martedì 31 ottobre 2023

Tutti santi? È possibile

Il curato d’Ars che diceva che nel cimitero della sua parrocchia riposavano dei santi. Al suo arrivo il suo piccolo villaggio, con 40 case e 270 abitanti, non brillava certo per santità. La situazione gli sembrò disperata. Iniziò ripulendo e mettendo un po’ di ordine nella chiesetta e prendendo contatto con la sua gente. Li andava a trovare nelle case e nei campi, conversava su come andava il raccolto e sulla salute degli animali e così rompeva il ghiaccio e costruiva amicizie. Scoprì presto anche persone di grande profondità, pur nella loro semplicità, come quando, avendo osservato un contadino che ogni sera tornando dal lavoro lasciava gli attrezzi fuori della chiesa, entrava e restava seduto per lungo tempo e in silenzio, gli si avvicinò e gli chiese: “Cosa fate qui, buon uomo, in silenzio?”. Il contadino, stupito per la domanda, gli rispose: “Sto davanti al mio Signore: lui guarda me e io guardo lui!”.

“Fratelli miei, Ars non è più Ars! Il nostro piccolo cimitero è pieno di santi”. Eppure tra gli abitanti di Aix l’unico che è passato alla storia come santo è il parroco. E gli altri? Il cimitero era comunque pieno di santi: parola di un santo!

Anch’io ho conosciuto persone che certamente saranno proclamate sante, Igino Giordani, ad esempio. Lo ricordo quando veniva a trovarci allo Scolasticato di Vermicino, o quando veniva a parlare a noi religiosi di ordini diversi, contento che fossero crollare le barriere tra “consacrati” e “sconsacrati”, come amava ripetere sorridendo. È ormai “venerabile”.

Ma ho conosciuto anche altri “santi” che, come quelli sepolti nel cimitero di Ars, non vedremo mai proclamati tali, ma che santi lo sono. Penso a Scolastica Andrich, una montanara sbarcata a Marino, sui Castelli Romani, per continuare a servire gli studenti Oblati con dedizione e con un affetto tutto materno. 

Penso anche a mio padre, un uomo semplice, senza pretese, che sapeva pregare costantemente, anche durante il lavoro. “La strategia della preghiera – scriveva – consiste, secondo me, nell’educare il cuore e la mente, unici mezzi possibilmente validi fino in fondo. Il cuore è sempre giovane, sa amare nell’infermità, nella cecità, nella sordità, in ogni situazione, gioiosa e triste. Prima di pregare impariamo ad amare ed amare tanto fortemente. L’amore convalida la preghiera, la vivifica, la precede, l’amore la porta a Dio…”. Recitava una infinità di giaculatorie: “Sono flash – diceva –, istantanee, fulmini per il cielo, parafulmini per la terra, una preghiera sempre nuova, inventata dal cuore, gratuita, senza libri... Anche nel dolore, quando la disperazione sembrerà avere il sopravvento, sapremo fare queste brevi preghiere e ci saranno di grande utilità”.

E quanti Oblati... riprendo due righe di uno a caso... Angiolino Dilizia, che parla ancora: "Ciò che resta nella vita è l'unione con Dio sempre più profonda, sempre più matura che ti rimette a fuoco, ogni momento per vivere nell'umanità di oggi come persone che sono nel mondo, ma non del mondo. È un rapporto personale con Dio dove Lui è il tutto della nostra vita e noi siamo nulla, ma Egli ci riempie del suo Amore per essere una sua Presenza viva tra le persone con le quali veniamo a contatto... Ho cercato di non spezzare mai l'unità con i fratelli, ma di piegarmi perché l'unità non venisse mai meno tra di noi.  Nell'apostolato ho sperimentato che ciò che conta, non è tanto l'attività ma essere una presenza viva di Gesù, perché è Lui che tocca i cuori e noi siamo solo strumenti nelle sue mani. Tutto attorno a me e dentro di me crolla e appassisce come un filo d'erba, ciò che resta al di là di ogni cosa, ciò che rimane oltre la morte è l'Amore".

Questi santi quotidiani - quelli della porta accanto, direbbe papa Francesco - mi danno coraggio, mi fanno sentire possibile la santità. “Sì, possiamo essere dei santi – mi sento ripetere dal curato d’Ars –, e dobbiamo tutti lavorare a diventarlo… Possiamo essere santi, perché mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia per aiutarci a diventarlo? Egli è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro amico… Essere amato da Dio, essere unito a Dio... Vivere in presenza di Dio, vivere per Dio: oh, bella vita… e bella morte… Tutto sotto lo sguardo di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio… oh, quanto è bello!”.

Aveva ragione sant’Eugenio: non basta essere “ragionevoli”, pienamente umani, non basta neppure essere cristiani, bisogna diventare santi. 

domenica 29 ottobre 2023

Scrivere di Dio

 

Chiara Lubich mi chiamò a far parte della Scuola Abbà il 6 febbraio 1995. Eravamo 10 persone a cui leggeva gli scritti di una sua profonda esperienza mistica avvenuta tra il 1949 e il 1951. Erano incontri regolari e frequenti.

La prima cosa che mi colpì quando cominciò a leggere fu la dimensione estetica del testo: un linguaggio luminoso e limpido, essenziale e profondissimo. Mi sembrava rispondesse alle aspettative di Garrigou-Lagrange quando scriveva: «I grandi mistici, per farci conoscere la loro esperienza, è opportuno che siano dei grandi poeti». Quegli scritti mi parevano altissima poesia. Anche nella forma lasciano intuire che Dio è Bellezza, che il Paradiso è bello. Proseguendo nella lettura ne ho poi avuto la conferma quando l’8 settembre 1949 affermava: «Il vero vero è poesia, musica, canto, pittura. La vera poesia, musica, canto, pittura è verità; filosofia, teologia».

Forse inizierò così la mia relazione al Convegno “Scrivere di Dio: Chiara Lubich e la tradizione mistica femminile dal medioevo al novecento. Un percorso a più voci”, che si terrà a Bologna nello Studio dei Domenicani dall10 all’11 novembre

sabato 28 ottobre 2023

Tutto, tutto, tutto

 

“Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Un tutto ripetuto tre volte. La totalità della persona interamente orientata verso Dio di cui è la creatura, da cui dipende ogni fibra del suo essere. Con quanta forza e decisione Gesù propone Dio: Dio è Dio!

Più lo si immagina infinito, onnipotente, al di là di ogni immaginazione – Dio è Dio! – più se ne intuisce la grandezza dell’amore: Dio è Amore e ama all’infinito con la potenza della sua onnipotenza. Il comando d’amarlo è solo la risposta al primato del suo amore: Gesù comanda di amare con tutto se stesso perché egli stesso si è comandato di amare noi con tutto te stesso. Il comando dell’amore è invito a rispondere al suo amore con l’amore, in un dialogo d’amicizia, di comunione, fino alla pienezza dell’unità.

Perché poi all’assolutezza del grande unico comandamento che orienta potentemente verso Dio – Dio è Dio! – quello che ha per oggetto un essere piccolo piccolo, soffio d’un istante, il prossimo? Il prossimo vale perché il suo amore per lui gli dà valore. La dinamica del rapporto, della comunione, dell’unità istaurata con Dio continua con Dio presente in ogni persona.

L’amore di cui è fatto Dio e che tutto ha creato, l’amore che regola la vita dei Tre e che muove tutte le cose, è legge suprema anche per noi, informa ogni altra legge. Ogni agire ruota attorno a quest’unica legge e da essa acquista valore. Solo l’amore rimane e ciò che è fatto nell’amore.

La mediocrità della vita spesso fa tradurre il grande imperativo con il mediocre un po’: ti amo, certamente, ma con un po’ di cuore, un po’ di anima, un po’ di mente. Giochiamo al risparmio per investire altrove. Non è che non lo amiamo, ma senza quella totalità che parcellizziamo con idoletti che nascostamente si insidiano nel cuore, nell’anima, nella mente oscurando l’unico vero Dio.

Lo stesso per il prossimo: Amo me stesso più di quanto amo il prossimo. Mi custodisco nel timore di perdere me stesso.

Faccio tante cose, anche belle, ma è sempre e tutto amore? Rimane soltanto l’amore e ciò che è fatto per amore.

venerdì 27 ottobre 2023

"Oblatio": una gran bella rivista... se non me lo dico io...

 

Siamo ormai all’anno 12 e al numero 35 nella “prestigiosa” rivista “Oblatio” a cui ha avuto di dare vita e che ho fatto crescere fino a oggi. Anche questa volta, con le sue solite cinque rubriche, è ricca di titoli:

Præfatio

Diego Sáez Martín, omi, “Haz esto y vivirás” / “Fais ceci et tu vivras” / “Do this and you will live”

Historia

Fabio Ciardi, omi, Olegario Domínguez, omi - In memoriam

Ángel Nuño López, La doctrina misionológica del P. Olegario Domínguez, omi

Vincenzo David, Eugenio de Mazenod “refugiado” en Palermo y su encuentro con los pobres

Emmanuel Fernando, omi, The Oblate contribution to education in Sri Lanka

Vita et Missio

Jarek Pachocki, omi, “Not precisely to be parish priests but real missionaries”

Familia Oblata

Micheline Kenda Esunewele, sfb, 75ème heure. La Sainte-Famille de Bordeaux en R.D. Congo, 1948-2023

Documenta

Olegario Domínguez, omi, La obra misionera de Eugenio de Mazenod

giovedì 26 ottobre 2023

Post 5001: dedicato al giovane Eugenio de Mazenod

Questo post è il n. 5001. Non sono pochi. Quello di oggi è il frutto di una lettura che mi ha accompagnato questi giorni. Mi sono riletto, giorno dopo giorno, i 15 capitoletti del libro Racconto di una vocazione. Eugenio de Mazenod, gli anni giovanili. È il periodo di quanto Eugenio, a 20 anni, torna in Francia dopo l’esilio in Italia, alla ricerca della propria strada. Un cammino sofferto ed entusiasmante. È proprio un bel libro, non perché l’ho scritto io, ma perché è bella la storia.

La conclusione l’ho fatta dire a suo padre, Carlo Antonio, con la quale termina il libro:

“Ti ho seguito giorno dopo giorno, attraverso le tue lettere e i silenzi imposti dal blocco continentale. Ho condiviso con te le crisi, la noia, la malinconia, la nostalgia, le ribellioni contro la sorte avversa, la sofferta ricerca di un’identità sociale, le contrarietà che ti sbarravano ogni strada, portandoti allo scoraggiamento, forse alla disperazione. Ho vissuto con sospensione e ansia la tua ricerca, la lenta e progressiva conversione, fino a quando ho visto splendere agli occhi della tua anima l’amore del Salvatore. Le notizie della tua entrata in seminario e dell’ordinazione sacerdotale mi sono giunte tardivamente, in maniera frammentaria, per vie traverse. Le ho lette come la logica conclusione di un itinerario che adesso appare condotto dalla mano amorevole e misericordiosa di Dio. La sua provvidenza è grande, si prende cura di ogni sua creatura, e conduce dritto pur tra vie tortuose. Chi se non Dio ti ha guidato in tutti questi anni? Quel Dio che non ho mai cessato di pregare per te. Tu non sai che accanto a te c’è anche una Madre, alla quale ti ho raccomandato ogni giorno. Non conosci ancora le sue premure nascoste di cui sei stato oggetto. Lo scoprirai più tardi.

La sincerità della tua ricerca, assieme al tuo ardente zelo per la salvezza delle anime, ti hanno da poco condotto alla creazione di un’Opera che vedo destinata a compiere un bene immenso nella Chiesa. Sulla tua vocazione sacerdotale è fiorita un’ulteriore chiamata.

Siete il piccolo, umile, seme di un albero che germoglierà lentamente, per espandere con decisione i suoi rami. Hai fatto bene a piantarlo nella nostra Provenza. Bisogna cominciare dalla propria terra, ma io so che con i tuoi desideri abbracci già il mondo intero. I tuoi missionari, seguendo il mandato di Gesù e il tuo cuore grande, raggiungeranno i confini della terra”.

mercoledì 25 ottobre 2023

Un annuncio che cambia la vita

 


È finalmente uscito il libro sul tema dell’anno: Un annuncio che cambia la vita negli scritti di Chiara Lubich, a cura di Fabio Ciardi e Renata Simon. Qualche riga soltanto dalla presentazione di Margaret Karram:

Sono felice di suggerirvi la lettura di questo libro, interessante già dal titolo, che richiama il primo annuncio, quello della Risurrezione.

«Vieni e vedi» (Gv 1, 46), risponde Filippo a Natanaele che lo interroga dubbioso su Gesù. Pure oggi abbiamo bisogno di ve­dere, di toccare con mano la coerenza tra parola e vita, di avver­tire la presenza di Dio. È questo ciò che il nostro mondo aspetta!

È urgente annunciare l’amore di Dio oggi, proprio perché l’umanità vive forme di dolore dai mille volti. Anche papa Francesco non perde occasione di sottolinearlo in numerose catechesi e lo vede centrale anche nel cammino sinodale che sta interpellando la riflessione della Chiesa. La necessità di an­nunciare il Vangelo in forme attualizzate tocca le aspettative dei giovani e s’intreccia con la ricerca di speranza del mondo contemporaneo. Senz’altro si manifesta nell’azione dello Spiri­to Santo all’opera nei Movimenti ecclesiali e Nuove Comunità nate in questi decenni.

Spero che queste pagine siano di ispirazione e coraggio, un’occasione per andare nel profondo della nostra anima ed entrare in contatto con la vita di Gesù e con il Carisma dell’unità, per raccogliere energie per il nostro annuncio quotidiano in tutti i luoghi in cui viviamo e operiamo.

Sarà Lui, a trasmettere luce, a toccare i cuori, a vivificare ogni sforzo.

L’anno scorso, abbiamo approfondito la nostra vita di preghiera, scoprendola come Chiara la definì, «il respiro dell’anima, l’ossigeno di tutta la nostra vita spirituale, l’espressione del nostro amore a Dio. Il carburante di ogni nostra attività».

Ed è con il cuore pieno dell’amore di Dio che vorrei augurare a tutti noi di vivere questo anno dedicato all’annuncio con nuovo vigore, per poter scoprire, come dice papa Francesco, che: «Senza zelo apostolico, la fede appassisce. La missione è invece l’ossigeno della vita cristiana: la tonifica e la purifica».

martedì 24 ottobre 2023

Ricordando Trento


I due eventi della presentazione del libro di Padre Mario Borzaga "Identikit" e della consegna della reliquia agli Oblati polacchi sono stati presentati da TELEPACE TRENTO, nella Rubrica PIETRE VIVE, puntata del 7 ottobre 2023 al minuto 13:40. 

https://www.telepacetrento.it/puntate/pietre-vive-puntata-del-07-10-2023/

Vale pena dedicare qualche minuto a rivivere quei momenti indimenticabili.



lunedì 23 ottobre 2023

Claretianum: sempre avanti!

La vita va avanti, nonostante tutto! Così anche il Claretianum oggi ricomincia: inaugurazione dell’anno accademico, con messa, prolusione accademica (onoriamo gli 800 anni della Regola di san Francesco), resoconto dell’anno passato... Un piccolo Istituto, che si fregia del titolo di "Pontificio”! Piccolo, ma lo scorso anno gli studenti provenivano da 54 Paesi e rappresentavano ben 89 Istituti religiosi diversi. Che ricchezza! I numeri della vita religiosa nel mondo continuano a calare paurosamente, eppure la vita continua... C’è sempre speranza!

Nel resoconto dell’anno erano presenti, assieme a quelle degli altri professori, anche le mie pubblicazioni, almeno quelle più importanti, un bel gruzzoletto:

   Libri

1.   Per cantare al mondo il Tuo amore Giovanni Santolini (1953-1997) Missionario Oblato in Congo, Editrice Missioni OMI, Frascati 2022, 280+XVI p.

2.   Testamento di Luce. Le ultime parole di Gesù, Editrice Rogate, Roma 2022, 112 p.

3.   Geschichte einer Berufung. Die Jugendjahre Eugen von Madenods. Roman, OMI, Hünfeld 2022, 120 p.

4.   Che artista il mio Artista. Il racconto di Simonetta Magari, Città Nuova, Roma 2023, 126 p.

5.   Pregare il rosario in modo nuovo. Contemplando con Maria, Effatà, 2023, 86 p.

   Volumi curati

6.   “Nihil linquendum inausum”. An Oblate Breviary, Edited by Fabio Ciardi, (Oblatio Studia, 11), Rome 2022, 586 p.

7.   Il respiro dell’anima. La preghiera in Chiara Lubich, a cura di Fabio Ciardi, Città Nuova, Roma 2022, 196 p. (Traduzione spagnolo, francese, portoghese, ungherese)

8.   Chiara Lubich, Words of life, Edited by Fabio Ciardi, New City, UK, 2022, 682 p.

  Saggi e articoli in volumi e riviste

9.   Bisogno di bellezza, “Vita consacrata”, 56 (2022), p. 5-18; 105-113.

10.La prima edizione critica di Meditazioni, “Nuova Umanità”, 44 (2022/1), p. 289-299.

11.Oblate Madonna / Madonne oblate / Virgen oblata, “Oblatio”, 11 (2022), p. 3-26.

12.Laïcs oblats : notre histoire, “Oblatio”, 11 (2022), p. 163-168.

13.I profess, promise to God and vow, “Oblatio”, 11 (2022), p. 391-410.

14.Una sola carne, un solo spirito, “Ekklesìa”, 2022/1, n. 14, p. 49-53.

15.Domenico Mangano: la politica, una via alla santità, “Ekklesìa”, 2022/3, n. 16, p. 27-29.

16.In memoria del Prof. Domenico Arena (1952-2022). Il sorriso di P. Domenico Arena, O.M.I., “Claretianum”, 62 (2022), p. 9-12.

17.Una grande donna accanto a ogni grande uomo (e viceversa), “Nuova Umanità”, 45 (2023/1), p. 63-81.

18.Marcello Zago. Il dialogo delle religioni, “Il Regno – Attualità”, 12/2023, p. 373-376.

domenica 22 ottobre 2023

Catania: "In missione per conto di Dio"

21 ottobre

Scendemmo a Catania una cinquantina di soldati (reclute), ed un tenente che ci attendeva ci mise in fila per due e ci condusse alla caserma “Speranza” improvvisata in una vecchia fabbrica requisita. Il giorno dopo ci diedero la nuova divisa militare con il corredo per il rancio, le coperte ed il fucile ’91. Col vestito borghese e le scarpe facemmo un pacco postale e lo spedimmo a casa. (...) Ricordo una lettera del babbo che con semplici parole mi consolava. Fra l’altro mi diceva che sia in Toscana che in Sicilia siamo illuminati dallo stesso sole: il discorso mi faceva pensare che ovunque siamo sempre figli dello stesso Padre e sotto la Sua protezione. (...) Verso il porto si vedeva un andirivieni di carretti siciliani trainati da muli e cavalli che portavano lo zolfo grezzo in zolle dalla cava in campagna al porto per essere imbarcato. Lo caricavano sulla carretta a corbelli o ceste.

Catania, da bambino, l’ho sentita raccontare così da mio padre. Poi l’ho conosciuta grazie agli Oblati e come punto di partenza per conferenze e incontri...

Ed eccomi di nuovo in volo verso Catania, questa volta per incontrare le famiglie dell’Opera di Maria. “In missione per conto di Dio”, dicevano di Blues Brothers. Anch’io. E cosa diro? Mi sono preparato, ma alla fine dirò le solite cose, che Dio ama ognuno immensamente...

22 ottobre

Due giorni appena e sono di nuovo in aereo, in ritorno verso Roma.

In missione per conto di Dio. Non so se chi mi ha inviato in missione è rimasto contento. Molto contenti mi sono sembrati quelli a cui sono stato mandato in missione. E il tema era proprio la missione: Chiamati e inviati. Abbiamo proprio una grande missione, annunciare a tutti l’amore di Dio. 

Sessioni speciali per i bambini e per i ragazzi. Sempre le più belle.

Le esperienze sono straordinarie e sono quelle che convincono maggiormente. 

Prima di lasciare la Sicilia mio padre si fermò ad un banchetto di fichi d’india e se li fece sbucciare. Io un cannolo al pistacchio. Mentre all’orizzonte splende l’Etna.






sabato 21 ottobre 2023

Date a Dio quel che è di Dio

“È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Era uno dei tanti “dubia” che scribi e farisei rivolgevano a Gesù per coglierlo in fallo. “Non fare tante storie, non fare come sempre, devi rispondere sì o no”.

Se risponde di sì i farisei lo accuseranno di collaborazionismo con i Romani e perderà la fiducia del popolo. Se risponde di no gli erodiani, legati all’autorità romana, diranno che è un sovversivo e lo accuseranno come un sobillatore. Ma chi può trarre in inganno la Sapienza?

Sulla moneta d’argento con la quale si pagava il tributo c’è impressa l’immagine e l’iscrizione di Cesare Augusto. Se è dell’imperatore che a lui la si renda: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare”.

Con queste parole Gesù riconosce il valore dello Stato e delle sue istituzioni. Invita alla stima, al senso di responsabilità, all’impegno per la “cosa pubblica”, nel rispetto delle leggi, nella tutela della vita, nella conservazione dei beni della collettività. Perfezionando il lavoro, svolgendo con competenza e dedizione i compiti affidatici, possiamo realmente servire Dio negli altri e contribuire a che lo Stato e la società rispondano al suo disegno sull’umanità e siano pienamente a servizio della persona.

Ma la risposta di Gesù va ben oltre, a indicare ciò che è veramente importante: rendere a Dio quello che è già suo. Come sulla moneta romana c’è l’immagine dell’imperatore, così nel nostro cuore è impressa l’immagine di Dio: ci ha creati a sua immagine e somiglianza!

Il profeta Isaia ci invita a scrivere sul palmo delle nostre mani: “Proprietà del Signore”! quasi a ricordarci che gli apparteniamo e a lui dobbiamo tornare. A lui il tributo totale ed esclusivo della nostra persona. È la cosa più importante: rendere a Dio ciò che ci ha donato, la vita, le forze, l’intelligenza, il cuore.

Tutto ci è donato, tutto è già di Dio, tutto gli appartiene. È solo questione di scoprirlo, di riconoscerlo. Da lui veniamo, a lui torniamo: “Rendete a Dio quello che è di Dio”.

“Sono tuo, ti appartengo”, dice l’amato all’amante, senza sentire l’espropriazione ma soltanto il gaudio d’un legame intimo, costitutivo del proprio essere.

“Sono tuo, ti appartengo”, è la mia dichiarazione d’amore, oggi e sempre. E Gesù a noi: “Allora donami ciò che mi appartiene, donati senza riserve, sapendo che solo così sarai veramente”.

 

venerdì 20 ottobre 2023

WhatsApp

Sono stato due giorni senza WhatsApp per un problema tecnico.

Si può sopravvivere...

giovedì 19 ottobre 2023

Il fondatore: unico e insostituibile

 

Oggi a San Prisco (Caserta) ho dato inizio alla celebrazione dei 20 anni della partenza di p. Gaetano Liuzzo per il cielo. Nel libretto preparato per l'occasione ho pubblicato 30 documenti, tutti scritti suoi, ad accezione del penultimo, che è di p. Santino Bisignano. L’ho messo perché è una lettera significativa indirizzata alla Presidente delle COMI, Enrica Di Cianno, che fa comprendere la missione unica e insostituibile del fondatore.

Con l’avanzare degli anni p. Liuzzo sentiva la necessità di essere affiancato da un Oblato più giovane nel lavoro accanto alle COMI. Assieme alla Presidente si era rivolto al Superiore provinciale, p. Santino appunto, per avere un aiuto. Il Provinciale così risponde alla Presidente:

23 ottobre 1993

Gent.ma Enrica, so che attende questa mia lettera riguardante la richiesta che Lei e P. Liuzzo mi avete fatto ancora lo scorso anno per un Oblato che possa fin d’ora aiutare il Padre ed entrare, in questo modo, più dentro lo spirito delle COMI per seguirle in seguito.

Nell’incontro, come ricorderà, facevo presente che va definito bene il ruolo di questo Padre e il suo rapporto con le COMI. Non può essere infatti come quello del Fondatore del vostro Istituto, perché è un ruolo unico. Ha dato vita alle COMI e queste ora devono compiere il loro cammino autonomamente secondo la natura dell’istituto e le sue finalità nella Chiesa. Vi dicevo che non esiste e non può esistere "un secondo. P. Liuzzo" o un suo Vice. Nessun Istituto ha due Padri o due Madri! In questi giorni, leggendo dei testi degli Istituti Secolari per preparare la mia relazione all’Assemblea CEI, pensavo alla vostra famiglia e mi sentivo interiormente confermato su questo sentire. Tocca a voi, quindi, custodire il carisma, approfondirlo e viverlo in sintonia con il cammino della Chiesa e questo da consacrate secolari per la missione. Siete voi che ne avete la grazia per vocazione e per il riconoscimento della Chiesa.

Sono consapevole che è un passò non facile, che richiede a voi di saper trarre dal di dentro della vostra esperienza tutte le energie e la ricchezza spirituale e apostolica maturata in questi anni. Ma è un passo fondamentale per la vostra identità, per la vostra crescita interna e per lo sviluppo futuro.

Comprendo che la presenza di un altro Padre accanto a P. Liuzzo offra garanzie e sicurezza, prima di tutto di un solido legame con gli Oblati. Questo è bello (...). Tuttavia questo eventuale Padre non potrà mai essere nella posizione di P. Liuzzo e, quindi, assolvere ai compiti che egli svolge a titolo di Fondatore. (...)

Vorrà scusarmi se dico queste cose in modo così diretto. Sono sicuro che comprende il significato di quanto le scrivo ed anche che lo scopo è unicamente quello di dare un qualche contributo alle COMI, con chiarezza e fraternità. (...)

Quelle che state vivendo con P. Liuzzo sono tappe fondamentali. (...)



 

mercoledì 18 ottobre 2023

La bio-diversità delle nostre università

 

Parlando al seminario delle università pontificie romane non potevo non citare il Proemio della Costituzione apostolica Veritatis splendor di Papa Francesco, nella quale si riordinano gli studi. Richiama parole che gli sono care: la «mistica del noi», il «dialogo a tutto campo», soprattutto la «cultura dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture, grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature». È l’obiettivo di questi nostri Convegni: cercare le vie per una condivisione e comunione piena all’interno delle nostre Università e tra le Università.

Il Papa sottolinea, come sempre, che l’annuncio evangelico e la Tradizione ecclesiale portano il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui sono accolte e radicate. Così la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra “la bellezza di questo volto pluriforme”.

Ciò che contribuisce a “la bellezza di questo volto pluriforme” sono le diverse culture nelle quali viene accolta l’unica Rivelazione, ma soprattutto la diversità dei carismi. Mi viene spontaneo sostituire alla parola “cultura” la parola “carisma”. A me sembra che l’eccellenza della pluriformità sia data proprio dalla ricchezza carismatica. Ogni carisma è infatti una lettura particolare della Parola di Dio.

Non è un caso se noi a Roma abbiamo tante università, ognuna espressione di modi diversi di intendere l’unico mistero, ognuna espressione di un carisma particolare. È una grande ricchezza, una “bio-diversità” culturale e spirituale arricchenti.

La sfida è mettersi in rete, operare in “competizione”, nel senso dell’etimologia latina: cum (insieme) e petere (andare verso), che suggerisce l’andare insieme, il convergere verso un medesimo punto. Una collaborazione per raggiungere un obiettivo comune, in “cooperazione”, lavorando insieme. “Concorrente” è una persona – una istituzione – che corre con me, verso la meta comune. Se la considero un avversario le faccio uno sgambetto perché perda la corsa così da assicurarmi io la vittoria. Se lo considero un compagno di viaggio, possiamo andare avanti a braccetto, aiutandoci quando c’è una difficoltà, aspettandoci quando il passo si rallenta, per arrivare insieme alla meta.

Mi affascina la “mistica” del vivere – e viaggiare – insieme su cui torna papa Francesco, quel “prenderci in braccio, appoggiarci, partecipare alla marea un po’ caotica” dell’umanità in cammino, fino a trasformarla “in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio”, dove la comunicazione aperta e sincera porta a “maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti…” (cf. Evangelii gaudium, 87). Non possiamo applicarlo al cammino delle nostre Università?

martedì 17 ottobre 2023

La guida dello Spirito Santo

Il magistero di Gesù continua in quello dello Spirito donato a Pentecoste: «Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà» (Gv 16, 13-14).

La teologia la fa lo Spirito, che è luce e amore, e dona luce e amore. Come non ricordare quello che amavano ripetere i medievali, che «l’Amore è conoscenza»? San Bonaventura diceva di san Francesco d’Assisi che «ove si arresta la scienza dei maestri, egli entrava con l’affetto di chi ama». La sua teologia andava ben oltre quella accademica.

«Le Scritture desiderano essere lette con quello stesso Spirito con il quale sono state scritte, e comprese con quel medesimo Spirito». Così Guglielmo di Saint-Thierry che ripeteva un’affermazione ricorrente tra gli antichi maestri. Con lui Simeone il Nuovo Teologo scriveva: «Tutti possono comprendere quello che leggono nei libri (...) ma le cose riguardanti Dio e la salvezza non possono essere comprese senza l’illumina­zione dello Spirito Santo». Nata per ispirazione dello Spirito la Scrittura ha bisogno dello Spirito perché sprigioni la Parola di Dio.

Per spiegare questa azione dello Spirito è stato utilizzato anche il termine tecnico di epiclesi, riservato abitualmente alla sua discesa nella consacrazione eucaristica: come scendendo sul pane eucaristico lo Spirito fa sì che esso diventi il Cristo vivente e vivificante, così posandosi sulla Scrittura rende viva e vivente la Parola di Dio in essa celata. Girolamo così si esprime: «Non possiamo comprendere le Scritture senza l’aiuto dello Spirito Santo». E Isidoro di Siviglia: «Bisogna comprendere le Scritture secondo che esige il sentire dello Spirito Santo, dal quale sono state scritte». Prima di loro Origene, comunicando la sua esperienza di grande esegeta, affermava: «questi fatti che leggiamo sono certo degni della parola dello Spirito Santo, ma per spiegarli abbiamo bisogno di quella grazia dello Spirito Santo». Dello Spirito Santo, dice altrove, deve essere ripieno chi legge le Scritture, perché solo così le può comprendere. La grazia dello Spirito, spiegavano i medievali, rende il nostro occhio interiore “eliomorfo”, ossia capace di vedere ciò che gli è connaturale: il Sole.

Lo Spirito conduce nel mistero stesso di Dio trasformando in uomini e donne di luce, perché egli appare come “doxa”, “claritas”, luce del Padre e del Figlio, come la luce che si sprigiona nella storia del Risorto.

L’uomo spirituale è l’uomo della luce perché è introdotto dallo Spirito nella “luce” della conoscenza di Dio, perché reso capace di contemplazione – dove contemplazione, come insegna S. Francesco di Sales, «altro non è che un’amorosa, semplice, permanente attenzione dello spirito a Dio e alle cose di Dio». L’uomo spirituale sa cogliere in profondità il mistero di Dio e in esso il mistero della propria vita e il disegno di Dio sugli altri e sui popoli.

Egli appare così come un profeta, capace di leggere e giudicare la storia alla luce del disegno di Dio. «L’uomo spirituale giudica ogni cosa» perché il piano di Dio e i suoi «segreti» gli sono stati «insegnati dallo Spirito» (1 Cor 2, 10-15). Possiede i parametri su cui saggiare la verità delle cose. Sa interpretare i segni dei tempi e cogliere il valore profondo degli avvenimenti, gli aneliti del cuore dell’uomo, i messaggi che più o meno inconsciamente vengono lanciati dalle situazioni del nostro tempo. Proprio perché “vede”, può indicare le vie di soluzione, divenendo capace di aprire nuove frontiere, di elaborare risposte nuove a domande ed esigenze nuove. Uomo di luce, può divenire luce per i suoi fratelli e aiutarli ad entrare nella luce, a “vedere” con gli occhi di Dio.

È lo Spirito che fa cogliere la presenza di Dio nell’altro, che apre la Chiesa al dialogo, che la guida fuori del proprio recinto. Già dai suoi inizi: basta guardare a come egli prende l’i­niziativa, con la conversione di Cornelio, per abbattere il muro di divisione tra giudei e pagani e così aprire la Chiesa verso l’annuncio di Cristo ai pagani (cf. Atti 10, 1‑11.18), o come manda in missione (cf. Atti 8, 26.29; 10, 19‑20; 13, 2‑4), tracciando perfino l'itinerario geografico (cf. Atti 16, 6‑10).

È qualche passaggio della mia relazione al seminario all’Università Salesiana. Cosa c’entra tutto questo le nostre istituzioni accademiche? Non sono queste i luoghi sui quali aleggia lo Spirito, se egli non circola tra le persone che le vivono e tra le differenti istituzioni accademiche, che teologia ne viene fuori? Se gli studi ecclesiastici sono fioriti «sotto la guida dello Spirito Santo e nel dialogo e discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali» (Veritatis gaudium, 1), come potranno fiorire ancora se non sotto la sua guida? Non sono le nostre Università luoghi di ascolto, nelle quali si apprendono i criteri di discernimento?

lunedì 16 ottobre 2023

Alla scuola del Maestro

 

La teologia prima di essere la scienza di Dio come oggetto è la scienza di Dio come soggetto, è la rivelazione che Gesù fa di sé, del Padre e dello Spirito Santo. Il luogo di insegnamento e di apprendimento è la comunità dei discepoli. Quella storica, innanzitutto, quella che Gesù si è formato chiamando alla sua sequela, e poi quella che prosegue nella Chiesa, che giunge fino alla nostra università.

Per “imparare la teologia” occorre diventare discepoli di Gesù e camminare dietro a lui, mettersi alla sua scuola, assimilarne la sapienza, imitarlo negli atteggiamenti profondi che rivelano quell’agape divina che egli è venuto a comunicare, fino a formare la sua comunità.

I Dodici vivendo insieme al Maestro e camminando con lui ne comprendevano il mistero. «Per via interrogava i suoi discepoli» circa la propria identità e lui spiegava...

Gesù dava anche lezioni di ripetizione: «Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: “Così neanche voi siete capaci di comprendere?”» (Mc 7, 17), «A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento» (Mc 10, 10)....

Anche l’insegnamento sulla dinamica di vita comunitaria – sull’ecclesiologia? – è legato a momenti ed episodi circostanziati, concreti, che mostrano i disaccordi e i contrasti di questa prima comunità. L’insegnamento di Gesù non è astratto, ma circostanziato, frutto della concreta dinamica dei rapporti. Dopo che per via hanno discusso tra di loro su chi fosse il più grande, egli insegna che nella sua comunità «se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9, 35). Alla richiesta da parte di Giacomo e Giovanni di sedere alla destra e alla sinistra di Gesù nel regno futuro e alla reazione di indignazione da parte degli altri dieci, contrappone un modo di agire in netto contrasto con quello dei capi delle nazioni e dei grandi che dominano e hanno il potere (cf. Mc 10, 34-45). Lavando i piedi mostra in modo plastico lo stile che deve assumere la sua comunità (cf. Gv 13, 15-16).

Sono, in sintesi, alcune delle cose che ho detto al seminario che abbiamo tenuto all’Università Salesiana sabato scorso. Erano presenti una quarantina tra professori e studenti, in rappresentanza di 10 Università e Istituti superiori di Roma. Poi ho posto alcune domande:

Se questa è la scuola di Gesù, non potrebbe essere così anche la “scuola” delle nostre Università? Come rinnovare insieme la scelta di Dio, come vivere concretamente e insieme il Vangelo, comunicarci le esperienze ed essere davvero discepoli attorno all’unico Maestro e avviarci a una vera spiritualità di comunione…? Occorre “Ripartire da Cristo”, per usare il titolo di un documento della Congregazione per la vita consacrata, dallo stare insieme con lui, con una scelta esplicita, condivisa.

Faceva parte dell’insegnamento integrale del Maestro lo “stare” con lui, la condivisione totale della sua vita e della sua missione, la condivisione anche dell’operato di ciascuno (cf. Lc 10, 17), il riposo vissuto insieme (cf. Mc 6, 31). Come rendere tutto questo parte integrante della nostra formazione universitaria, perché non rischi di rimanere soltanto intellettuale?

Faceva parte dell’insegnamento del Maestro anche la lettura degli eventi contemporanei. Non soltanto di quanto accadeva all’interno della comunità diveniva oggetto di insegnamento, ma anche di quanto avveniva attorno: la vista di un cieco nato (cf. Gv 9), l’uccisione di un gruppo di Galilei nel tempio, la morte di diciotto persone per caduta della torre di Siloe (cf. Lc 13, 1-6)...

Ricordo con gratitudine i miei studi a Torino, quando con i professori commentavamo regolarmente gli eventi politici, gli interventi del Magistero, le notizie dal mondo... Era un esercizio d lettura dei “segni dei tempi”. Ricordo una mattinata intera passata nell’aula magna dell’Università Lateranense a riflettere assieme su un discorso a braccio che Paolo VI aveva fatto nella basilica condividendo le sue preoccupazioni...

Come fare perché la vita della società nella quale viviamo entri nell’Università, sia letta con la sapienza del Vangelo, e dall’Università la gioia del Vangelo si irradi sulla società?

 

domenica 15 ottobre 2023

A san Silvestro per far festa a sant'Eugenio

Era il 14 ottobre 1832 quando Eugenio de Mazenod fu consacrato vescovo nella chiesa di san Silvestro al Quirinale, qui a Roma. Fu un’ordinazione in sordina, per ragioni politiche. Un evento così importante nella sua vita dovette viverlo da solo. Non era presente la mamma, né la sorella, né la nipote, e neppure il suo primo compagno, qualcuno dei suoi Oblati: solo! Il 4 ottobre 1832, pochi giorni prima dell’ordinazione, scrivendo al cappellano di San Luigi dei Francesi in Roma, gli confidava che questa solitudine lo faceva patire un po’.: "Non è ancora noto a Roma, ma il Papa mi ha nominato vescovo e visitatore apostolico di Icosia, Tripoli e Tunisi. Sarò consacrato, salvo imprevisti, il 14 di questo mese. [...] Sono qui solo, e vi assicuro che la povera natura è crocifissa...”.

“Almeno noi dovremmo essere con lui nell’anniversario della sua ordinazione”, ho pensato tante volte. Qualche volta sono stato da solo in quella chiesa, nella quale egli ha vissuto complessivamente quasi un anno e che amava molto.

Vedi: https://fabiociardi.blogspot.com/2016/10/san-silvestro-al-quirinale-dimora.html

L’anno scorso il 14 ottobre ho portato con me gli studenti dello Scolasticato internazionale, ma quest’anno sono riuscito a far venire tutta la Famiglia oblata: il superiore generale con il suo consiglio, il provinciale con altri oblati, la presidente delle COMI con altre sorelle, laici rappresentanti di tutta la nostra famiglia... una sessantina di persone a festeggiare l’anniversario. È stata una celebrazione bellissima, vivissima, che ha dato a tutti con una grande gioia... sicuramente anche a sant’Eugenio. Sono sicuro che piano piano si instaurerà la tradizione che ci vedrà qui ogni anno.