venerdì 14 marzo 2025

Una mostra a Roma per "Paola Romana"

Sono stato all’inaugurazione della mostra dedicata a Chiara Lubich qui a Roma, proprio nel giorno anniversario della sua morte. 

Chiara venne a Roma la prima volta nel febbraio del 1947, per incontrare p. Leone Veuthey, un francescano conventuale che promuove una “Crociata della Carità. Vi tornò l’anno successivo e ai primi di dicembre vi si trasferì definitivamente: d’allora in poi, Roma sarà la sua città. 

Perché Roma? Forse c’era un inconscio bisogno di aria nuova, di nuove possibilità di espressione e di sviluppo: Trento si stava rivelando un po’ angusta… Ma forse c’era qualcosa di più ancora: Roma è la città eterna, la sede di Pietro, il cuore del mondo cattolico. Tutti i fondatori ne sono stati attratti, da Domenico a Francesco, fino a Madre Teresa di Calcutta. Alcuni si sono contentati di incontrare il Papa, di fare approvare la loro opera, di fondarvi una loro comunità. Molti vi sono rimasti tutta la vita, come Cristina di Svezia, Ignazio di Loyola, Giuseppe Calasanzio, la Piccola sorella di Gesù… Così anche per lei.

All’inizio si sente un po’ spaesata. Da dove cominciare in questa grande citta, si domanda, «io che non conosco che poca gente e che per le vie di Roma mi perdo?». Eppure «sembra che il Signore ci voglia aprir tutte le porte per far entrare dovunque un soffio di quella Carità di Gesù di cui il mondo, oggi, ha tanto bisogno. Siamo in piena attività. [...] portate da un’automobile in un salotto in cui era presente la Contessa nipote del Santo Padre Pio XII, la contessa nipote del Papa Pio XI, la contessina figlia, con la nipote di Garibaldi, Gemma Garibaldi, ed una serie di Marchesi e Conti e uno scienziato, filosofo ecc. ecc. [...] Accanto a tutto ciò lavoriamo minutamente con le anime semplici, umili [...] Il nostro amore per loro, effettivo ed affettivo, la nostra santità nell’amore, la nostra unità di mente, di cuore, di volontà saranno l’unico mezzo per far cadere un gran numero di Romani nella rete della carità di Cristo!».

Ed ecco il suo sogno: «Roma non è come altre città. […] Se accanto alle bellissime chiese, ai monumenti gloriosi, ai palazzi, agli alberghi, i pellegrini trovassero sparsi qua e là come fiamme, i veri cristiani, distinti dagli altri soltanto perché si amano ed amano, cuori aperti come quello di Gesù, […] se ognuno vivrà questo fuoco incendierà a sua volta molti e molti altri. […] Quando è Dio che lavora (e lavora se Lo lasciamo lavorare) opera miracoli».

Era proprio opportuna, in questo Giubileo che vede tanti pellegrini venire a Roma, una mostra di Chiara a Roma. Si sentiva romana… Quando le fu impedito di parlare in pubblico cominciò a firmare i suoi articoli con lo pseudonimo “Paola Romana”.

 

giovedì 13 marzo 2025

La croce al centro della missione

“Chiunque non abbia sperimentato nella propria vita cosa significhi essere stati amati da Cristo e di essere costati il prezzo del suo sangue, non potrà mai cogliere perfettamente tutto il contenuto della vocazione oblata”. Ho introdotto con queste parole del nostro grande p. Fernand Jetté il ritiro alla comunità oblata di Marino. A differenza delle altre volte, questo mese non sono andato io da loro, ma sono venuti loro da me.

Stessa foto di ieri… sono cambiati i protagonisti! E ancora davanti alla statua che custodisce il cuore di sant’Eugenio, perché abbiamo meditato sul suo essere “appassionato di Gesù Cristo”. Abbiamo ricordato le sue parole riferite alla nostra missione: «Annunciare, come l’Apostolo, “Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso… non col prestigio della parola ma con la manifestazione dello spirito”, mostrando cioè che abbiamo meditato nel nostro cuore le parole che annunciamo e che abbiamo cominciato a metterle in pratica prima di accingerci ad insegnare».

Come ci insegna la nostra Regola: «La croce di Gesù è al centro della nostra missione. (…) Attraverso lo sguardo del Salvatore crocifisso vediamo il mondo riscattato dal suo sangue, nel desiderio che gli uomini, nei quali continua la sua passione, conoscano anche la potenza della sua risurrezione».

È il nostro programma di vita!

mercoledì 12 marzo 2025

La passione per la ricerca e lo studio

Lo scorso novembre papa Francesco ha scritto una lettera sullo studio della storia. Alla fine, citando un suo discorso tenuto a Bologna, scrive: «ricordo che stiamo parlando di studio, non di chiacchere, di letture superficiali, di “taglia e incolla” di riassunti di Internet. Oggi molti ci “spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita”».

Mi pare che queste parole siano state prese sul serio dal piccolo gruppo di studenti del Claretianum che oggi sono venuti a casa nostra per un loro seminario di studio sui compagni dei fondatori e la loro importanza nella nascita delle comunità delle origini.

È stato bello guidarli tra i documenti del nostro archivio, che non sono pezzi da museo, ma ispiratori di vita sempre nuova. 

Come la famosa lettera che scrive sant’Eugenio a quello che poi diverrà il suo primo compagno: “Mio caro amico, leggete questa lettera ai piedi della croce, disposto ad ascoltare soltanto che Dio e quanto Dio le anime esigono da un sacerdote come voi... in questa Società vivremo felici perché avremo un cuore solo e un’anima sola… si tratta di scegliere uomini che vogliano e osino camminare dietro agli Apostoli”. E lui che gli risponde: “Condivido appieno le vostre idee e, ben lungi dall’aspettare altre richieste per entrare in questa santa opera così consona alle mie aspirazioni, vi assicuro che, se l’avessi saputo prima, sarei stato io a pregarvi di accogliermi. Grazie dunque di avermi stimato degno di lavorare alla gloria di Dio e al bene delle anime”.

Così nascono le opere di Dio…

martedì 11 marzo 2025

Gabri Fallacara: Il coraggio di rischiare

 

Inizia con un “pianissimo”, come in uno spartito musicale. Non sai ancora quali temi sta per riservarci e già pone in attesa, accende il desiderio e promette una sinfonia ricca di melodie. Durante l’ascolto – in questo caso la lettura –, come in un brano musicale, avremo l’impressione costante, lungo tutto il libro, di sentire la voce narrante.

Il genere autobiografico affascina perché racconta una vicenda dal di dentro, come nessun altro, se non il protagonista, potrebbe fare. La biografia procede diversamente: segue le tappe del vissuto con la massima oggettività, con uno sguardo esterno. L’autobiografia sceglie, elimina, rilegge la trama della vita, la rielabora in maniera creativa, ne coglie il senso. Non è cronaca, è una rilettura – a distanza di tempo – del proprio percorso, della propria esperienza. (…) Più che la propria storia, Gabriella Fallacara sembra narrare la storia di altri, nella quale è coinvolta non come spettatrice passiva, ma come amica e compagna di un viaggio che, da familiare, si fa culturale, politico, ecclesiale, sociale, e da Firenze si allarga a tutta l’Italia, a tutta l’Europa.

È la storia dell’Italia coinvolta nella Seconda guerra mondiale e della ricostruzione difficile e piena di speranza del dopoguerra, attraverso gli occhi di una bambina, di un’adolescente, di una giovane in attesa… In questo modo si possono sentire veramente la paura, la fame, la pietà… È la storia del Movimento ecumenico, fatta di persone più che di idee. E quanti nomi vediamo scorrere lungo questo libro: nomi che lentamente acquistano un volto distinto, che impariamo a conoscere e ad amare. Una storia fatta di luoghi, di incontri, di attese, di conquiste, forse di illusioni.

(…) è la storia vista con gli occhi di Gabriella Fallacara e dunque personalissima e non per questo meno vera. Anzi, gli eventi noti si colorano di nuova luce e insieme veniamo a conoscenza di ulteriori particolari inediti, che arricchiscono la narrazione, la rendono viva, appassionante, colta nel suo momento sorgivo, quasi in presa diretta, grazie anche alla memoria vivissima dell’autrice e delle numerose note appuntate negli anni e preziosamente custodite.

Il racconto fa rivivere il fiorire dei primi focolari in Italia e in Europa. Vediamo la stessa Fallacara a Parma, Sassari, Grottaferrata, Bruxelles, Siracusa, oltre Firenze, naturalmente, e numerosi luoghi di Roma, con una disponibilità e libertà di movimento che denotano una fede grande nell’Ideale che animava quel primo gruppo. Assistiamo al crescere delle Mariapoli, al diffondersi del Movimento, alla nascita delle opere editoriali, della cittadella di Loppiano, del Centro per l’ecumenismo. Soprattutto, prima delle opere, emerge il valore delle persone. I protagonisti di questa storia sono sorprendentemente numerosi, uomini e donne con i quali, tra l’altro, la scrittrice ha avuto un rapporto personale. Ogni persona si staglia con la sua inconfondibile personalità, in un intreccio costante di legami che mostrano, tra l’altro, la tipicità “collettiva” del carisma che tutti li lega. (…)

Alcuni profili, a cominciare dai patriarchi Atenagora e Bartolomeo, si stagliano con tratti marcati, frutto di una lunga frequentazione; in particolare con Bartolomeo da quando egli studiava al Pontificio istituto orientale a Roma. Tra tutti, accanto al rilievo dato a Pasquale Foresi, si stagliano le figure di Chiara Lubich e Igino Giordani. (…)

Chiara Lubich è la persona forse più presente lungo tutto il libro. Anche di lei scopriamo mille particolari che la rendono viva e umanissima. Gabri (possiamo ormai chiamarla così, familiarmente, come fanno tutti nel Movimento dei Focolari?) l’ha incontrata quando era ancora una ragazzina, a un pranzo in un ristorante di Firenze. (…)

Una storia “personale speciale”, quella narrata da Gabriella Fallacara, che si innesta nel percorso nativo del Movimento dei Focolari, e domanda di essere continuata, senza niente di nostalgico, con una fiduciosa apertura al futuro, come già lei stessa scriveva nel 1976: «Il carisma è stato dato a una persona che è stata lavorata per tanto tempo appositamente e questa persona lo ha comunicato a tanti, e lo comunicherà a tanti. Quindi ci sarà una continuazione di questo dono, in questo senso: ci sarà una comunicazione e ci sarà una partecipazione».

Parte della presentazione che Gabri mi ha chiesto di scrivere per il suo libro: "Il coraggio di rischiare".

lunedì 10 marzo 2025

Gli amici musulmani cofondatori

Era da tempo che non radunavo il gruppo di amici che studiano i rispettivi fondatori. Oggi ci siamo incontrati alle Tre Fontane dalle Piccole Sorelle di Gesù, anche se non tutti hanno potuto partecipare. Una condivisione fruttuosa di quanto si opera nelle diverse famiglie religiose nel lavoro di ricerca e di studio sui rispettivi carismi. Ormai è un gruppo affiatato…

Stando nella casa dove la Piccola Sorella Magdeleine ha vissuto per tanti anni e dove è morta, abbiamo parlato naturalmente anche di lei. Una cosa in particolare mi ha colpito.

All'inizio del gennaio 1941, si era trasferita a Touggourt, in Algeria. Dieci anni più tardi, il 12 dicembre 1951, scriveva alle Piccole Sorelle: “Tra me e le persone nomadi con le quali ho vissuto, c'è stato un amore così grande che non potrò mai più ritrovare, perché sono stati i primi, e io ho vissuto per un certo tempo completamente sola con loro, fidandomi completamente di loro. La gente diceva che ero pazza... che un giorno mi avrebbero fatto del male... Ma ero così sicura di loro che è stata proprio questa fiducia a salvarmi. E nei cinque anni in cui sono stata così vicina a loro, non sono mai stata delusa...Ve ne parlo diffusamente perché voglio che crediate che può esistere una vera amicizia, un affetto profondo tra persone che non sono della stessa religione, razza o provenienza”.

I nomadi la stimavano, la amavano al punto di andare oltre le differenze di religione. Dicevano: “La suora andrà in cielo come noi, anche se non dice la shahada (la professione di fede musulmana), perché ci ama tanto, ci dà il grano, l'orzo, il lavoro, è diventata araba come noi”. Una sua grande amica, Khadidjia Bouchikhi, diceva alle Piccole Sorelle: “Non è solo la vostra madre, è la madre di tutti noi…; ci portava la nostra parte di grano, datteri e lana per i più piccoli”.

Ed ecco cosa mi ha colpito: stava scrivendo le Costituzioni pensando che le suore avrebbero vissuto tutta la loro vita con i nomadi del deserto. Dovevano essere dunque delle norme adatte a stare in quell’ambiente, con quella gente. Per questo a mano a mano che le scriveva le leggeva ad Athman, un muratore musulmano convinto e preparato, con quale lei lavorava, e non esitava a chiedergli consigli. Le verificava anche con altri, al punto che non soltanto li chiamava i suoi “primi amici”, ma addirittura “cofondatori”!

domenica 9 marzo 2025

Appoggiavo la bicicletta al muro...

 

Da casa a scuola erano due chilometri. Ogni mattina, dalla prima elementare fino alla quinta, li ho percorsi in bicicletta, con sole acqua e vento. Oggi sarebbe impossibile. Nelle scuole vicine oggi vedo le mamme, i babbi, i nonni, che vanno ad aspettare i bambini che escono da scuola e li riaccompagnano a scuola. È una scena sempre molto bella vedere questi bambini che parlano, parlano, parlano… hanno sempre tanto da raccontare quando escono da scuola e vanno verso l’automobile o la casa…

Mi rivedo bambino quando tornavo da scuola. Appena arrivato appoggiavo la bicicletta al muro di casa e mi affacciavo alla porta di cucina e da lì, prima ancora di entrare dentro, raccontavo subito alla mamma quello che era successo nella mattinata. Era troppo importante, dovevo comunicarlo subito…

È una delle tante divagazioni terra terra fatte oggi mentre parlavo di cose “alte” al ritiro dei focolarini e delle focolarine di Roma: un centinaio di persone. Una divagazione per dire il bisogno che tutti abbiamo di comunicare…

È stata una giornata molto bella, con la condivisione di tante esperienze semplici e profonde. Tra i messaggi che mi giungono uno dice: “Mi ritrovo in cuore la grande gioia di poter ora ...guardare questa nostra Roma come...un unico focolare”.

Ma c’è anche chi mi ha scritto: “Chiedo la grazia di trovare ogni giorno quella finestra cui affacciarmi per raccontare, dopo aver mollato la bicicletta”.