lunedì 31 luglio 2017

Antonio Petrone, un grande



Anche “il giovane padre” – così l’abbiamo sempre chiamato anche se ormai aveva 68 anni – è partito per il cielo. Un Oblato come Dio comanda, di quelli davvero “vicini al popolo”, a quel popolo dal quale proveniva – era un ferroviere – e per il quale ha sempre vissuto.
Vicino fino all’ultimo giorno e l’ultima notte. Ci hanno raccontato che appena tornato in comunità dall’ospedale, si è assistito ad “una testimonianza di altri tempi: centinaia di persone (soprattutto i “suoi” ex giovani, membri dell’Ammi e della famiglia oblata, suoi ex colleghi di lavoro della Circumvesuviana…)  sono passati, notte e giorno, per salutarlo e per pregare per lui. Per tutti almeno un semplice cenno di testa come segno di averli riconosciuti”.

Una persona sincera e umile, un grande! Me ne ha dato una testimonianza poco tempo fa quando mi ha scritto: “Sono P. Antonio (napoletano), volevo farti conoscere la mia esperienza con te. Scusami se scrivo un po’ male, sono andato a scuola subito dopo la guerra. La mia esperienza:  sono stato sempre attento a te e ti ho sempre considerato un fratello con tanti doni,  ma questi alcune volte ti facevano un po’ superiore agli altri… ( sono i nostri difetti). Ma stamattina leggendo il  tuo ultimo libro su S. Eugenio, mi è sembrato di avvertire dentro di me che qualcosa si sciogliesse, ho capito che i carismi invece di separarci diventano la strada che ci unisce e ci fa UNO come Chiara ci ha insegnato. Vivo una grande gioia e te la voglio comunicare. Ciao amico e sapiente Fabio. Antonio.


domenica 30 luglio 2017

Antropocentrismo, umanizzazione di Dio



Dopo una settimana sul cristocentrismo trinitario, il mio ritiro alle COMI termina con l’antropocentrismo.
Non nel senso che mettere Cristo al centro e seguirlo fino a trasformarsi in lui porti al vero umanesimo e renda l’uomo pienamente uomo, anche se è così.
Antropocentrismo nel senso che, in Cristo, Dio pone l’uomo al centro.

Alla nostra cristificazione corrisponde la sua umanizzazione: “Ho desiderato ardentemente mangiare con voi...”.
"Dio ha tanto amato il mondo", l’umanità, da farsi lui stesso uomo, ponendo l’uomo al centro di se stesso: “E il Verbo si è fatto uomo”.
Adesso l’umanità è proprio al centro della Trinità: vi è l’umanità di Gesù e di Maria e in loro tutti noi.

Non abbiamo “rovinato” la perfezione della Trinità, perché c’eravamo da sempre: nel Verbo Dio ha da sempre pensato tutti noi, siamo lì da tutta l’eternità e per tutta l’eternità.

Anche la nostra sequela di Cristo è preceduta dalla sequela dell’uomo da parte di Dio. Dio segue l’uomo come il pastore segue la pecora smarrita, come la donna cerca la moneta perduta…
In Gesù Dio segue l’uomo fin nel suo peccato, nella sua disperazione, nella sua più estrema lontananza: “Avendo amato i suoi lì amò fino all’estremo…”.

In questo senso si potrebbero capovolgere le parabole di questa domenica: nel contadino che trova il tesoro nel campo e nel mercante che trova la perla preziosa, potremmo vedere l’immagine di Dio che per noi è pronto a vendere tutto, a dare la sua stessa vita, pur di averci.
È come se dicessimo noi a Gesù: “Vieni e seguimi”. Ed egli ci segue ovunque, in ogni situazione: “Non abbiate paura, io sono con voi tutti giorni”.

Possiamo seguire Cristo ed essere trasformati in lui, diventare dio, perché lui è diventato noi, ci ha seguiti, ci ha posti al centro del suo amore. 

sabato 29 luglio 2017

Vali un tesoro


«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo…». (Mt 13, 44-46)

Gesù non si preoccupa mai di spiegare cos’è il regno dei cieli. Preferisca lasciarlo intuire, manifestandone gli effetti: è capace di cambiare il mondo, come il lievito nascosto nella pasta; è piccolo ed umile come un granello di senape, ma ha un grande futuro…
Gesù ce lo fa vedere di riflesso: è simile a un padrone, a un re, a dieci vergini… Ed ecco i racconti delle parabole che destano meraviglia e lasciano stupiti.

Oggi ancora due storie affascinanti, raccontate con poche parole essenziali, due quadretti tratteggiati con rapide pennellate. Personaggi diversi i protagonisti delle parabole, un povero bracciante e un ricco mercante: tutti possono incontrare Dio, non ha importanza la provenienza sociale. Differenti anche le situazioni, uno lo cerca appassionatamente per una vita intera, l’altro lo scopre per caso. L’esito è il medesimo: la sorpresa, l’incanto, la gioia d’aver trovare, l’appagamento d’ogni desiderio. Identica anche la decisione: vendere e comprare.
“Bravi! Così si fa!”. Mi pare di udire il consenso e il plauso della folla che sta ad ascoltare Gesù. Era proprio quello che egli si attendeva. Ma si aspettava e si aspetta molto di più: la decisione per il Regno.

Con l’avvento di Gesù il regno di Dio che è nei cieli, si fa presente in mezzo a noi. Il cielo scende sulla terra, la realtà di Dio permea la nostra umanità. “Il regno di Dio è in mezzo a voi”. È Gesù stesso!
Egli vale più di tutto e più di tutti. Vale un tesoro! Il cuore è inondato di gioia, proprio come accadde a quel bracciante agricolo.
Ma non basta l’entusiasmo, la gioia della scoperta. La venuta del regno, la sua presenza tra noi, è destinata a cambiare la vita. Gesù l’avevi annunciato chiaramente: “Cambiate vita, il regno dei cieli è vicino”. Decisione, passare ai fatti, senza indugio… Guai a lasciarsi scappare l’occasione!
Se è il tesoro, perché non lasciare tutto per Lui?
La vendita non ci lascia a mani vuoti, è soltanto in funzione del comprare. Non è un perdere ma un guadagnare.

Donaci occhi per vederti
per scoprirti presenta tra noi
per riconoscerti.
Donaci sapienza e intelligenza
per comprendere chi tu sei veramente
unico tesoro, perla preziosa
di inestimabile valore.
Donaci cuore puro
per innamoraci di te,
della tua ineffabile bellezza
che ogni altra bellezza relativizza.
Brilla con la tua luce
che metta in ombra quanto non è te.
Donaci decisione ferma
per tutto lasciare
e a te pienamente aderire
e sempre stare con te
nostro unico bene.


venerdì 28 luglio 2017

Cristo nell’orizzonte trinitario


Le due parole che orientano la settimana di ritiro che sto guidando sono cristocentrismo e cristificazione, fondamentali nella spiritualità di padre Gaetano Liuzzo.

Il cristocentrismo ci porta a guardare a Cristo e alla sua vocazione.
La cristificazione ci porta a seguirlo e a identificarci a lui.
Egli è una cosa sola con il Padre, tutto proteso verso il Padre.
Di conseguenza anche la nostra sequela ci porta dove sfocia la sua: nel seno del Padre.
Eccoci interamente rivolti verso il Padre…



Nessuno può dire: “Gesù è il Signore”, se non sotto l’azione dello Spirito (1 Cor 12, 3). Non vi può essere cristificazione senza l’azione dello Spirito Santo, così come nessuno può chiamare Dio Padre, “Abbà”: «Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4, 7; Rm 8, 16).
Come non si può isolare il Figlio dal Padre, ugualmente non lo si può isolare dallo Spirito.
Gesù vive nell’orizzonte trinitario. Noi come lui: una vita tutta nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


giovedì 27 luglio 2017

Gesù, ma tu chi sei?



Il luogo è bello, silenzioso, circondato da bosco... adatto per il ritiro.
Siamo già al quarto giorno e continuiamo a chiederci chi è Gesù.
L'abbiamo chiesto anche a lui stesso, che così ci risponde...

Io Sono (Gv 8, 24, 28, 50; 13, 19)
Io sono il pane della vita (Gv 6, 35)
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Gv 6, 51)
Io sono la luce del mondo (Gv 8, 12; 9, 5)
Io sono la porta delle pecore (Gv 10, 7)
Io sono il buon pastore (Gv 10, 11, 14)
Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11, 25)
Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6)
Io sono la vite vera (Gv 15, 1, 5)
Io sono re (Gv 18, 37)
Io sono Gesù, che tu perséguiti! (At 9, 5; 22, 8; 26, 15)
Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente! (Ap 1, 8)
Io sono il Primo e l’Ultimo (Ap 1, 17; 22, 13),
Io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini (Ap 2, 23)
Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine (Ap 2, 23)
Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino (Ap 22, 16) …

mercoledì 26 luglio 2017

Come parlare di te, Gesù?


L’egumeno gli aveva chiesto di parlare ai fratelli nel vespro del sabato: “Parlaci di Lui”.
Apa Pafnunzio si sentì sgomento. Come avrebbe potuto parlare di Lui?
Pensò a Maria di Magdala. Non diede agi apostoli il grande annunzio del Cristo Risorto. Disse loro semplicemente: “Ho visto il Signore”. Aveva comunicato una esperienza, non una notizia. L’aveva udito, quando l’aveva chiamata per nome: “Maria”, l’aveva visto con i suoi occhi, l’aveva toccato con le sue mani, avrebbe voluto trattenerlo…
Pensò a Giovanni, che annunciava colui che aveva udito, che aveva visto con i suoi occhi, che aveva toccato con le sue mani.
Adesso era lui a dover parlare di Gesù.
Come avrebbe fatto a parlare di Lui?
Lo conosceva davvero? Gli sembrava così contrastante il rapporto con il suo Signore. Avrebbe dovuto essere un profeto, Maria di Magdala, l’apostolo Giovanni… Invece era soltanto apa Pafnunzio.

Come parlare di te, Gesù?
Sei il mio segreto.
Mi hai guardato, mi hai amato, mi hai chiamato.
Ti ho seguito.
Sei la mia vita.
Ti ascolto, ti parlo, stiamo in silenzio.
Ti amo, ti tradisco.
Ti sento vicino, si sento lontano.
Ti tengo, mi sfuggi.
Mi tieni, ti sfuggo.
So chi sei e sei mistero.
Come parlare di te, Gesù?


martedì 25 luglio 2017

Gesù, non un’idea, ma una persona


Nel 1946 p. Gaetano Liuzzo scrisse un libro che ebbe grande successo: Missionari di tutti i climi, nel quale raccontava l’epopea missionari degli Oblati. Alla fine del libro si domandava quale fosse “il segreto della conquista oblata”. La risposta era “nello spirito ardente della Famiglia oblata, spirito tutto incentrato su Cristo e su Maria, tutto ingemmato di carità e di zelo nel più ampio universalismo”.
Da allora prese a sintetizzare la spiritualità oblata in quattro parole: cristocentrismo, marianizzazione, carità, zelo apostolico.

Riguardo al cristocentrismo così scriveva allora:
Gesù Cristo, centro e Capo della Chiesa dev’essere per ogni cristiano la calamita divina e trasfigurante. Cristo Sacerdote Eterno, Salvatore e Redentore di tutti, dev’essere l’anima di ogni Sacerdote e Missionario.
Gli Oblati devono imitarlo in ogni cosa, riempirsi di lui, onde diffondere ovunque, quasi senza avvedersene, il profumo delle Sue virtù.
La formazione mira a far dell’Oblato un fedele continuatore non solo della missione di Cristo, ma anche dei Suoi sentimenti, delle Sue aspirazioni, dei Suoi spasimi santi, della Sua stessa anima divina.
E poiché gli amori di Cristo sono Maria, la Chiesa e le anime, l’Oblato sarà, come Lui, tutto di Maria e tutto delle anime.

Ora, dopo 70 anni da quel libro, eccomi a riprendere il primo punto della spiritualità oblata che successivamente p. Liuzzo ha trasmesso ai membri dell’Istituto secolare da lui fondato, le Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata.
Ho così iniziato la guida del ritiro annuale delle COMI, tutto incentrato Gesù, che non è una dottrina, mauna persona. Non è neppure una persona storica del passato, di cui possiamo parlare in maniera oggettiva e distaccata. È una persona viva con la quale siamo chiamati a vivere.
La fede cristiana non è una teoria o una filosofia, ma l’incontro con Gesù, e l’annuncio cristiano non è propaganda, ma la comunicazione di un’esperienza per coinvolgere altri nella medesima esperienza.
Una esperienza concreta, personale, coinvolgente, trasformante, al punto che la vocazione del cristiano è diventare altri Cristo, fino a poter dire con Paolo: «Non sono più io che vivo, Cristo vive in me» (Gal 2, 20). La nostra vera identità è essere Gesù.
Soltanto allora potremo insegnare chi Egli è e la nostra testimonianza sarà credibile, capace di provocare un’esperienza analoga.
Chi è dunque Gesù per ciascuno di noi?
Dorremmo saperlo dire a noi stessi, dirlo tra di noi, dirlo a tutti.
È quello che vorremmo fare durante questo ritiro.



lunedì 24 luglio 2017

Non avere paura


Nella liturgia di oggi abbiamo letto degli Ebrei al Mar Rosso.
Sono presi da spavento nel veder giungere contro di loro l’esercito egiziano.
Mosè rivolge allora la parola: «Non abbiate paura! Siate forti…».
Quante paure dentro di noi: incertezze per il futuro, insicurezza…
Dio lo sa e lungo la Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, continua a ripetere: “Non temere, non avere paura…”.
Ho scorso brevemente la Bibbia e lo si sente rivolgere a:

Abramo (Gen 15, 1)
Agar (Gen 21, 17)
Isacco (Gen 26, 24)
Rachele (Gen 35, 17)
Giacobbe (Gen 42, 3)
Mosè (Nm 21, 34; Dt 1, 21; 3, 2)
Giosuè (Dt 31, 8; Gs 1, 9; 8, 1; 10, 8)
Gedeone (6, 23)
Ezechia 2 Re 19, 6)
Acaz (Is 7, 4)
Popolo (Is 10, 24; 35, 4; 41, 11-12; 43, 1; 44, 2.8; 54, 4. 14; Ger 23, 4; 30, 10, 46, 27; 51, 46; Lam 3, 57; Sof 3, 16; 2 Cr 20, 15.17; 32, 7; Ag 2, 5; Zc 8, 13.15))
Ezechia (Is 37, 6)
Giosafat (2 Re, 25, 24)
Isaia (Is 40, 9)
Daniele (Dn 10, 12.19)


Giuseppe (Mt 1, 20)
Giàiro (Mc 5, 36; Lc 8, 50)
Zaccaria (Lc 1, 13)
Maria (Lc 1, 30)
Pastori (Lc 2, 10)
Simone (Lc 5, 10)
Discepoli (Mt 10, 28; 14, 27; 17, 7; 20, 10; Mc 6, 50; Lc 12, 7.32; Gv 6, 20)
Donne (Mt 28, 5; Mc 16, 6)
Paolo (At 18, 9; 27, 24)
Giovanni (Ap 1, 17; 2, 10)

Perché non avere paura? Lo ripete in mille modi: “Io con voi”.
Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?
Abbiamo Dio dalla nostra parte, l’onnipotente, il creatore del cielo e della terra. Abbiamo dalla nostra parte Dio Amore. Di che dunque temere?


domenica 23 luglio 2017

L’appassionata testimonianza di Giordani a Cristo


Giorni fa segnalavo sul blog un mio articolo riguardante Igino Giordani apparso sulla rivista “Nuova Umanità”: 
http://fabiociardi.blogspot.it/2017/06/segno-di-contraddizione-giordani.html
Mi giunge il seguente commento:

Ho letto il tuo bellissimo lavoro!
Per forza Giordani non è stato capito ed accolto: è un profeta. Come leggo a pag. 12, un cristiano "tutto assorto nello spazio dell'eterno".
Non ho mai letto il libro di cui parli, “Segno di contraddizione”, e molto di quanto tu citi non lo conosco.
E forse quando potrò leggere questo suo libro non sarò in grado di capire tutto. Però mi pare di capire che Giordani ha avuto da Dio il dono della rivelazione dei piccoli (Matteo 11, 25-30) e forse se ne accorto solo quando ha visto Chiara.
Ha visto quello che desiderava realizzasse il Cristiano.
La Sapienza la cerchiamo la cerchiamo... e lei invece ci aspetta sotto casa, no?!

Di quel libro, oltre alla ricchezza dei contenuti, mi pare che rimanga soprattutto l’appassionata testimonianza resa a Cristo, che è e sarà per i secoli “segno di contraddizione”. «Questo scrittore – scriveva Francesco Aquilanti recensendo il libro sulla rivista Studium – è un cristiano sul serio: gli accomodamenti, le transizioni non sono nel suo temperamento ». La sua fede è pura e ardente, fino a identificarsi con l’amore e con la passione per la stessa espansione della fede, per natura diffusiva come l’amore: «È un fuoco che tanto cresce a quante più anime si apprende: chi se lo chiude in sé, rischia di soffocarlo, per mancanza di quell’ossigeno che è la carità, virtù espansiva, e non egocentrica. Non si è fatto tutto quando si ha la fede per sé; allora comincia il debito di darla agli altri». Quando Giordani parla di Paolo sembra parlare di se stesso: «Quel fuoco non se lo poteva tenere in petto: doveva appiccarlo fuori» (pp. 202-203). Era il fuoco che avvertiva Giuseppe De Luca nella sua recensione al libro di Giordani: «Un fuoco talmente contagioso e verace che a volte non ci si resiste vicino», un fuoco che egli sentiva presente nei giovani del suo tempo nei confronti di Gesù, e che sapeva essere stato acceso da Giordani «per la sua quotidiana, dura, decenne fatica di scrittore cattolico»; un fuoco che potrà continuare ad accendere uomini e donne del nostro tempo.


sabato 22 luglio 2017

La pazienza di Dio... come un campo di grano


«Lasciate che grano e zizzania crescano insieme fino alla mietitura…» (Mt 13, 24-43).

I seminatori della parabola conoscono il loro mestiere e sanno che debbono ripulire il terreno dalle erbacce perché il grano posso crescere bene. Il padrone invece si mostra meno esperto dei suoi operai e ordina di lasciare stare, che crescano insieme.

Vorremmo una Chiesa di puri e di giusti. Così come vorremmo ogni nostra famiglia, ogni nostra comunità, ogni nostro ambiente di vita e di lavoro composti da persone a modo, brave, giudiziose.
Come saremmo contenti di purificare dal male, da elementi di disturbo, perché tutto sia armonia e gioia e pace.
Quante volte vorremmo distinguere nettamente grano e zizzania, buoni e cattivi, e operare una giusta separazione per liberarci una volta per tutte dallo scandalo del male.
Mi chi ci ha costituiti giudici dei nostri fratelli e sorelle?
Siamo poi così sicuri di sapere dove passa la demarcazione tra bene e male, tra buoni e cattivi?
E poi Gesù si è messo dalla parte dei peccatori…

Nel campo di Dio tutto può accadere, anche che la zizzania si converta in grano. Che strana agricoltura quella di Dio.
Egli dà tempo e si prende tempo, con ognuno di noi.
Gesù ha lasciato che Giuda restasse tra i Dodici, fino all’ultimo. Almeno il suo campo avrebbe potuto ripulirlo! Invece no. Ha saputo convivere con i peccatori.
Nel suo campo ha lasciato anche i due ladroni che poi lo avrebbero affiancato sulla croce. Proprio all’ultimo uno di loro, zizzania, si è convertito in grano. Prima che avvenga la mietitura possono accadere tante cose.
Il vangelo di oggi è una chiamata a convivere con tutti, con la pazienza, l’amore, la speranza stessa di Gesù.


venerdì 21 luglio 2017

Maria di Magdala: chiamata per nome!



Quest’anno santa Maria Maddalena ha ricevuto da papa Francesco una promozione! La sua “memoria” liturgica è stata elevata a ruolo di “festa”. Il Papa ha motivato questo cambiamento «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata». 
Se lo meritava. È la santa più belle di tutte.
Più bella perché l’arte non si è risparmiata nel ritrarla.
Ma soprattutto più belle perché è quella che più ha amato, con un amore appassionato e perseverante. Non si è data pace fin quanto non ha ritrovato l’amato perduto.

Non le è mancato il contraccambio. Sentirsi chiamare per nome: “Maria”! Gesù la conosce per nome, mostrando un amore tutto personale.
Il bello è che ama anche ognuno di noi personalmente, perché ci conosce per nome! Lo ricordava mesi fa papa Francesco:
«Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. È vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza» (17 maggio 2017).

Dopo un’esperienza così Maria di Magdala poteva dire con verità: “Ho visto il Signore!”. Il suo annuncio è una testimonianza, racconta ciò che ha vissuto.
È ancora papa Francesco a concludere: «Il Signore ci dia la grazia, a tutti noi, di poter dire con la nostra vita: “Ho visto il Signore”, non perché mi è apparso, ma perché “l’ho visto dentro al cuore”».


giovedì 20 luglio 2017

Ma in Paradiso c'è la musica?


Non ho ancora raccontato che giovedì scorso sono stato a Vaste, un minuscolo paese del Salento che vanta origini antichissime. È tutto in una piazza, che però è un capolavoro con un castello da favola.
Nel cortile del castello, come ogni giovedì d’estate, ho assistito ad un vivacissimo concerto di tre fisarmoniche che suonavano musica russa moderna.
Non l’ho potuto scrivere perché so una mia follower (si dice così, vero?) non sarebbe stata contenta. Infatti mi ha inviato un commento sul mio post "Avvolto in musica di cielo" nel quale mi dice: “Post entusiasmante e coinvolgente, p. Fabio! Ma... so di scandalizzare..., io non capisco la musica! tanto da essermi chiesta, in qualche occasione, come potrebbe essere il Paradiso per una come me... Che ne dici?”.

Mi spiace per Maria  Adele, ma in Paradiso ci sarà proprio la musica. Lo dicono le divine Scritture, come, ad esempio, l’Apocalisse, dove i 24 vegliardi cantano “un canto nuovo”. Cantarono gli angeli sui cieli di Betlemme quando nacque Gesù.
Poi ce lo dicono i santi. Ildegarga di Bingen trascrisse i canti ascoltati durante le estasi, ma anche il Curato d’Ars e Padre Pio hanno affermato di aver sentito musica celeste.
Basta guardare i bambini, i più vicini al Paradiso. Sanno disegnare, compongono poesia e quando sono concentrati in un gioco canticchiano o semplicemente mugolano. Perché quando si diventa grandi non si dipinge più, non si scrivono più poesie, non si canta più?
Dovremmo tornare ad avere la semplicità dei bambini che non si curano della critica estetica degli adulti…



mercoledì 19 luglio 2017

Bari: lascia fare a Dio


Appena scendo al treno mi trovo in una città moderna, cosmopolita, con viali perfettamente squadrati, negozi di lusso, piazze, palme, aiuole… non avrei mai immaginato che Bari fosse una tale metropoli.
Oltrepasso Corso Vittorio Emanuele II, che taglia la città da est a ovest, e immediatamente mi trovo in un’altra città, totalmente diversa: un groviglio di strade, persone sedute sulla soglia di casa, biancheria stesa alle finestre, bambini che giocano, tende di finto pizzo che sventolano davanti alle porte. L’unica cosa che accomuna le due città la lingua, per me completamente incomprensibile.



Trovo la strada dove le donne preparano le orecchiette, su tavoli disposti lungo la via, le corti con le persone a crocchio. Mi stupisce la targa con il nome di una zona: “Corte lascia fare a Dio”. Leggo a voce alta la scritta a due donne sedute nel vicolo sull’uscio di casa e domando se è proprio vero che quella corte si chiama così. Ne sono orgogliose, hanno sempre sotto gli occhi un programma di vita.  



La città vecchia custodisce importanti monumenti, dal castello normanno svevo alla cattedrale del 1100, in stile romanico pugliese, d’una purezza incomparabile.



Naturalmente il cuore della città è la basilica di san Nicola, anch’essa in sobrio elegante stile romanico pugliese. Era il 1087 quando tre navi cariche di grano salparono da Bari alla volta di Antiochia. Sulla via del ritorno, nella sosta a Myra, trafugarono le reliquie di san Nicola. La città di Bari, decaduto con l’arrivo dei Normanni nel 1071, riacquistò lustro. Anche oggi, nella cripta dove si conserva l’urna, trovo parecchi pellegrino russi, tra i più assidui frequentatori della basilica.



Corte lascia fare a Dio
Fede, arte, affari, tutto si intreccia in questa caotica città antica. Merita davvero d’essere la capitale del Sud.
… lascia fare a Dio!


martedì 18 luglio 2017

Il superparroco di Supersano e tanti altri


Ho chiesto al Vescovo Vito se mi affidava la parrocchia di Supersano. Mi ha risposto con un no secco: ha già un ottimo parroco, giovane, dinamico, creativo, artista, un parroco d’oro: don Oro-nzo! Come non essergli grato per avermi ospitato nella sua casa?





Bastano pochi giorni e si creano tanti legami belli, con famiglie, prima fra tutte la numerosa famiglia Musio (ma qua sono tutte numerose), quella di Rita e Michele, gli amici della casa famiglia “La goccia”, le suore dell’asilo e i bambini dell’asilo, la sarta, la ricamatrice, la pittrice algerina, il poeta, il panettiere, il fruttivendolo… fino a don Tonino Bello, di cui ho visitato la tomba.





La famiglia umana è una grande bella famiglia!


lunedì 17 luglio 2017

Qoelet a Punta Ristola


Chi è quel signore lassù sulle rocce di Punta Ristola? È il luogo più a sud della Penisola. È una serata ventosa, il mare è agitato, le nuvole coprono l’orizzonte facendo appena scorgere il tramonto che tanti vengono qua a contemplare.
Provo una certa invidia per quel signore delle rocce. Si è portato una sdraio e, solitario, è immerso nella lettura. Ha scelto un posto straordinariamente bello, con cielo e mare tutto per sé, immerso nell’infinito orizzonte della natura e, presumo, del pensiero. Cosa mai starà leggendo?
Lo avvicino, lo saluto. Sorpresa. Non legge Shakespeare, neppure Hemingway, o Quasimodo. Legge Qoelet. Qoelet? Qoelet! Guarda la bellezza del mondo e ripete: “Tutto è vanità di vanità. È tutto un soffio che se ne va”.
È il più bel congedo che mi dà il Salento.


domenica 16 luglio 2017

Chiese ipogee nel Salento: fede e cultura


La guerra goto-bizantina del VI secolo aveva spopolato e depauperato queste terre, facendole tornare indietro di secoli. Furono i monaci bizantini, fuggiti dalle persecuzioni iconoclaste, a riportarvi la fede, la civiltà, le tecniche agrarie, a cominciare dalla coltivazione dell’olivo, permettendo il ricostituirsi di villaggi e centri urbani.
A loro si devono anche le chiese ipogee disseminate in tutta la regione. Era più facile scavare nel tufo piuttosto che costruire. Fra l’altro si erano perdute le tecniche dell’edilizia. Costruire un’abside era un’impresa ingegneristica troppo ardua per i tempi.



Ed eccomi alla ricerca di questi luoghi di culto antichi con affreschi di rara bellezza. Visitarli richiede una buona dose di costanza perché difficilmente accessibili. Ho dovuto interpellare vari enti e mi sono trovato visitatore unico, trattato con molto riguardo.
Tra le altre ho potuto visitare le chiese ipogee di Ortelle e di Vaste. Valeva la pena perseguire con tenacia l’accesso.



Testimonianze silenziose, nascoste, in luoghi isolati.
Luoghi che domanderebbe di essere ripristinati come ambienti di preghiera.
Davanti agli affreschi della chiesa di santa Maria degli angeli, staccati dalla chiesa originale e collocati in un nuovo ambiente a Poggiardo – ignoto ai più – non ho potuto resistere, e proprio davanti alla Madonna degli angeli ho recitato l’Ave Maria: è stata dipinta per essere pregata.