“Con nel cuore
pensosi misteri, tutta la notte d’autunno è caduta sul mare".
Lo leggo al
professore di lettere:
- Ungaretti…
Glielo rileggo:
- Ungaretti!
- No, Mario
Borzaga!
Sono le parole
con le quale inizia il suo reportage, in partenza da Napoli, 31 ottobre 1957, verso
il Laos.
"La motonave Victoria, bianca come ala di colomba, illuminata, sussulta”. Si sente “il brontolio sordo dei motori di una nave che parte. E lo sciabordio
delle onde. Un raggio di luna l’addita lontana sul mare”.
Un vero poeta,
un grande scrittore p. Mario Borzaga.
Ottobre
missionario: vale la pena trascorrerlo in sua compagnia, leggendo il libro
appena edito con i suoi scritti: “Identikit”.
Siamo abituati
a leggere il suo diario, uno scritto molto personale, non destinata alla
lettura da parte di altri, di cui era geloso. Dopo averlo lasciato, con molta
reticenza, alla sorella, dal Laos le chiese di restituirglielo. Lei, sulla
prima pagina, sotto il titolo che Mario vi aveva apposto: “Diario di un uomo
felice”, scrisse semplicemente “Grazie”.
“Identikit” è
invece una raccolta di scritti che Mario ha indirizzato al pubblico, i lettori
della rivista “Fino al Polo”, e gli “Amici dei Missionari del Laos”.
Una sola pagina
che ci mostra lo sguardo di Mario sulla natura che lo circonda:
“A mezzogiorno
è cominciato il temporale. Verso sera un buffo di vento ed il cielo si
rischiara a ponente. Nell’immensità azzurra ad un tratto nubi bianche vagano
come branchi di pecore sui monti. Una freschissima fragranza di terra umida e
serena inebria il nostro cantuccio di cielo franato qui sulla riva del Mekong,
ai piedi d’un poggio d’alberi altissimi. Al di là del fiume, sulla terra del Siam,
fi lari di colline grigie che interrompono la monotonia delle foreste, riposano
nella placida sera che le tinge di viola e di mistero. Il sole se ne va lontano
là dove nasce il fiume; ci abbandona alla notte sulla nostra piccola isola di
speranza, ci lascia a sognare un doppio di campane squillanti per l’incantesimo
d’un tramonto di maggio…”
Un doppio di
campane nella foresta del Laos? Sono quelle del Trentino lontano, che porta in
cuore con sé, in una feconda nostalgia.
Un’altra pagina
dalla quale emerge la comprensione della sua missione, quella della sentinella
che, come il profeta, veglia nella notte, quando il villaggio si addormenta, ed
egli veglia, per la sua gente…
“È venuta la
sera… A poco a poco il villaggio s’addormenta all’ombra delle palme e delle
nubi alte nel cielo tra le quali branchi di stelle all’addiaccio tremano
nell’oscurità. Esco fuori, mi siedo sulla scaletta, tento di pregare recitando la
corona. La sentinella è pronta a salire gli spalti a protrarre la sua veglia
lungo la notte. Partito l’ordine, la sentinella lascia la tenda; dove il dolore
la vuole, ivi pianta la sua garitta. La sentinella non è un capitano, è un
soldato semplice, forse l’ultimo delle riserve, che monta il suo posto di
guardia con il desiderio profondo di completa comunanza sofferenza e nella
gloria coll’esercito dei Figli di Dio. La sentinella non ha nome, non ha età,
non ha casa, deve solo vigilare. La sua veglia è salvezza per tutti. Colui che,
sacerdote del Signore, monta la guardia al gregge di Dio, di fronte all’accesso
del male e dell’ignoranza, assalito da un senso di solitudine, di incapacità, d’impotenza
a comunicare ai Fratelli la luce della Verità, non si lascia penetrare dallo
scandalo e dall’amarezza, ma accetta tutto il mistero della Croce, il mistero
che vive ogni giorno, che ogni giorno rinnova sull’altare in tutta la sua
realtà dolorosa e immensa.
Quando la
sentinella s’addormenta, quando i suoi occhi sono pesanti a causa della sua
mediocrità, non è la voce della vecchia pendola che l’ammonisce, ma il battito
del suo cuore che riecheggia l’urlo di
milioni di cuori: “Sentinella, all’erta!”. E riprende il suo passo sugli spalti
deserti, freddi, pericolosi: passo silenzioso come il cammino di una stella tra
l’Orsa Maggiore e Vega".
Nessun commento:
Posta un commento