lunedì 31 maggio 2021

Il mese missionario di Maria

 


Il mese di Maggio, dedicato a Maria, è terminato con la festa della Visitazione a santa Elisabetta.

Chi ha spinto Maria ad andare da Elisabetta? L’apostolo Paolo direbbe: “Caritas Christi urget nos”, è l’amore che spinge ad andare, l’amore di Cristo. La prima cosa che fa Cristo appena prende carne nel grembo di Maria è mandarla… Ogni azione missionaria inizia dall’amore ed è motivata dall’amore: è Cristo che urge.

Cosa fa Maria? In cosa consiste la sua azione nei confronti di Elisabetta? Semplicemente porta Gesù! Il cuore di ogni azione missionaria sta proprio qui: portare Gesù. Non parlare, agire… portare Gesù!

Naturalmente per portarlo occorre averlo. Ogni azione missionaria presuppone l’accoglienza di Gesù. Se non l’hai non lo puoi portare.

Maria chiude il mese mariano e apre un mese missionario…

domenica 30 maggio 2021

Madonnelle romane

 


È su un muro accanto a San Salvatore in onda (“in onda” perché regolarmente inondato dal Tevere!), in via dei Pettinari, ma prima di questa mattina non avevo notata la Madonnella, forse perché abbastanza in alto. Il vetro che protegge l’affresco è sporco e non consente di vedere bene l’immagine che, da quanto si intravede, deve essere particolarmente bella.

Come bella è l’inscrizione posta sotto l’immagine.

Il fedele prega:
“Vi offro il mio cuore
e insieme l’alma mia
per me pregate
o Vergine mia”.

Maria gli risponde:
«Se tu dirai di cuore “Ave Maria”
in cielo tu vedrai la faccia mia».



sabato 29 maggio 2021

Immersione nella Trinità

 

Quel “battezzate nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo”, come ultima raccomandazione del Risorto, prima della sua salita al cielo, è una consegna per tutti i secoli.

Come possiamo tradurla? Ho sempre pensato che si tratti di svelare l’amore di Dio – è questa la Trinità, Dio Amore – fino al punto da immergervi il mondo intero. Battezzare nel nome della Trinità equivale dunque a inondare il mondo d’amore, fino a farvelo annegare! Troppo impegnativo!

Per fortuna l’ultima parola è un’altra: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Se la precedente parola è una raccomandazione, quest’ultima è una promessa, come dire: potrete farcela, non vi lascio soli, non siete soli, sono con voi; di cosa avete paura? Ci sono io!!!

venerdì 28 maggio 2021

P. Gérard: La preghiera era il suo pane quotidiano


Il 29 maggio 1914, alle 21.30, moriva padre Giuseppe Gérard, l’Oblato più amato, per la sua semplicità, la dedizione estrema ad ogni singola persona che incontrava, lo zelo a tutta prova, l’imperturbabile pazienza, la costante preghiera… Il missionario per eccellenza, coraggioso e tenace, puro e intrepido che ha saputo creare una Chiesa dal niente, in mezzo a difficoltà inimmaginabili. “La sua morte è stata dolce e calma perché la sua vita è stata santa”, scrisse il suo superiore, p. Pennerah, che gli fu vicino negli ultimi momenti.

«Il segreto per farsi amare – scriveva – è quello di amare. Il mondo appartiene a chi lo ama di più e gliene da’ la prova. Penso volentieri a un sacerdote, a un missionario Oblato di Maria Immacolata in una missione. È uno che osserva tutto con i suoi occhi, conosce con il suo cuore, porta la gioia con la sua presenza, si fa tutto a tutti per guadagnarli al Cristo. Con una carità intraprendente sa servirsi di tutto, pensa a tutto. Non si accontenta di rapporti impersonali, di essere il sacerdote di tutti, ma non abbastanza il sacerdote di ognuno. Questo sacerdote coglie l’occasione di dare a ognuno in particolare attenzioni personali, in modo che ognuno sia certo di essere amato personalmente da Lui».

Ma aveva un altro segreto: la preghiera costante. Per portare gli uomini a Dio, diceva, occorrono «la predicazione e la preghiera». Scriveva ancora: “Il religioso fa il missionario. Se non c’è il religioso, non c’è neppure il missionario”.

Quante testimonianze! Agatha Moliethi: “Non dorme mai. Quando andiamo a letto, lui continua a pregare; se ci alziamo di notte, lo troviamo ancora in preghiera, lo stesso alla mattina”. Louis Qgobosheane: “Quando andava a cavallo con una mano teneva le briglie, con l’altra il rosario. Era uomo di preghiera, pregava in chiesa quando era alla Missione, pregava a cavallo nei suoi viaggi, pregava nelle case della gente”. Setha Semeinyane Lephoto: ”Aveva il rosario in mano quando visitava i malati, anche quando andava a cavallo. La preghiera era il suo pane quotidiano. Pregava lentamente, con dolcezza, senza fretta”. Antoine Maine: “P. Gérard non smetteva di pregare. Si può dire che viveva di preghiera. Il rosario non lo lasciava mai, l’aveva sempre in mano. Con la preghiera ha fatto conversioni miracolose”. Maria Mamafefoane: “Era proprio un uomo di preghiera. Quando lo si incontrava si vedeva che era raccolto e che rivolgeva i suoi pensieri a Dio”.

Non soltanto pregava, ma insegnava a pregare! “Se la preghiera fosse pane – dicevano – ce l’avrebbe fatta mangiare”.

mercoledì 26 maggio 2021

50 anni fa "Evangelica testificatio"

 


Cinquanta anno fa, il 29 giugno 1971, papa Paolo VI promulgava l’esortazione apostolica Evangelica testificatio rivolta ai religiosi e alle religiose. 

Venticinque anni più tardi papa Giovanni Paolo II, il 25 marzo 1996, emanava un’altra esortazione apostolica, Vita consecrata. Si tratta di due documenti di tenore molto diverso. 

In questo duplice anniversario al secondo documento sono riservati convegni, seminari, studi, considerata l’importanza che esso ha avuto nella riflessione teologica post conciliare. Il primo passerà quasi inosservato; nella stessa esortazione Vita consacrata – che pure esce in una ricorrenza significativa, il 25° anniversario – sono solamente due i riferimenti e una sola citazione, una frase rimasta celebre: «Senza questo segno concreto, la carità che anima l'intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di ridursi in un mondo in fase di «secolarizzazione». Per il resto nessuna menzione esplicita di essa, neppure per ricordarne l’anniversario, come si usa nei documenti pontifici.

Al momento della sua apparizione Evangelica testificatio destò un vasto consenso e apprezzamento, anche – e non solo – perché era il primo documento post conciliare interamente dedicato alla vita religiosa. Fu accolta con gioioso stupore per lo stile incoraggiante, positivo, e nello stesso tempo coraggioso, propositivo, ricco di ispirazione e di amore per la vita religiosa. Ma successivamente i documenti emanati sono stati così tanti che hanno presto lasciato nell’ombra quella esortazione. Inoltre essa rispondeva a una particolare contingenza storica – e forse per questo ebbe tanta accoglienza – ma proprio per questo venne presto considerata legata a un momento ormai superato. Anche la bibliografia che la riguarda è confinata ai primi anni dalla sua comparsa.

Eppure, come scrive Pier Giordano Cabra, rimane «uno dei documenti più belli sulla vita consacrata», che «non ha avuto tutta l’attenzione che si meritava: il clima generale era troppo ideologizzato per essere valutato serenamente. Il suo procedere con finezza e sfumature, la poneva troppo al di sopra delle semplificazioni correnti». 

Per l’occasione sto scrivendo un articolo per la rivista “Claretianum”. È un modo anche per prepararmi a celebrare la festa di san Paolo VI, sabato prossimo. Vale la pena rileggere quel grande documento, che fu definito la "Magna charta" dei religiosi.

 

martedì 25 maggio 2021

Eliseo “Jun” Mercado, profeta del dialogo tra cristiani e musulmani


L’incontro più bello che ebbi con lui fu nel 2012, al palazzo del governo generale dell’ARMM (Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano), nel sud delle Filippine.

P. Eliseo Mercado, “Jun” per gli amici, era di casa tra i musulmani e in quel palazzo perché, da buon Oblato, lavorava con tutte le forze per la pacificazione e l’autonomia della regione. Col sorriso permanente sulle labbra, un lungo pizzetto da saggio cinese, era l’uomo dei rapporti, del dialogo, della fratellanza universale, accolto, rispettato e amato da tutti. 

Dopo aver conseguito il dottorato in teologia e filosofia a Manila, giunse a Roma per continuare alla Gregoriana. Ha poi studiato al Pontificio Istituto per l’islamologia e gli studi arabi, sempre a Roma, e all’Istituto orientale del Cairo. E' stato rettore dell’Università Notre Dame degli Oblati, dove si sono formati leader presenti sui fronti opposti, in quello di liberazione nazionale musulmano e in quello del governo centrale. Erano stati proprio i suoi studenti di una volta a chiedergli di farsi garante del rispetto degli accordi tra le parti. La lista delle onorificenze, riconoscimenti, premi, dottorali è lunghissima...

Eravamo coetanei. Il Covid se l’è portato via il giorno di Pentecoste. Ormai sono una cinquantina gli Oblati morti in seguito al contagio. 


È appena partito, ma ci lascia una ricca eredità di sapienza, raccolta anche in libri, articoli, note. Ed è proprio da una corposa raccolta delle sue note che leggo questa frase, che forse sintetizza la sua vita di dialogo con i musulmani: “Cosa c’è al centro delle relazioni interreligiose? I miei lunghi anni vissuti nelle comunità musulmane mi hanno insegnato che la vera chiave o il percorso per qualsiasi tipo di vero rapporto con un vicino musulmano è il cuore. Il cuore: non è solo la chiave o il percorso... è anche il modo in cui incontriamo Dio”.

Ho con me anche il racconto della sua vita, fino al 1980. Sono un centinaio di pagine ricche di storie, aneddoti, rivelazioni del suo segreto ricchissimo mondo interiore. Riporto soltanto poche righe dell’inizio della sua storia:

“Il mio viaggio iniziò la mattina del 29 maggio 1948, quando mia madre, dopo il grande shock della morte prematura di mio padre in un incidente aereo il 5 marzo 1948 e la successiva esperienza di un quasi aborto spontaneo, alla fine diede alla luce un bambino. La grazia di una nuova nascita dopo la tragedia segnata dalla morte ha dato un nuovo inizio e una nuova speranza alla famiglia Mercado. Era, infatti, una nuova vita dopo la morte. Il velo d’oscurità e di dolore ha lasciato il posto a una nuova vita e a una nuova gioia. Non c'erano dubbi: il nome del bambino sarebbe stato quello di suo padre. Molti hanno predetto che sarebbe stato grande come suo padre. Così il ragazzo deve crescere nei ricordi vivi di suo padre. (…)


Il sogno della mia vita era diventare un politico o un militare come mio padre. Dovevo studiare legge o frequentare una scuola militare. Quello che desideravo veramente era essere un leader e aiutare a trasformare la società filippina. Ricordo ancora i tempi in cui pronunciavo discorsi politici a una folla immaginaria enunciando i miei piani su come aiutare i poveri. Tondo [il più grande e il più povero quartiere di Manila] era il mio collegio elettorale immaginario preferito. Sarei diventato il loro leader, la loro voce e il loro "salvatore". Era un sogno molto romantico, eppure mi aveva preso completamente. (…) La politica, gli studi militari e la vita matrimoniale sembravano alle porte, quando decisi di entrare nel Juniorato degli Oblati nel giugno del 1964. (…)

La chiamata di Gesù è stata una sorpresa anche per me. Era venuto un sacerdote a tenere un discorso agli studenti sulla vocazione. Era un "Americano" (padre Bertrand Demers, OMI) con una grande croce e una cintura nera. Eravamo tutti curiosi di sapere che tipo di prete fosse. Era molto dinamico ed eloquente con una voce tonante e risonante. Ci ha parlato degli Oblati di Maria Immacolata e del loro lavoro a Mindanao con i Moros, i Musulmani. Mindanao – diceva – aveva bisogno di giovani uomini coraggiosi e avventurosi. Era un'opera missionaria con tutti i pericoli di essere pionieri del luogo e lavorare con i Moros. Verso la fine, ci ha detto che gli OMI non avevano bisogno di vigliacchi, di uomini mediocri o di "mezzi uomini". L’opera missionaria aveva bisogno di uomini veri, capi di uomini e uomini forti dal cuore coraggioso. WOW! Quell'osservazione conclusiva mi ha sfidato enormemente. Subito la mia fantasia si è scatenata immaginando Mindanao: i Moros, i Juramentados, i Royalties, ecc.”

Un sogno che divenne presto una realtà.


lunedì 24 maggio 2021

My view is you

«Il mio punto di vista sei tu»: è il titolo del corso di giornalismo degli scalabriniani che vede come studenti tre giovani rifugiati.

Mi ha attratto questo titolo, soprattutto ripensando a quanto ho scritto pochi giorni fa sullo specchio e la finestra. Allora dicevo che non dobbiamo guardarci, ma guardare fuori: potremmo dire che siamo ciò che vediamo…

Adesso mi si propone un’altra prospettiva: guardare con gli occhi dell’altro: sei tu il mio sguardo. Cosa vede l’altro? Potrebbe essere un altro modo di guardare il mondo. Quanta ricchezza.

domenica 23 maggio 2021

L'affiancarsi dei carismi

 


“L’epoca moderna… offre nuove forme della vita dello spirito, manifestazioni impensate qualche tempo addietro, che si affiancano a tutte le altre, plurisecolari e sempre attuali”.

Oggi, a Pentecoste, leggo queste parole che testimoniano la perenne novità dello Spirito. Sono tratte dall’ultimo testo di “Meditazioni” di Chiara Lubich: venerdì ho partecipato alla presentazione dell’edizione critica.

Mi colpisce la prospettiva storica: la consapevolezza della novità dei carismi che si susseguono gli uni agli altri e insieme il riconoscimento dell’attualità dei carismi più antichi. Quando si apprezza l’antico si può non essere aperti alla bontà del nuovo. Quando si è convinti della bontà del nuovo si può svalutare l’antico. Nelle parole di Chiara vi è invece un profondo senso ecclesiale che vede il nuovo affiancarsi all’antico, senza soppiantarlo, piuttosto dilatando con esso e arricchendo il comune fronte carismatico.

In un momento così critico per la vita della Chiesa non hanno senso le sterili contrapposizioni, le gelosie, le rivendicazioni. Si domanda piuttosto la stima vicendevole, la coscienza di far parte dell’unico Corpo, l’unità di intenti con l’apporto arricchente della diversità.

sabato 22 maggio 2021

La staffetta dello Spirito


 “Egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza”: è il Vangelo del giorni di Pentecoste.

Da non credere: abbiamo lo stesso compito dello Spirito Santo! Lo Spirito Santo viene per dare testimonianza a Gesù e noi andiamo per dare testimonianza a Gesù. La stessa missione. Sembra impossibile. E in effetto lo è… almeno che… Almeno che non ci lasciamo invadere dal fuoco della Pentecoste, che sia lui a vivere e operare in noi, a rendere testimonianza.

Che sia l’inizio di una nuova ondata missionaria?

La prima partì il giorno stesso della Pentecoste, con gli apostoli in prima fila. Seguiti da tanti cristiani laici, a cominciare da Aquila, Priscilla, Lidia… Poi fu la volta dei monaci che invasero l’Europa. I francescani andarono in Asia, seguiti dai Gesuiti e poi tutti in America. Nell’Ottocento un’altra grande ondata degli Istituti missionario nel mondo intero.

Adesso sono i Movimenti, i cristiani laici che si spostano, che testimoniano, con una nuova capillarità. Da questa nuova Pentecoste nascerà una Chiesa dello Spirito Santo:

"più piccola, che dovrà ricominciare tutto da capo... Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società... Essa, come piccola comunità, solleciterà molto più fortemente l’iniziativa dei suoi singoli membri… La chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio unitrino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine.

Sarà una chiesa interiorizzata, che non mena vanto del suo mandato politico e non flirta né con la sinistra né con la destra. Questo processo la renderà povera, la farà diventare una chiesa dei piccoli… Da una chiesa interiorizzata e semplificata uscirà una grande forza. Gli uomini infatti saranno indicibilmente solitari in un mondo totalmente pianificato. Essi sperimenteranno, quando Dio sarà per loro interamente sparito, la loro totale e spaventosa povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo. Come una speranza, che li riguarda, come una risposta a domande, ch’essi da sempre di nascosto si sono poste…. Io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la chiesa del culto politico…ma la chiesa della fede… Conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria, che ad essi dà vita e speranza oltre la morte".

Chi è il temerario (o il profeta - è la stessa cosa!) che scrive così? Una persona al di là di ogni sospetto, e l’ha scritto nel 1969: un certo Joseph Ratzinger. Tutte cose che hanno a che fare con lo Spirito Santo, con la Pentecoste, con la sua forza testimoniale.

venerdì 21 maggio 2021

Un nuovo vescovo oblato

 


Attualmente gli Oblati vescovi sono 45. Presto saranno 46, perché il Santo Padre ha appena nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Huancayo (Perù) P. Luis Alberto Huamán Camayo, nostro attuale Consigliere generale per l’America Latina ed i Caraibi, assegnandogli la Sede titolare di Tepelta.

Viviamo insieme qui a Via Aurelia... ancora per poco.

Eccolo nella foto (quello a sinistra, naturalmente!)

Auguri p. Beto!

giovedì 20 maggio 2021

La conversione e le conversioni di sant’Eugenio


Quando si parla della conversione di sant’Eugenio de Mazenod, il pensiero va immediatamente a quel Venerdì Santo che si pensa sia stato nel 1807. Leggendo la sua vita e i suoi scritti possiamo costatare molti altri momenti di conversione. Potremmo dire che la sua è stata una conversione “costante”.

Questa parola, “costante”, così come l’avverbio “costantemente”, torna con frequenza sotto la sua penna. Innanzitutto nella Prefazione alla Regola, quando domanda di «vivere in uno stato abituale di abnegazione e in una costante volontà di giungere alla perfezione».

L’impiego di questa parola gli era usuale. Nel ritiro del 1811 annota: «In mezzo ai pericoli innumerevoli che lo circondano, un sacerdote, se non esercita su di lui una vigilanza costante, corre seri pericoli di perdersi» (16a meditazione). In occasione della prima Messa aveva chiesto a Dio «la grazia di farmi conoscere la sua santa volontà: […] un’attenzione costante alla sua voce interiore per non far nulla che non sia secondo il suo beneplacito» (Intenzioni delle messe dal 25 al 27 dicembre 1811). Nel ritiro nel 1812 si propone di «rinunziare alle mie idee personali, dominando la mia volontà e i miei gusti, mantenendomi costantemente umile» (“Doveri verso Dio”). Sono soltanto alcune delle prime ricorrenze di questa parola.

Questa parola è rimasta presente nella tradizione oblata, fino a giungere alle nostre attuali Regole:

C 2: Il loro zelo apostolico è sostenuto dall’oblazione di sé senza riserve, costantemente rinnovata nelle esigenze della loro missione.

C 8: Profondamente vicini alle persone con le quali lavorano, gli Oblati saranno costantemente attenti alle loro aspirazioni e ai valori che esse portano.

C 47: La formazione […] implica una costante conversione al Vangelo.

C 63: La croce oblata, ricevuta nel giorno della professione perpetua, ci ricorderà costantemente l’amore del Salvatore.

C 68: Gli Oblati, strumenti del Verbo, devono restare flessibili ed aperti; devono imparare ad affrontare bisogni nuovi e a ricercare soluzioni a nuovi interrogativi. Lo faranno in un costante discernimento dell’azione dello Spirito che rinnova la faccia della terra (cf. Sal 104,30).

Questi testi, soprattutto quest’ultimo riguardante la formazione permanente, ci fanno comprendere che la conversione è un atteggiamento ininterrotto, è un cammino che permane lungo tutta la vita.

Più che fermarsi su un particolare momento o episodio di “conversione” di sant’Eugenio, occorrerebbe seguire il processo “costante” di conversione da lui vissuto e che l’ha condotto alla santità.

È quello che faccio nella conferenza che offro alla comunità il giorno della sua festa, il 21 maggio.

 

mercoledì 19 maggio 2021

Una mamma è per sempre

 


La foto potrebbe essere il ritratto di Maria con Gesù Bambino: un Natale… in Bangladesh. È la mamma di Arun, col quale abito qui a Roma. È morta il 15 maggio. A causa della pandemia il figlio non è potuto esserle vicino negli ultimi giorni di malattia e neppure essere presente al funerale.

Era una bambina orfana, lasciata in un ospedale del Bengala occidentale, in India. Nessuno conosceva il suo nome, l’origine, la religione… Un'infermiera del Bangladesh, che lavorava in quell’ospedale, la prese con sé. La portò poi in Bangladesh e la affidò alla famiglia di suo fratello. La bambina fu battezzata e le fu dato il nome di Agnes Costa.

Si è sposata quando aveva circa 14 anni. Il fratello maggiore del marito diceva che il loro padre – il nonno di Arun – aveva portato in sposa per il figlio minore la ragazza più bella dei cinque villaggi dei dintorni.

“Il ricordo più bello della mamma – racconta Arun – è quando mio padre e mia madre mi hanno offerto al vescovo Moses Costa durante la Messa della mia ordinazione nel 2002. Ho visto lacrime di gioia nei suoi occhi. Nel 2018, quando ero in Bangladesh in vacanza, la mamma mi disse che voleva confessarsi. Ero indeciso, ma alla fine ho accettato a condizione che, dopo la sua confessione, ascoltasse la mia confessione. È un bel ricordo. Quando è morta, aveva in mano il rosario che le avevo portato da Roma durante la mia ultima vacanza”.

La mamma ci ha lasciati il 15 maggio, alla vigilia della domenica dell’Ascensione. “Credo che il giorno dell’Ascensione – ha scritto Arun –  il Signore si sia portato mia madre con sé in cielo. Mio padre è morto il 6 maggio 2008 e ora mia madre ci ha lasciati il ​​15 maggio. È una benedizione che ambedue ci abbiano lasciato nel mese di Maria. Mia madre è venuta al mondo come orfana. Ma al suo funerale il vescovo è stato il celebrante principale, e c'erano sacerdoti, suore, cristiani e non-cristiani… È stata sepolta accanto a mio padre nel nostro cimitero”. 

“Sarò vostra madre da viva e da morta”, scriveva sant’Angela Merici. Credo che ogni mamma possa dire queste parole. Una madre è madre per sempre. È la persona che generalmente più di tutti ha cura dei figli, si interessa a loro con affetto attento e sollecito, si occupa e si preoccupa di loro, li segue, a volte anche in silenzio, spesso impotente davanti al loro futuro, ma sempre partecipe del loro cammino, gioendo e soffrendo… L’amore materno è fedele per natura.

martedì 18 maggio 2021

Le regole della casa



Sono a poche decine di metri da dove abito. Vado a trovarle per la prima volta da quando sono qui, ormai quasi 12 anni! C’è sempre una prima volta per tutto…

Sulla porta della cucina una serie di adesivi ricordano le “regole di casa”:

- essere felici
- non lamentarsi
- ridere tanto
- essere sinceri
- mantenere le promesse
- credere in se stessi
- amarsi

E brave queste anzianotte giovanissime Suore delle poverelle!

lunedì 17 maggio 2021

Lo specchio e la finestra

 


Guardo le molte riviste missionarie che ricevo e alcuni siti di Istituti religiosi.

Alcuni mi fanno pensare a degli specchi. Riflettono l’immagine di chi scrive: volti sorridenti di religiosi e religiose, simboli enfatizzati del proprio Istituto, spesso con un gusto un po’ rétro... È un modo di proporsi. Per certi aspetti lodevole. Anche perché dietro c’è forse il desiderio di attirare nuove vocazioni. Rischia però di tradire autocompiacimento e autoreferenzialità.

Altri mi sembrano delle finestre. Consentono di vedere quello che i missionari e i religiosi vedono. Lo sguardo non è posato su se stessi ma sulla società d’intorno, letta attraverso la particolare ottica del carisma, che spesso fa vedere cose che abitualmente non si vedono o non si vogliono vedere. Sembrerebbe tutto più spersonalizzato, mentre invece credo sia proprio ciò che dà la giusta identità.

La Regola oblata afferma che dobbiamo guardare il mondo “attraverso lo sguardo del Salvatore crocifisso”. Chissà come Gesù vede il mondo Gesù dall’alto della croce. Per chi vive e per chi sta dando la vita?

Mi ha colpito quanto scrive suor Alessandra Smerilli in un suo recente articolo. Fa notare come abitualmente si chiede alle persone: “Di cosa ti occupi?”; mentre sarebbe più opportuno chiedere: “Di chi ti occupi?”.

Mi sembra che sia davvero questione di sguardo. Guardiamo l’istituzione per la quale lavoriamo o le persone per le quali lavoriamo e di cui ci occupiamo? Abbiamo davanti uno specchio che rimanda a noi stessi o una finestra che si apre e ci apre sugli altri?

domenica 16 maggio 2021

Respirare bellezza

 


Soltanto questa sera mi sono reso conto che in nessuno dei tre dizionari di spiritualità che ho sul mio scaffale esiste la parola “bellezza”. Che strano. Come si può vivere senza bellezza?

«Amiamo forse altro che il bello? – si domandava Agostino –. E cos’è il bello, che cos’è la bellezza? Che cos’è che ci attrae e ci concilia con le cose che amiamo? Se non ci fosse in essa armonia e bellezza, non ne saremmo attratti» (Confessioni II, 16).


Per fortuna, dopo tanti giorni di restrizioni, il FAI, in questi due giorni di primavera, ha riaperto siti che ci fanno respirare bellezza.

Sono stato a visitare Villa Blanc, sulla Nomentana, riscattata dalla Luiss dopo vent’anni di abbandono e di degrado, e riportata al suo antico splendore.

Fa bene respirare bellezza, entra negli occhi, nella mente, nel cuore, e nutre l’anima.



sabato 15 maggio 2021

Con il corpo


“Paradiso, Paradiso”. Chi non ricorda queste parole di san Filippo Neri, con le quali relativizzava tutto e metteva bene a fuoco ciò che conta e che resta?

“Pane e paradiso”, diceva invece Don Guanella, attorniato, più di quanto non lo fosse Filippo, da persone da sfamare. Ma alla fine, anche per lui, l’ultima parola era Paradiso…

“Pane e paradiso” prometteva anche p. Gaetano Drago agli operai che costruivano la casa generalizia degli Oblati dove vivo…

Chissà quante cose belle si potrebbero dire nel giorno dell’Ascensione di Gesù al cielo. Qualcosa l’ho scritto l’anno scorso a commento al Vangelo di Marco che si legge questa domenica: http://fabiociardi.blogspot.com/2020/04/le-parole-del-risorto-4.html

Certo è che l’ultima parola spetta al Paradiso, come l’ultimo atto di Gesù è salire al Paradiso. E riempie il cuore di cielo! Eppure non si può mai disgiungere dal pane, quasi a ricordare che al cielo Gesù è salito con il corpo. Anche noi il corpo, con tutta la sua concretezza, con i rapporti che lo legano alla creazione e alle altre persone, non possiamo lasciarlo in terra chissà dove: fa parte di noi, della nostra identità. O forse sì, lo lasceremo per un po’ sotto terra, ma solo provvisoriamente. Prima o poi lo riprenderemo e lo porteremo con noi nella risurrezione. Non ne possiamo fare a meno, come non possiamo fare a meno del pane. Neanche Gesù ha potuto farne a meno. Pane e Paradiso.

venerdì 14 maggio 2021

Famiglie carismatiche in dialogo


 

Associazione - AMCG Famiglie Carismatiche

15 maggio, dalle ore 15 alle ore 18

su piattaforma Zoom, con traduzione disponibile in spagnolo, francese e inglese.

Di seguito le informazioni di accesso all’incontro:

https://us02web.zoom.us/j/85165070163?pwd=cko4M1hBL2t6STJaR3lhcTdFbWxDUT09

Meeting ID: 851 6507 0163

Passcode: 2021

L'incontro approfondirà il tema: “Il Carisma condiviso come lievito e opportunità per prendersi cura della Casa comune”.

Il titolo della giornata che vivremo è: “Famiglie Carismatiche nella e per la Casa Comune”.

Continuiamo insieme il cammino di approfondimento e formazione, cercando di cogliere come l’impegno nel costruire una sana relazione nelle e tra le Famiglie Carismatiche, ci permette di essere promotrici e promotori di cura nella Casa Comune.

Ci sarà anche lo spazio per condividere alcune esperienze, come potete vedere dal programma accluso.

L’incontro in videoconferenza ci offre la possibilità di allargare il nostro scambio e di sperimentare la ricchezza della diversità: perciò vi incoraggiamo ad estendere l'invito a tante e tanti altri membri delle vostre Famiglie Carismatiche. Sarà l’occasione per accogliere anche chi si avvicina per la prima volta, per chi vuole conoscere il cammino che stiamo facendo insieme, e per chi già lo condivide da tempo.

Comitato Esecutivo – AMCG Famiglie Carismatiche

 Programma

14.45

Collegamento

15.00

Benvenuto - Preghiera iniziale - Saluti

15.40

Presentazione della giornata e intervista a p. Fabio Ciardi - 1° parte

16.10

Esperienza della Famiglia De Vedruna

16.30

Pausa

17.00

Esperienza della Famiglia Lasalliana

17.15

Intervista a p. Fabio Ciardi - 2° parte

17.30

Esperienza della Famiglia Guanelliana

17.45

Ringraziamento e saluti

 

Preghiera conclusiva

giovedì 13 maggio 2021

Quella ragazzina che arriva col suo paniere...


 


L’angelo era appena partito da lei. In Maria si era compiuto il più grande evento che la storia avesse mai conosciuto: lo Spirito Santo era sceso su di lei, ed era stava avvolta dalla potenza dell’Altissimo; l’Onnipotente e il Santo aveva preso carne in lei; l’infinito Iddio si era rimpicciolito e si era fatto figlio suo.

Sarebbe stato più che naturale fermarsi in raccolta contemplazione. Maria invece si alza e ma va. Esce da sé per andare incontro all’altro. Mette da parte l’indicibile evento di cui è protagonista per entrare nell’evento dell’altro, la parente Elisabetta, che pure è stata visitata da Dio ed ha concepito un figlio.

È un passaggio repentino. Alzatasi, intraprende il viaggio “in fretta”. L’amore non conosce lentezze. “In fretta”, una parola che significa anche diligenza, premura, entusiasmo. Non è con rammarico che Maria si dimentica di sé per volgere la sua attenzione a Elisabetta, ma con gioiosa dedizione.

“Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (1, 40). Cosa le disse? Il Vangelo non riporta le parole di Maria. Forse le disse semplicemente “shalom”, ma è bastato un saluto perché il bambino in seno a Elisabetta sussultasse.

Comincerò così il mio breve intervento per l’appuntamento mensile sui “Santi della carità”. Solo che questa volta protagonista sarà la Santa per eccellenza. Mi lascerò ispirare da questo dipinto africano che ho visto casualmente questa mattina. Mi è piaciuta questa ragazzina con il paniere in mano che arriva al villaggio di Elisabetta…

Darò voce a p. Nicola Ventriglia che ci parlerà da Lourdes e a Cristina, una giovane di Roma che ci dirà la sua esperienza con Maria… Ma poi tutti potranno prendere la parola.

L’appuntamento è venerdì 14 maggio alle 21.

https://us02web.zoom.us/j/85874471379?pwd=cWhoWkhhVjNSazBjRHpzaGlKN1pPdz09

ID riunione: 858 7447 1379

Passcode: 639367

 

mercoledì 12 maggio 2021

Fraternità aperta

 

Il 4 febbraio 2019 papa Francesco ad Abu Dhabi ha firmato una sorte di “enciclica” assieme ad un  musulmano: Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Gesto che ha scandalizzato più di una persona, non meno di altri gesti che egli ha posto con scelta consapevole e con determinazione. Lo spiega e lo giustifica in Fratelli tutti: «Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra le mie preoccupazioni. (…) Mi sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi. (…) Non si è trattato di un mero atto diplomatico bensì di una riflessione compiuta nel dialogo e di un impegno congiunto» (n. 5).

La comunione che oggi evangelizza non è più soltanto quella all’interno dei nostri gruppi ecclesiali o della Chiesa stessa, ma quella che i cristiani costruiscono attorno a loro in tutti gli ambiti umani, in tutte le culture, con le persone le più diverse, fino a diventare «costruttori di un nuovo legame sociale» (n. 66). Non possiamo limitarci alla «propria cerchia di appartenenza» (n. 80), occorre che «allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale» (n. 83).

È davvero una cultura nuova, che vede nell’altro, chiunque esso sia, un fratello, una sorella, abbandonando forme, avvalorate dalla stessa religione, «di nazionalismo chiuso e violente, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi» (n. 86). Con coraggio il Papa propone una «amicizia sociale che non esclude nessuno», una «fraternità aperta a tutti» (n. 94). L’intera enciclica è una proposta di una «volontà politica di fraternità», la sola capace di creare libertà e uguaglianza (n. 103), con velata critica ai propositi della Rivoluzione francese non pienamente adempiuti perché ad essere disattesa è stata proprio la fraternità. La grandezza e la bontà di Dio la si testimonia più efficacemente in una fraternità capace di inglobale persone d’ogni credo e anche senza un riferimento religioso.

Il dialogo e la comunione si esprimono allora in nuove dimensioni fatte di «avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, creare punti di contatto» (n. 198). È l’inizio della “cultura dell’incontro”, che avvia processi per raccogliere le differenze, riconoscere all’altro il diritto di essere se stesso, imparare da tutti, scoprire che «nessuno è inutile, nessuno è superfluo» (n. 215-221). Il Papa declina questa fraternità nei rapporti personali, a livello economico, politico, sociale, interculturale, interreligioso, con una visione a tutto campo, per il superamento di narcisismi localistici o chiusure mentali.

Non è questa la testimonianza più bella che la Chiesa può dare di Dio Amore? Lo annuncia nel momento stesso in cui si pone al servizio degli altri. Forse sarà così che il mondo crederà.

 

martedì 11 maggio 2021

Attualità del ricordo


Sto leggendo con interesse Congo di David Van Reybrouck (si capisce che mi sto preparando a scrivere la biografia di Giovanni Santolini?). Mi ha colpito una frase che non ha niente a che fare con il Congo, ma che è fondamentale per la raccolta delle testimonianze da parte dell’autore:

“Non c’è niente di più attuale del ricordo”.

Chissà perché questa frase mi ha particolarmente impressionato. Forse perché la trovo verissima. Non si tratta di nostalgie o di rimpianti. Mi sembra piuttosto che l’attualità del ricordo sia  un fattore propulsivo che spinge in avanti, dando forza, sicurezza, fiducia. Senza una storia, fatta di persone e di fatti, si è come spiantati e spaesati. Possono essere anche esperienza negative, non importa. È come avere radici salde, che consentono all’albero di svettare nel cielo.

lunedì 10 maggio 2021

Naufraghi nel mare di Dio

 


Sono ancora in meditazione del libro di Pomilio, Il Natale del 1833, che descrive la tragica ed eroica lotta di Manzoni nella crisi di fede dentro la fede. Per quanto lotti contro l’incomprensibile agire di Dio, sa che dovrà pure arrendersi. Pomilio rende il dramma interiore facendo scrivere al suo eroe una frase che forse tutti possiamo sottoscrivere perché, in qualche momento della vita, tutti l’abbiamo pronunciata: “Se pure corressi per mari stranieri tornerò sempre, Signore, a far naufragio nel tuo”. Quante volte in un atto di ribellione a Dio abbiamo pensato di piantare tutto. Ma poi viene da dire: E adesso dove vado? E senti che per quanto vuoi fuggire non c’è la farai mai e alla fine torni.

Non è soltanto per immagine di mare e naufragi che mi tornano alla mente Dante e Leopardi.

Piccarda nel Paradiso di Dante ricorda che tutti gli esseri vogliono perdersi nella volontà di Dio come in un mare verso il quale tutto si muove: “E ‘n la sua volontade è nostra pace: / ell’è quel mare al qual tutto si move” (III, 86-86).

Diversa e pur simile l’esperienza di Leopardi nell’Infinito:
“… Così tra questa
immensità s’annega il pensiero mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Poesia e mistica continuano a intrecciarsi e si rispecchiamo anche nella nostra piccola vita quotidiana.