venerdì 26 luglio 2024

Nonni e anziani...


Il mio luglio: una settimana con adulti, una con famiglie giovani e bambini, una settimana con persone anziane. Con quest’ultima settimana ho iniziato la preparazione della giornata dei nonni e degli anziani indetta da Papa Francesco per domenica prossima, in vicinanza con la festa di santi Gioacchino e Anna.

«Voi - ha detto il Papa riferendosi agli anziani - siete una presenza importante, perché la vostra esperienza costituisce un tesoro prezioso, indispensabile per guardare al futuro con speranza e responsabilità. La vostra maturità e saggezza, accumulate negli anni, possono aiutare i più giovani, sostenendoli nel cammino della crescita e dell’apertura all’avvenire, nella ricerca della loro strada. Gli anziani, infatti, testimoniano che, anche nelle prove più difficili, non bisogna mai perdere la fiducia in Dio e in un futuro migliore… E che dire del loro ruolo nell’ambito familiare? Quanti nonni si prendono cura dei nipoti, trasmettendo con semplicità ai più piccoli l’esperienza della vita, i valori spirituali e culturali di una comunità e di un popolo!».



mercoledì 24 luglio 2024

Prato, una santità diffusa

 

Una cittadina piccola come Prato – almeno un tempo era così – ricca di tanta santità! Varrà la pena percorrerne le strade per conoscere tanti santi… Per il momento, oltre a quelli già presentati, mi accontento di un elenco provvisorio…

Venerabile Benedetto (Mattia) Bacci, Poggibonsi (13 settembre 1591 + Prato 2 maggio 1658 o 3 marzo 1659). Sacerdote francescano. Ha vissuto per lungo tempo a Prato ottenendo per i suoi meriti la cittadinanza onoraria. Nel 1897 per le sue virtù eroiche è stato decretato Venerabile. Soggiornò a lungo nel convento francescano del Palco, dove morì.

Sant’Antonio Maria Pucci, Poggiole, Vernio, Prato, 16 aprile 1819 + 12 gennaio 1892. Sacerdote dei Servi di Maria. Proclamato beato il 12 giugno 1952 da Pio XII e il 9 dicembre 1962 Giovanni XXIII lo dichiara Santo.

Venerabile Cesare Guasti (Prato, 4 settembre 1822 + Firenze, 12 febbraio 1889). Giornalista scrittore. Segretario dell'Accademia della Crusca. Direttore dell'Archivio di Stato di Firenze. Presidente del consiglio di amministrazione del conservatorio di San Niccolò in Prato.

Marianna Nistri (1843-1905). Sentì fino da bambina il desiderio di diventare suora salesiana per dedicarsi all’educazione della gioventù, all’assistenza dei poveri e degli ammalati. Ma la perdita della mamma e poco dopo anche del babbo, la chiamarono a far da madre ai piccoli fratelli. Cresciuti i fratelli ella restò libera dalle cure familiari; libera di dedicarsi interamente alla preghiera ed alle opere di carità, fondando un ospedale per le bambine poveri…

Don Didaco Bessi (Iolo, Prato, 5 febbraio 1856 + Prato,25 maggio 1919). Fondatore delle suore Domenicane di Santa Maria del Rosario di Iolo. La fase diocesana della causa di beatificazione, aperta solennemente il 23 settembre 2013, si è conclusa il 21 ottobre 2016.

Beata Maria Margherita Caiani (Poggio a Caiano, 2 novembre 1863 +Firenze,8 agosto 1921).Fondatrice della congregazione delle Minime Suore del Sacro Cuore. Il 23 aprile 1989 è stata proclamata beata a Roma da Papa Giovanni Paolo II.

Virginia Frosini (1880–1964). Orfana di madre all'età di nove anni, sposò Giulio Frosini nel 1906. Nell'autunno 1934 organizzò un oratorio per i ragazzi del quartiere di San Fabiano, che era il più povero della città. Faceva giocare i ragazzi e provvedeva a dare loro la merenda, i vestiti ed anche le scarpe, aiutata da altre donne volenterose. Prese in affitto una piccola casa e vi ospitò una ragazza madre con un bimbo di pochi mesi. Nacque così l'Istituto S. Rita. Riuscì a creare una comunità organizzata come una famiglia.

Rosa Giorgi (1863-1910). A dieci anni, rimane orfana di madre e poco dopo cominciano a manifestarsi sul suo corpo i primi problemi cutanei che nel corso della vita si acutizzeranno sino alla cecità. Nel 1891 fonda un istituto di accoglienza per piccoli, colpiti, come lei stessa in tenera età, da disgrazie familiari. Spenderà la sua vita, fortemente compromessa dalla malattia, per questo sogno, nato in seno alla propria esperienza personale. Una mistica straordinaria tutta da riscoprire.

 

La Santa di Prato

 

Questa non è una santa di Prato, è “la” santa di Prato.

Il nostro itinerario dovrebbe iniziare da Firenze, dal palazzo della famiglia de Ricci, in piazza dell'Annunziata, dove è nata nel 1522, e subito dopo nel vicino convento di Monticelli dove ha studiato da bambina.

Prosegue poi in via Galcianese, alle “quattro strade” dove possiamo ancora vedere l’antica casa di villeggiatura della famiglia, dove la piccola Caterina passava le vacanze correndo per i campi.

In quel periodo, quando aveva 10 anni, avrà conosciuto il giovane Filippo Neri prima che questi lasciasse definitivamente Firenze? Un giorno mostrarono al santo il ritratto di Caterina ed egli esclamò: “Non è il suo vero ritratto… Suor Caterina era più bella…; aveva un volto ridente e gioviale”. Quel volto di bambina, vista per le strade della città, gli era rimasto impresso per sempre.

Il nostro itinerario si dirige decisamente verso il monastero di san Vincenzo, davanti al convento di san Domenico, dove entra a 14 anni e rimane fino alla fine della vita, nel 1590. Dovremmo quindi chiedere alle monache Domenicane di farci entrare nel convento, per vedere da vicino il corpo inconsunto della santa, la sua cella con il Crocifisso che l’ha abbracciata e che lei ha abbracciato, i chiostri, i corridoi…

Grande mistica santa Caterina de Ricci, da far concorrenza alle altre due grandi mistiche toscane: Caterina da Siena e Maddalena de Pazzi. Mistica che ha vissuto fisicamente esperienze interiori. Il 16 giugno 1541, festa del Corpus Domini, Gesù le cambia il cuore, dandole un cuore nuovo che le consente di stare in colloquio ininterrotto con lui e con Maria. La mattina di Pasqua dell’anno successivo – Caterina ha 20 anni – giunge il “matrimonio spirituale”; Gesù le impone un anello d’oro smaltato di rosso con un diamante bellissimo e le dice: «Questo ti do io in segno che tu sarai sempre mia, e in segno che mai sarai ingannata dal tentatore». Non mancano estasi, luci, locuzioni, profumi... Questo nei primi anni. Poi il silenzio, fino a quando confida la sua notte a Maria Maddela de Pazzi senza averne risposta.

Chissà perché quando si pensa alla mistica si ha spesso l’idea un po’ romantica di una vita evanescente, persa nell’aria, quasi che per immergersi in Dio si debba vivere nel disinteresse delle situazioni concrete della vita.

Visitando la chiesa potremo ammirare i bassorilievi che ne raccontano la vita: la ritraggono sempre sulle nuvole. Nel bassorilievo sull’altar maggiore il Crocifisso si stacca dalla croce e l’abbraccia, stando sulle nuvole; in quelli laterali Cristo le impone l’anello delle mistiche nozze, le muta il cuore, le appare Risorto, sempre sulle nuvole; ancora: la Vergine le dà in braccio Gesù Bambino, le dà la corona di spine, sempre sulle nuvole; oppure, stando sempre sulle nuvole, la santa salva un carmelitano in pericolo di annegare, o appare a san Filippo Neri. C’è un bassorilievo solo senza nuvole: la raffigura mentre guarisce una bambina cieca e storpia.

Per raccontare la sua storia basterebbe descrivere ad uno ad uno gli episodi significativi raccontati dai bassorilievi. Ma ne verrebbe fuori una santa… tutta sulle nuvole. Una santa da far rimanere a bocca aperta. Ma a cosa serve una santa sulle nuvole a noi poveri mortali che abbiamo i piedi per terra e siamo presi dagli affanni e dalle preoccupazioni di ogni giorno, che dobbiamo combattere con il traffico, con i figli che fanno confondere, con i debiti…?

È meglio far scendere la santa dalle nuvole, per vedere se sapeva camminare con i piedi per terra e se può insegnare qualcosa anche a noi. Basta prendere in mani le sue lettere per renderci subito conto che non dobbiamo per niente tirarla giù da chissà quali altezze. I piedi li aveva ben piantati in terra, come tutti i santi (altrimenti non sarebbero diventati santi). Eccola affaticata a trovare lavoro per le sue suore perché possano vivere. È sorprendente la lettera che, quando ormai è superiore del monastero, scrive al Granduca Cosimo de’ Medici. Parlando delle sue monache non gli dice, come ci si aspetterebbe da una mistica, che nel monastero ci sono 170 “anime”, o “suore”, ma 170 “bocche”, “et in molta povertà costituite”, che si trovano in “mancamento di grano”. Avrà certamente presente le loro anime, ma intanto deve sfamare 170 bocche e si dà da fare per provvedere i telai per tessere la lana. Deve far fronte ai lavori di ristrutturazione del monastero, trovare aiuti e mezzi di sussistenza per poveri e ammalati che vengono costantemente a bussare alla porta.

A un suo figlio spirituale domanda se ha da vendergli trentacinque o quaranta barili d’olio, «ma che sia olio dolce e buono», gli raccomanda; pagherà il giusto, ma con comodo «perché non abbiamo ora denari alla mano». E se lui non ha l’olio che veda da chi comprarlo per loro, e che intanto anticipi i soldi «perché non sappiamo più dove ci volgere per accattar denari».

Non le mancano le preoccupazione per parenti e conoscenti. Le viene il crepacuore al pensiero che il papà e lo zio sono in lite per questioni di soldi: scrive che «mi avete molt’afflitta» e li supplica di «riunirsi e pacificarsi insieme». Vale la pena leggere alcune righe della supplica che rivolge al padre perché perdoni il fratello: «Vi voglio pregare, per le viscere di Giesù Cristo, che c’à tant’amati: ch’esendo noi quelli che l’aviamo tant’offeso, non s’è sdegnato di umiliarsi a noi e fare per noi penitenzia. O non disse lui – essendo da’ giudei crocifisso tant’ingiustamente –: “Padre, perdona alle mia crocifissori, che non sanno quello si facciano”? Così voglio ch’ancor voi facciate, benché le ragioni fussero vostre».

E poi Caterina deve far fronte alle ingiustizie, alle calunnie, alle malattie, alle morti… Li aveva e come i piedi per terra.

Ma bastano i piedi per terra per diventare santi? Ci vuole anche il cuore in Cielo. Il segreto della santità di Caterina de Ricci era proprio la fede che le faceva vedere tutto venire dal Cielo, tutto come volontà di un Dio che è amore e che vuole il nostro bene: «non avvenendo nulla senza il suo divin volere». Non era automatico neanche per lei, naturalmente: «Conosco e vegho certo che, quando una persona si trova nelle angustie… è molto duro il persuadersi che sieno il meglio nostro». Eppure, con la fede nell’amore di Dio, «facilmente riceverem’ogni cosa dalla sua santissima mano, con un cuore tutto contento, e ringraziandolo sempre ch’adempia sopra di noi il suo santissimo volere».

Così scrive alla mamma: «Bisogna che la nostra carissima madre el’mio onorando padre si conformino con la volontà loro al Creatore, il quale permette tante tribolazioni acciò non ci appicchiamo a questo mondo e abbiamo causa di riconoscere il nostro Dio buono (…) che Gesù ci ama, ci promette molto bene acciò diventiamo oro perfetto nella fornace della tribulazione».

In concreto le suore si faranno sante facendo le suore, osservando quello che la regola chiede loro, ma «allegramente e volentieri», anche quando le osservanze «son faticose ed è com’il martirio». Mentre i laici devono farsi santi stando nel mondo, compiendo i loro doveri «con quiete di mente, con dirizzare tutte le loro operatione a lui [a Dio] et – secondo che può capacitare la fragilità humana – hunirsi a lui, ma allegramente».

L’importante – scrive in un’altra lettera – è che nel compiere il volere di Dio «siate allegro e tegniate el vostro quore pieno di Jesù, nel quale guardarvi che non vi entri manichonia né accidia, che non potrebbe starvi Jesù, - ché lui non vi vuole questi ornamenti, ma si bene di pace, di quiete e di uniformità al voler suo». Il frutto? La gioia! «Chi ama Giesù con tutto il cuore, ogni cosa è dolce e suave».

Non c’è bisogno di tirare santa Caterina giù dalle nuvole. Nonostante gli iconografi l’abbiano messa tanto in alto, lei è accanto a noi, come tutti i santi e a noi, da qui, indica la via del Cielo, quella buona per tutti: prendere tutto direttamente dalle mani di Dio.

 

martedì 23 luglio 2024

A Prato con san Bernardino da Siena

Dalle abetaie di Val di Zoldo alle faggete di Pian di Novello…

Intanto continuo a preparare l’itinerario di visita ai santi di Prato. Dopo i beati Pietro, Giovanni Parenti e Brunetto de’ Rossi, sarebbe la volta del Venerabile dom Vito Caselli (1498-1566), il 70° Abate generale degli Olivetani, ma occorrerebbe andare al Monastero di Monte Oliveto minore, a Barbiano, San Gimignano… un’altra volta.

Per il momento ci fermiamo nella chiesa di san Francesco, a Prato. Oltre ai santi di Prato o vissuti a Prato, è opportuno conoscere anche i santi che sono passati dalla città e che vi anno lasciato una impronta durevole. Cominciando proprio da san Francesco che nel 1212, secondo la tradizione, venne a Prato per venerare la Sacra Cintola. Nacque allora la comunità dei frati. Agli inizi del 1228, due anni dopo la morte del Santo è documentata la prima piccola chiesa di San Francesco, la prima chiesa a lui dedicata, prima ancora della grande basilica di Assisi. Il 24 luglio, solo otto giorni dopo che papa Gregorio IX aveva proclamato Santo il Poverello d’Assisi, il Comune di Prato comprò per i frati Minori un’altra porzione di terreno, “nel luogo detto l’Oliveto” dove fino ad allora c’era stato il patibolo per le esecuzioni dei condannati a morte, perché vi potessero costruire l’attuale chiesa e il convento.

È in questa chiesa che san Bernardino da Siena ha lasciato un’impronta importante quando, nel 1423, venne a predicare la Quaresima. In quei giorni Nicola di Lorenzo fu travolto da un toro: era uno degli incidenti che accedevano allora. Portarono il moribondo ai piedi di Bernardino che lo benedisse con il nome di Gesù. Nicola di Lorenzo guarì all’istante: era uno dei miracoli che accedevano allora. Questa storia, assieme alle altre della sua vita, sono state dipinte in un ciclo di affreschi nelle lunette del chiostro.

Ma forse la cosa più bella che ha lasciato a Prato, nella chiesa di san Francesco, è la tavola con dipinto il nome di Gesù. Fino a qualche anno fa era collocata sotto il pulpito dal quale il santo predicava, adesso è nella cappella a sinistra dell’altare maggiore.

San Bernardino predicava con in mano quell’icona che gli serviva per spiegare l’importanza del nome di Gesù.

Sembra che la sigla IHS sia comparsa già nel III secolo per indicare il nome ΙΗΣΟΥΣ (cioè "Iesous"). Le lettere H e S erano rispettivamente una eta e una sigma dell'alfabeto greco (nelle abbreviazioni si utilizzavano le prime due lettere del nome e l'ultima).

Questa abbreviazione è stata successivamente interpretata come una sigla: delle parole che sarebbero apparse a Costantino, “In Hoc Signo” (vinces), oppure “Iesus Hominum Salvator”. Il monogramma di Gesù fu promosso anche da Giovanni Colombini, Vincenzo Ferrer...

Il trigramma di Bernardino da Siena, sormontato dalla croce che si interseca con la h, è inserito in un sole che ricorda Cristo luce e calore, con dodici raggi serpeggianti come i dodici apostoli, a ognuno dei quali è legata una litania sul nome di Gesù, e otto raggi diretti come le beatitudini… Tutto attorno le parole di san Paolo: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”. Insomma tutta una catechesi con la quale san Bernardino teneva incantate le persone, e che rimaneva incisa nei cuori e sulle pareti delle case, a cominciare dalla facciata del Palazzo della Signoria a Firenze.

Sant’Ignazio di Loyola lo adottò come sigillo e presto divenne l’emblema della Compagnia di Gesù. Per questo lo troviamo sullo stemma di Papa Francesco.

 

lunedì 22 luglio 2024

A Prato dal beato Brunetto de’ Rossi

Dai Poggi di sopra con il beato Pietro e dai Poggi di sotto con il beato Giovanni Parenti

https://fabiociardi.blogspot.com/2024/07/santi-prato.html

scendiamo decisamente in città.

Ma il nostro itinerario, alla scoperta del beato Brunetto de’ Rossi, nato nel 1221, dovrebbe iniziare da Piazza del Popolo a Roma, più esattamente dalla chiesa di Santa Maria del Popolo. Brunetto da Prato, di famiglia nobile da parte del padre e della madre, era andato a Roma chissà per quali affari o in pellegrinaggio e prese a frequentare quella chiesa dove vi erano gli Eremitani di sant’Agostino. Fu conquistato dalla vita della comunità e chiese di farne parte: aveva 30 anni quando prese l’abito religioso, nel 1252.

I pratesi, a conoscenza della santità del loro concittadino tanto dissero e tanto fecero che riuscirono a farlo tornare a Prato. Naturalmente Brunetto non si fermò in città, ma cercò un luogo appartato dove potersi ritirare con i suoi compagni. Finalmente trovò una chiesetta sul Monteferrato.

Il nostro itinerario ci porta così al chiesino di Cavagliano. La prima costruzione risale al 1217, ad opera del prete Benvenuto di Lazzaro da Montecuccoli, che vi abitava assieme alla mamma Bellaccia. Quando la mamma morì cappella e casetta vennero abbandonate, fino a quando vi arrivò, nel 1254 Brunetto con tre suoi compagni: fra Giuseppe, fra Guido e fra Donaldo. La chiesetta ora si chiamava Santa Maria in Monte Maggiore, poi sant’Anna Vecchia. Vi rimasero per 15 anni, fino al 1269.

Il nostro itinerario deve ora scendere a valle. I pratesi volevano infatti Brunetto e i suoi frati più vicini alla città e gli costruirono il conventino e la chiesa di sant’Anna in Giolica. Quivi morì nel 1296: aveva circa 75 anni. Fu sepolto nell’attuale chiostro, che allora era cimitero. Subito dopo la morte ha goduto del titolo di beato.

Un’antica sua raffigurazione si scorge sopra la porta della chiesa, nella parte interna, con l’iscrizione che ricorda la data della sua morta, 11 marzo.

 



domenica 21 luglio 2024

Un'esperienza che non finisce...

Siamo partiti... Ognuno porta con sé tutti gli altri, arricchiti da un'esperienza così bella. Sulla via del ritorno i messaggi si susseguono... Ne riporto alcuni soltanto. 

Grazie a ciascuno per questi giorni di Paradiso in terra vissuti insieme e un augurio di buon rientro nonostante tutto. Vi abbracciamo

Grazie di cuore a tutti e ciascuno. Grazie per le piccole attenzioni, per quelle che ho notato e quelle che non ho notato.

Grati per questa bellissima settimana. Ringraziamo ciascuno, senza il contributo di ognuno non sarebbe stata così bella!

Grazie a tutti per questa settimana meravigliosa!!!

E' stata una stupenda vacanza, fatica a parte!! alla prossima carissimi!

Giorni straordinari!! Rimarranno, con ciascuno/a di voi, nel cuore!

Grazie a tutti, giorni d'oro!!

Ci sembra di avere un cuore più grande...arricchito dall'amore e dalla vita di ciascuno!!! A presto

Grazie a tutti Voi per questa meravigliosa settimana. A presto

Grazie a tutti per questi giorni, sono stati meravigliosi!

Al termine di questa settimana, volevo porgere un sentito ringraziamento agli organizzatori, a Padre Fabio ed a tutti i partecipanti a questa  vacanza... esperienza bellissima, sicuramente da ripetere. Ho respirato veramente un bel clima di famiglia. Grazie, grazie.

Si rischia di essere ripetitivi.... ma anch'io voglio ringraziare tutti per la grande esperienza di famiglia che abbiamo fatto nella "miracolosa" vacanza geniale!  Ora nel cuore la grande ricchezza di tutti i vostri volti, le vostre storie, le vostre famiglie... un abbraccio a tutti

Noi siamo già in fase nostalgia! Un grande GRAZIE a tutti voi per aver reso questa nostra prima esperienza bellissima!



sabato 20 luglio 2024

Quanto si impara...

Una foto così vale più di molte parole. E non siamo tutti…

Quante cose si imparano dai bambini: un pianto disperato e un momento dopo tutto è passato; l’incanto e la meraviglia davanti al bello: basta una libellula sull’acqua, una formica che trascina un seme; la fantasia che non ha confini…

Quante cose si imparano dai genitori: la pazienza senza fine, anche e soprattutto quando un figlio ha un problema; il coraggio nel portare avanti la famiglia in una società che sembra boicottarla; la fede nel futuro…

Quante cose si imparano a vivere insieme tra famiglie diverse, pronte a condividere esperienze diverse, a lasciarsi interpellare da idee diverse…

Una goccia di speranza in un mare tumultuoso.