono trovato a casa: c’è un bell’affresco di Filippino Lippi, pratese. Era in un’edicola nel Vicolo delle Palle, lì a due passi, dove appunto si giocava a bocce. Un giocatore, visto che la partita andava male, irato scagliò una boccia verso l’edicola. Naturalmente rimase con braccio paralizzato (ma vi pare che la Madonna faccia di queste cose, comunque lasciamo che la tradizione racconti le cose come meglio le pare…). Fu allora deciso di staccare l’affresco e di portarlo nella vicina chiesa.
Storie che mi ha raccontato la gentilissima signora che fa la guida volontaria e, da buona toscana come me, mi ha fatto visitare il museo della chiesa, ricco di straordinarie opere d’arte, tra cui una scultura di san Giovannino, che si dice sia stata la prima scultura realizzare da Michelangelo appena adolescente.
(C'è anche il piedi di santa Maria Maddalena... ma di questo ne parliamo un'altra volta...)

Insomma, il nostro Giovanni Battista mi ha detto:
Ma insomma, sapete, sì  no riconoscere in quel bambino, adagiato in una mangiatoia, l’Emmanuele, il Dio che viene a vivere tra noi? Natale è soltanto una bella poesia o davvero il grande mistero dell’incarnazione? Lo sapete, sì o no, che In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete? È nascosto negli avvenimenti, anche in quelli che fanno soffrire; nel cuore delle persone, anche in quelle che sembrano le più cattive. Lo sapete riconoscere nella vostra vita di ogni giorno?
Non a caso si chiama “Emmanuele” = “Dio che sta con noi”. Non a caso si chiama “Gesù” = “Dio salva”. Ci credete o no che vi è accanto? E allora confidatevi, raccontategli le vostre cose, raccomandatevi, chiedetegli tutto quello di cui avete bisogno. Non lo sapete che vi ascolta, vi capisce? Ma se c’è passato anche lui?.

Così il nostro san Giovanni mi ha aiutato a iniziare la novena di Natale!

venerdì 15 dicembre 2017

Cos'è Natale per te?

Ecco cos'è per una certa Cristiana, che non mi pare di conoscere:

Leggendo questo testo dal blog di Fabio Ciardi, che apro ogni giorno, ho capito: mi sento coerente, per me il Natale è veramente Natale.
Tutti a chiedere: avete fatto il presepe? Avete addobbato la casa? Avete fatto i regali?
Forse il mio mettere solo loro 3 = LA SANTA FAMIGLIA, un albero fatto di legnetti, semplice, sobrio, un’icona che viene da Bethlemme, un’immagine del Bimbo con i fiori della Terra Santa, anche questa proveniente da Bethlemme e, da ieri, il Bambinello Benedetto dai Legionari di Cristo, vuol dire veramente NATALE.

Sono sola, nelle mie miserie, nei miei bisogni, nei miei vuoti, nelle mie sofferenze, mancanze, difficoltà, so però per certo che per me Natale è la nascita di Gesù, è’ solo questo evento, unico, che ha cambiato la storia di noi uomini.
Il Natale è l’evento-dono gratuito del Signore per noi = essersi fatto bambino per farci ri-nascere uomini nuovi, per farci simili a lui, per riempirci del suo amore, della sua misericordia, del suo amore che non conosce fine.

Sarò sola a tavola, sarò sola davanti all’albero, sarò sola davanti al presepe, so però per certo che aspetto che Lui rinasca in me, nel mio cuore, non solo il 25 dicembre ma ogni giorno che apro gli occhi e guardo la luce che già vive dentro la mia anima.
Lui arriva per noi, lui è la vita vera.

Ed ecco cos'è per Giovanni, che straconosco!:

In casa Natake ce o ricorda ogni giorno il piccolo preseèe. Un segno, un'espressione discreta, semplice, non invadente, del suo vero significato. 
Forse finché ci sarà un presepe ci sarà un Natale.


giovedì 14 dicembre 2017

Notte oscura... anzi luminosissima


La raccolta degli scritti di san Giovanni della Croce inizia, abitualmente, con La salita del monte Carmelo. È quindi naturale che il lettore comune inizi proprio col leggere questo scritto. Col rischio di arenarsi e interrompere a metà la lettura. Così, dicono gli studiosi, avviene il più delle volte. Infatti anche a me è capitato proprio così.

Oggi, festa di san Giovanni della Croce, mi sono ricordato di una pagina che ho scritto sulla mia esperienza con i suoi scritti.
Abitualmente si comincia col leggere La salita del monte Carmelo… Col rischio di arenarsi e interrompere a metà la lettura. Così, dicono gli studiosi, avviene il più delle volte. Infatti era capitato così anche a me.
Un’opera monumentale, la Salita, architettata con maestria, ricca di dottrina, fine nella introspezione psicologica. Ti dice come arrivare all’unione con Dio. Si tratta di un cammino arduo descritto, con un’immagine cara alla tradizione di ogni cultura religiosa, come la scalata d’una montagna. Come erta e lunga e difficile si presenta la salita e quanta fatica per giungere alla cima… se pur si ha la tenacia e la forza per tanta impresa. C’è in verità una direttissima, che consentirebbe di bruciare le tappe in poco tempo, ma sulla mappa è descritta con sei “nada”: nulla, nulla, nulla… Occorre tagliare, rinunciare, perdere, essere staccati da tutto… Più ci si sforza di salire, più ci si accorge di quante remore ci tengono ancora legati alla piana. E allora ti scoraggi e ti dici che forse quell’alta vetta non è fatta per te. Almeno così accade a chi non si ritiene un professionista dello spirito. Lasciamo quest’impresa ai monaci e alle monache che dedicano la vita intera al progressivo distacco e hanno tempo di analizzare e correggere i più piccoli moti del cuore e della mente per indirizzarli interamente verso Dio.

Quando mi decisi a riprendere in mano le opere di Giovanni della Croce, non ricominciai dall’inizio, ma attaccai direttamente un altro scritto, il Cantico spirituale. Ne rimasi conquistato. Scoprivo un altro Giovanni della Croce. Non stava più ai piedi della montagna con la pesante attrezzatura per la scalata. Era già sulla cima del monte, leggero, libero. Da lì descrive la sconfinata bellezza e gioia dell’amicizia con Dio. Parla dell’Amato e del suo abbraccio, del suo bacio che accende il cuore d’un amore ardente, che lo ubriaca di passione. Il rapporto tra l’Amato e l’anima si fa così intimo e profondo che non trova analogia più appropriata di quella nuziale: “Dio stesso è colui che le si comunica con mirabile gloria di trasformazione di lei in lui e si trovano entrambi in uno, come se dicessimo ora la vetrata con il raggio di sole, o il carbone con il fuoco o la luce delle stelle con quella del sole” (strofa 26, 4).

Quando giungi al termine della lettura (e vi giungi certamente perché, pagina dopo pagina, sei attratto dal vortice dell’amore di Dio) ti trovi anche tu con il cuore in fiamme e il desiderio di giungere a quell’unione con Dio che Giovanni ti fa pregustare e che ti fa apparire così naturale e semplice. Adesso sì che sei disposto a lasciare tutto il resto pur di entrare in questo mondo di luce che mai avresti immaginato così radioso e bello. Le realtà umane da cui siamo circondati, spiegava già Giovanni della Croce nel libro sulla Salita, sono così belle che difficilmente ci si sente spinti a staccarci da esse per intraprendere il cammino, è dunque necessaria all’anima “la fiamma più potente di un amore maggiore, cioè di quello del suo Sposo, perché ella, riponendo in Lui il proprio gusto e la propria forza, avesse il coraggio e la costanza di rinnegare senza difficoltà tutti gli altri piaceri. Tuttavia per vincere la forza degli appetiti sensitivi non basta che l’anima ami semplicemente il suo Sposo, ma si richiede che arda di amore ansioso per Lui” (libro 1, 14, 2).

Dopo aver letto il Cantico spirituale e l’altro grande poema dell’amore di Dio che è la Fiamma viva d’amore, si può tornare a leggere la Salita del monte Carmelo. Ormai siamo motivati, si farebbero pazzie pur di raggiungere e gustare la profonda inebriante comunione con Dio di cui ci ha innamorato. Solo se si è scoperto il tesoro si è pronti a vendere tutto per acquistarlo. Solo quando si è innamorati si è disposti a tutto pur di raggiungere l’amore intravisto e pregustato. Lo stesso Giovanni della Croce scrive: “Chi è veramente innamorato, si distacca subito da tutto il resto per guadagnare ancor di più quello che ama.” (Cantico 29, 10). Non a caso la sua prima opera è stata proprio il Cantico spirituale e soltanto successivamente ha composto il poema “In una notte oscura”.
Meglio ancora se, prima della Salita, prendiamo in mano questo libretto aureo che è la Notte oscura. Apparentemente le due opere sembrano simili. Tutte e due infatti sono un commento ad una stessa poesia di otto strofe che inizia con il famoso verso “In una notte oscura”. Sì, perché prima di essere autore di scritti dottrinali che gli hanno valso il titolo di “dottore della Chiesa”, Giovanni della Croce è un poeta, che ama tradurre le sue profonde esperienze spirituali in versi. Non trova strumento più idoneo della poesia per esprimere adeguatamente quanto egli vive. Non possiamo allora fare a meno di dare uno sguardo rapido alla vita di quest’uomo, per capire da dove nasce la poesia “In questa notte oscura” da cui scaturiscono le opere la Salita del monte Carmelo e la Notte oscura.


mercoledì 13 dicembre 2017

Natale: Un Regalo per te


La notte di Natale di molti anni fa viaggiavo su una pista di terra battuta nella foresta del Camerun. Nel buio fondo occhieggiavano qua e là dei fuochi, segnali di villaggi sperduti. Una zona dove il cristianesimo non era ancora giunto. Mi si stringeva il cuore al pensiero che tante persone non sapessero che quella era la notte di Natale. Lo dissi al mio compagno di viaggio, un giovane dei Paesi Bassi incontrato per caso, che stava esplorando l’Africa con mezzi di fortuna: “Pensa, attorno a quei fuochi ci sono persone che non conoscono Gesù”. Mi guardò con aria indifferente chiedendo: “Quale Gesù?”. Non ne sapeva niente, e veniva da un Paese cristiano.

Quanti sanno ancora che Natale è la festa della nascita di Gesù? Che è festa lo sappiamo tutti, inizia subito dopo quella di Halloween ed è immediatamente seguito da quella della Befana, del carnevale, un unico immenso commercio senza soluzione di continuità… È soprattutto la festa dei doni, un po’ pesante, in verità, perché è un dovere esigente pensare ai regali per tutti, un mese intero di shopping faticoso e se ne va l’intera tredicesima, se basta. Per fortuna è anche la festa dei bambini e della famiglia: qualcosa si salva ancora. E Gesù? Abbiamo tante cose serie e importanti da organizzare, dalle decorazioni al cenone alla settimana bianca, che non ci resta il tempo per queste sottigliezze.

In questa pazza corsa collettiva, che non sappiamo dove ci conduce, sarà forse opportuno arrestarsi un attimo e pensare al dono più bello di Natale, quello che fa il “Natale”. Tutti intenti a preparare regali, è forse il momento di accorgerci che ce n’è uno speciale proprio per noi. Ci giunge direttamente da Dio, personalizzato, su misura. Sì, è proprio Gesù, un bambino, che Maria sua madre, mostra a tutti, ai poveri: i pastori, ai ricchi: i magi, a chi è in attesa e in ricerca: il vecchio Simeone e Anna nel tempio… Ha la gratuità del dono e quindi fa festa e mette gioia: gli angeli inondarono il cielo di canti. È anche utile, cosa che ormai tanti doni non hanno più: ci riporta la vita e dà senso alla vita: è un bambino, il segno che tutto può rinascere, è la speranza. Basta accoglierlo.

(Editoriale per "Città Nuova" che ha offerto il titolo per il numero di dicembre)


martedì 12 dicembre 2017

Annunciazione profezia del Natale



Il nostro Natale inizia con due annunciazioni: a Zaccaria e a Maria.
Quale diversità!

La prima è rivolta a un uomo, un sacerdote, a Gerusalemme, nel tempio, durante una liturgia, con la testimonianza di tante persone…

La seconda avviene a una giovane donna, in un piccolo villaggio sconosciuto, in un’umile stanza scavata nella roccia, in un momento di vita ordinaria, senza che nessuno se n’accorga…

L’annuncio a Maria è profezia dell’umiltà e del nascondimento di Gesù, che entra nella storia in maniera silenziosa e la fermenta dal di dentro.
È profezia della Chiesa, del nostro vivere.