venerdì 30 settembre 2022

Sono contento

 

“Dio incita l'uomo a rialzarsi dal peccato, poi, con la luce della fede, illumina l'intelligenza. Dopo, mediante un certo gusto e un certo sapore, infiamma la volontà.

Quando Dio ha fatto la sua opera, basta che l'uomo dica: sono contento, Signore, fa' di me ciò che ti piace, mi decido a non più peccare e a lasciare, per il tuo amore, ogni cosa del mondo.

Così facendo si trova talmente infiammato che rimane sbalordito e stupefatto e non può volgersi altrove. In quest'unione spirituale l'uomo è legato a Dio con un vincolo quasi indissolubile, perché Dio fa quasi tutto, avendo ricevuto il consenso dell'uomo. Se egli si lascia portare, Dio lo stabilisce e lo conduce fino a quella perfezione che gli ha destinato”.

Per oggi mi bastano queste parole di Santa Caterina da Genova

giovedì 29 settembre 2022

29 settembre 1970

29 settembre 1970. Un anno dopo. Anche questa volta non ci sono foto. C’è comunque una nuova immaginetta. Quella del 28 settembre 1969 era delle Suore apostoline di Castelgandolfo, questa è delle Trappiste di Vitorchiano; quella in bianco e nero, questa a colori. Sul retro anche questa volta l’annotazione scritta da padre Marino, il maestro di noviziato: “Marino 29 settembre 1970”.

Quel giorno abbiamo pronunciato i primi voti nelle mani del superiore generale, p. Leo Deschâtelets, in una semplicità esterna e una intima indicibile gioia, nella sala della casa della Signora Caterina Siracusa Solina, una delle tre case, assieme a quella del noviziato e del centro giovanile, che poi ella lasciò agli Oblati. 

Il diario di Noviziato di quel giorno recita:

“Alle 16.30 si è svolta la liturgia della nostra professione religiosa. La celebrazione è stata presieduta dal Rev.mo Padre Generale. All’omelia, P. Contiguglia ha rievocato le vie della Provvidenza sulla Opera di Marino, cominciando dal sacrificio di P. Armando Messuri a cui si è ispirata la generosità della nostra benefattrice. Si è soffermato pure sul significato della consacrazione dicendo che essa è: “la più perfetta risposta di amore alla più grande esigenza di amore”.

Tra i presenti il R. P. Provinciale e diversi Padri e Fratelli, la sorella di p. Mario Borzaga: Lucia, i fratelli di P. Messuri e un gran numero di Suore della S. Famiglia con le Superiore, riunite a Marino per il loro C.P.A. e anche Luciano. Le parole che il Rev.mo P. Generale ha rivolto alla fine della Messa sono state espressione di gioia e di incoraggiamento. Il P. Generale si è pure fermato con noi a cena in un clima di fraterna semplicità. Gli abbiamo presentato alcune sue foto-cartoline da firmare per ognuno di noi e a ciascuno ha trascritto una frase delle vecchie Regole, espressioni molto indovinate per le persone alle quali erano dirette. Ne ha data una anche ai Padri, alle Suore, a Caterina e a Luciano il quale si è commosso e come ringraziamento ha cantato due delle sue canzoni”.

Per me p. Deschâtelets aveva scritto: “Ut proferatur Regnum Christi!”, quasi una parola d’ordine per la mia vita religiosa. Era in sintonia con la frase scritta sull’immaginetta che mi aveva dato p. Marino: “Voleva essere per gli altri una porta aperta sulla speranza”.

E' come la continuazione del progetto del 28 settembre 1969: un cammino, ma non da soli; una meta da raggiungere insieme; il coinvolgimento con l'annuncio del Regno, fino a diventare "porta" che fa spazio ad ognuno e lascia entrare nella novità della vita.



mercoledì 28 settembre 2022

28 settembre 1969

 

28 settembre 1969. Non si facevano foto allora. Di quel giorno rimane un’immaginetta (quelle allora si usavano), con dietro semplicemente: “Marino 28 Settembre 1969”. La scrittura è della mano di padre Marino, che quel giorno iniziava la nuova missione di maestro di novizi. Ed io, assieme a Peppino, Celso, Stefano, Rino e i due Raffaeli, ero uno di quei novizi che quella sera iniziavano la nuova avventura del noviziato nella casa di Marino, per la prima volta sede di noviziato.

L’immaginetta riproduce la foto di una statua di Maria che mostra e dona Gesù, assieme alla scritta: “O Maria, tu conosci i disegni di Dio sopra di me. Nelle tue mani affido la mia vocazione. Fa’ che io segua la via che Dio ha preparato per me. Dirigi tu stessa i miei passi nelle via di Dio”.

Padre Marino aveva ben scelto questo testo. C’è un disegno di Dio su di me, come su ogni persona. Ancora non lo conoscevo pienamente. Ancora non lo conosco pienamente. Maria lo conosce e quindi mi accompagna nella sua realizzazione.

C’è una via preparata per me, come per ogni persona. Lasciamo a Dio, che si è fatto Via e Viatore, di accompagnarci lungo questo cammino.

Gesù, stando al Vangelo di Luca (9, 51), che la Liturgia ci fa leggere in questo periodo, iniziò il suo cammino verso Gerusalemme con decisione. Letteralmente: “Rivolse fermamente il suo volto verso Gerusalemme”. Il volto di Gesù guarda Gerusalemme, la meta finale del suo cammino. La meta deve essere sempre ben chiara, occorre sapere dove si è diretti, altrimenti il cammino non è lineare e diventa un girovagare a caso, non è più un cammino ma una semplice passeggiata. Puntare alla meta! Averla sempre davanti: conosco l’obiettivo della mia vita, so per cosa vivo, per chi vivo. È una decisione – arrivare alla meta – che esige coraggio, costanza, fermezza, senza tentennamenti… Subito dopo il Vangelo mostra alcuni discepoli che vogliono seguire Gesù verso Gerusalemme, sospesi tuttavia da tanti “ma”, forse, aspetta, un momento, prima dovrei…

Come sono partito quel 28 settembre di 53 anni fa? E soprattutto com’è stato questo lungo cammino? Ho ancora il volto fermamente rivolto alla metà?

Mi consola il salmo 36:
"Il Signore fa sicuri i passi dell’uomo
e segue con amore il suo cammino.
Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano".



 

martedì 27 settembre 2022

Se Dio è Amore dillo a tutti

 

Se il fuoco dell’amore di Dio ci ha infiammati, non possiamo non infiammare chi si sta attorno. Il fuoco, per alimentarsi, ha bisogno di incendiare. «Fuoco sono venuto a portare sulla terra – ha detto Gesù – e come vorrei che fosse già acceso» (Lc 12, 48). Anche noi come lui. Vuole che anche noi, come lui, siamo luce che brilla e illumina (cf. Gv 1, 9; Mt 5, 15).

Se abbiamo scoperto che Dio è Amore, non possiamo non annunciarlo a tutti e ripetere: “Dio ti ama, immensamente, pazzamente, fino a dare la vita per te: si prende cura di te perché tu per lui sei tutto… Hai un Padre!”. L’evangelizzazione è l’annuncio della grande scoperta, della buona notizia: “Dio è Amore”!

Nella sua prima lettera è l’apostolo Giovanni a dare il grande annuncio: “Dio è Amore”. E subito mostra che questa verità va condivisa con tutti: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1 Gv 1,1-4).

Per il discepolo prediletto l’annuncio è la condivisone dell’esperienza vissuta con il Signore. Non afferma un credo astrato (Chi è Dio?), ma il frutto del rapporto personale con Gesù, dal quale ha appreso cos’è l’amore vero, chi è l’amore vero (Chi è il Dio che ho incontrato).


lunedì 26 settembre 2022

Amare Dio

Credere all’amore di Dio è come aprire gli occhi ed accorgersi che egli è presente nella nostra vita, nella vita delle persone attorno a noi, nella storia dell’umanità e che niente accade a caso: tutto è espressione del suo amore. Tutto acquista significato, anche il dolore, la malattia, la prova. Tutto è amore di Dio.

Dio è amore? Nasce allora in cuore un solo desiderio: Se Dio mi ama, anch’io voglio riamarlo. Rispondo al suo amore con il mio amore,

Gesù mi ama con tutto sé stesso, fino alla morte? Anch’io lo amo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Voglio donargli tutta la mia vita.

“Dobbiamo amare molto l’Amore di Colui che molto ci ha amato”, ammoniva san Francesco.

Possiamo pregare con santa Maria Maddalena de’ Pazzi: «O amore, mai desisterò di chiamarti amore, sapienza del Padre, bontà dello Spirito Santo, unità, unità della Santissima Trinità, amore non amato né conosciuto, amore antica e nuova verità. (…) Altro non vi chiederei se non l’amore, né altro so che chiedermi se non l’amore, perché, se io ho l’amore, ho ogni cosa e, se io non ho lui, mi manca ogni cosa di bene» (Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi, Genova, Marietti, 1988, pp. 425-426).

sabato 24 settembre 2022

Un missionario come quelli di una volta


Ho letto il libro di p. Giancarlo Todesco, Al primo raggio di luce: pace! Pubblicato dalla microscopica “Editrice Missionari OMI” avrà una diffusione limitatissima. Invece meriterebbe una larga diffusione. Perché?

Perché è la testimonianza luminosa di un missionario semplice, puro, tutto dedito ai poveri, pronto ad andare da un popolo all'altro, a imparare sempre nuove lingue, purché a tutti sia annunciato l’amore di Dio e il Regno di Dio avanzi.

Laos, Senegal, Guinea Bissau, di nuovo Senegal. Ma dire Laos vuol dire prima una etnia e quindi una lingua, poi un’altra e quindi un’altra lingua e un’altra e un’altra lingua ancora… Etnia è troppo vago: concretamente vuol dire uomini, donne, bambini vecchi, con nomi, volti concreti che anche noi, leggendo il libro, impariamo a conoscere. Un amore particolare per ogni persona, una risposta appropriata a ogni bisogno. Lo stesso in Senegal: da un paese all’altro, da una lingua all’altra. Una vita, quella di p, Giancarlo, che sembrano mille vite.

Quello che colpisce non sono le avventure e le disavventure, gli aneddoti di cui il libro è ricco. Quello che tocca il cuore è la fede che sprizza da ogni pagina, lo slancio apostolico, l’abbandono fiducioso nella Provvidenza, l’amore concreto per ogni singola persona,

Un missionario come l’hai sempre sognato.

Nessuno ci sia indifferente

L’uomo ricco di cui parla la parabola non è cattivo. Non fa niente di male. Conduce una vita tranquilla, pacifica, godendosi le ricchezze accumulate: veste bene, organizza banchetti... Non compie angherie contro il povero, non gli fa del male. Infatti gli è del tutto indifferente, lo ignora completamente. Per lui è come

se non esistesse. La ricchezza l’ha accecato e lo rende incapace di accorgersi della miseria e della solitudine in cui vive Lazzaro. Il quieto benessere l’ha ridotto peggio di una bestia. Almeno i cani si accorgono del povero e gli leccano le piaghe. Il ricco è fortunato, stimato, onorato nel suo ambiente: è qualcuno. Il povero è socialmente qualificato, non conta niente: è nessuno.

Agli occhi di Gesù è tutto il contrario. Ha un modo diverso di valutare persone e situazioni. Per lui il ricco non vale niente, nel suo racconto non gli dà nemmeno un nome: una nullità. Si credeva ed era ritenuto chissà chi e si ritrova all’inferno. Il povero invece Gesù lo chiama per nome, Lazzaro, un nome che rimarrà nei secoli a ricordare il suo amore di predilezione per i piccoli, i poveri, gli ammalati, gli scartati. E soprattutto gli dà il paradiso. Questi è consolato, quello è tormentato. La situazione si è rovesciata.

Gesù sovverte i comuni modi di considerare. Proclama beati i poveri e lanci guai ai ricchi. Rivaluta chi è squalificato e svaluta chi è stimato, innalza gli umili e rovescia i potenti, ricolma di beni gli affamati e manda i ricchi a mani vuote.

Com’è facile anche per noi tenere in considerazione le persone ragguardevoli, omaggiare i grandi, essere ossequienti verso chi è influente. Com’è facile scartare i poveri, evitare gli ignoranti, rimanere indifferenti davanti a chi soffre, ignorare chi ha bisognoso di aiuto e non sa neppure chiedere per timore, incapace di far valere i propri diritti.

Dobbiamo proprio capovolgere il nostro modo di pensare e di agire, imparare a conoscere, a essere vicino, e chiamare per nome, con affetto, i lazzari che incontriamo. Che nessuno mai ci sia indifferente.

venerdì 23 settembre 2022

C'è un tempo per ogni cosa

 


Chi ha tempo non aspetti tempo. Non ho tempo… Non ho tempo da perdere… Il tempo è galantuomo. Ma come passa il tempo. Il tempo non passa mai. Ammazzare il tempo. Tempo perso. Ai miei tempi. Che tempi…

Quanti proverbi e quanti detti sul tempo. Filosofi e scienziati hanno pane per i loro denti, a cominciare da sant’Agostino che diceva candidamente: “Io so cos’è il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo”.

Forse il più bel poema sul tempo è quello scritto del sapiente Qoèlet:

“C’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo”. Ed enumera 14 coppie di “tempi”, quindi 28 diversi momenti della nostra esistenza. La prima e l’ultima coppia sono forse i tempi più importanti, che danno senso a tutti gli altri momenti della vita.

I primi due tempi sono quelli della nascita e della morte: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire”. Ovvio. Quello invece che non è per niente ovvio è il “tempo” della nascita e quello della morte. Non siamo in potere di questi due eventi fondamentali della nostra vita. Sono due tempi di cui non siamo padroni, che non possiamo disporre a nostro piacimento. Qoèlet non lo dice, ma sa che sono nelle mani di Dio. E con questo offre il significato profondo di tutto il suo poema sul tempo. Il nostro tempo è misurato dal tempo di Dio. Il nostro tempo è limitato, tra la nascita e la morte, piccolissimo, un soffio – “Tutto è un soffio” scrive Qoèlet all’inizio del suo libro. Dall’altra parte c’è il tempo di Dio, l’eternità.

Sapiente è colui che misura il proprio tempo su quello di Dio, colui che fissa il proprio briciolo di storia nell’eternità: soltanto così il mio tempo acquista consistenza e rimane incastonato nell’eternità. Il mio “soffio” entra nel respiro di Dio.

Saggio è colui che sa discernere i momenti, quello che c’è da fare e quello che c’è da aspettare, il tempo opportuno per ogni cosa: “Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo”. Tutto dobbiamo prendere dalle mani di Dio, così come ce lo dà. E occorre la sapienza del cuore per scegliere le cose giuste al momento giusto.

C’è poi la quattordicesima e ultima coppia di “tempi” nell’elencazione del poema: “C’è un tempo per la guerra e un tempo per la pace”. Possiamo cogliervi un chiasmo con l’inizio: “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire”. All’inizio prima c’è la vita e poi la morte. Ma la nostra esistenza non finisce con la morte. Alla fine prima c’è la guerra e poi la pace. I tempi sono incerti, gli accadimenti molteplici, ci sono cose belle e cose brutte nella vita. Ma alla fine? Il termine della nostra esistenza, per quanto difficile possa essere stata, è comunque la pace! 

Sì, perché “Dio vede e provvede”. “Siamo nelle mani di Dio”. “Non cade foglia che Dio non voglia”. E potremmo continuare con altri proverbi e altri detti sulla presenza amorosa di Dio nella nostra vita che la riscatta dalla morte, dalla guerra, dal soffio che va e non è più.

giovedì 22 settembre 2022

Ricordando le "Vacanze Paradiso"

Un mese fa la settimana in Francia. Oggi è arrivata una breve relazione . Uno stralcio:

Dal 16 al 21 agosto, una decina di famiglie con 30 bambini (in tutto 55 persone) si sono incontrate a Saint-Pierre-de-Chartreuse. Ogni sera Fabio incontrava i genitori, una volta che i bambini andavano a letto, per dare loro il tema del giorno successivo.

La mattina ci siamo incontrati tutti per ascoltare Fabio che dava il tema a bambini e genitori. Poi, tutta la mattina e il pomeriggio: attività, giochi, canti, passeggiate, dove bambini e genitori hanno vissuto insieme il tema della giornata.

Come l'anno scorso, l'atmosfera è stata bellissima fin dal primo giorno ed è migliorata giorno dopo giorno. La presenza di Dio in mezzo a noi è stata molto forte, al punto da cambiare il cuore di molte persone.


Alcune impressioni dei partecipanti:

Stéphanie ed Étienne: I nostri figli erano già qui l'anno scorso e da un anno ci chiedono di tornare... Uno di loro ci ha detto: Restiamo qui per tutta la vita.

Julien e Dahlia: è stato un momento di condivisione, ognuno al proprio ritmo, un bel viaggio: ci siamo aspettati e ci siamo ritrovati. Abbiamo apprezzato la gentilezza. È un assaggio di paradiso. Torneremo.

Jean-Philippe: Sono stato toccato dall'atmosfera tra le famiglie. È fonte di gioia vivere nell'amore. Anche se siamo stanchi, lasciamo questo clima d'Amore con grande gioia.

Marie-Anne: Ci è stato chiesto all'ultimo momento di venire per questo incontro, parto molto serena, molto felice. Fabio ha detto, per riassumere, che arriviamo tutti in Paradiso, e che a volte facciamo una deviazione attraverso il purgatorio, ma la cosa più importante è che ci arriviamo.

Samuel e Myriam: Non immaginavamo che sarebbe stato così profondo, così ricco, grazie a Fabio che ha saputo parlare sia ai bambini che ai genitori. Abbiamo la sensazione di una bella unità tra tutti noi. Ci lasciamo guidare. Siamo stati toccati dal Cielo. Ne abbiamo davvero bisogno nella nostra vita quotidiana. 

Angélique (è venuta con il suo bambino di tre settimane): L'anno scorso sono stata proprio toccata. Abbiamo beneficiato degli insegnamenti di Fabio durante tutto l'anno. Sapevo cosa mi aspettava una volta qui, sapevo che era Dio che avrebbe agito. Questo è ciò che ci è stato dato di vivere. In ogni momento abbiamo la sua grazia. Possiamo pensare a come darlo oggi, nel nostro mondo tormentato è possibile, pensare a come avvicinare tale e tale persona al Paradiso.

Séverin: Vediamo davvero cose belle, che fanno venire voglia di migliorare e danno speranza.

Martine: È la stessa unità che abbiamo sperimentato l'anno scorso. Avevamo bisogno di stare insieme come famiglia sotto lo sguardo di Dio. Ci riempiamo di questo per partire. Questa unità la troviamo in tutte le famiglie.

Isabelle: C'è qualcosa di unico qui, tutta la famiglia insieme, l'una con l'altra. Abbiamo creato un angolo di paradiso sulla terra. Ogni famiglia è un dono.

Juan Pablo e Carla: Mai fatta un'esperienza del genere. Mi pareva che tutto fosse stato preparato per noi. Ho sentito davvero l'amore di tutti per noi e anche per i bambini. Ho trovato molto bello che il programma fosse preparato per i bambini. Oggi si compie un mese da quando è finita quella che per noi è stata la miglior vacanza della nostra vita, perché ci ha fatto sperimentare il Paradiso. Sappiate che ci capita spesso di ricordare con i bambini i bei momenti vissuti insieme e di avere un po' di nostalgia. Siamo grati per tutto quanto avete fatto per noi: ci siamo sentiti super-amati. In questo mese abbiamo ripreso la scuola con i suoi ritmi e le varie attività dei figli.


mercoledì 21 settembre 2022

Nelle stanze di sant'Eugenio a San Silvestro

Tante volte ho scritto su san Silvestro al Quirinale, la dimora romana di sant’Eugenio. (Vedi ad esempio https://fabiociardi.blogspot.com/2016/10/san-silvestro-al-quirinale-dimora.html)
Il convento dei Teatini, che al tempo di Eugenio era da poco abitato dai Vincenziani, è stato espropriato con l’unità d’Italia e oggi ospita gli uffici della Corte Costituzionale. Il terzo piano, costruito probabilmente in un momento tempo successivo, è occupato dal Comando dei Carabinieri. Tante volte mi sarebbe piaciuto andare a vedere dove poteva trovarsi la stanza nella quale abitava sant’Eugenio. Nel suo diario offre delle coordinate: «Sono contento del bello spettacolo che scopro dalla mia finestra da dove spazio su tutta la città vedendo davanti a me, sotto il giardino della casa dove abito, i giardini di Palazzo Colonna; di fronte, a poca distanza, le cupole del Gesù e di altre chiese; un po’ più lontano S. Andrea della Valle; a sinistra la Colonna Traiana, a poca distanza da lì il Campidoglio, a destra S. Ignazio, il Collegio Romano e l’osservatorio; più lontano la Colonna Antonina, Montecitorio, piazza del popolo e tanti altri notevoli edifici; al di sopra di tutto questo il bel Vaticano e questa incomparabile cupola di S. Pietro: tutta la città insomma» (Diario, 13 dicembre 1825). L’unica cupola che si può vedere adesso è quella di una delle chiese gemelle in piazza di Spagna. Il resto rimane al di fuori della visuale a causa del grande palazzo dell’INA costruiti proprio di fronte.
Mi ha sempre incuriosito anche la finestra con il piccolo balcone che dà sull’interno della chiesa. Quando nel 1832 Eugenio venne nuovamente ad abitare a San Silvestro in occasione della sua ordinazione episcopale, cambiò di stanza e dimorava proprio in quella con la finestra sulla chiesa. Nel diario scrive infatti che da lì vedeva il Santissimo e di notte lo pregava.
Finalmente mi sono deciso e grazie al Rettore della chiesa, p. Luigi Mezzadri, sono riuscito a ottenere il permesso per visitare il palazzo. È venuto il direttore in persona a guidarci, accompagnato dal responsabile della sicurezza. Con me anche p. Diego, il postulatore. Ambienti ariosi, chiostro con una selva d’alberi, corridoi ampi, un susseguirsi elegante di celle ora trasformate in uffici.
Chiedo subito di vedere la stanza la cui finestra, sempre chiusa, dà sulla chiesa: è l’unico luogo certo dove ha abitato sant’Eugenio. E non solo, in quella stanza ha vissuto anche il cardinale Teatino san Giuseppe Maria Tomasi, antenato di Tomasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo.

Entriamo nella stanza, oggi ufficio del pompieri. Delusione. C’è un muro dove una volta c’era una finestra, forse tirato su fin dal tempo delle incamerazioni. Non si può più guardare l’interno della chiesa! Non credo che i pompieri vi passino la notte in preghiera.
Andiamo nell’altra ala, dalla quale una volta si vedeva “tutta la città”. In quale cella avrà abitato sant’Eugenio? Sono tutte rigorosamente uguali, ora uffici luminosi, come luminose erano le celle di allora. Bastano pochi passi in quei corridoi del secondo piano che circondano il cortile per trovarsi subito nel mondo degli inizi 1800. Come allora silenzio, compostezza, serietà, laboriosità. Allora si studiava la legge di Dio, oggi quella dello stato. Non ci sono più i Vincenziani, ma segretarie gentili e impiegati con giacca e cravatta che si inchinano al nostro passaggio. All’angolo del corridoio mi è sembrato di veder passare sant’Eugenio, ma forse mi sono sbagliato.




martedì 20 settembre 2022

Quello sguardo sempre nuovo

Rifletto ancora su quello sguardo di Gesù: “Fissatolo, lo amò”.

Non sentiamo in quello sguardo prolungato e intenso – “fissatolo” – tutta una premura e un’attenzione particolare, prolungata, personale? Attraverso quello sguardo passa tutto l’amore di un Dio. La scelta che egli ha fatto di me da tutta l’eternità, accade in un tempo e in uno spazio determinati, si storicizza qui e ora, e trova la sua attuazione in quell’incrociarsi del mio sguardo con quello di Gesù.

È lo sguardo di uno che mi conosce da sempre. Guardandomi mi “ri-conosce”! Sa già chi sono. Sa già il mio nome, prima ancora che io glielo dica. Da sempre mi ha portato in cuore.

La vocazione è questo sguardo d’amore che Gesù posa su di me, un rapporto di amore intimo e concreto che si intesse tra Dio e me, un colloquio che tra lui e me che cresce me giorno per giorno, con accenti sempre nuovi.

Ogni persona, uomo o donna, è chiamata a questo incontro con l’Amore: siamo fatti per amare, per incontrarci con la sorgente stessa dell’Amore. Siamo fatti per vivere in rapporto di comunione con lui. La realtà più bella e profonda della nostra umanità è la capacità di stare davanti a Dio a tu per tu: è nostro Padre e noi siamo figli e figlie suoi.

Perché ogni tanto non ci fermiamo a fare memoria di quando e di come Gesù è passato nella nostra vita? Quando abbiamo sentito il suo sguardo posarsi su di noi? Prendiamo tutto il tempo per percorrere la storia della nostra vocazione. Seguiamo l’invito della Lettera agli Ebrei: «Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali foste illuminati» (10, 32). Abbiamo mai scritto la storia della nostra chiamata? L’abbiamo ma raccontata a qualcuno? Almeno a noi stessi…

Ma la nostra vocazione non è un evento che rimane fissato nel passato, è una realtà viva, dinamica. Gesù continua a chiamarci ogni giorno. Sappiamo ascoltare la sua voce? Ci lasciamo guardare negli occhi? Ci lasciamo amare? 

lunedì 19 settembre 2022

Il Servizio Generale degli Studi Oblati

Ho avuto l’onore di parlare al Capitolo generale, a Nemi! Ho presentato il “Servizio Generale degli Studi Oblati”, istituito nel 2013, evoluzione del Centro di studi oblati nato tre anni prima. Mi è stato affidato fin dal suo inizio. 

L'obiettivo principale è promuovere, coordinare e sostenere gli sforzi di quanti svolgono attività di ricerca e studio in qualsiasi campo che riguardi la storia, la vita, la missione e la spiritualità degli Oblati, e di curare e fornire accesso alle fonti storiche, in particolare per ciò che riguarda sant'Eugenio, le prime generazioni di Oblati e lo studio e la ricerca compiuti nelle generazioni passate.

Penso che siamo tutti consapevoli dell'importanza di mantenere l'interesse per la nostra vita - storia e spiritualità. Senza radici, l'albero della Congregazione appassisce e muore. Spesso la conoscenza del nostro carisma, nella sua identità e nei modi in cui è stato vissuto, è piuttosto superficiale. I luoghi comuni e le cose ovvie si ripetono facilmente, senza andare in profondità. È quindi necessario che ci sia un centro che promuova e mantenga in vita la ricerca e gli studi.

I mezzi per raggiungere gli obiettivi del Servizio Generale sono innanzitutto le pubblicazioni, tra cui spiccano “Oblatio” e “Oblatio Studia”.

Iniziata nel 2012, la Rivista “Oblatio” pubblica tre numeri all'anno (finora 31 numeri), più un supplemento, “Oblatio Studia” (finora 11 volumi). La Rivista pubblica articoli in tre lingue: francese, inglese, spagnolo. Oltre a temi su storia e spiritualità, nella sezione “Vita et Missio” pubblica riflessioni su esperienze vissute. C'è spazio anche per la “Famiglia Oblata”, i laici e i membri degli Istituti di vita consacrata legati al carisma Oblato. Alto il numero degli autori, da tutti i Paesi del mondo. La Rivista è veramente lo specchio della vita della Congregazione. Si può fare di più, sia nel campo della ricerca che a livello di riflessione critica sulle sfide della nostra missione oggi, sulla nostra vita spirituale, sulla nostra presenza nella Chiesa.

Ho poi ricordato le numerose iniziative di animazione:
- i Convegni sull'inculturazione del carisma e sui martiri oblati spagnoli;
- i corsi personalizzati sulle Fonti Oblate e la spiritualità;
- la creazione di una “Biblioteca di consultazione”;
- gli esercizi spirituali in varie parti del mondo.

Naturalmente ho toccato tanti altri punti, prospettive, sogni… Ho evidenziato anche le lacune… Ho comunque concluso dicendo che sono molto contento del compito che mi è stato affidato in tutti questi anni, così come del costante sostegno, fiducia, incoraggiamento ricevuto sempre da tutti. Davvero una bella esperienza. Chi mi succederà farà certamente meglio: ho aperto la strada.

domenica 18 settembre 2022

Quasi amici

 

Ho accompagnato metà dei membri del Capitolo generale in gita (o pellegrinaggio?) a Greccio e Fontecolombo. Una giornata di sogno. Per i luoghi, innanzitutto, impregnati di carisma, che parlano ancora dopo 800 anni. Ma anche per il clima, finalmente fresco, il cielo tersissimo, il Terminillo che si poteva toccare con un dito… Soprattutto perché tutti erano molto contenti, e me l’hanno detto in mille modi.

Alla partenza, sul pullman, salutandoli con mio inglese maccheronico, ho esordito: “Allora, amici…”. E mi sono subito corretto. 

Mi sono infatti ricordato di quando sono arrivato alla casa generalizia 12 anni fa. Mi sono seduto accanto a un Oblato un po’ originale – come lo siamo tutti gli Oblati – e gli ho detto: “Allora, amico…”. E lui mi ha subito corretto: “Fratello!, siamo fratelli, non siamo amici”. Aveva ragione: appena si diventa Oblati si è subito fratelli di tutti gli Oblati del mondo; in quando a diventare amici… ci vuole tempo, occorre conoscersi…

In pullman ho raccontato questa storiella e ho ricominciato: “Allora, fratelli…”. Poi durante il giorno facendo da guida ogni tanto mi scappava: “Amici…” e subito tutti mi correggevano: “Fratelli!”.

Nel viaggio di ritorno ho detto: “Allora, quasi amici…”. E ho strappato un applauso divertito e sincero!

sabato 17 settembre 2022

Creatività e intraprendenza

Gesù elogia l’amministratore disonesto non per la disonestà, ma per l’intraprendenza. Davanti a una situazione difficile – licenziato in tronco – non si scoraggia, escogita subito un piano efficace e con decisione si dà da fare per metterlo in atto. Così anche noi davanti alle prove personali, ai problemi sociali, alle difficoltà che si oppongono all’annuncio del Vangelo.

Non è facile essere cristiani coerenti, affrontare situazione che ci superano. Che fare, allora? Rassegnarsi alla mediocrità? Arrendersi impotenti davanti al dilagare del male? No, non possiamo darci per vinti. Guarda con quanto accanimento e creatività i «figli delle tenebre» perseguono i loro fini. Perché per arricchirsi, aver successo, raggiungere il potere loro le inventano di tutte e noi per il Regno di Dio, in noi e tra noi, siamo così titubanti, in posizione di difesa, incapaci di creatività e audacia?

Allora dobbiamo fare come loro? No. Lo stile è tutto diverso, ma la creatività e l’intraprendenza devono essere pari.

venerdì 16 settembre 2022

Il respiro dell'anima. La preghiera in Chiara Lubich


 

La preghiera costituisce, in maniera non appariscente, un filo d’oro che lega l’intera vita di Chiara Lubich. Lo testimoniano i numerosi testi, disseminati tra i suoi scritti, nei quali ne parla, e soprattutto le preghiere personali e intense che vi affiorano costantemente. Raccolti in questo libro tali scritti suggeriscono un percorso per entrare nel più profondo rapporto con Dio.

Le pagine introduttive collocano l’esperienza della fondatrice dei Focolari nella più ampia tradizione cristiana e offrono una chiave di lettura, proprio a partire dalla preghiera, della spiritualità dell’unità.

Consegno questo mio ultimo libro ai lettori… Chissà se qualcuno si ricorderà di pregare anche per me…

giovedì 15 settembre 2022

Racconto di una vocazione

 


"Racconto di una vocazione - Eugenio de Mazenod, gli anni giovanili" è stato tradotto e pubblicato in tedesco. “Dio – mi scrive Felix, il superiore dell’Europa centrale – ti ha dato le capacità per esprimere e rendere comprensibili le nostre realtà con il linguaggio, con la logica, con la profondità e sensibilità spirituale. Soprattutto per quanto riguarda Eugenio, il fondatore della nostra Congregazione, hai dato alla Congregazione qualcosa di buono, fruttuoso e utile con i tuoi talenti in molti modi. Molte grazie per questo. È così importante per noi e nel nostro tempo”. 

Grazie Felix! Troppo buono.

In questo periodo ho dato il libro in italiano a diverse persone e ho ricevuto dei bei riscontri.




mercoledì 14 settembre 2022

Un Capitolo generale nel segno della speranza

Il Capitolo generale è iniziato nel giorno dell’esaltazione della Santa Croce.  “Quando guardo a voi, sorelle e fratelli, riuniti qui per questo Capitolo generale – ha detto il Superiore generale durante l‘omelia di apertura –, penso alle preoccupazioni che portate con voi: la tragedia della pandemia con tutte le sue conseguenze; situazioni di estrema povertà, guerre e conflitti; i rifugiati e i migranti; gli effetti della crisi climatica con siccità, inondazioni, gravi carestie e disastri naturali. Siamo di fronte a persecuzioni religiose, politiche e sociali. In molte parti, la società e la Chiesa sono divise e in opposizione. La Chiesa soffre per gli scandali e la gente è indifferente, se non ostile, nei suoi confronti. In alcuni luoghi, la diminuzione della nostra Famiglia Oblata ha favorito un’atmosfera secondo cui non abbiamo futuro e stiamo morendo. Siamo nati per tempi come questi!

“Gli Oblati – ha continuato p. Louis – si distinguono per un solo segno, la Croce. In quello che sembra essere un clima di morte, proclamiamo la Croce di Gesù come segno di vita abbondante e di speranza radicale, che attira tutti gli uomini, ci riconcilia con Dio e ci riconcilia gli uni con gli altri. Siamo uomini, donne e giovani la cui speranza è radicata nella pienezza del mistero pasquale. Lo Spirito Santo, Signore e Datore di Vita, sta veramente lavorando in mezzo a noi per fare infinitamente di più di quanto noi possiamo anche solo chiedere o immaginare (cf. Ef. 3,20)”.

Ha quindi parlato della nostra fede: la Trinità è al centro del mondo e lo sta trasformando, anche se al momento non lo vediamo chiaramente. Dio è tra noi e con noi, cammina in mezzo a noi e ci sostiene.

Con questa visione di speranza ha guardato alla nostra missione: “tessere legami di comunione, testimoniando la gloria e la bellezza dell’amore preferenziale di Dio per quelli che soni i più rifiutati”.

È stata una mattinata di festa. Oltre naturalmente ai membri del Capitolo e al personale ausiliare, erano presenti tanti Oblati di Roma, a cominciare dallo Scolasticato, e un bel gruppo di laici della Famiglia Oblata, alcuni dei quali, in rappresentanza dei tanti laici dei diversi continenti, partecipano attivamente alla prima settimana del Capitolo.

Se il buon giorno si vede dal mattino, sarà un bel Capitolo generale.






martedì 13 settembre 2022

Inizia il 37*Capitolo generale OMI

 


14 settembre 2022: Inizia il 37° capitolo generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Si tiene a Nemi, nel “Centro Ad Gentes”. Una settantina i partecipanti, più il personale ausiliario.  Provengono da un gran numero di nazioni, come appare dall’albero che ho disegnato per l’occasione. Il compito che mi è stato affidato in preparazione a questo grande evento è infatti quello dell’allestimento degli ambienti, soprattutto con tutta una serie di pannelli.

Bello rileggere il compito che la Regola affida al Capitolo generale: “Si riunisce regolarmente per rafforzare i vincoli di unità e per esprimere la partecipazione di tutti alla vita e alla missione della Congregazione. (…)  Riunita intorno a Cristo, la famiglia oblata mette in comune le esperienze di vita delle sue comunità, le istanze e le speranze dei suoi ministeri. Il Capitolo è un tempo privilegiato di riflessione e di conversione comunitaria; insieme, in unione con la Chiesa, discerniamo la volontà di Dio nei bisogni urgenti del nostro tempo e lo ringraziamo per l'opera di salvezza che compie per mezzo nostro”.

Ho brevemente raccontato di alcuni Capitoli generali che hanno fatto la nostra storia. E' visibile sul sito appositamente creato per il Capitolo generale:

https://www.omiworld.org/general-chapter/media-gallery/#videos

lunedì 12 settembre 2022

L'ombra di p. Mario Borzaga

 


La notizia ha fatto il giro dei nostri ambienti: il più giovane cardinale, Giorgio Marengo, è stato segnato dal diario di p. Mario Borzaga. L’ha raccontato lui stesso più volte in questi giorni:

«C’è un libro che mi ha segnato profondamente come religioso e come missionario, si intitola Diario di un uomo felicedi padre Mario Borzaga, il missionario Oblato di Maria Immacolata, proclamato beato nel 2016, che fu ucciso dai guerriglieri a 27 anni in Laos nel 1960 mentre con un giovane catechista si stava recando a visitare alcuni villaggi. L’ho conosciuto e apprezzato come pochi quel libro, e la sua storia di martirio, il fatto stesso che di lui non sia mai stato trovato il corpo, la dicono lunga su quanto la vita missionaria sia una grande espressione di comunione con Dio. E il tempo non può certo scalfirla».

A proposito del beato p. Mario… ho trovato la foto della sua ombra!

domenica 11 settembre 2022

Nessuna paternale


La lettura delle tre parabole della misericordia che la Liturgia ci ha proposto questa domenica mi ha fatto riflettere ancora una volta sull’atteggiamento di Dio.

Il pastore, una volta trovata la pecora che s’era smarrita, poteva prenderla a frustate così che imparasse una buona volta a non allontanarsi dal gregge. Forse per ritrovarla aveva dovuto passare tra spine e rovi e arrampicarsi su per pendii impervi. Gli aveva comunque fatto perdere tempo. Si meritava una lezione. Invece se la mette addirittura sulle spalle perché non si stanche ulteriormente.

La moneta smarrita è inanimata ed era inutile farle la predica. La donna avrebbe comunque potuta sbatterla per terra con stizza. Invece…

Non ne parliamo del figlio minore, che non è né cosa né animale, ma una persone vera e propria. Quando torna una bella strigliata il padre poteva dargliela: “Te l’avevo detto…”. Se la meritava proprio. Invece nessuna paternale, ma addirittura una festa.

Non è quello che davvero ci aspettiamo dopo aver sbagliato? È già tanta l’umiliazione per lo sbaglio, che non c’è bisogno di paternale.

Sarò grato tutta la vita ai miei genitori per non avermi fatto pesare per niente la solennemente bocciatura in quinta ginnasio, non mi dissero una parola. Ne avevo abbastanza per conto mio. Andammo insieme a Bologna (avevo sostenuto gli esami a Bologna!) al santuario della Madonna di san Luca…

“Va’e fa altrettanto…”

 

sabato 10 settembre 2022

Per dargli gioia

Sono io la pecora smarrita, io la dramma perduta, io il figlio che si è allontanato da casa. Sono io colui che il pastore e la donna cercano con ansia e attenzione, che il padre attende con trepidazione. Anche Paolo ne era convinto: «Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io» (1 Tm 1, 15).

Ancora una volta Gesù ci mostra il volto del Padre e la missione che egli gli ha affidato: cercare ciò che è perduto, riportare a casa chi gli ha voltato le spalle. Nel racconto delle sue parabole non un accenno ai motivi che ci portano lontano da Dio, non una parola di condanna per chi si è perduto e ha sbagliato. Si sa già che siamo fragili e inclini al male. Basta assecondare un po’ le nostre tendenze e ci troviamo a livello animale, accanto ai porci. Nelle sue parabole l’attenzione è tutta sul pastore, sulla donna, sul padre. Non c’è bisogno che egli ci dica che siamo peccatori. C’è bisogno che ci riveli la sua passione per noi peccatori. Vuole farci sapere con quanta attenzione, cura e affetto ci cerca e come gioisce una volta che ci ha ritrovato. La nostra conversione è iniziativa sua ed è opera sua.

Il pastore è tutto contento, una volta trovata la pecora smarrita, e condivide la gioia con gli amici. Anche la donna invita le vicine a rallegrarsi. Il padre organizza una festa per il figlio ritrovato. Incredibile: ci dà la possibilità di far contento lui che sei Dio! Allora mi lascerò trovare, tornerò a casa... per dargli gioia!

Padre ricco di misericordia,
lento all’ira e grande nell’amore,
non stancarti mai di cercarmi,
di attendere il mio ritorno.
Donami luce per conoscere il mio peccato.
Mettimi in cuore la nostalgia di te.
Indirizza la mia volontà verso te.
Prendimi sulle tue spalle,
tienimi tra le tue mani,
stringimi nel tuo abbraccio
e non permettere che mi allontani mai più da te.
Accoglimi nella tua casa, per sempre,
e sarà gioia piena e condivisa.

venerdì 9 settembre 2022

Il momento presente di p. Parent


Nel 1992 scrissi una introduzione al libro di Parent, Il momento presente. Un segreto per la felicità. Nella celebrazione del 70° della fondazione delle OMMI riprendo qualche pagina di quella introduzione ricordando con gioia il loro Fondatore.

Spesso abbiamo complicato la vita cristiana. Chi non sente il desiderio di attuare in pienezza la propria vocazione ad essere uomo nuovo? Chi non ha mai sognato di giungere alla piena identità con sé stesso, con il proprio essere? Acquistare la maturità di Cristo È l'anelito segreto di ogni cristiano. L'uomo tende a questa pienezza di vita. Tale appello lo spinge a porsi in cammino, anzi a correre verso la completa attuazione di ciò a cui è chiamato. Ma quanti ostacoli sembrano frapporsi al raggiungimento della piena conformità a Cristo! La corsa alla santità è descritta il più delle volte come una corsa a ostacoli: innumerevoli gradini e balze sempre più ardue e tappe e vie e gradi sembrano complicare il tragitto piuttosto che favorirlo. E la "scalata" alla santità rimane il più delle volte appannaggio di pochi fortunati iniziati. È vero che oggi è comunemente recepita l'universale chiamata alla santità. Il Concilio ha ben inculcato che “il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita” (LG 40).

Ma come raggiungere tale santità? Chi si addentra nei meandri dei difficili itinerari spirituali?

Io mi sento ripetere, più spesso di quanto non si creda, da giovani e meno giovani, che per me è relativamente facile percorrere il cammino cristiano: “Puoi dedicarti con più calma alla preghiera, vivi in un clima e in un ambiente di raccoglimento, tra persone che condividono il tuo ideale... Noi invece siamo travolti dal contingente e dall'effimero, costretti a lavorare in un mondo privo di scrupoli, costantemente tentati di cedere ai compromessi d'ogni genere...”. Vedo che sono sempre vere e attuali le parole di S. Alfonso de Liguori: “...evitare l'inganno di taluno che perde il tempo a pascersi col dire: se stessi in un deserto, se entrassi in un monastero, se andassi in un altro luogo fuori da questa casa, lontano da questi parenti o compagni, mi farei santo, farei le tali penitenze, farei tanta orazione. Dice: farei, farei, ma intanto, soffrendo di malavoglia quella croce che Dio gli manda, insomma non camminando per quella via che vuole Dio, non si fa santo".

Non va certamente sottovalutata la difficolta di chi deve affrontare una società sempre più indifferente se non ostile ai valori dello spirito. Eppure ci sarà pure una via buona per tutti, una via sicura che, anche in un'era secolarizzata e vorticosa come la nostra, conduca diritto alla santità?! Ci sarà anche per l'uomo comune, per l'uomo della strada sottoposto allo stress, violentato dai mass media, un modo semplice e attuale per compiere l'itinerario di crescita spirituale a cui il vangelo ci chiama, e così giungere a quell'unione con Dio e tra noi che È santità e integrale maturità di tutta la persona?

Sì, c'è! ed è semplice e sicura e moderna. Si compie il cammino di perfezione fino in fondo e si raggiunge la pienezza di vita facendo la volontà di Dio nel presente, vivendo con interezza il quotidiano, compiendo con amore e con sincerità, per Iddio, quanto attimo per attimo ci è suggerito dallo Spirito attraverso le circostanze di ogni giorno, i doveri e le condizioni della nostra vita, i piccoli gesti abituali... È qui che forse possiamo ritrovare finalmente la semplicità del vivere evangelico.

P. Parent, riprendendo l'insegnamento dei più grandi mistici, ripropone tutta la freschezza del momento presente, quale realtà liberante del cammino umano.

Egli affronta una tematica avvincente. Il fluire del tempo ha posto il suo interrogativo ad ogni generazione. “L'acqua che tocchi de' fiumi - scriveva Leonardo da Vinci -, è l'ultima di quella che andò e la prima di quella che viene: così il tempo presente”. Più che la constatazione empirica dello scienziato, Leonardo enunciava la percezione del divenire che faceva riflettere il filosofo. Il panta rei di Eraclito ha dominato ininterrottamente il pensiero dell'uomo di tutti i tempi e di tutte le culture, spesso in maniera drammatica. O accettare la sfida del tempo che passa e quindi della storicità dell'uomo, o rinunciare all'esistenza, solo fatto illusorio, per perdersi nel nulla. Dalla filosofia la riflessione sul divenire e sul tempo è passata alla teologia: basterebbe riferirsi a due punti estremi, eppure in continuità: S. Agostino e Hans Urs von Balthasar.

Tuttavia nel libro di p. Parent si cercherebbe inutilmente una riflessione filosofica o teologica al problema del tempo e del divenire. P. Parent conserva il suo tipico approccio esperienziale. Con il sorriso che costantemente si coglie sulle sue labbra sa sottrarci dalla dispersione e dal vortice in cui il mondo della tecnica e della comunicazione ci risucchia, da quel faticoso ed estenuante correre con cui la competitività ci attanaglia. L'insoddisfazione, i rimorsi o i ricordi nostalgici del passato, così come l'ansia, l'insicurezza o i sogni utopici del futuro si placano o trovano il loro profondo realismo nel presente. Un presente che non diventa un luogo psicologico di fuga e rifugio, quanto piuttosto l'autentico momento creativo che consente l'inveramento della memoria e l'elaborazione del progetto. Il presente acquista così tutta la sua consistenza, dignità e intensità ontologica: “pertanto il momento presente, per quanto breve esso sia, È per gli umani ciò che l'eternità È per Dio”.

Il momento presente di P. Parent si colloca nella scia di luce della tradizione spirituale e nello stesso tempo è una proposta nuova e originale, frutto di ottant'anni di vita luminosa che, proprio perché vissuta giorno per giorno, nel presente, ha saputo portare il peso del giorno e dare frutti che rimangono. Uno dei numerosi frutti è l'Istituto secolare femminile Oblate Missionarie di Maria Immacolata, oggi al suo settantesimo anno di vita.

Il momento presente, in questa ricorrenza, appare come un frutto maturato negli anni, come un invito a coniugare la nostra vita al presente, così da viverla nella libertà e nella responsabilità, per coglierne il dinamismo, la forza, la profondità, la pace.

Per conoscere P. Parent e le sue OMMI:

https://fabiociardi.blogspot.com/2012/01/le-ommi-da-50-anni-in-italia.html