giovedì 31 luglio 2014

Il seme germoglia e cresce



Il seme germoglia e cresce. facciamo festa con il Vangelo di Marco - anno B, Città Nuova Editrice, 2014, 192 pp.

Un commento al Vangelo di Marco domenicale e festivo in stile colloquiale, dalla rara capacità divulgativa adatto a tutti, in particolare ai giovani.
Il regno di Dio è “come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”. (Mc 4, 26-29) La frase, posta in esergo dall’Autore a tale commento, è un invito appassionato a vivere la Parola di Dio nella quotidianità affinché porti frutto in noi e attorno a noi. I testi che accompagnano i vangeli domenicali e festivi del Vangelo di Marco intendono essere uno stimolo alla preghiera e meditazione personale e uno spunto di riflessione per aiutarci a scoprire il mistero dell’Incarnazione e il messaggio d’amore di Dio per ogni uomo. Uno strumento utile anche per la preparazione delle omelie domenicali. (Dalla presentazione di Città Nuova)

mercoledì 30 luglio 2014

Il dettaglio che fa la differenza


Nella mia città – come in tutte le nostre città italiane – quanti monumenti, quante opere d’arte che la fanno unica e bella.
Eppure si possono scoprire sempre dei particolari che le danno quel tocco particolare, quel non so che…
Non mi ero mai accorto di un bellissimo tabernacolo un po’ fuori mano.
Si trova alla confluenza di quello che un tempo era un grande complesso di conventi e monasteri domenicani, maschili e femminili. Alla fine del 1400 venne affrescato da un autore ignoto ma di talento. Quando poi nel 1700 il convento dei Domenicani passò ai Francescani, quell’immagine della Madonna del Rosario sulla strada venne coperta con un muro di mattoni, a sua volta intonacato e affrescato con una nuova immagine.
Nel 1989 cadde l’intonaco e riaffiorò l’immagine originale, molto ben conservata. Fra l’altro vi è una delle più antiche raffigurazione di san Domenico esistenti in città.
È un dettaglio trascurabile nel vasto, complesso e laborioso mondo della città. Ma fa la differenza.

Come fanno la differenza, nella nostra vita di ogni giorno, i tanti dettagli apparentemente senza importanza. Non sono forse proprio questi particolari, curati come l’immagina della Madonna nel Corso Savonarola, che danno un sapore unico alla vita?

martedì 29 luglio 2014

Ho visto l’eroicità quotidiana


Come si è capito ho passato una settimana in Versilia. La cosa più interessante è stata la casa per ferie dove ero alloggiato. La sua particolarità è quella di essere aperta a famiglie con tanti bambini, ma anche disabili, persone anziane, con disturbi mentali…
Mi ha colpito soprattutto la dedizione dei familiari, mamme, sorelle, animati da una pazienza e una amorevolezza a tutta prova, ammirevoli. Ma anche la disinvoltura con cui tutti si muovevano, nella casa come sulla spiaggia. Un mondo senza barriere, semplice e insieme eroico. Una lezione di vita straordinaria.


lunedì 28 luglio 2014

Il Sacro Cingolo di Prato



Il 27 luglio 1312 Musciattino, di Pistoia, tentò di impadronirsi della reliquia della Sacra Cintola di Maria, per portarla nella propria città. Dopo aver vagato tutta la notte, tornò al punto di partenza e, credendo di essere giunto a Pistoia, gridò alle porte della città: "Aprite, aprite Pistoiesi: ho la Cintola de' Pratesi!". Il ladro venne catturato, condannato al taglio della mano destra, e dopo essere stato legato alla coda di un asino e condotto sul greto del fiume Bisenzio dove venne arso al rogo. Così il 27 luglio fu consacrato come festa liturgica del Sacro Cingolo.
Questa giunse a Prato nel 1141, dopo essere passata di mano in mano: dalla Madonna che scendendo al cielo la diede all’Apostolo Tommaso, fino a Michele Dagomari da Prato, mercante in Gerusalemme, che ‘aveva ricevuta in dote per il matrimonio con la figlia del sacerdote che l'aveva in custodia. Michele tornato in patria, ripose la reliquia in una cassapanca e per custodirla meglio, decise di dormirci sopra ogni notte. Nel 1173, in punto di morte Michele, la consegnò alla chiesa. L'anno dopo venne portata in duomo con una solenne processione. Da allora ha reso celebre la città di Prato.

Oggi sono stato in duomo per la solenne celebrazione, nella cappella trecentesca, affrescata da Agnolo Gaddi, che custodisce la preziosa reliquia. È sempre un momento toccante.
Giovanni Paolo II ha ricordato l’importanza di questa tradizione:
“La venerazione per il Sacro Cingolo Mariano, tipica manifestazione della pietà popolare, ci conduce all’anno 1141, allorché un cittadino pratese, di nome Michele, recò da Gerusalemme questo prezioso tesoro. Alimentato anche da alcuni prodigi, di cui riferiscono antiche tradizioni, ebbe così inizio a Prato il culto pubblico del Sacro Cingolo che, appunto sei secoli or sono, ebbe un suo momento di particolare splendore con la definitiva collocazione della venerata reliquia nella Cappella della Cattedrale, luogo di fede e di arte che testimonia della costante ed intensa devozione dei fedeli verso la Vergine Maria. Davanti alla venerata reliquia hanno sostato in preghiera non pochi santi e beati, quali Francesco d’Assisi, Bernardino da Siena, Antonino da Firenze, Caterina de’ Ricci, Leonardo da Porto Maurizio, Antonio Maria Pucci.
Con il tempo questa devozione si è diffusa e consolidata. E, ancor oggi, la città e i singoli fedeli, venerando questo segno mariano, implorano come protettrice Colei che Dio ha ricolmata di grazia quale predestinata Madre del suo Figlio”. (26 Luglio 1996)


domenica 27 luglio 2014

Versilia: Poesia, arte, natura


Casa natale del Carducci
Poesia, arte, natura. La Versilia mi ha mostrato molti dei suoi innumerevoli volti: i luoghi natali di Giosuè Carducci e di Giacomo Puccini, quelli d’ispirazione di Gabriele D’Annunzio, Byron e Malaparte, l’eleganza di Forte dei Marmi, le botteghe degli scultori del marmo e del bronzo, il Caffè della Versiliana, luogo di dibattiti e incontri con personaggi noti della politica, dello spettacolo e dell'attualità.
Nobili di mezza Europa, diplomatici, uomini d'affari e capitani d'industria, artisti e personaggi famosi vi hanno costruito splendide ville nascoste e protette dal verde della pineta, scegliendo le sue finissime sabbie per trascorrervi un periodo di vacanze e di riposo.
Sullo sfondo sempre le Alpi Apuane con le sue vette speciali – il Matanna sul quale salivo da ragazzo –, le cave di marmo e i paesi adagiati sulle colline… Uno scenario da grande Artista!

A Colonnato, tra i cavatori di marmo, trovo arroccati gli ultimi anarchici, eredi di una grande traduzione che ha avuto il suo epicentro a Carrara. Gente dura… e morbida come il lardo di cui hanno un’originale rinomata produzione.
Poi… il grande silenzio descritto da Alfonso Gatto nella sua Sera di Versilia:

 … e nell’odore
largo del vento e della sera stagna
la pineta già d’ombra, la campagna
deserta nei suoi pascoli, nel raro
lume dell’acque. Ora il silenzio è chiaro.

E la notte verrà con l’incantate
terrazze ai balli forti dell’estate,

al novilunio tenero dell’Alpe.

sabato 26 luglio 2014

I colori della Versiglia / 2


Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri…

La famosa poesia, La pioggia nel pineto, Gabriele d’Annunzio l’ha scritta proprio qui in Versilia, nella più grande e bella pineta italiana. Pioveva allora come oggi. In questi giorni si alternano pioggia e sole, alternando di bellezza sempre nuova mari e monti. La creazione continua ad innalzare le sue lodi a Dio…

venerdì 25 luglio 2014

I colori della Versiglia / 1


… il cielo Si apriva e della Versilia
laggiù profumava il mare.
Era luglio, era sera;
nella pineta, tra le resine dei rami,
leggero aleggiava il profumo
del sale.
(Francesco Fabris Manini)

E tutta la Versilia, ecco, s'indora
d'una soavità che il cor dilania.
(Gabriele d’Annunzio)

mercoledì 23 luglio 2014

Pieve di Camaiore... nozze d'oro!


Pieve di Camaiore, appoggiata tra le colline che accompagnano la via Francigena verso il mare. Una chiesa romanica del XII secolo. Un autentico gioiello. Per il resto poche case e… una grande villa settecentesca, in un ampio parco ricco di vegetazione. Le tempere che adornano le stanze dipingono scene bucolici e marine. Vi ho passato le vacanze estive quando ero nel seminario diocesano.

Dopo 50 anni torno a visitare la villa. Niente nostalgie, ma un ricordo bellissimo di quegli anni pieni di luce. Conservo una profonda gratitudine per tutti i miei formatori. Mi hanno insegnato a vivere il rapporto con Dio nella preghiera e nella liturgia, mi hanno infuso il senso della Chiesa, mi hanno aiutato a maturare nella disciplina interiore. Ho ancora in cuore i momenti belli vissuti durante i ritiri, la preghiera silenziosa e prolungata nella cap­pella davanti a Gesù eucaristia e alla Madonna… e le passeggiate su per le montagne Apuane…

martedì 22 luglio 2014

In Versilia 60 anni dopo


La Versilia cento anni fa si trasformava con l'avvento del turismo balneare. Viareggio diventa centro della mondanità e con il suo rinnovato aspetto e la bellezza dei suoi edifici Liberty, si aggiudica l'appellativo di “Perla del Tirreno”. Notevole anche l’apporto culturale derivante dai diversi personaggi illustri che trovano quell' ambiente raffinato di caffè e soggiorni nella natura che ancora oggi è possibile vivere, aggirandosi lungo le marine delle diverse località di questo straordinario territorio costiero.

Sessant’anni fa, a Fiumetto, tra Viareggio e Forte de Marmi, fu la volta di altri personaggi non altrettanto famosi, ma ugualmente immortalati, almeno da queste foto. Oggi, per la prima volta, siamo tornati per rifare la foto. 

lunedì 21 luglio 2014

Bell'Italia: Pietrasanta


“Quel che mi piace è Pietrasanta, bellissima cittadina, con una piazza unica, una cattedrale da gran città e sfondo le Alpi Apuane”. Così Giosuè Carducci, nato nelle vicinanze.

Non si sbagliava. Ne sono rimasto affascinato anch’io, alla mia prima visita.


domenica 20 luglio 2014

La Firenze dei fiorentini col lampredotto



Firenze è bella anche fuori del solito giro riservato ai turisti. C’è una Firenze dei fiorentini che quando ti ci cali ti dà qualcosa in più: il senso della quotidianità, del buon gusto, della bellezza fine, della briosità un po’ bizzarra.
L’ho passeggiata lungo Borgo alla Croce con i fantasiosi negozi, le botteghe di una volta, le osterie appetitose. Mi sono fermato al mercato delle pulci in borgo dei Ciompi, dove le strutture rinascimentali ti ricordano che anche l’architettura per un mercato del pesce può essere pensata con gusto, fino a diventare un’opera d’arte. Poi borgo allegri con rigattieri, antiquari, artigiani restauratori. In mezzo un autentico gioiello: la chiesa di sant’Antonio, con opere d’arte da mozzafiato.

Ma la grande meraviglia è il recupero delle antiche carceri delle Murate, che fino a pochi anni fa ospitavano ancora i detenuti e oggi sono stati trasformate con fantasia in appartamenti, uffici, luoghi pubblici… Sono rimaste le antiche porte cariche di catenacci che incutono ancora terrore, le inferiate... Mi ha colpito lo schizzo di un carcerato che guarda il mondo dalle sbarre, con un’ansia di libertà
La passeggiata non può non terminare presso la famosa Tripperia Pollini, un semplice banco dove di mangia il lampredotto, un piatto particolare (veramente il piatto non c’è, viene servito direttamente sul panino) a base di uno dei quattro stomaci dei bovini. Buon appetito! Senza fare troppo gli schizzinosi: fa parte dell’autentica Firenze dei fiorentini.


venerdì 18 luglio 2014

Sognando l’abolizione dei seminari


Nei primi secoli della Chiesa non c’erano i seminari. Ambrogio, Agostino, sono mai stati in seminario? I presbìteri non costituivano una classe a parte che avesse bisogno di una speciale formazione. Erano cristiani tra i cristiani, scelti e ordinati per un servizio nella comunità. Certamente erano scelti tra i cristiani più maturi (anche per età, come dice il loro nome) e quindi con una certa garanzia di fedeltà.
La creazione dei seminari è poi venuta come risposta a esigenze particolari. Ma chissà che la comunità cristiana non torni ad essere il luogo di formazione dei suoi presbiteri…
Sogni ad occhi aperti che ho condiviso oggi con una trentina di rettori di seminario, provenienti da tutto il mondo, al loro corso che si tiene a Vinea Mea…

giovedì 17 luglio 2014

Perplessità sulle donne vescovo


La decisione della Chiesa d’Inghilterra di autorizzare la nomina di vescovi donne è il frutto di un dialogo interno maturato negli anni. Nonostante inevitabili perplessità e dissensi la Chiesa è rimasta unita. È un dato positivo che evidenziamo con gioia, così come quello di voler affermare il ruolo sempre più attivo della donna nella vita della Chiesa. La decisione inoltre non ha alcun intento polemico nei confronti della Chiesa Ortodossa e di quella Cattolica. Di fatto però questa scelta è come un macigno che piomba sul già delicato dialogo ecumenico e sembra raggelarlo. Pur non potendo intrometterci nella vita e nelle decisione della Chiesa d’Inghilterra, possiamo domandarci se è opportuno prendere una decisione di tale portata senza un dialogo con le altre Chiese sorelle?
La dottrina della Chiesa Ortodossa in merito è chiara e nota. Seguendo la tradizione delle origini, ordina vescovi esclusivamente gli uomini. Inoltre, mentre può ordinare presbiteri uomini sposati, all’Episcopato sono chiamati soltanto uomini celibi.
Altrettanto il pensiero della Chiesa Cattolica. Quando presso la Comunione Anglicana sorse la questione dell'ordinazione delle donne, Paolo VI ne ricordò al Dott. F. D. Coggan, Arcivescovo di Canterbury: «Essa sostiene che non è ammissibile ordinare donne al sacerdozio, per ragioni veramente fondamentali. Queste ragioni comprendono: l'esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini; e il suo vivente magistero, che ha coerentemente stabilito che l'esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa» (30 novembre 1975). Giovanni Paolo II è stato ancora più esplicito nella Lettera Apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994.

Il motivo addetto dalla teologia cattolica per riservare l’ordinazione agli uomini è il modo di agire di Gesù, che in questo, come in tutto il suo insegnamento, non si è lasciato certamente condizionare da motivi sociologici o culturali propri del suo tempo, così come, senza conformarsi ai costumi prevalenti e alla tradizione sancita dalla legislazione di allora, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna.
Ha chiamato soltanto uomini come suoi apostoli, dopo una notte di preghiera; ha scelto “quelli che egli ha voluto”, e soltanto loro ha radunato attorno a sé nell’ultima cena. Lo stesso hanno fatto gli Apostoli quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero ad essi succeduti nel ministero. Maria di Betania scelse la parte migliore e, in ascolto ai piedi del Signore, divenne l’emblema del discepolo. Maria di Magdala ebbe l’incarico da Cristo di essere la prima annunciatrice della sua Risurrezione e i Padri della Chiesa la chiamarono “Apostola degli Apostoli”. Maria, la Madre di Gesù, è “Regina degli Apostoli”. Nessuna delle donne ha però ricevuto la missione propria degli Apostoli. Nella Chiesa vi sono diversità di ministeri che occorre rispettare.
Se questo è stato il modo di agire del suo Signore, la Chiesa non ha la libertà di agire in modo diverso. Essa è sottoposta al Vangelo. Non è sua la scelta, ma di Cristo.

Altra è la questione della presenza, dei compiti, delle responsabilità delle donne nella Chiesa. In questo la scelta della Chiesa d’Inghilterra può offrire, e speriamo vivamente che venga accolto, un decisivo impulso alla Chiesa Cattolica nel mettere in atto propositi, ripetutamente espressi dai papi recenti e dallo stesso papa Francesco, di riconoscere con scelte concrete l’insostituibile posto delle donne nella missione apostolica, anche decisionale, all’interno delle nostre comunità. 

mercoledì 16 luglio 2014

Mistica e arte


Una festa cara a tutto il Focolare, quella di oggi. 65 anni fa l’esperienza della realtà operata dall’unità e da Gesù Eucaristia, l’immedesimazione con il Signore al punto da non consentire a Chiara Lubich di dire: 'Gesù'. “Quel Gesù, infatti, che stava nel tabernacolo, era anche qui in me, ero anch'io, ero io, immedesimata con Lui. Non potevo quindi chiamare me stessa. E lì ho avvertito uscire dalla mia bocca spontaneamente la parola: 'Padre'. E in quel momento mi sono trovata in Seno al Padre”. È l’inizio di una straordinaria esperienza di Dio che segnerà per sempre il cammino dell’Opera di Maria. Ho celebrato quest’anniversario con un bel gruppo di amici invitati a casa, grandi e piccini. Una festa di famiglia.
Una festa continuata in serata con l’esposizione artistica di Marta Gelsumini per le vie del quartiere: l’esperienza mistica è sempre legata all’esperienza estetica, Dio è bellezza.

Santa Caterina de Ricci scende dalle nuvole / 2


Ma bastano i piedi per terra per diventare santi? Ci vuole anche il cuore in Cielo. Il segreto della santità di Caterina de Ricci era proprio la fede che le faceva vedere tutto venire dal Cielo, tutto come volontà di un Dio che è amore e che vuole per il nostro bene: «non avvenendo nulla senza il suo divin volere». Non era automatico neanche per lei, naturalmente: «Conosco e vegho certo che, quando una persona si trova nelle angustie… è molto duro il persuadersi che sieno il meglio nostro». Eppure, con la fede nell’amore di Dio, «facilmente riceverem’ogni cosa dalla sua santissima mano, con un cuore tutto contento, e ringraziandolo sempre ch’adempia sopra di noi il suo santissimo volere».
Così scrive alla mamma: «Bisogna che la nostra carissima madre el’mio onorando padre si conformino con la volontà loro al Creatore, il quale permette tante tribolazioni acciò non ci appicchiamo a questo mondo e abbiamo causa di riconoscere il nostro Dio buono (…) che Gesù ci ama, ci promette molto bene acciò diventiamo oro perfetto nella fornace della tribulazione».

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In concreto le suore si faranno sante facendo le suore, osservando quello che la regola chiede loro, ma «allegramente e volentieri», anche quando le osservanze «son faticose ed è com’il martirio». Mentre i laici devono farsi santi stando nel mondo, compiendo i loro doveri «con quiete di mente, con dirizzare tutte le loro operatione a lui [a Dio] et – secondo che può capacitare la fragilità humana – hunirsi a lui, ma allegramente».
L’importante – scrive in un’altra lettera – è che nel compiere il volere di Dio «siate allegro e tegniate el vostro quore pieno di Jesù, nel quale guardarvi che non vi entri manichonia né accidia, che non potrebbe starvi Jesù, - ché lui non vi vuole questi ornamenti, ma si bene di pace, di quiete e di uniformità al voler suo». Il frutto? La gioia! «Chi ama Giesù con tutto il cuore, ogni cosa è dolce e suave».
Non c’è bisogno di tirare santa Caterina giù dalle nuvole. Nonostante gli iconografi l’abbiano messa tanto in alto, lei è accanto a noi, come tutti i santi e a noi, da qui, indica la via del Cielo, quella buona per tutti: prendere tutto direttamente dalle mani di Dio.


lunedì 14 luglio 2014

Santa Caterina de Ricci scende dalle nuvole / 1



Ho celebrato nella chiesa di santa Caterina de Ricci a Prato, dove ha vissuto e dove il suo corpo è custoditi, visibile, sotto l’altare principale.
Che santa, santa Caterina de Ricci! Di quelle con le estasi, da far concorrenza alle altre due grandi mistiche toscane: Caterina da Siena e Maddalena de Pazzi. In effetti i bassorilievi che adornano la chiesa a lei dedicata, la ritraggono sempre sulle nuvole: in quello sull’altar maggiore il Crocifisso si stacca dalla croce e l’abbraccia, in quelli laterali Cristo le impone l’anello delle mistiche nozze, le muta il cuore, le appare Risorto; ancora: la Vergine le dà in braccio Gesù Bambino, le dà la corona di spine; oppure, sempre dalle nuvole, la santa salva un carmelitano in pericolo di annegare, o appare a san Filippo Neri. C’è un bassorilievo solo senza nuvole: la raffigura che guarisce una bambina cieca e storpia.
Per raccontare la sua storia basterebbe descrivere ad uno ad uno gli episodi significativi raccontati dai bassorilievi. Ma ne verrebbe fuori una santa… tutta sulle nuvole. Una santa da far rimanere a bocca aperta. Ma a cosa serve una santa sulle nuvole a noi poveri mortali che abbiamo i piedi per terra e siamo presi dagli affanni e dalle preoccupazioni di ogni giorno, che dobbiamo combattere con il traffico, con i figli che fanno confondere, con i debiti…?

È meglio far scendere la santa dalle nuvole, per vedere se sapeva camminare con i piedi per terra e può insegnare qualcosa anche a noi. Basta prendere in mani le sue lettere per renderci subito conto che non dobbiamo per niente tirarla giù da chissà quali altezze. I piedi li aveva ben piantati in terra, come tutti i santi (altrimenti non sarebbero diventati santi). Eccola affaticata a trovare lavoro per le sue suore perché possano vivere, a trovare mezzi di sussistenza per poveri e ammalati, a dirigere i lavori di ristrutturazione del monastero, a consigliare quanti si rivolgono a lei per ogni problema... A un suo figlio spirituale gli domanda se ha da vendergli trentacinque o quaranta barili d’olio, «ma che sia olio dolce e buono», gli raccomanda; pagherà il giusto, ma con comodo «perché non abbiamo ora denari alla mano». E se lui non ha l’olio che veda da chi comprarlo per loro, e che intanto anticipi i soldi «perché non sappiamo più dove ci volgere per accattar denari».
Non le mancano le preoccupazione per parenti e conoscenti. Le viene il crepacuore al pensiero che il papà e lo zio sono in lite per questioni di soldi: scrive che «mi avete molt’afflitta» e li supplica di «riunirsi e pacificarsi insieme». Vele la pena leggere alcune righe della supplice che rivolge al padre perché perdoni il fratello: «Vi voglio pregare, per le viscere di Giesù Cristo, che c’à tant’amati: ch’esendo noi quelli che l’aviamo tant’offeso, non s’è sdegnato di umiliarsi a noi e fare per noi penitenzia, O non disse lui – essendo da’ giudei crocifisso tant’ingiustamente –: “Padre, perdona alle mia crocifissori, che non sanno quello si facciano”? Così voglio ch’ancor voi facciate, benché le ragioni fussero vostre».
E poi Caterina deve far fronte alle ingiustizie, alle calunnie, alle malattie, alle morti… Li aveva e come i piedi per terra.

domenica 13 luglio 2014

Luoghi imprevisti, tempi in attesa / 9


La preghiera più ricorrente lungo tutta la Bibbia non è: “Dove” sei? Dove ti mostrerai, dove ti renderai presente, dove verrai in nostro aiuto? Ma: “Quando”? Anche a noi, come ai discepoli, viene da chiedere: “Quando verrai?”. E anche a noi risponde: «State pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà» (Mt, 24, 44). Può essere questa. Può essere “adesso”.
Come Dio si è presentato da Abramo alla sua tenda nell’ora più calda del giorno, da Giacobbe al guado durante la notte, dalla Samaritana al pozzo verso mezzogiorno, da Paolo sulla via di Damasco nella stessa ora del giorno, così per me la sua venuta avrà coordinate storiche e geografiche: qui e ora, nella mia città, nel mio quartiere, per strada, nel mio ambiente di lavoro, mentre studio o passaggio. Proprio qui, proprio ora viene proprio da me. Incontro vero, reale, sempre accadente. Concretezza storica di questo istante.  
Per il cristiano c’è sempre il rischio dell’ovvietà che banalizza. È facile ripetere, come un’abitudine, “Vado in chiesa a trovare Gesù Eucaristia”. Certi luoghi e certi tempi – la domenica – sembrano appuntamenti scontati e dovuti. Lo sappiamo, Dio è lì che ci attende, è facile incontrarlo.

Possiamo continuare a rimanere in attesa di un incontro sempre nuovo e attuale? Anche fuori della chiesa? Possiamo restare aperti alle sorprese? Possiamo lasciargli la libertà di nuove visite improvvise e inattese. Nei luoghi, nei tempi, nei modi impensati? Spero che anche a me, come a Giacobbe, avvenga di poter dire: “Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. Lasciamo che lo Spirito soffi dove vuole e ci conduca per i sentieri che lui conosce. Non può passare invano, non posso disattendere l’incontro. 

Termina qui la seconda meditazione del non ritiro di Bari.
Per le ulteriori meditazioni... converrà aspettare l'uscita del libro.


sabato 12 luglio 2014

Luoghi imprevisti, tempi inattesi / 8


Anche questo nostro tempo di assenza e di negazione di Dio, di secolarizzazione e di indifferenza, ma anche di nuovi carismi, sarà tempo di Dio? Spesso si sente dire, con rassegnazione, che occorre attendere “tempi migliori”. Come si cerca un luogo diverso da quello nel quale viviamo, un alibi, per sperimentare l’incontro di Dio, così si aspettano altri tempi, diversi dai nostri, più propizi. Se anche i nostri fossero tempi cattivi, «cerchiamo di vivere bene e i tempi saranno buoni», direbbe Agostino (Sermo 80, 8), saranno il tempo più adatto per l’incontro. Lo scorrere del tempo, nella sua monotonia fatta del succedersi cronologico delle stagioni e delle epoche, quello che i Greci indicavano come khronós, è riscattato dalla sua transitoria fugacità, per lasciare il posto al tempo inteso come la buona occasione da cogliere, il momento propizio, quello che o Greci chiamavano kairós. Il presente del credente non è “un momento che viene dopo un altro”, ma “il momento” più opportuno e più significativo per l’“incontro”. Ogni attimo può congiunge Cielo e terra, l’eterno presente col nostro tempo, acquistare uno spessore infinito, riempirsi della presenza di Dio. Il nostro tempo è riscattato dall’inesorabile fuga e si fissa nell’eterno. È Gesù che ha portato l’eterno nel tempo e «ciascun istante può aprirsi dal di dentro su un’altra dimensione, facendoci così vivere l’eternità dell’istante, nel presente eterno... L’eternità non è né prima né dopo il tempo, essa è la dimensione sulla quale il tempo può aprirsi».

«Il popolo di Dio – leggiamo nel Concilio Vaticano II –, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane» (GS, 11).
È un invito a leggere i “segni dei tempi”, ossia a cogliere la mano di Dio in quanto accade in noi e attorno a noi, a credere che egli ci parla attraverso i grandi eventi della storia e le piccole circostanze di ogni giorno.
Gli eventi della grande storia e della nostra piccola storia personale, visti con gli occhi della fede, non sono più casuali o dominati da un cieco fato, ma guidati dall’intervento puntuale della Provvidenza di un Dio che, nel suo grande premuroso amore, vede e provvede. “Non cade foglia che Dio non voglia”, sentenzia la saggezza popolare che ha assimilato le parole di Gesù: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!» (Mt 10, 29-31).