venerdì 31 dicembre 2010

A Shreveport in Louisiana



Da Dallas in Texas a Shreveport in Louisiana. La città è distesa lungo il Fiume Rosso, solcato da ponti monumentali e ancora navigato da antichi battelli. Passeggio lungo la riva in un pomeriggio tepido; l’inverno è sparito come per incanto. Quando mai avrei pensato di arrivare in Louisiana… Eppure anche qui sono a casa. Le suore della Madonna Addolorata mi accolgono con festa. Alcune hanno seguito le mie lezioni a Roma, altre mi conoscono per aver letto Koinonia in inglese. Una giornata intera a parlare del Vangelo, conferenze che somigliano più a una conversazione tra amici, comunione sincera... Incontro il vescovo, giovane, semplice, cordiale. Ha pochi fedeli e questo gli consente di essere un autentico pastore, vicino a tutti; soltanto un quinto della popolazione è cattolica. Anche Dallas, come Shreveport, è nella “cintura della Bibbia”, zona a stragrande maggioranza protestante, ma a Dallas ogni anno ci sono 3000 adulti che entrano nella Chiesa cattolica, anche grazie ai corsi di catechisti che si tengono in ogni parrocchia, felice invenzione del vecchio vescovo Charles V. Grahmann (anche lui ho rivisto con gioia, qui a Dallas).

Journey into Spirituality



I have written many books and articles on Spirituality. Only one book appeared in English (Koinonia. Spirituality and Theology of the Growth of Religious Community, Claritians Publications, Quezon City 1999, 354 pp; New City Press, New York, 2001), however quite a number of articles have been translated into English; the majority of them published in the magazine “Charisms in Unity.” I also give talks in that language during Meetings on Interreligious Dialogue with Hindus, Buddhists, Jews, Muslims and Traditional Religions. I decided to collect only some of them.
The range of my writings concern Theology of Religious Life, Spirituality, Holy Scripture. The authors who have most inspired me are Saint Eugene de Mazenod, the Founder of my community, the Missionaries Oblates of Marie Immaculate, and Chiara Lubich, the Founder of the Movement of Focolare. For the latter, Chiara has helped me to read the varying charisms from the prospective of the Spirituality of Communion. In this little book, I gathered various articles concerning this Spirituality of Communion.
The present collection is not a formal book. The sources are almost entirely drawn from Italian works. Should one be interested in these references, I would be happy to provide them: ciardif@gmail.com.
To read the book click - per leggere il testo: here-qui

mercoledì 29 dicembre 2010

Ditelo con l'auto / 2

Mi pare evidente che gli Oblati siano contro il muro di divisione tra USA e Messico...
"Non possono esserci muri tra amici!"

Guidami, Luce gentile

L’amico Piero Taiti ha mandato un biglietto d’auguri originale: Quando veniva chiesto a Kant se si viveva già l’età dell’illuminismo, un’età veramente illuminata, egli rispondeva: «No, bensì un’età in via di illuminazione». L’invito rivolto alla nostra specie sarebbe quello di ricominciare tutti i giorni questa impresa, ben sapendo che non vedrà mai la fine. (Tzevan Todorov, Lo spirito dell’illuminismo, 2007).
Gli ho risposto: A proposito di luce, non posso non ricordare la famosissima preghiera che un grande “Illuminista” (o “illuminato”) scrisse nel 1833 quando, ancora avvolto dalle “tenebre”, stava navigando dall’Italia verso l’Inghilterra:





Guidami, Luce gentile, in mezzo alle tenebre
guidami Tu.
Buia è la notte e la mia casa è lontana:
guidami Tu.
Dirigi tu il mio cammino; di vedere lontano
non te lo chiedo - un solo passo sicuro mi basta.
In passato non pensavo così, né ti pregavo:
guidami Tu.
Amavo scegliere da solo la via; ma ora
guidami Tu.
Amavo la luce del giorno e senza timore
cedevo all'orgoglio - non ricordare, ti prego, il passato.
A lungo tu mi sei stato vicino;
posso dunque ripetere:
guidami Tu.
Fra acquitrini e paludi, fra crepacci e torrenti
finché la notte è trascorsa.
All'alba, quei volti di angeli torneranno a sorridere,
da me amati un tempo e poi purtroppo perduti.


John Henry card. Newman

domenica 26 dicembre 2010

Col sorriso negli occhi e la gioia nel cuore

“Gesù ti ama, e io faccio lo stesso!”. Dietro le lenti spesse, gli occhi di p. Clarence brillano di gioia. “Ogni volta che mi fermo a pregare e chiedo a Gesù: cosa deve dire oggi alla gente? Lui mi risponde sempre: Di’ loro che li amo immensamente! Allora, non soltanto lo dico, ma cerco di fare lo stesso, di amare ogni persona che incontro. A dire la verità lo faccio anche per un certo interesse, perché ogni volta che amo mi sento più contento e ricevo in contraccambio molto più di quanto dono”.
Ha 90 anni, padre Clarence. Ufficialmente è in pensione da 30 anni, ma non glielo dite, e soprattutto non ditelo alla gente del santuario di Nostra Signore della neve. Ogni giorno è lì ad accogliere i pellegrini, fa da guida al santuario, si intrattiene a parlare con l’uno e con l’altro, ascolta le confessioni, guida la preghiera… È di una bontà eccezionale e tutti gli vogliono bene. “Che gioia, mi dice, vedere quante cose belle Dio opera attraverso uno strumento così insignificante. A scuola non riuscivo, non sapevo esprimermi. Mi hanno mandato a studiare teologia in Canada, dove si insegnava in francese e in latino, lingue che io non conoscevo… Ho poche doti, sono timido… eppure Dio fa tante cose belle attraverso di me”. E mi racconta la sua storia, che inizia il 2 novembre 1920 nel Minnesota. Quarto nato in una famiglia di contadini, dopo di lui sono arrivati altri quattro fratelli e sorelle; Dio aveva materiale per vocazioni particolari: due Oblati e tre suore.
Ordinato prete nel 1948, passa la maggior parte del tempo nella casa di formazione come economo, “senza mai niente di particolare, se non la gioia di servire il Signore e la mia famiglia oblata”. Inaspettata la richiesta di entrare nella Marina come cappellano. Fa notare che ha ormai 40 anni, età nella quale non si può più entrare nelle Forze Armate. Basta una leggina ad personam del Congresso per aprirgli davanti 20 anni di servizio come capitano. Segue l’esercito americano in 35 Paesi del mondo, Europa, Turchia, Alaska, Hawaii, Corea… Durante la guerra del Vietnam è in Giappone, nell’ospedale dove ogni giorno arrivano feriti e morti dal fronte. 20 anni accanto ai militari e alle loro famiglie per svolgere il suo consueto lavoro: ascoltare, consigliare, aiutare a pregare, senza guardare se uno è cattolico o di un’altra Chiesa. “Ho passato gli ultimi tre anni di servizio militare nell’ospedale di San Antonio in Texas. Prima di ogni operazione stavo con il soldato o la soldatessa ammalati, spiegavo come sarebbe stata l’operazione, che l’equipe dei medici era molto brava, che avevo seguito tante operazioni… Spesso li accompagnavo in sala operatoria… In servizio 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana. Pregavo con loro, a volte si confessavano, anche se non erano cattolici…”. Mi confesso anch’io, e lui: “Come sono contento che mi dai la possibilità di ascoltare la tua confessione, così posso dire anche a te quanto Dio ti ama!”.
Alla fine mi mette in mano una preghiera:

Ti amo Gesù.
Gesù, quante volte penso di essere troppo occupato per poter pregare. Le mie giornate sono così piene… Allora dico:
Gesù, sicuramente non ti aspetteresti che io sia così preso dalle mie cose al punto da non aver tempo per pensare a te.
Tu mi sei sempre accanto, Gesù, tu solo sei la mia forza, il mio coraggio, il mio aiuto.
Vorrei diventasse un’abitudine, Gesù, quella di parlare con te come ad un amico, confidandoti gioie e dolori.
Così, dal fondo del cuore, voglio dirti semplicemente:
Ti amo Gesù.
Quando sono stanco, aiutano a ripetere:
Ti amo Gesù.
Quando ho difficoltà a perdonate, dove semplicemente ripetere:
Ti amo Gesù.
Quando sopraggiunge il buio e non so più dove sei, ti chiamo e dico:
Ti amo Gesù.
Gli impegni quotidiani diventeranno più facili, e il lavoro si trasformerà in una preghiera che dice:
Ti amo Gesù.
Quale  difficoltà potrà turbarmi, quale dolore sopraffarmi, se continuo a ripetere:
Ti amo Gesù.
Per le gioie che mi hai dato, per le grazie di cui m’hai colmato, il mio grazie sarà sempre:
Ti amo Gesù.
Anche solo per rivolgermi a te, senza un motivo particolare, lasciami dire:
Ti amo Gesù.
E quando giungerò al tramonto della vita, e mi inviterai a casa, lasciamo dire ancora una volta, qui in terra, prima della partire:
Ti amo Gesù.
E quando mi chiamerai a giudizio, sii misericordioso, Signore, perché tu sai quante volte ho ripetuto
Ti amo Gesù.

venerdì 24 dicembre 2010

Natale in Texas

Un alloggio vi chiedo

In nome del cielo,
un alloggio vi chiedo,
non può più seguitare
la sposa mia amata.
Così ogni sera canta Giuseppe, dopo aver bussato ad una porta di casa. Con lui Maria, silenziosa, seduta su un asinello. Attorno una folla festosa con candele, il “farolito”, accompagna il canto con strumenti. I bambini sono eccitatissimi. Da trecento anni il rito della “Posada” (la dimora) si ripete durante il tempo della novena di Natale in tutto il Messico e nel Sud degli Stati Uniti.
Qui non c’è posto,
andate avanti,
e non fate i furbi,
non possiamo aprire,
si sente rispondere da dentro la casa. I due pellegrini riprendono il cammino, accompagnati dai loro vicini. Un’altra porta, un’altra richiesta, un altro rifiuto. La processione passa oltre la seconda casa…
Sono stati i Francescani a riproporre la scena della Famiglia di Nazareth in arrivo a Batlemme per il censimento, per coinvolgere gli indigeni in una catechesi attiva.
Per giorni, a San Antonio in Texas, ha visto i giovani e i ragazzi preparasi a ripetere il rito tradizionale e mantenere vivo il ricordo della nascita di Gesù.
Le parole sono sempre le stesse, di anno in anno, di luogo in luogo, e intoccabile è la musica. Ma adesso che mi trovo al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, le parole di sempre mi sembrano più attuali di mai. La scena accaduta a Betlemme duemila anni fa, qui si ripete ogni giorno. Ogni giorno centinaia di persone povere cercano di entrare, dal Sud America, nel Paese dei sogni, nella speranza di lasciare alle spalle violenza e fame, e di trovare la possibilità di una vita almeno umana. E ogni giorno tanti sono rifiutati, rigettati indietro, imprigionati.
Siamo alla terza casa, alla terza richiesta della “posata”:
Un tetto le chiedo
padrone di casa gentile,
lo sa che la madre
sarà regina del cielo?
Da dentro la casa il canto risponde:
Se regina davvero
perché, posso chieder,
e proprio di notte
s’aggira soletta?
La risposta non si fa attendere:
Mi chiamo Giuseppe
e mia sposa è Maria,
ormai sarà madre
del Verbo Divino.
Ora è tutta la gente che invita Giuseppe e Maria a entrare:
L’alloggio vi dono
Santi Pellegrini
e scusa vi chiedo
se non v’ho riconosciuto.
La casa si apre d’incanto e i due pellegrini, con quanti li hanno accompagnati per strada, entrano con canti di gioia, si inginocchiano davanti al presepe lì preparato e pregano insieme il rosario. Poi la festa, con la pignatta dalla quale i dolci si spandono per la stanza.
Anche quest’ultima scena della “posata” – la casa che si apre per accogliere chi è in cerca di alloggio – si attualizza nella società americana di oggi. È vero che tanti illegali vengono rigettati, ma è anche vero che basta dichiarare una qualsiasi residenza perché le porte delle scuole si aprano ai ragazzi dei profughi e quelle del mondo del lavoro agli adulti. Le contraddizioni di sempre coesistono nella società di oggi, capace di rifiuto e di accoglienza, di bene e di male.
Un ascolto attento e sincero può farci aprire la porte ed accogliere… chissà, la regina del cielo!

giovedì 23 dicembre 2010

Laici oblati

Dopo avermi protetto in questi giorni sotto un cielo grigio perla, il Mississippi oggi mi saluta con un bel sole nascente. Un’ora di volo mi fa attraversare l’Illinois dal dall’estremo sud all’estremo nord, fino a Chicago. Sotto, una silenziosa pianura immacolata, ammantata di neve, che sfuma all’orizzonte con l’azzurro pallido del cielo.
Da Chicago di nuovo in volo a sud, fino a San Antonio, attraversando tutti gli Stati Uniti, in compagnia di un simpatico signore attempato, fiero di essere Mennonita e contendo di poter parlare con un prete cattolico. Quando studiava al liceo mennonita faceva il ritiro annuale con tutti i suoi compagne in un monastero benedettino! All’occhiello della giacca un distintivo con scritto: Trust God!
Quante realtà meravigliose nate dalla passione degli Oblati per la gente mi ha fatto scoprire Belleville e dintorni! Oltre a quelle a cui ho già accennato (santuario, casa di ritiro, noviziato…): la radio per i non vedenti che dal 1973 serve migliaia di persone e di case per anziani; il centro televisivo che produce programmi formativi per le scuole; il centro di animazione missionaria, con una settantina di impiegati, una tipografia, un centro di produzione artistica, una segreteria telefonica composta da un gruppo di persone costantemente in contatto con quanti chiamano da tutti gli Stati Uniti…
Ma soprattutto, quante persone meravigliose ho incontrato questi giorni; mi occorrerebbe un blog solo per loro. Ricordo Geri (nella foto: nello studio dei Media degli OMI, assieme a due operatori). L’avevo conosciuta diversi anni fa a Roma e avevamo lavorato insieme per i giovani religiosi. Avrei mai pensato di ritrovarla qui? Laureata in teologia spirituale, da 13 anni è occupata a tempo pieno per dare una formazione spirituale e oblata alle circa 800 persone impiegate nelle opere degli Oblati negli Stati Uniti. I laici hanno ormai in mano la maggior parte delle attività degli Oblati: riusciranno a mantenere vivo lo spirito missionario da cui sono nate? porteranno avanti lo stesso ideale? Gli Oblati si preparano al loro ministero per sei sette anni, e questi laici? Geri organizza per loro incontri in piccoli gruppi per far conoscere sant’Eugenio, la storia della Oblati, i loro ideali di vita… Prepara anche un bollettino mensile per creare tra tutti il senso dell’appartenenza e della comunione. È inoltre responsabile dei Laici associati e come tale ha partecipato all’ultimo Capitolo generale degli OMI in Roma. Anche per loro dirige un bollettino periodico, prepara video, materiale formativo… 
Il carisma oblato si dilata ed è vissuto in modalità nuove e produce frutti ancora più abbondanti.

St. Louis, un arco teso nel cielo

Attraverso il Mississippi ed eccomi a St. Louis. Da qui, all’inizio del 1800, iniziò la lunga marcia che portò gli americani fino all’Oceano Pacifico. Il sogno americano iniziava da qui.

La nuova cattedrale è un gioiello, interamente decorata con mosaici di valori. Fra l’altro raccontano la storia della Chiesa in questa regione - fatta per la maggior parte da religiosi e religiose – fino al dopo Concilio. L’antica cattedrale, piccola, conserva il suo fascino.

Poi all’arco d’acciaio che si slancia alto sul cielo. Elegante, leggero, moderno, capolavoro della tecnica, domina la città. Alla base un complesso museale fa rivivere i tempi della conquista del West. Una piccola capsula, che sale veloce, mi porta in cima all’arco, 192 metri, per contemplare dall’alto la città e il Mississippi. È bello il mondo visto dall’alto.
Infine non può mancare la visita ad una delle più antiche e grandi industrie della città, la birreria Wudweiser. Nei locali del 1800 continuano la miscelazione e la fermentazione e in altri moderni altre attività più meccanizzate. 13.000 bottiglie al minuto, più le lattine, i fusti… Antico e moderno si sposano in modo armonioso e inusuale, almeno qui negli USA.

Sembra che sia la città più violenta di questo Paese; a me ha mostrato il volto più bello.

mercoledì 22 dicembre 2010

Il noviziato sul Mississippi

A 10 anni David, assieme alla sua famiglia, emigra dalla Polonia in Canada. Un’estate, durante il liceo, lavora come barista. Riesce così bene che gli viene offerto il posto. Lascia la scuola e si lancia in questo mondo fantastico, pieno di luci, di musica… Per due anni lavora sulle navi da crociera: Mediterraneo, golfo del Messico, Caraibi, Pacifico dall’Alaska alla Terra del fuoco… Poi il business dell’edilizia, la passione per la letteratura, l’arte… È giovane ma ormai è sulla via del successo. Fin quando riesplode la chiamata che aveva sentito da ragazzo, quando, arrivato a Toronto, era andato ad abitare in una parrocchia degli Oblati. Lo confida a una delle sorelle che prenota per lui un posto al campeggio giovanile degli Oblati. È fatta, rimane in contatto con loro e adesso, a 30 anni, è in noviziato.
Ho visitato il noviziato con i suoi tre novizi. Viaggio per un’ora da Belleville verso Alton, seguendo il Mississippi. Il noviziato è a Godfrey, vicino ad Alton, su una collina che scende a picco sul fiume, dove convergono gli altri due fiumi che danno il nome ai due stati confinanti: Illinois e Michigan. Il bosco che avvolte il noviziato è gelato, il cielo grigio. Da lassù il Mississippi appare in tutta la sua maestosità. Ogni anno, qui, rinasce la vita degli Oblati…

lunedì 20 dicembre 2010

La mia aurora in Belleville

Nel deserto della città

Giornata fredda e grigia. Mi incammino per la città. Non è una delle grandi città degli Stati Uniti, di quelle con i grattacieli. Con i suoi 40.000 abitanti è una delle tantissime normali città, con le case disperse nel bosco, ben attente a stare una distante dall’altra. Mi mancano le piazze e le strade con i negozi. Questa sera alla televisione, a History Channel, i soliti professoroni che parlano degli UFO avranno una ulteriore conferma: per le strade di Belleville è stato avvistato un extra terrestre! A chi, passando in macchina, mi vedeva passeggiare con mio giaccone, sarò sembrato sicuramente un marziano. L’unico modo per trovare qualche anima viva sarebbe andare in un centro commerciale.

Mi inoltre nel bosco, scortato dai cervi, dove vive la terza comunità oblata di Belleville (oltre a quella dove abito e quella del Santuario), dedita al ministero dei ritiri e della formazione permanente. Anche qui molte persone a pregare e a rivedere la loro vita alla luce del Vangelo…

domenica 19 dicembre 2010

La Madonna della neve

“Non mi basta l’angelo custode”, si ripeteva Paul mentre pilotava il suo aereo da combattimento durante la prima guerra mondiale. “Non mi basta l’angelo custode”, si ripeteva Paul, ora diventato missionario Oblati di Maria Immacolata, mentre voleva oltre il circolo polare artico per portare medicine e cibo nelle missioni presso gli eschimesi. Così, assieme all’angelo custode, cominciò a invocare la Madonna della neve, ricordando che la prima chiesa dedicata a Maria, fu Santa Maria Maggiore, a Roma, la Madonna della neve, da quella famosa nevicata nel 4 agosto 352 sull’Esquilino. Lo chiamavano “Il prete volante” e così battezzarono il suo aereo.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, p. Paul Schulte, essendo originario della Germania, fu dichiarato persona non gradita dal governo canadese. Venne negli Stati Uniti, qui a Belleville, dove fu confinato nel seminario degli Oblati. Aveva portato con sé un piccolo dipinto che aveva fatto fare in Canada: in alto la sua Madonna nella neve, attorniata dai raggi dell’aurora boreale, in basso lui stesso che, con il suo aereo, porta la comunione in un villaggio esquimese. Non potendo più svolgere il lavoro missionario, stando in seminario p. Paul cominciò a scrivere lettere e lettere chiedendo aiuti per le missioni e assicurando la sua preghiera alla Madonna della neve. Presto alla porta del seminario cominciò ad arrivare tanta gente che voleva ringrazia la Madonna della neve per le grazie ricevute. "Dov’è il santuario?", domandavano. Il santuario non c’era, ma c’era, in cappella, il piccolo dipinto. Arrivò il momento di costruire una cappella accanto al seminario e poi… un santuario vero e proprio. Un santuario originale, all’aperto! Poi un edificio, un altro, un altro, a mano a mano che aumentavano le necessità. Oggi è il più grande suntuario al mondo all’aperto! (Tutto negli Stati Uniti deve essere più grande…).
Oggi c’è la casa di accoglienza per i pellegrini, con un ristorante per 1000 persone, e numerose sale di incontri; un albergo; una bellissima moderna chiesa; un grande anfiteatro con due cappelle; una casa per anziani e ammalati con qualche centinaio di posti; la grotta di Lourdes: la ricostruzione del luogo dell’apparizione della Madonna di Guadalupe. Un milione di pellegrini l’anno; innumerevoli attività. In questo momento, tra metà di novembre e metà gennaio, ogni sera si alternano cori provenienti da varie parte per i canti di Natale; a sera il parco si trasforma in un grande scenario di luci che fanno rivivere il Natale (lo si percorre in macchina, naturalmente!). Vedi http://www.snows.org/

venerdì 17 dicembre 2010

Sulle rive del Mississippi

Da Brownsville in Texas a Belleville in Illinois.
Dal Rio Grande al Mississippi.
Dall'estremo sud al centro degli Stati Uniti. Dal tepore caldo e asciutto a 10 gradi sotto zero, con la neve.
La casa degli Oblati a Belleville, come le altre due in città, è in un grande parco
dove un tempo c’era il centro di formazione,
ora distrutto, come sempre si fa da queste parti,
per ricostruire un altro bell’edificio moderno (foto a destra).
Una settimana nel cuore degli Stati Uniti per conoscere altri aspetti della vita degli Oblati.

Imparando a pregare

È una mattina calma, nella chiesa di Nostra Signora di Guadalupe in Mission, una mattina come le altre. La chiesa non rimane mai vuota. Una persona dopo l’altra entra e prega con un proprio ritmo, una proprio liturgia. Conto almeno sette grandi bandiere americane. Su un altare ci sono decine e decine di foto di soldati che combattono in Afganistan o in Iraq. Siamo proprio negli USA. Ma l’ambiente è tipicamente messicano, nei colori, nei fiori, nella moltitudine di statue di santi… Un uomo in particolare attira la mia attenzione. Entra e, iniziando dal fondo della chiesa, viene avanti sostando davanti ad ogni statua: san Giuseppe, san Luigi Gonzaga, san Martino de Porres, una Madonna, un’altra, la crocifissione… Fino a quando giunge davanti all’altare del Santissimo Sacramento. Lì si ferma in ginocchio, sempre in silenzio, a lungo. Poi si siede, prende il messaggio e medita le lettura della Messa del giorno. Mi attira l’intensità della sua preghiera. Provo anch’io a fare come lui. Inizio, come lui, da san Giuseppe, tentando di indovinare che cosa gli avrà detto quell’uomo, fin quando trovo la mia strada per parlare con il padre di Gesù, lo sposo di Maria: quante cose possiamo dirci! E poi avanti, anch’io nel pellegrinaggio, intrattenendomi il dialogo con tutti questi amici allineati lungo le parete della chiesa: una vera preparazione, una introduzione all’ultima tappa, davanti a Gesù. E trovo quell’uomo anziano ancora lì, immobile!

martedì 14 dicembre 2010

Lungo il "cammino degli Oblati"

Cammino lungo il Rio Grande nella mattinata fresca e assolata. Scatto fotografie alla barriera di ferro che per migliaia di chilometri separa il Messico dagli Stati Uniti. La polizia di frontiera mi ferma, ma appena comincio a parlare dell’Italia si dimenticano delle mie foto e conversano con piacere… Nella grande piazza davanti al posto di frontiera una grande statua di sant’Eugenio dà il benvenuto ai sudamericani che entrano negli Stati Uniti. Gli Oblati di Brownsville lo imitano.
È tempo di ripartire per il mio pellegrinaggio. Seguendo il corso del fiume percorro la strada militare, che collegava il forte Browns con il fort Ringlold. Oggi quella strada è chiamata anche il “cammino degli Oblati”. Quando leggevo della Valle del Rio Grande, mi immaginavo colline e montagne dove scorreva il fiume. Niente di più piatto. Da quando sono partito da San Antonio ho percorso più di 600 chilometri senza trovare una minima ondulazione; tutto piatto da morire. I ranch di una volta, con l’allevamento del bestiame, oggi hanno ceduto il posto alle fattorie, con le coltivazioni di canna da zucchero, ortaggi, limoni e arance, cotone. Lungo la strada sono disseminate le chiese costruite dagli Oblati. Quella di Santa Maria è un autentico gioiello. Al ciglio della strada minuscoli cimiteri senza recinzione alcuna, con le semplici croce piantate nel prato.
Nel ranch La Palomita, a poco più di 150 km da Brownsville, visito l’antica chiesetta, altro punto di irradiazione della “cavalleria di Cristo”. La città, che più tardi è sorta nelle vicinanze, ha preso il nome di Mission: da lì partiva la missione. Attorno alla cappella, ormai monumento storico, la città ha costruito un parco. Mi raccolgo in preghiera ricordando i nostri antichi “cavalieri”.
Anche nella città di Mission la prima chiesa fu costruita dagli Oblati. La famosa foto del 29 gennaio 1911, che ritrae i sette “cavalieri di Cristo”, fu scattata il giorno dell’inaugurazione della chiesa, dedicata alla Madonna di Guadalupe.
I due Oblati che oggi vivo nella parrocchia mi accolgono con festa. Con loro mi accolgono una dozzina di cani che abitano in casa (!), ognuno (i cani, naturalmente!) con al collo il fazzoletto colorato dei cow boy; due asini appena fuori dall’uscio, che si prestano per le sacre rappresentazione del Natale e della Domenica delle palme; alcuni pavoni; un imprecisato numero di pesci in sei o sette acquari… La casa è una autentica casa di cow boy.
Altra tappa del pellegrinaggio il Santuario nazionale della Madonna di san Giovanni, il più grande e il più bel santuario costruito dagli Oblati nel mondo, secondo forse soltanto a Notre Dame du Cap in Canada. Della prima costruzione, sempre degli Oblati, è rimasto soltanto il campanile: un pastore protestante, aveva promesso che avrebbe distrutto tutto, e infatti si lanciò sul santuario con il suo aereo, durante la messa. Tutti salvi meno il pilota sventurato. Gli Oblati riuscirono a portare in salvo la statua della Madonna e il Santissimo prima che tutto andasse in fiamme. Al suo posto costruirono una nuova chiesa, per la parrocchia, e vicino il grande santuario, con tutte le opere annesse e connesse: casa e albergo per i pellegrini, casa di riposo per anziani, scuole, casa di ritiri... Un gioiello, a cominciare dall’opera d’arte che incornicia la statuetta della Vergine. Circolare, la basilica ha una capienza di 2500 persone. Anche oggi tanta gente… Poi il vescovo ha chiesto che tutto passasse alla diocesi. L’anno scorso sono partiti gli ultimi Oblati: tutto per il bene della Chiesa.
Dovrei inoltrarmi ancora più avanti nella valle, verso altre mete, seguendo il cammino degli Oblati. I padri di Roma (così si chiama una città della Valle) e di Eagle Pass sarebbero contenti di vedermi. Ma il mio pellegrinaggio volge al termine. Ho appena gustato un tocco delle origini… e anche della vita che ancor oggi continua.

Festa della Madonna di Guadalupe


Domenica 12 dicembre: Festa della Madonna di Guadalupe. Sono a Brownsville, sul confine con il Messico. Qui, nel 1849, iniziò l’avventura texana degli Oblati, un’avventura che continua anche oggi e di cui parlerò su “Missioni OMI”. Le dieci chiese della città sono state costruite dagli Oblati e, col passare degli anni, consegnate al clero diocesano che si stava gradatamente formando. Loro sono ancora nella prima chiesa costruita nel 1859, oggi cattedrale (ma continuano a dirigere anche altre tre parrocchie in città).


Da qui, in serata, parto in processione verso la chiesa della Madonna di Guadalupe, anche quella costruita dagli Oblati. In testa i chierichetti e le chierichette, seguiti dai giovani con i costumi degli antichi indigeni che cantano e danzano in onore della Guadalupita. Segue il carro con una bambina vestita come la Vergine di Guadalupe; accanto due bambine, due angioletti; davanti, in ginocchio, un ragazzo che rappresenta San Diego. Ai lati i Cavalieri di Colombo in alta uniforme, con le spade sguainate. Dietro una folla di gente che prega, canta e porta immagini della Madonna. Il tutto scortato dalla polizia con moto che sembrano alberi di natale! Alla chiesa della Madonna di Guadalupe giungono intanto altre processioni, da altre parrocchie. La festa e la messa si svolgono nella piazza; impossibile contenere tutta la ente nella chiesa pur grande e particolarmente bella. La fede e la devozione sono commoventi.

Nonostante i suoi 700.000 abitanti Brownsville è ancora un paesone messicano; non sembra di essere negli Stati Uniti. Il parroco della cattedrale, p. Michael Amesse, mi conduce in auto attraverso la parrocchia che si estende su una vasta area (dimenticare la nostra idea di città e di cattedrale), che comprende altre due chiese, una in un quartiere di messicani ricchi, con belle ville, una in un quartiere di messicani poveri. Mi racconta degli incontri con i giovani-adulti, dei problemi pastorali della sua gente, degli immigrati illegali... Gli Oblati hanno costruito chiese bellissime in questa regione e seguitano a costruire comunità cristiane: continuano a stupirmi e mi fanno sempre più contento di essere Oblato.

lunedì 13 dicembre 2010

Lebh Shomea: Una casa per acquistare un cuore semplice

Lontano dalle luci della città, il cielo è pieno di stelle. Appena una falce di luna, ma basta a illuminare gli alberi magri. Nessun rumore se non quello monotono i grilli, l’ululato del coyote e l’agitarsi delle rade palme mosse dal vento. Sono in pieno deserto. Dopo una mattinata di viaggio nella pianura che porta sull’oceano Atlantico, eccomi in un minuscolo paese, Sarita, tra le città di Corpus Christi e Brownsville, il centro del ranch della famiglia Kenedy, che si estende per 400,000 acri e che, assieme al ranch della famiglia King, occupa la maggior parte del Deserto Cavallo Brado, la vasta area di confine tra Texas e Messico. La storia dei Kenedy vale un romanzo, ma basterà dire che il loro ranch, alla fine del 1800, divenne un punto nevralgico del lavoro missionario dei famosi Oblati a cavallo. In particolare Padre Juanito (ne riparleremo) visitava le famiglie dei cow boy che abitavano in questo immenso ranch. In quegli anni la famiglia Kenedy costruì la propria villa a una decina di chilometri dal quartier generale di Sarita. Oggi la villa e parte del ranch (sono 11.000 acri!) sono degli Oblati. Il resto è affidato ad una fondazione che con i ricavati, soprattutto dai pozzi petroliferi che vi sono stati trovati e dalle 300 pale eoliche per l’elettricità, finanzia università e scuole cattoliche di mezzo Texas.

Nel 1961 la villa divenne noviziato. Dal 1973 è casa di preghiera. Attorno sono state costruite una quindicina di casette, veri e propri eremitaggi. Circa 500 persona all’anno fanno qui una esperienza di assoluto silenzio, di preghiera, di solitudine. Chi vuole leggere e studiare con pace ha a disposizione una biblioteca di 30.000 volumi.

La regione è desertica e solitaria. Acacie, quercioli, cespugli spinosi e un gran bel caldo secco tropicale, con il sole che picchia. I cervi passano tranquilli vicino casa; questa sera è venuta a pascolare un intero branco. I tacchini selvatici sono alti e snelli, lontani parenti di quelli di allevamento. Non ho ancora visto né gli armadilli né i cinghiali. I serpenti per fortuna sono in letargo. In cielo volano solenni i rapaci.


Re di questa reggia è p. Francis Kelly Nemeck, qui ormai da tanti anni, alla guida di questa particolare attività missionaria: insegnare alla gente a pregare, a mettersi davanti a Dio, a ritrovare la propria strada. La casa di preghiera si chiama Lebh Shomea, una parola ebraica che significa “cuore docile”, e si espira alla preghiera di Salomone: “Signore, concedi al tuo servo un cuore docile… che sappia distinguere il bene dal male” (1 Re 3, 9).

Quanta fantasia, questi Oblati, anche la vita contemplativa ed eremitica!

venerdì 10 dicembre 2010

Con gli occhi dell’altro

Sono appena stato a Spoleto, per un breve intervento rivolto ai giovani della scuola del Movimento politico per l’unità – via skype, naturalmente! Purtroppo il collegamento non è stato dei più felici. Comunque, essendo in America, non potevo non ricordare Dorothy Day, questa straordinaria donna, una “cristiana anarchica”, come amava definirsi, pienamente coinvolta nei problemi sociali, economici, politici… Vedendo davanti alla porta della sua casa file di poveri che venivano a prendere il pranzo, gli fu chiesto: “Perché lo fai?” “Perché hanno fame”. Chi faceva la domanda cercava in lei la motivazione della sua azione. Lei invece la cercava nell’altro! Un capovolgimento di pensiero dalle straordinarie conseguenze anche politiche!

giovedì 9 dicembre 2010

Bloggheggiando


La parola ai lettori! Con tutta la mia gratitudine e… con i colori autunnali del Texas: proprio davanti casa!

Grazie Fabio, ti seguo non quotidie, ma quando apro il blog leggo tutto di un fiato. Quanto scrivi mi entra fino nella midolla. Che bello avere un fratello che tutto comunica e dona come cosa non sua... che Maria ti accompagni e tutto dove arrivi si trasformi! Mi hai commosso quando scrivi che Gesù in mezzo vale di più della città di Dallas: è bello sentirlo dalla penna di uno che viveva con Lui 24 ore ed ora è chiamato a "gridarlo" per le vie del mondo! E poi di più quando parli della santità e dei santi. Sì solo insieme possiamo farci santi proprio come nella Trinità! (Dario Ganarin, Bologna)

Dal tuo blog: "Io mi sento figlio dei greci e degli ebrei e dei latini. Anche a me piace vedere, udire, toccare: un’esperienza integrale, che mi prenda tutto…". Fra tanti altri doni mi pare che col tuo blog comunichi anche una contagiosa passione di interezza, di presenza piena nella densità degli attimi che viviamo, di una apertura con tutti i sensi all'essere che costantemente riceviamo. Il vangelo infatti invita ad usare tutto il cuore, tutta l'anima, la mente e le forze... Spero di poter crescere in questa sinergia, per essere più intero per Dio e per i fratelli. (Dalla Lituania)

Grazie che ogni giorno condivide la Sua vita sul blog. Leggo ogni giorno con gioia e La seguo in tutti i Suoi viaggi. Mi ha toccato tanto le Sue parole che ha scritto nel giorno quando si è concluso il Suo servizio nel centro del Movimento: "Si comprende appieno il valore di ciò che ami nel momento in cui lo perdi...". Cosi brevemente, ma si sente tanta l'intensità che sta dietro queste parole. (Lina Linelis, Lituania)

Come ringraziarti per tutto quello che mi hai donato per l'anima "e non solo" in tanti anni con i tuoi libri i tuoi interventi e poi con questi doni cosi preziosi che da tempo allietano e spronano la mia giornata al meglio; ora mi fai anche viaggiare con te, vedere con i tuoi occhi e capire più in profondità il carisma degli Oblati. Ringrazio il Signore per averti come compagno di viaggio. Tanti auguri per tutto. (Piera Ballarini, Prato)

Ti seguo nel tuo vagabondare... E' bello. Quando eri al Centro dei religiosi, il mondo ti veniva in casa. Ora sei tu che vai nel mondo e per il mondo... Io sono chiuso in foresta, con i miei 8 novizi e 15 postulanti... Augurandoti tanta Sapienza in questi tuoi viaggi, in unità. (Tarcisio M. Centis, Indonesia)

Ti seguo come da tempo ormai con momenti di meraviglia e di gratitudine per la permanente condivisione della tua esaltante vita che testimonia luminosamente la ricchezza straordinaria, anche umana, del vangelo incarnato con radicalità e all'interno di due carismi che hanno in te fatto ciak. (Elio, Spoleto)

Abbiamo finito adesso di far meditazione con Paolo sul tuo "articolo" a proposito del nulla d'amore su Nuova Umanità; che meraviglia! e subito a metterlo in pratica. Non avevo mai avuto una luce cosi chiara della nostra spiritualità centralizzata sull'amore che si realizza nell'unità ma fondata su Gesù abbandonato; è cosi positiva ! poco a poco i nostri amici musulmani anche loro lo condividono. (Claude, da qualche parte in Africa)

Festa di famiglia

8 dicembre. Gli Oblati festeggiano Maria Immacolata di cui portano il nome come un nome di famiglia.
Abbiamo celebrato questo giorno nella piccola comunità dove vivo in questo periodo, una delle molte comunità oblate che sono qui a San Antonio.
Una bellissima comunità.

mercoledì 8 dicembre 2010

Mi dispiace, non c'è posto per altro...

Perché Immacolata, senza peccato? Perché piena di grazia!
Immacolata, la chiamiamo noi in Occidente. Panaghia, tutta santa, la chiamano in Oriente.
Dove tutto è già pieno non c’è posto per altro.
Maria è piena di Dio, non c’è più posto per il peccato.
Così per noi: sempre pieni di luce, di cose belle, di Dio… e non ci sarà posto per altre cose.
Ma perché lei è stata colmata di grazia? Non c’è un perché all’amore, neppure all’amore di Dio. L’ha amata per puro dono, per pura grazia, perché è dell’amore amare.
Così per noi: siamo amati e straamati da Dio, così… perché gli piace amarci.
Quando sono qui a San Antonio, ogni giorno passo e ripasso davanti alla grande grotta di Lourdes e saluto Maria. Trovo Bernadette sempre lì, in ginocchio davanti a lei, senza che staccahi un attimo il suo sguardo incantato dalla Tuttabella.

martedì 7 dicembre 2010

7 dicembre 1941 o 1943 ?

Il 7 dicembre 1941 l’Impero giapponese attaccava Pearl Harbor; il giorno dopo, proprio l’8 dicembre, gli Stati Uniti entravano in guerra! Qui negli Stati Uniti il 7 dicembre ricorda un giorno di violenza e di guerra. Non per tutti! Per la piccola comunità del Focolare a San Antonio il 7 dicembre è un giorno di gioia. Oggi, nel 1943, Chiara si donò totalmente a Dio, consegnando la vita nelle sue mani, inizio di una divina avventura che continua ancora oggi. Ci siamo riuniti insieme per celebrare quell’evento e rinnovare, insieme, il nostro sì a Dio. Abbiamo ricordato anche un altro 7 dicembre, quello del 1965, frutto di quel “sì” di Chiara: Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora tolsero la reciproca scomunica in vigore del 1054. Sono sicuro che tante altre barriere crolleranno se tanti “sì” continuano ad essere detti a Dio con l’intera vita.