Chiara Lubich mi chiamò a far parte della Scuola Abbà il 6 febbraio 1995. Eravamo 10 persone a cui leggeva gli scritti di una sua profonda esperienza mistica avvenuta tra il 1949 e il 1951. Erano incontri regolari e frequenti.
La prima cosa che mi colpì quando cominciò a leggere fu la dimensione estetica del testo: un linguaggio luminoso e limpido, essenziale e profondissimo. Mi sembrava rispondesse alle aspettative di Garrigou-Lagrange quando scriveva: «I grandi mistici, per farci conoscere la loro esperienza, è opportuno che siano dei grandi poeti». Quegli scritti mi parevano altissima poesia. Anche nella forma lasciano intuire che Dio è Bellezza, che il Paradiso è bello. Proseguendo nella lettura ne ho poi avuto la conferma quando l’8 settembre 1949 affermava: «Il vero vero è poesia, musica, canto, pittura. La vera poesia, musica, canto, pittura è verità; filosofia, teologia».
Forse inizierò così la mia relazione al Convegno “Scrivere
di Dio: Chiara Lubich e la tradizione mistica femminile dal medioevo al
novecento. Un percorso a più voci”, che si terrà a Bologna nello Studio dei
Domenicani dall10 all’11 novembre
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