martedì 31 gennaio 2012

Nientemeno che l’Onnipotente



Ieri sera, a un giorno prima della partenza mi rendo conto che per entrare in Guinea Bissau occorre il certificato di vaccinazione della febbre gialla e il visto. Non ho né l’uno né l’altro. Il primo l’ho smarrito nell’ultimo viaggio, il secondo, non pensavo fosse necessario.
Guardo sul sito del consolato a Roma: per ottenere il visto 7 giorni! Io ne ho uno solo a disposizione.
Mi arrovello il cervello per passare in rassegna le persone più influenti che possono conoscere e che potrebbero, come si dice, mettere una buona parola.
Questa mattina a meditazione leggo un invito a non preoccuparsi perché tra noi abbiamo che l’Onnipotente. Che appoggi sto a cercare se ho dalla mia nientemeno che l’Onnipotente! Metto tutto nelle sue mani.
In giornata ho il duplicato del libretto della febbre gialla e il visto. Domani posso partire.
È un altro dei suoi nomi: l’Onnipotente!

lunedì 30 gennaio 2012

Dovrò dare l’esame anch’io


Una giornata piena di esami con persone di ogni colore e di ogni lingua… Una ricchezza unica.
Soddisfazione quando alle domande mi sento rispondere a tono.
Frustrazione quando lo studente annaspa nel buio…
Peggio ancora quando ti accorgi che qualcuno cerca di fare il furbo, è superficiale, non si è impegnato… Allora provo proprio delusione.
Mi è venuto spontaneo pensare a quando, all’esame finale, da esaminatore passerò ad essere esaminato.
Mi accorgerò da me stesso di non saper rispondere a tono, che avevo una vita intera per prepararmi e non mi sono applicato. Come sarà amareggiato l’Esaminatore!
Eppure ieri mi ero ripromesso di fargli piacere, e anche questa mattina ho letto, sempre in san Paolo, che non bisogna cercare di “piacere agli uomini, ma a Dio”.
Mi pare che fino ad ora uno soltanto gli abbia dato piena soddisfazione, il Figlio suo, il solo del quale si è compiaciuto.
Comunque, nella mia carriera ormai quasi quarantennale di professore, nonostante amarezze e frustrazioni, non ho mai bocciato nessuno… Chissà... "Io spero che me la cavo"

domenica 29 gennaio 2012

La ricerca di una vita



La prima lettura di oggi mi ha colto di sorpresa:
“chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, 
come possa piacere al Signore”
Al di là dello sposato o non sposato, mi ha colpito quel 
“piacere al Signore”!
Una ricerca che può riempire una vita.

sabato 28 gennaio 2012

Ti sento o ti ascolto?


La musica ha il potere di abolire il tempo. Ci porta fuori del tempo, o meglio, per chi ascolta un concerto il tempo si ferma, in virtù di un presente che dilata la musica... per un istante l'eternità rimane prigioniera, come il cielo in una pozza.... Nella musica, viviamo l'essere e il non essere del tempo.
Così J. Hersch in Tempo e musica, citata oggi alla Scuola Abbà dalla nostra musicologa e musicista Thérèse Henderson.
Verissimo. Ma tutto dipende da come si ascolta.
Allo stesso concerto c’è un liutaio, tutto preso dal suono dei legni… non ascolta la musica.
C’è un tecnico del suono, attento all’acustica della sala… non ascolta la musica.
C’è il papà di uno dei musicisti, incantato da come suona il figlio… non ascolta la musica.
C’è lo psicologo che scruta i tic nervosi degli orchestranti… … non ascolta la musica.
Tutti sentono, ma non tutti ascoltano veramente la musica.
Penso che lo stesso accada tra di noi nell’ascolto reciproco.
Davvero ascoltiamo l’altro o mille altri interessi fanno da diagramma?
È più facile stare a sentire l’altro che ascoltarlo veramente…
Anche qui è tutta questione di interesse e di passione.

venerdì 27 gennaio 2012

Missionari di razza


Faustino. Lo conoscevo appena, perché lavorava nella falegnameria della parrocchia. Era in casa, insieme ai figli. Non sapevo ancora niente di lui, se non che lavorava nella falegnameria. Guardando i vari quadri appesi alle pareti, ne notai uno che ritraeva un matrimonio nella nostra chiesa.
“Chi sono questi due?”.
“Siamo io e mia moglie. Ci siamo sposati in chiesa  5 anni fa”.
“E tua moglie dov’è?”.
“E’ andata via, da tre anni. Mi ha lasciato solo, a badare ai tre bambini”.      
“Perché se ne è andata?”.
“Non lo so. Sono tre anni che soffro per badare ai miei figli”.
“Dove si trova ora?”.
Inizia così la nuova serie di racconti di padre Celso. Dopo “I racconti di Fonjumetaw”, leggeremo il nuovo libro sulla Guinea Bissau…
25 anni fa, quando andai a trovarlo in Cameroun scrissi di lui:
Missionari. Una razza in estinzione? Guardo Celso, col quale ho condiviso gli anni dell’università. Non ha ancora quarant’anni, e ha già la grinta dei grandi missionari d’altri tempi. Con il suo piede inchiodato rigidamente alla caviglia (ricordo di avventure in montagna di quando eravamo ventenni) percorre chilometri e chilometri su per le montagne e giù per le foreste. Si dona a sempre nuovi villaggi e a nuove etnie, con una travolgente passione per la gente, un amore integrale, che gli fa aprire strade, costruire centrali elettriche e spezzare il pane della Parola di Dio. Qui a Nkongle ha affratellato i due villaggi rivali rivelandosi per quello che il missionario è chiamato ad essere: costruttore di pace e di unità. No, quella dei missionari non è una razza in estinzione, almeno fino a quando ci saranno persone come Celso.
Domani è il suo compleanno! Auguri Celso!

giovedì 26 gennaio 2012

Tante parole, un'unica Parola

Sono al termine di tre giorni straordinari, passati con 170 religiosi dall’Europa, Perù, Uganda, Guinea Bissau, Congo, Costa d’Avorio. È il solito incontro annuale al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, ma non è mai il solito, ogni volta è un luce nuova. 170 religiosi, di tantissime famiglie religiose. Tutti così diversi e tutti così uniti.
Oggi ho avuto la gioia di parlare loro del rapporto che tutti ci lega.
La realtà più profonda di ognuno di noi, ricordavo, la nostra più intima natura è essere parola nel Verbo da tutta l’eternità. Quando il Padre genera il Figlio suo, il Verbo, in lui pronuncia anche la realtà di ognuno di noi, la nostra parola, la nostra realtà più profonda. Io mio vero io è dunque Gesù-Parola, nel quale sono parola. Ma per essere qui in terra quella parola, per essere noi stessi, occorre essere in comunione con tutte le altre parole. Per essere “veramente” Gesù occorre averlo in mezzo a noi.
Questo vale anche per i carismi che sono parole di Vangelo incarnate lungo la storia della Chiesa: per essere “veramente” Gesù-Parola, quel Gesù e quella Parola di cui essi sono espressione, occorre avere Gesù in mezzo tra i carismi.
È il miracolo che si è ripetuto in questi giorni: tanti carismi con Gesù in mezzo a loro!

mercoledì 25 gennaio 2012

Era il 25 gennaio 1816


La  stanza della prima comunità 

25 gennaio 1816, Eugenio (aveva 33 anni) lascia «casa e campi» per iniziare la sua nuova famiglia. La piccola casa è un miracolo di povertà e di disagio; ma non per chi ama. In una stanza dormono due missionari (i compagni arrivano uno dopo l’altro, secondo quanto permettono le circostanze) e nello stretto passaggio che conduce ad essa, Eugenio. Una lampada posta sulla soglia dà un po’ di luce a tutti e tre. Il fumo del camino, in compenso, toglie la luce del giorno. La mensa è una tavola posta su due barili. «Ma i sentimenti messici in cuore da Dio – ricorda Eugenio – ci rendevano la magra porzione che toccava a ciascuno più gustosa dei pranzi confortevoli che mia madre avrebbe voluto servirci a casa sua... Non perdemmo nulla della nostra gaiezza, anzi: poiché questo modo di vivere contrastava sorprendentemente con quello che avevamo appena smesso, ci accadeva spesso di ridere di cuore».
Perché iniziare la nuova avventura proprio nel giorno in cui si celebra la convesione di san Paolo? Perché tra i due c'è una grandissima affinità e sant'Eugenio de Mazenod voleva continuare la missione di Paolo, come ho scritto tanti anni in un breve testo che si può leggere cliccando qui.

martedì 24 gennaio 2012

I nuovi volti della Chiesa



Ho terminato il corso al Claretianum: 100 studenti contenti (perché ho terminato il corso o perché hanno sentito cose belle? Meglio lasciare l’alternativa, è più salutare!).
100 studenti di cui soltanto 4 europei. La geografia umana è in profondo mutamento. La Chiesa ha il volto colorito degli altri continenti. Il Vangelo è ripensato e vissuto in altre culture.
Quanta ricchezza e quante scoperte nuove.

lunedì 23 gennaio 2012

L’asfalto e la fragola



Periferia di Milano. Zona degradata. Case popolari dagli intonaci screpolati. Strade dissestate.
La bambina entra in chiesa, una di quelle chiese brutte come soltanto il 1900 ha saputo costruire.
Va di corsa dal parroco, lo trascina fuori e gli mostra tra le crepe dell’asfalto una piccolissima pianta di fragola appena spuntata.
L’ha raccontato l’altro giorno il card. Ravasi alla messa di sant’Agnese.
Ci vuole lo sguardo puro di una bambina per cogliere il bene ovunque…

Per l'esame al Claretianum

Traccia degli argomenti per l'esame sul corso di Teologia della comunità religiosa. Clicca qui.

domenica 22 gennaio 2012

Convertitevi: come?




Le parole di Gesù nel vangelo di oggi sono perentorie: convertitevi.
Sì, ma come?
Ce lo spiega subito dopo invitando i primi discepoli a seguirlo.
I quattro pescatori avevano gli occhi intenti alle barche, alle reti, al padre…
Lui fa udire la sua voce, li chiama, ed essi si volgono a lui
Convertirsi = girarsi… verso Gesù.
Lasciano cadere dalle mani ciò a cui erano attaccati, per protenderle verso di te.
Si alzano da dove erano seduti a riparare le reti, per seguirlo.
Si lasciano guardare da lui ed entrano nel suo mondo.
La sua vita, la nostra vita; i suoi sogni, i nostri sogni; la sua preghiera, la nostra preghiera; la sua missione, la nostra missione…

sabato 21 gennaio 2012

La grande Costantina e la piccola Agnese, vicine di tomba


Un corpo così minuscolo poteva forse offrire spazio ai colpi della spada? Eppure colei che sembrava inaccessibile al ferro, ebbe tanta forza da vincere il ferro… Fu difficile la lotta, ma facile la corona. La tenera età diede una perfetta lezione di fortezza. Una sposa novella non andrebbe sì rapida alle nozze come questa vergine andò al luogo del supplizio: gioiosa, agile, con il capo adorno non di corone, ma del Cristo, non di fiori, ma di nobili virtù.
A quali terribili minacce non ricorse il magistrato, per spaventarla, a quali dolci lusinghe per convincerla, e di quanti aspiranti alla sua mano non le parlò per farla recedere dal suo proposito! Ma essa: “È un’offesa allo Sposo attendere un amante. Mi avrà chi mi ha scelta per primo. Carnefice, perché indugi? Perisca questo corpo: esso può essere amato e desiderato, ma io non lo voglio”.
Stette ferma, pregò, chinò la testa. Avresti potuto vedere il carnefice trepidare, come se il condannato fosse lui, tremare la destra del boia, impallidire il volto di chi temeva il pericolo altrui, mentre la fanciulla non temeva il proprio. Avete dunque in una sola vittima un doppio martirio, di castità e di fede. Rimase vergine e conseguì la palma del martirio”.
Così ne racconta la storia sant’Ambrogio. Agnese vuol dire casta, un nome che per lei fu realtà. Fu martirizzata nel III secolo o all’inizio del IV.
Dovette fare una impressione enorme la testimonianza e la morte di una ragazzina così. Il suo nome venne ricordato ogni giorno nella preghiera eucaristica. La sua storia attraeva le giovani cristiane a seguire l’esempio della sua verginità.
Di lei parlano i martirologi più antichi, papa Damaso. i padri della chiesa come Ambrogio, Agostino, Girolamo, il poeta Prudenzio. Il racconto del martirio, a mano a mano che passava di bocca in bocca si arricchiva di nuovi particolari, a volte anche leggendari. Accusata di essere cristiana perché non volle darsi al figlio del governatore: aveva confessato non solo di aderire a Cristo ma anche di appartenergli per sempre. Le venne offerto allora l’alternativa: entrare nel gruppo delle Vestali, o andare a vivere in una casa di prostitute. La portarono di peso nel lupanare, ma nessuno osò avvicinarsi e l’unico uomo che ne ebbe l’ardire cadde stecchito prima di toccarla. L’avevano spogliata e lei si copriva come poteva con le sue mani e con la lunga chioma dei suoi capelli.
Fu sepolta sulla via Nomentana, luogo del martirio. Il corpo riposa nella basilica di Sant’Agnese fuori le mura in un’urna d’argento commissionata da Paolo V. La testa, dal secolo IX nel “Sancta Sanctorum”, la cappella papale del Laterano, fu traslato da papa Leone XIII nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, sulla piazza Navona, sul luogo presunto del postribolo ove era stata esposta.
Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece erigere una basilica, a ridosso della grande basilica cimiteriale, anche questa fatta costruire da lei accanto alle catacombe di santa Agnese. Ad essa fece collegare il suo mausoleo, volendo essere sepolta vicino ad Agnese. Accanto alla basilica sorse uno dei primi monasteri romani di vergini consacrate.
Il mausoleo è un capolavoro dell'architettura tardoantica. Entri nell’edificio circolare e ti ritrovi in un altro mondo. Conserva un'imponenza ed un fascino straordinari. Hanno ragione tane coppie a volersi sposare lì.
Oggi, come ogni anno, nel giorno della sua festa si benedicono due bianchi agnellini, la cui lana serve per tessere i palli che il papa dona agli arcivescovi per significare che anch’essi, come Agnese, devono essere pronti a dare la vita per la chiesa, sposa di Cristo.
In serata sono stato nella basilica, alla celebrazione presieduta dal Cardinale Ravasi. Da buon milanese era contento di fare l’elogio di sant’Agnese, così come lo aveva fatto Ambrogio, l’altro grande milanese. È una gioia vedere una folla di fedeli radunata per far festa alla sua santa.

venerdì 20 gennaio 2012

Il suo Nome: Archivio?


Sant'Ignazio di Antiochia
dilaniato dalle fiere

Da un po’ di giorni mi torna alla mente un altro Suo Nome: “Luce del mondo”. Ma questa sera mi è capitato sotto mano un testo di Ignazio di Antiochia (la Lettera ai filadelfensi) che suggerisce un Suo nome, un po’ inconsueto: Archivio!!!
Dice Ignazio che alcuni, quando lui parlava, gli chiedevano i documenti di archivio per provare la verità delle sue affermazione. Ma ascoltiamolo direttamente:

Ho sentito alcuni che dicevano: “Se non lo trovo negli archivi, non credo nel vangelo” [ossia nella buona novella che Ignazio annunciava]; e quando io ho detto loro: “Sta scritto”, mi hanno risposto:  È proprio qui il problema!” [In sostanza gli chiedevano la documentazione: dove sta scritto?]
Ma i miei archivi – continua Ignazio – sono Gesù Cristo!
Gli archivi inviolabili sono la sua croce, la sua morte, la sua resurrezione e la fede che ci viene per mezzo di lui.

Questa me la metterò nell’ufficio, in mezzo alle carte d’archivio!

giovedì 19 gennaio 2012

Angiolino: Ciò che rimane dopo la morte


“Il Centro Giovanile di Marino non è il luogo dove si coltivano le vocazioni Oblate, non è una forma più aperta di seminario, ma è un luogo dove una comunità religiosa offre ai giovani la possibilità di fare una esperienza comunitaria ed evangelica nella libertà e nella partecipazione, aiutandoli nella ricerca e nella verifica del loro progetto di vita. Ne consegue che l’obiettivo fondamentale del Centro Giovanile è quello di aiutare i giovani a capire il progetto di Dio su di loro, la loro vocazione specifica nella Chiesa, attraverso un’esperienza profonda di vita cristiana vissuta in comunità.
Alla base dell’esperienza di Marino ci sono due realtà fondamentali: la scoperta del fratello come membro del Corpo di Cristo, chiamato alla comune sequela del Maestro, e l’amore scambievole che  genera la presenza del Signore nella comunità…
Il Centro Giovanile vuole ispirarsi alla vita cristiana vissuta dalla prima comunità di Gerusalemme…”
Ho letto queste parole riprendendo in mano e sfogliando lo studio di Angiolino Di Lizia, “Il Centro Giovanile di Marino”, scritto nel 1980. Presentava un’Eterotopia, uno dei luoghi del Risorto, di cui parlavo sul Blog sabato 26 novembre 2011.
È partito, padre Angiolino, silenzioso, come silenziosa è sempre stata la sua vita. È il terzo Oblato nato da quella comunità di Marino che parte per il cielo.
Il ricordo più bello di lui è una giornata passata insieme nelle sua parrocchia nel Casertano, quando aveva ancora una chiesetta prefabbricata. Ho visto l’Oblato vero, semplice, accanto alla gente…
Ha lasciato scritto:
“Ciò che resta nella vita è l’unione con Dio sempre più profonda, sempre più matura che ti rimette a fuoco, ogni momento per vivere nell’umanità di oggi come persone che sono nel mondo, ma non del mondo. È un rapporto personale con Dio dove Lui è il tutto della nostra vita e noi siamo nulla, ma Egli ci riempie del suo Amore per essere una sua Presenza viva tra le persone con le quali veniamo a contatto…
Ho cercato di non spezzare mai l’unità con i fratelli, ma di piegarmi perché l’unità non venisse mai meno tra di noi.
Nell’apostolato ho sperimentato che ciò che conta, non è tanto l’attività ma essere una presenza viva di Gesù, perché è Lui che tocca i cuori e noi siamo solo strumenti nelle sue mani.
Tutto attorno a me e dentro di me crolla e appassisce come un filo d’erba, ciò che resta al di là di ogni cosa, ciò che rimane oltre la morte è l’Amore”.

mercoledì 18 gennaio 2012

Segno dell’unità



Questa sera si è conclusa l’assemblea degli Oblati italiani e spagnoli ,decisi a costituire insieme una sola entità giuridica, la Provincia mediterranea: l’unione fa la forza! Un momento di festa a cui abbiamo partecipato in tanti, Oblati e laici.
Il momento più toccante è stato quando il Superiore generale, al termine dell’omelia, ha fatto circolare tra tutti la croce di sant’Eugenio, che dopo essere passata da un superiore generale all’altro, ora egli porta con sé. Uno per uno tutti noi presenti l’abbiamo baciata. Essa è apparsa, ancora una volta, segno di unità e di identità carismatica.
La croce, come scrivono le nostre Regole, “ci ricorderà costantemente l’amore del Salvatore, che desidera attirare a sé tutti gli uomini e ci invia come suoi collaboratori”.

martedì 17 gennaio 2012

Sant'Antonio del deserto... un sogno


Il monastero di sant'Antonio
che sogno di visitare...
Nell’anno della Parola di Dio la Vita di Antonio del deserto, di cui oggi è la festa, è una perla. Essa racconta che «Stando attento alla sua lettura ne custodiva in sé il frutto copioso». La sua vita era come un campo aperto, arato, pronto ad accogliere il seme della parola e a farla fruttificare; «stava così attento alla lettura delle Scritture, che nulla di quanto vi è scritto ricadeva sterile nella terra della sua mente». 
«Dicci una parola: come possiamo salvarci?», gli domandano i discepoli. E lui risponde: «Avete ascoltato la Scrittura? È quel che occorre per voi». Quindi li sottopone ad un attento esame per vedere se non soltanto hanno ascoltato la Scrittura, ma se essa è penetrata nella loro vita e l’ha trasformata.
La sua storia ha inizio con l’obbedienza alle Scritture e sembra riflessa nella descrizione della vocazione di cui parla nella sua prima Lettera: «Alcuni sono chiamati dalla legge dell’amore deposta nella loro natura e dalla bontà originale che fa parte di essa fin dalla sua primitiva creazione. Quando la parola di Dio li raggiunse, non ebbero la minima esitazione, ma la seguirono prontamente» (Lettera 1,1). È la prima grande lezione offertaci dalla Vita Antonii: il cammino spirituale, qualunque esso sia, per essere tale – “spirituale” nel senso forte del termine - domanda di essere ispirato dalla Parola di Dio. «Qualunque cosa tu faccia o dica - raccomanda Antonio a chi gli chiede come piacere a Dio -, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture». San Girolamo dirà che Antonio «con la lettura assidua e lunga meditazione aveva fatto del suo cuore la biblioteca di Cristo». Non aveva bisogno di libri, perché custodiva la Parola di Dio. Non aveva una regola perché aveva il Vangelo. 
Un monaco con cui sogni di parlare...
A ragione Lutero, che pure è fortemente critico nei confronti della vita monastica, rimase conquistato dalla sua figura: «Sant’Antonio, padre dei monaci e fondatore della vita monastica, considerò e insegnò che non bisogna mai intraprendere nulla che non sia fondato sull’autorità delle Scritture. Niente era più saggio e più cristiano! Non conosceva questa razza di monaci che noi ben conosciamo, tutta voti e cerimonie, ma visse liberamente nel deserto e non meno liberamente nel celibato a immagine dell’evangelo». Da Antonio, padre dei monaci, la tradizione monastica farà della Scrittura la regola della propria vita.

Il mio sogno? Andare in Egitto e ripercorrere il suo cammino fino al monastero “Monte Sant’Antonio” e riscrivere la sua vita confrontandola con i monaci copti di adesso. Tre anni fa era tutto pronto… Il sogno è sfumato all’ultimo momento. Ma continuare a sognare fa bene…

lunedì 16 gennaio 2012

Il panforte




Onomastico di Padre Mauro. Per fortuna avevo ancora il panforte che la mamma mi ha regalato a Natale e così abbiamo fatto festa. Naturalmente mi hanno ricordato il panforte del 1990! (quando avevo la barba…)

Era ottobre quando partii per il Canada. Natale era ancora lontano. Ma all'aeroporto di Fiumicino comprai lo stesso il panforte di Siena. Come avrei fatto a Natale, all'estero, senza il panforte?
Giunto a destinazione riposi gelosamente il dolce nel cassetto, sotto le camice. Quando mi cambiavo e mi capitava di sfiorare casualmente la scatola di cartone del panforte, si accendeva automatico il ricordo di casa.
E venne Natale.
Tra i tanti coloratissimi dolci canadesi spuntò anche il mio panforte bruno, sommerso nella impalpabile bianchissima vaniglia. Lo scartai con cura e lo offrii agli amici. Non era avvolto nel foglio di piombo come quando ero piccolo, una variante da nulla, che lasciava inalterata la magia di sempre.
Cosa si sarà messo in valigia Gesù Bambino partendo dal Cielo?, mi viene spontaneo domandarmi.
Certamente qualcosa di casa che non avrebbe trovato qui all'estero, dove c'era più freddo di quanto non ne avessi trovato io nelle innevate praterie canadesi.
Sono sicuro che si è portato con sé l'amore reciproco, quello che aveva con quelli "di casa", il Padre e lo Spirito. È quella l'aria del Paradiso. E ogni Natale, condivide con noi il suo dono.

domenica 15 gennaio 2012

I nostri 23 martiri


Sono state migliaia le vittime innocenti del fanatismo anti-cattolico nella Spagna degli anni Trenta. Soltanto di religiosi ne sono stati uccisi più di 7.000. I testimoni hanno parlato del trattamento nel carcere: mancanza assoluta d’igiene, fame, ammassati nelle docce d’un collegio trasformato in carcere, a volte dovevano dormire in piedi, torture, mutilazioni…
Offrivano loro la libertà se avessero rinnegato la fede e abbandonato la vita religiosa. Ma, tra tanti migliaia di martiri, si è registrata nemmeno una apostasia!
Tra questi i nostri 23 martiri oblati. I miliziani dicevano tra loro: “Se non possiamo convincere questi giovani, con gli adulti sarà inutile”. E uno di loro, con ammirazione: “Mi fanno invidia. Avrei quasi voglia di essere come loro…”.
Il messaggio palese della loro testimonianza: la fedeltà a Cristo, la consacrazione, il voto di perseveranza vissuto fino all’oblazione suprema: il martirio.
Questa è anche la spinta missionaria che ci lasciano come testamento: evangelizzare, proclamare cosa è, cosa dovrebbe essere, Gesù Cristo per ognuno di noi.

Oggi li abbiamo ricordati alla casa generalizia con una grande celebrazione eucaristica in loro onore. Al termine il superiore generale ha collocato la loro icona nella cappella dei martiri, accanto a p. Giuseppe Cebula.

sabato 14 gennaio 2012

Il suo nome: Sole di giustizia


Gesù Sole nella necropoli sotto la
Basilica di san Pietro a Roma
Questa mattina, mentre guidavo verso Rocca di Papa, ho visto spuntare il sole, d’improvviso, rosso fuoco. Poi stemperato nel suo giallo intenso correva veloce dietro i rami degli alberi spogli, fino a raggiungere il suo colore intenso abbagliante… e non lo puoi più guardare, se non nella luce che tutto illumina e che a tutto dà colore e splendore.
Con il Salmo 19 l’ho cantato, bello come uno sposo dopo la prima notte di nozze, come un eroe che torna vittorioso dalla battaglia:
Esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
Come non ricordare l’inno composto in Egitto dal faraone Amenofis IV, che nel XIV secolo avanti Cristo aveva imposto il monoteismo, concentrando il culto su Aton, il Dio Sole:
Tu sorgi splendido all’orizzonte del cielo, o Aton vivo,
che hai dato inizio alla vita.
Quando sorgi all’orizzonte,
tutte le terre ricolmi della tua bellezza.
Tu sei bello, grande, splendente,
eccelso su ogni paese della terra...
Se tu splendi, le creature vivono;
se tu tramonti, esse muoiono:
tu sei la durata stessa della vita
e noi viviamo di te.
La Bibbia lo canta, ma non è più un dio, è un semplice “luminare”, come leggiamo nel primo capitolo della Genesi. «La luna e il sole tu li hai creati», ricorda il Salmo 74, 16. Una semplice creatura, ma questa mattina l’ho visto, come Francesco, «bellu e radiante cum grande splendore».
Eppure vi è ben altro sole nella nostra vita.
Il profeta Malachia aveva annunciato che sarebbe sorto “il sole di giustizia”, un sole che rende giusti i peccatori, che porta la salvezza.
Zaccaria proclama che verrà “un sole che sorge”.
Non è un caso che i primi cristiani pregassero rivolti a Oriente, quasi che da lì nascesse Gesù, luce del mondo.
Nella trasfigurazione “il suo volto brillò come il sole” (Mt 17, 2) e nell’Apocalisse Gesù si mostra a Giovanni con un volto che “somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza” (Ap 1, 16).
È Lui che dà luce e calore alla giornata, ad ogni giornata, perché ogni giorno egli sorge di nuovo, fedele e puntuale, per illuminarci.

venerdì 13 gennaio 2012

Il nostro Filippino Lippi di Prato


Ultimi giorni della mostra alle scuderie del Quirinale dedicata a Sandro Botticelli e Filippino Lippi. Sandro Botticelli è soltanto un pretesto per mettere il luce la brillantezza del discepolo che avrebbe superato il maestro.
A parte il raffronto la grazia di Filippino conquista all’istante. I colori forti contrastano con la dolcezza dei ritratti e delle composizioni e incantano. Gli scorci dei paesaggi sono dei capolavori a sé: introducono in una natura pulita e luminosa che avvolge in modo appropriato la santità delle storie.
Visitando la mostra mi sono tornate alla mete le parole del poeta John Keats: “La bellezza è verità, la verità è bellezza: questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorre sapere”. Che tristezza quando attorno a noi non risplende la bellezza, o almeno quando non la si cerca e ci si rassegna non dico al brutto, ma alla trasandatezza.
Nella mia stanza ho affisso il poster della mostra, con la Madonna che adora il Bambino: elegantissimo il profilo, i capelli biondi mossi, accuratamente appuntati, raccolti da un velo quasi trasparente; un invito all’armonia e a puntare in alto.

giovedì 12 gennaio 2012

Il suo nome: Agnello di Dio


«Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm», dove il fiume Giordano è a metà del suo corso che dal monte Ermon lo porta a gettarsi nel mar Morto, «perché là c’era molta acqua». Predicava «un battesimo di conversione per il perdono dei peccati». Andavano da lui farisei e sadducei, pubblicani, soldati, prostitute e «confessavano i loro peccati».
Confuso tra la folla si presenta anche Gesù per essere battezzato come uno di loro, uno dei tanti . Viene da Nazaret di Galilea, scrive Marco, con un’annotazione biografica che vuole evocare la sua piena umanità: un uomo qualunque, di un piccolo villaggio da cui si diceva che non poteva venire niente di buono. Vero “figlio dell’uomo” si lascia annoverare tra i peccatori (cf Is 53, 12), pienamente solidale con essi, non accanto a loro, ma in mezzo a loro.
Il Battista rimane sconcertato. Aspettava che il Messia venisse come giudice, nello Spirito Santo e nel fuoco, e si trova davanti un uomo confuso fra la folla, tra un popolo di peccatori, con i quali vuole condividere il gesto di umiltà e di conversione proprio del battesimo.
Per far nascere la nuova creazione Gesù deve prendere su di sé il peccato del mondo. È «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». Il prezzo da pagare per compiere l’opera di salvezza è dare la vita per amore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Da questo momento egli desidera ardentemente un altro battesimo, quello della croce, di cui il battesimo al Giordano è segno e anticipazione. Toglie i peccati perché se li prende su di sé e ne ce libera. Li prende su di sé per trafiggerli con sé sulla croce.
Ogni giorno, alla messa, ridiciamo il suo nome, quello con il quale lo ha chiamato Giovanni il Battista: “Agnello di Dio”, e gli rivolgiamo sempre la stessa preghiera: “Abbi pietà di noi… dona a noi la pace”.
Agnello di Dio, il nome più bello di Gesù.

mercoledì 11 gennaio 2012

Il suo nome: Yêšua


È il suo nome, quello impostogli dall’angelo, quello con cui la chiamavano a casa, nel villaggio.
Yêšua, abbreviazione di Yehôšua, che significa “Il Signore è salvezza”: Gesù, il Salvatore.
Ognuno vorrebbe appropriarsene: Teresa d’Avila vuol chiamarsi di Gesù, al pari di Charles de Foucauld… Quando a Castelgandolfo ho battezzato una bambina alla quale volevano dare nome Viola, l’ho battezzata come Viola di Gesù…


Aveva ragione sant’Eugenio a scrivere:
Gesù mio Salvatore. Che io viva e respiri solo per lui, mi consumi nel suo amore servendolo e facendo conoscere quanto egli è amabile…
Gesù nostro amabile Salvatore… , per lui cercherò di avere la più tenera devozione e l’amore più ardente... E riconoscendomi incapace di amarlo, gli domanderò questa grazia tutti i giorni durante il S. Sacrificio e cento volte durante la giornata con questa giaculatoria: Gesù mio dammi il tuo amore…
Considererò Gesù mio amore nella sua incarnazione, nella sua vita nascosta, nella sua missione, nella sua passione e morte, ma soprattutto nel suo Sacramento e nel suo Sacrificio; mia grande occupazione sarà di amarlo, mia cura più grande di farlo amare. 

martedì 10 gennaio 2012

Desiderio


Tramonto romano, dalla finestra del mio studio
Più tendi l’arco più la frecce corre veloce e giunge lontano.
È il desiderio la molla nascosta dell’agire.
La mia identità è nel futuro che mi attende, mi chiama
e a cui anelo.
“Spegni ogni desiderio”, suggerisce il saggio orientale.
“Accendi il desiderio e fallo divampare”, il mistico cristiano.
Ambedue convergono nel far tacere ogni umana brama e liberare il cuore da ogni attaccamento e cupidigia.
Ma nel mistico cristiano nasce una passione, arde n fuoco, un anelito lo slancia in alto verso l’Amore.

Desiderio da de sideribus – dalle stelle.
Tensione all’Infinito,
senza fine,
che solo il Cielo può saziare.

Se debole è il mio fuoco alimentalo tu, rattizza le braci, avvampa la brama.
Il tiepido ti disgusta.
Mi bruci in petto il desiderio di te,
in me fiammella languida.
Mi consola sapere che almeno in te arde il desiderio di me.
Ben forte in te il desiderio di me
se dal cielo ti ha portato sulla terra, travalicando l’infinita distanza.

lunedì 9 gennaio 2012

Il re e la regina d'Italia



Passeggiando tra le sale del Quirinale per godere la mostra del 150° dell'unità d'Italia,
ho visto la regina e il re d'Italia...

domenica 8 gennaio 2012

Si spengono le luci del Natale e si accende...



Quest’anno Roma è rimasta sobria nelle sue illuminazioni natalizie. Ha fatto eccezione il Corso che non poteva lasciare passare inosservati i 150 anni d’Italia ed ha dispiegato la sua bella bandiera da Piazza del Popolo a Piazza Venezia.

Oggi le luci del Natale si spengono e ricomincia il “tempo ordinario”. 
Che ordinario non sarà. 
Come può esserlo dopo che c’è stato il Natale? 
Il Vangelo dice che dopo aver incontrato Gesù i Magi tornarono a casa prendendo un’altra via: 
vorrei vedere, 
mica potevano rifare la strada vecchia! 
Chissà se anche per noi sarà così, s
e una volta incontrato Gesù non ci decidiamo a imbroccare 
una via nuova…

sabato 7 gennaio 2012

Il battesimo di Gesù e il nostro battesimo


160 i seminaristi di Asia e di Africa, al Collegio Urbano, ai quali oggi ho dato il ritiro. un momento bellissimo, nel quale ho potuto meditare con loro sul Battesimo di Gesù.

«Se tu squarciassi i cieli e scendessi!», gridava il profeta Isaia (63,19), facendosi voce dell’intera umanità. La disobbedienza di Adamo aveva chiuso i cieli, irrimediabilmente. Ora l’obbedienza di Gesù li apre nuovamente, la preghiera è esaudita (cf Lc 3, 21): Quando uscì dall’acqua Gesù «vide aprirsi i cieli».
Lo Spirito può tornare sulla terra e la voce di Dio risuona in mezzo a noi.
Ed ecco «lo Spirito discendere su di lui come una colomba». Quello Spirito che all’inizio dei tempi si librava sulle acque per ordinare il caos primordiale in cosmo (cf Gn 1, 2), ora scende su Gesù per dare inizio ad una nuova creazione. Inizia la storia del mondo nuovo.

Gesù prende coscienza di essere Figlio di Dio
«E si sentì una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Riecheggia nel tempo l’unica parola che da tutta l’eternità il Padre pronuncia: amore, amore, amore e il Figlio è generato.
Udendo la voce del Padre, Gesù prende piena consapevolezza della sua figliolanza divina e della sua missione. Sa di essere il prediletto, l’amato da sempre. È vero “Figlio di Dio”, può chiamare Dio “Padre” nel senso più pieno della parola.

Noi prendiamo coscienza che Gesù è il Figlio di Dio
Matteo, a differenza di Marco e Luca, riporta le parole del Padre in terza persona: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (3, 17). Sono parole rivolte non a Gesù ma alla comunità cristiana, a noi.
È l’invito a riconoscere Gesù come Figlio di Dio, ad accoglierlo, ad accettare che penetri nella nostra vita e l’assuma su di sé,

Noi prendiamo coscienza che siamo figli di Dio
Grazie al battesimo di Gesù anche nel nostro battesimo si aprono i cieli, scende lo Spirito e il Padre ci rende figli suoi.
Anche a noi, come Gesù, il Padre ripete: Tu sei il mio figlio prediletto. Le acque del battesimo, santificate dalla discesa di Gesù e dallo Spirito, ci rigenerano veramente figli e figlie di Dio. «Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù – ci assicura l’apostolo Paolo –, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,26-27).
Maria è la prima che sperimenta in sé gli effetti del battesimo di Gesù.
Su di lei si aprono i cieli e il Verbo scende nel suo grembo verginale.
Su di lei scende lo Spirito Santo e la potenza dell’Altissimo stende la sua ombra.
Su di lei il Padre pone il suo sguardo d’amore e la predilige, Figlia del suo amore, lei da cui nasce colui che sarà chiamato Figlio di Dio (cf Lc 1, 30-31. 35).
Nessun altro come lei può aiutarci a contemplare il mistero del battesimo di Gesù e in esso del nostro battesimo.

venerdì 6 gennaio 2012

I magi e il cielo che parla


Nei miei ricordi indiani rivedo ancora la Bharatiya Vidya Bhavan (Casa delle sapienza indiana) di Uppadhyaya; un’istituzione presente in 99 centri e 377 istituzioni educative diffuse in tutta l’India e all’estero, con più di 10,500 membri e circa 325.000 studenti. Vanta un centinaio di anni, nata per preservare e far conoscere il Sanscrito e per promuovere i valori etici e spirituali tradizionali: letteratura, spiritualità, filosofia, yoga, arte…,
Ricordo la profonda impressione nel visitare le piccole aule dove si impartiscono gli insegnamento tradizionali: sei, sette studenti, seduti per terra su tappeti, attorno al professore, anche lui seduto su una semplice stoffa, con dietro un lungo cuscino, le gambe incrociate, un piccolo leggio davanti con antichi testi… Agli alunni di sanscrito ho chiesto se potevano recitarmi alcuni degli antichi anni. Hanno assunto la postura giusta e hanno iniziato, con voce ferma a sicura, una declamazione armoniosa, un autentico canto, continuando la tradizione che per millenni ha tramandato oralmente i Veda, le Upanishad e le altre “scritture. Curiosa, ai miei occhi, l’aula dove si insegna astrologia, anche oggi scienza fondamentale nella vita indiana: non si compie nessun importante atto privato o pubblico senza interrogare le stelle… perché le stelle parlano e tutto è scritto in cielo.
Anche i magi, essendo parte di quella cultura ancestrale, leggevano in cielo ciò che avveniva in terra: seppero interpretare i segni delle stelle e giunsero a Betlemme ad adorare Gesù.
Ho pensato alla parola di vita di questo mese: “… cercate le cose di lassù…”. Anche noi crediamo che la nostra vita è scritta in cielo. Dobbiamo imparare a guardare lassù, accrescere ogni giorno il desiderio del cielo e scoprirvi le leggi di vita per quaggiù, così da trovare la strada per giungere, come i magi, alla dimora del re del cielo, quella definitiva, che sarà anche la nostra dimora.

Le OMMI da 50 anni in Italia

Le ho incontrate ad Haiti, a Cuba, in Canada... e naturalmente in Italia, dove sono venute 50 anni fa. Proprio oggi abbiamo celebrato questi 50 anni della loro venuta Italia. Sono le Oblate Missionarie di Maria Immacolata.


Incontrai il loro fondatore la prima volta nel 1991, nel suo quartier generale a Trois-Rivières, in Canada. P. Luis-Marie Parent mi venne incontro con passo sicuro, un sorriso largo e benevolo che, sul volto espressivo, tradiva la gioia e la libertà interiore. Guardava con quegli occhi piccoli, vivaci, scrutatori, furbi e mi interpellava con frasi brevi e chiare che puntavano subito all'essenziale.
Come ogni Missionario Oblato di Maria Immacolata e come ogni Oblato canadese che si rispetti il suo primo sogno fu quello di andare nel Gran Nord canadese, tra gli indiani e gli eschimesi, per dedicare tutta la vita all'evangelizzazione e alla lode di Dio nella grande distesa silenziosa delle nevi polari. La poca salute, che lo obbliga a passare gran parte degli anni di studio sul letto dell'infermeria, sembra tuttavia rendergli impossibile la realizzazione di questo sogno. I superiori pensano di impegnarlo in un lavoro a tavolino, nella redazione di un giornale o negli archivi... Ma appena un anno dopo la sua ordinazione il vescovo Oblato del Vicariato Apostolico del Grouard, nell'Alberta, di passaggio nella comunità di P. Parent chiede di portarsi con sé il giovane sacerdote: ci penserà lui a farlo guarire e ad avviarlo alla vita missionaria. Appena giunto nel Grouard scompare ogni malattia e per tre anni P. Louis-Marie si lancia nell'avventura dell'evangelizzazione. "Dovevo percorre, come missionario, un territorio di 200 km per 75 km dove erano dispersi circa 200 cristiani. A volte facevo anche 40 km al giorno, con lo zaino sulle spalle. Un esercizio ottimo per la salute!".
In seguito il lavoro apostolico continua in altri territori, fino a farlo diventare missionario itinerante verso l'Ovest, dove accompagna e segue le famiglie canadesi che si spostano nei nuovi territori per la colonizzazione.

In preghiera a sostegno della missione

Appena arrivato nel Vicariato di Grouard il vescovo lo aveva nominato direttore diocesano dell'opera dei sacerdoti adoratori. Nell'intenzione del vescovo tale nomina probabilmente mirava solo a riempire una casella nel rapporto annuale delle opere diocesani. Per Louis-Marie fu tutta un'altra cosa, come racconta lui stesso: "Ho preso sul serio quella nomina. Ho chiesto ai sacerdoti della diocesi di fare un'ora di adorazione notturna ogni settimana. Molti hanno accettato. Gli altri non potevano farlo a causa dei lunghi viaggi attraverso il Paese per il servizio spirituale ai fedeli. Allora ho avuto l'idea di chiedere ad alcuni laici di sostituire, nell'adorazione, i sacerdoti che ne erano impediti. L'idea ebbe successo, e dopo tre anni ho potuto perfino organizzare un congresso diocesano dell'adorazione notturna". Da lì l'idea di fondare una comunità di persone interamente dedite all'adorazione per i sacerdoti: una comunità di persone che pregano e adorano per sostenere spiritualmente i sacerdoti nel loro ministero di missionari. Sarebbero state loro stesse missionarie con la preghiera e la penitenza, nell'adorazione e nel silenzio, in unione spirituale con i missionari che percorrevano soprattutto i territori del Nord del Canada. Così P. Parent, a 33 anni, si trova a fondare le comunità delle Recluse Missionarie.

Nascono le OMMI

OMMI in Cuba
Dopo appena due anni uno dei suoi superiori lo affronta a bruciapelo ed esprime chiaramente il proprio pensiero: non è quello il tipo di comunità che serve per le regioni desolate dell'Ovest canadese. Occorrerebbe, continua il superiore, un gruppo di persone consacrate disposte a vivere la loro consacrazione pienamente inserite nelle strutture normali della società, capaci di occuparsi dell'evangelizzazione attraverso una testimonianza cristiana, fatta di presenza qualificata nel mondo, in modo da essere come il lievito nella pasta. E' l'idea degli Istituti secolari, che allora stavano sorgendo nella Chiesa. P. Parent aderisce immediatamente alla proposta del suo superiore: "Mi offro per una fondazione di questo tipo". Tutta la sua vita futura sarà dedicata alla realizzazione di questo progetto. I tentativi di fondazione, dal 1945 al 1952 saranno molteplici, pieni di difficoltà come sempre quando si tratta di far nascere un'opera di Dio. Ma finalmente un gruppo di ragazze è avvolto come da un vento di Pentecoste e dà vita all'Istituto secolare delle "Oblate Missionarie di Maria Immacolata".
P. Parent descrive gli inizi rapidi di questa fondazione: "Per due anni una ragazza al di sotto di 30 anni entrava nell'Istituto ogni tre giorni. In una sola settimana, una volta, abbiamo aperto quindici case. In pochi anni l'Istituto si è esteso in 25 Paesi". Alle Oblate si assoceranno in seguito dei laici che vogliono condividerne la spiritualità: i "Volontari di Dio".
Si era proposto di dare vita ad una comunità di "recluse" e Dio lo porta a fondare, in tutta un'altra direzione, una comunità aperta e dispersa nei differenti ambiti della società. Invece di raccogliere e concentrare il sale evangelico, lo scioglie per salare il mondo.
Con le OMI ad Haiti

Nasce Voluntas Dei

La stessa mano provvidenziale lo guida a fondare un Istituto maschile. Alcuni giovani, vedendo il gruppo delle ragazze che avevano formato l'Istituto delle "Oblate", gli chiedono di aiutarli a vivere una vita simile alla loro. Ma anche in questo caso le sue mire, all'inizio, sono tutt'altre. Candidamente P. Parent confessa: "Non ero interessato a fondare qualcosa per i ragazzi. Potevano entrare semplicemente dagli Oblati o altrove, dove si vive già la vita consacrata". Ma i giovani gli stanno alle calcagna, lo sollecitano, lo tormentano, al punto che vi sente il segno della chiamata di Dio. Come per le ragazze l'itinerario di fondazione non sarà semplice. Il primo tentativo fallisce e per P. Parent è chiaro che, almeno per il momento, non se ne farà nulla. Come per la fondazione dell'Istituto femminile sarà decisiva la parola dei superiori. Una mattina, di passaggio per il Canada, il Superiore Generale degli Oblati si rivolge a P. Parent: "Tu fonderai un Istituto secolare per uomini". La volontà di Dio non poteva arrivare in modo più chiaro e inaspettato: "Ero l'unico a capire la profondità di questa parola del Padre Deschâtelets e ne ho ben compreso il senso. Dio rispondeva alla mia preghiera e mi dava chiaramente la missione di fondare, questa volta, un Istituto secolare per uomini. La volontà di Dio si manifestava attraverso la voce del mio superiore generale. Ciò che dovevo fare non poteva essere più chiaro. Non era più possibile esitare né tergiversare, dovevo solo camminare". L'8 aprile 1958 nasceva l'Istituto "Voluntas Dei", che comprende laici e sacerdoti.

Una proposta di santità aperta a tutti

Ai membri dei suoi Istituti secolari P. Parent ha proposto un itinerario di santità tipicamente laicale, che ogni cristiano può fare proprio perché non è legato a strutture o a condizioni di vita particolari. Proprio nell'ordinario, nella vita di ogni giorno, si può vivere quella pienezza della carità che fa santi.
La proposta concreta è quella di lasciarsi compenetrare dal senso della presenza di Dio, fino a raggiungere una totale disponibilità alla volontà del Padre, nella fedeltà allo Spirito Santo nel momento presente, così da diventare una presenza attenta al mondo e alle sue realtà temporali, un'accoglienza incondizionata e universale degli altri che si tramuti in servizio e di riveli costruttiva di rapporti nuovi, nella pace.
Il mistero dell'incarnazione, con tutto il suo realismo, è il punto di partenza per questa proposta cristiana. Dio è sceso qui, nel nostro mondo, è qui, nella nostra vita, nella nostra stanza, ovunque ci muoviamo. A noi basta aprire gli occhi del cuore e prendere coscienza di questa realtà in noi e attorno a noi.
Questa coscienza è l'avvio, anzi il cuore stesso della preghiera, ritrovata nella sua semplice essenzialità: stare con Dio, l'uno di fronte all'altro, donarsi l'uno all'altro. E' pacificazione interiore, liberazione da ogni ansietà. Ispira fiducia e infonda gioia.
Dio - ecco un altro tratto caratteristico dell'itinerario di santità proposto da P. Parent - lo si trova nella sua volontà, nell'adesione piena e incondizionata a ciò che Egli ci manifesta nel momento presente. "Il momento presente – ha scritto – è l'attimo prestato da Dio per entrare in contatto con lui, è una porta aperta sull'eternità, è Dio che mi apre le braccia, a me tuffarmi dentro". 
"Dove incontrare il volto di Cristo? si domanda ancora P. Parent. Guardiamo le persone che ci stanno attorno, il bambino che ci sorride, l'adolescente alla ricerca della sua libertà, il giovane che cerca il suo posto nella vita, il vecchio sotto il peso degli anni, il malato che lotta per sopravvivere, e lo troveremo nei loro tratti". Amare Dio e aderire alla sua volontà vorrà dire allora amare e servire i fratelli. "Mai separare il prossimo da Dio. Vedere il prossimo attraverso Dio e Dio attraverso il prossimo. Si serve Dio servendo i fratelli, così come ha fatto Cristo".