lunedì 31 maggio 2010

Resurrezione, vittoria della vita sulla morte




Pasqua di Resurrezione. Che solennità gioiosa e trionfante! Che giorni di Santi ricordi! Quante applicazioni di meditazioni è necessario farci! Costante e fedelmente ci fa rivivere nel tempo tutta la Passione e morte di N.S.G.C. sempre fresca come allora, dopo 20 secoli.
Resurrezione, che è vittoria della vita sulla morte, della grazia sul peccato, di Dio sul demonio, premio eterno a tante rinunzie ed opere buone, Speranza che ha dato forza a tanti apostoli e martiri.
Quanto è bella la nostra Religione!
Quante tappe così belle durante l’anno, che la Chiesa Madre amorosa ci mette sulla via dell’eternità. Ci facciano meritare veramente e ci siano oasi di ristoro, onde ripartire più buoni, più zelanti, con più amore ai nostri doveri.
Queste parole servano per te che leggi e per me che scrivo e che tutti noi si sia una cosa sola nell’imitazione di Gesù, per quanto ci è possibile, nella vita e nella resurrezione.

(Da una lettera di Pasqua 1964, scrittami dal babbo Leonello. Oggi, festa della Visitazione, è il quinto anniversario della sua partenza per il cielo).

Sempre sull'Omelia della Trinità

Ho visto che l’omelia della Santissima Trinità è arrivata da tante parti. Oltre a un commento sul blog, altri ne sono arrivati via e-mail. Tra questi: “Ho ascoltato due omelie sulla Trinità, ieri pomeriggio e stamattina, in nessuna delle due è stato accennato all'amore che circola nella Trinità, si è puntato ad affermare che si tratta di un mistero a cui dobbiamo credere ciecamente aspettando di andare in cielo per capire. Anche questa volta ho abbracciato Gesù abbandonato, grata a Chiara per la luce che ci ha donato, certa che arriverà anche agli altri perché Dio è AMORE”.

domenica 30 maggio 2010

La predica sulla Santissima Trinità

Arrivato al villaggio il vescovo rimase sorpreso che la gente non capisse il francese, dopo tutto il Congo era stato per anni e anni sotto la dominazione belga. Il catechista lo assicurò che lui poteva tradurre benissimo in kikongo.
Festa della Santissima Trinità. La chiesa del villaggio è gremita all’inverosimile. Subito dopo la lettura del Vangelo il vescovo inizia la sua omelia.
- Oggi celebriamo il più grande mistero della nostra fede, Dio Uno e Trino.
Il catechista inizia la sua traduzione:
- Il vescovo dice che è contento di trovarsi in mezzo a voi e dell’accoglienza festosa che gli avete riservato.
- Una la sostanza, tre le ipostasi.
- Il vescovo vi domanda se quest’anno il raccolto è stato buono e se le vacche sono sane.
La gente comincia a sorridere, contenta del paterno interessamento del vescovo.
Il vescovo, vedendo tanto rispondenza, pensa siano avidi di teologia e, rincuorato da tanta attenzione, affonda nel mistero:
- La pericoresis, come spiegano i Padre greci, o la circumincessio, secondo il linguaggio dei Maestri latini, spiegano le mutue relazioni esistenti tra le tre divine Persone.
- Il vescovo spera che ci sia armonia nelle vostre famiglia, pace nel villaggio, collaborazione sincera con i villaggi vicini.
La gente non riesce più a contenere la gioia, le donne alzano i caratteristici gridolini, i giovani battono le mani, gli anziani annuiscono ostentatamente.
Il vescovo continua con un entusiasmo che non lo animava da anni. Come è attenta e vivace questa assemblea, come diversa da quella annoiata della sua cattedrale in Europa.
E con quanta pacatezza, rigore di termini ed esattezza il catechista traduce il difficile linguaggio teologico. Il vescovo non aveva immaginato che il kikongo fosse così adatto ad esprimere le profondità del mistero trinitario.
Quando il catechista si accorge che il sermone sta volgendo al termine conclude anche lui:
- Il vescovo si interessa tanto a voi perché con la sua stessa presenza vuole farci capire che Dio è Amore, e che come un Padre si interesse a voi come a figli suoi. Dio, dice il vescovo, è tanto ricco d’amore che tutta la sua vita è una comunione d’amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il vescovo ci invita a vivere anche noi come Dio, e ad avere tra di noi lo stesso amore gli uni verso gli altri, in famiglia, nel villaggio, con i villaggi vicini.
La gente si alza in piedi e all’unisono scoppia in grida di gioia, dando inizio ad un interminabile canto di Alleluia, Amen, con l'accompagnamento delle percussioni. Non avevano mai sentito una predica così bella e profonda.
Il vescovo si asciuga la fronte e rispose alla festa allargando le braccia in segno di benedizione. Non aveva mai pronunciato una predica così bella e profonda.

sabato 29 maggio 2010

San Francesco d'Assisi e gli Indù

Human beings, God, and Creatures in St. Francis of Assisi, in God, Man and Nature in the Hindu and Christian Traditions, Hindu-Christian Symposium (Rome, 26-29 May, 2008), Mumbai (s.d.), p. 69-76. Questo il titolo del contributo appena pubblicato negli atti del Simposio tenuto due anni fa. Ecco il testo in italiano e in inglese.

venerdì 28 maggio 2010

Una normale giornata straordinaria

Comincia presto la mia giornata di oggi: non voglio incorrere nel traffico che si riversa su Roma paralizzando la via Appia. Alla stazione della metro trovo subito un parcheggio, fatto insolito. Sul treno la squallida visione di individui ripiegati sui piccoli quotidiani distribuiti gratis. Più socievole la fila che si allunga davanti all’ufficio postale, in piazza Esedra, in attesa dell’apertura, puntuale alle otto. Sono al terzo posto, ma retrocedo al quarto per favorire un signore che sembra abbia fretta. Una volta entrato, due impiegati si fanno in quattro per consultare la nuova circolare e per concordare quanto devo versare all’erario dello stato per il rinnovo del passaporto. Poi al Viminale, per una procedura d’urgenza del rinnovo, su corsia preferenziale. La persona che cerco non è al momento reperibile, ma il poliziotto in portineria è gentilissimo e alla fine mi consiglia di andare a prendere un caffè per ingannare l’attesa. Preferisco una visitina a santa Maria Maggiore per recitare le lodi nella cappella della Madonna Salus Populi Romani. Quando torno dalla polizia il vice commissario in questione è arrivato, viene a prelevarmi, mi introduce nel suo ufficio e, con pazienza e affabilità, si districa tra le mille insidie della burocrazia. Si premura soltanto di precisare che lui non crede in Dio, senza che questo mi sembri pregiudichi minimamente la sua cordialità e pazienza. Ma capitano tutti a me oggi le persone giuste?
Ed eccomi di corsa sulla via del ritorno, in tempo per giungere a Rocca di Papa al centro del Movimento dei focolari, dove la presidente sta per incontrare 300 membri della Associazione internazionale laicale Família da Esperança, venuti dal Brasile per l’approvazione pontificia della loro fondazione e per restituire a Benedetto XVI la visita che ha fatto loro in Brasile. I fondatori, Frei Hans Stapel e Nelson Rosendo Giovanelli, sono vecchi amici e mi accolgono con il caloroso abbraccio brasiliano. La Família si presenta a Emmaus e alcuni membri raccontano le loro toccanti esperienze. Emmaus li riconosce come un frutto del grande carisma di Chiara e parte della famiglia dell’Opera di Maria.
Corro a casa, preparo il pranzo e accolgo con gioia la visita di Costanzo e Luigino Confalonieri, “vecchi” missionari in Brasile.
Nel pomeriggio la Família da Esperança si sposta al Centro Mariapoli di Castelgandolfo, e io con loro. Assieme a sr. Loreto racconto l’esperienza dei religiosi nell’Opera di Maria. Con noi si presentano altri religiosi e religiose venuti per l’occasione. Al termine tutti e 300 vorrebbero venire a trovare p. Novo, ma come parcheggiano davanti casa 6 pullman, e soprattutto come entrano nella stanza di Novo 300 persone? Riesco a stento a convincerli e si presenta una delegazione di sole 20 persone, ma cantano e fanno festa come fossero 500… e Novo è contentissimo.
Non c’è male, anche oggi la giornata è andata…

giovedì 27 maggio 2010

Volo

Lento, elegante il volo delle due cicogne silenziose.
Si avvitano nel cielo cenerino del sole a mezzogiorno, le ali immobili, tese nell’ampia apertura bianca bordata di nero perché meglio si stagli nel pallido infinito.
Volteggiavano in cerchi concentrici contrari, senza battito d’ala, quasi una danza.
Si sfiorano senza muover penna ad ogni tocco nell’invisibile punto d’incidenza tra il diametro e la circonferenza che tracciano con regolarità.
Sfruttano la corrente d’aria ascensionale e salgono gradatamente di cerchio in cerchio, sempre più in alto, sempre più silenziose, leggere come piuma. Fino a dissolversi.
Le guardo nel ritaglio di cielo che m’aprono gli alberi freschi nel giardino del cimitero, luogo qui più che mai di vita e non di morte.
Penso al nostro volo, ascesa celeste, danza di comunione.

Lituania, 5 luglio 2006

mercoledì 26 maggio 2010

Il carisma e la regola / 5 - Storia del carisma e scritti del fondatori nelle Costituzioni rinnovate

A volte gli esami sono un incubo per gli studenti e una noia per i professori. Non così in questi ultimi esami che ho ricevuto al Claretianum a conclusione del corso sulla Regola. Ho trovato negli studenti un interesse straordinario, ho visto i risultati di una ricerca seria, la gioia di scoprire cose nuove.

La lezione V, dal titolo “Storia del carisma e scritti del fondatori nelle Costituzioni rinnovate”, aveva come tema la presenza nelle nuove Costituzioni di introduzione storiche, di testi espliciti dei Fondatori, di consonanze con le loro tematiche preferenziali.
Il motu proprio Ecclesiae Sanctae (1966), nella parte II, sulla Revisione delle Costituzioni e delle Tipiche domandava, in netta contrapposizione con le indicazioni di inizio Novecento:
“12. Per ogni Istituto le leggi generali (Costituzioni, Tipiche, Regole o comunque si chiamino) abbracceranno ordinariamente i seguenti elementi:
a) Principi evangelici e teologici della vita religiosa e dell'unione di questa con la Chiesa ed espressioni adatte e sicure grazie alle quali si interpretino e si osservino lo spirito e le finalità proprie dei Fondatori, come pure le sane tradizioni: tutto ciò costituisce il patrimonio di ciascun Istituto» (Decr. Perfectae caritatis, n. 2 b);
b) le norme giuridiche necessarie per definire chiaramente il carattere, i fini e i mezzi dell'Istituto. Queste norme non devono essere eccessivamente moltiplicate, ma devono sempre essere espresse in modo adeguato.
13. L'unione di questi due elementi, spirituale e giuridico, è necessaria perché i testi fondamentali dell'Istituto abbiano una base stabile e perché il vero spirito e la norma vitale li penetrino; bisogna dunque guardarsi dal comporre un testo o solo giuridico o di pura esortazione”.
È stato un anelito costante da parte dei fondatori, di trasmettere, di “narrare” la propria esperienza carismatica. Basterà pensare al valore che rivestono il Testamento di Francesco d’Assisi, gli Arricordi e i Legati di Angela Merici, l’Autobiografia di Ignazio di Loyola, di Antonio Maria Claret, di Giacomo Alberione. Le lettere costituiscono spesso una ulteriore miniera per conoscere molti aspetti del loro progetto. Le conversazioni e le istruzioni sono ancora altri strumenti utilizzati per far conoscere la natura dell’istituto. Gli Entretiens di Francesco di Sales e di Vincenzo de Paoli ne sono un esempio classico. Le Regole rimangono comuque lo strumento più appropriato.
La ricerca verteva sulla fedeltà a questa loro narrazione nella Costituzioni rinnovate. Gli studenti ne sono stati interessatissimi (e io con loro).

domenica 23 maggio 2010

Angela da Foligno e Chiara Lubich, mistiche per il III millennio



Giornata molto intensa e ricca quella di Foligno. Al termine della mia relazione ho lascato che fosse Chiara stessa a dire la differenza tra la sua mistica e quella di Angela. Ecco il testo, sintetizzato al massimo:

«S. Angela dice che il terzo grado ed ultimo della perfezione è la trasformazione dell’anima in Dio e di Dio nell’anima. E qui l’anima gode di una pace perfetta, la sua; è nella stabilità, nell’ordine, nella forza, nella maturità; soprattutto è tutta sapienza.
Ed è vero. (…) A questa perfezione arrivarono i santi, tutti i grandi santi. (…)
È il culmine della mistica di tutti i santi ove le potenze dell’anima non sono che canali ove passa Dio in Trinità: lo Spirito Santo soprattutto per il cuore; il Verbo per la mente; il Padre per l’anima tutta, per l’essere dell’anima.
Eppure non è la mistica nostra. (…) La nostra è la mistica proprio di Gesù e di Maria: la mistica del Testamento nuovo, del comandamento nuovo (…) Quindi la mistica di coloro che si amano a vicenda come Egli ci ha amato; di un’unità di anime che rispecchia, stando in terra, la Trinità di Lassù (…)».

venerdì 21 maggio 2010

Dialogo interreligioso e annuncio

Ho celebrato la festa di sant'Eugenio al Centro Mariapoli di Castelgandolfo assieme al cardinal Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e a un folto gruppo di persone di tutto il mondo, incaricati del dialogo. Il tema che ho svolto è stato: "Dialogo e annuncio" (vedi qui), concludendo: "Se l’ascolto è stato attento, l’interesse al mondo dell’altro sincero, l’aiuto concreto, se davvero si sono instaurati rapporti di stima, di amicizia, anche l’altro vorrà interessarsi a noi e, a sua volta, “si farà uno” con noi. Potremo allora parlare a nostra volta, comunicare la nostra esperienza di fede, ciò che ci motiva. Il dono di noi sarà il dono di ciò che abbiamo di più nostro: il Vangelo vissuto. L’evangelizzazione risulterà non una ostentazione o una imposizione, ma una condivisione".

giovedì 20 maggio 2010

21 maggio: Festa di Sant’Eugenio de Mazenod


Quando mi viene chiesto: «Qual è il vostro carisma?», non posso fare a meno di raccontare una storia, così come ho fatto in queste pagine.
La storia di un giovane, Eugenio de Mazenod, che sperimenta in sé l’amore misericordioso di Dio, manifestatosi in Cristo Crocifisso, il Salvatore. Da lui redento si sente chiamato a divenire, in lui e con lui, strumento di redenzione: cooperatore di Cristo Salvatore. Alla luce di questo mistero, con gli occhi nuovi della fede, con gli occhi stessi del Salvatore perché con lui identificato, guarda alla Chiesa e la riconosce come la Sposa di Cristo, frutto del suo martirio. Vede il suo stato di abbandono, sente il grido di lei che chiama a gran voce i suoi figli e si dichiara pronto a rispondere. È mosso a compassione alla vista dei poveri, per i quali Cristo ha dato il suo sangue, e decide di dedicare ad essi tutta la sua vita nel sacerdozio, per far conoscere loro, mediante il ministero dell’evangelizzazione, chi è Cristo, così da aiutarli a prendere coscienza della loro dignità di figli e figlie di Dio.
Unisce a sé altri sacerdoti e poi dei fratelli laici, con i quali sceglie di vivere i consigli evangelici, sull’esempio degli Apostoli, per attuare con radicalità e pienezza la vocazione cristiana alla santità e per lanciarsi insieme nel ministero dell’evangelizzazione di tutto l’uomo, di tutti gli uomini, specialmente dei più poveri e dei più abbandonati. Scopre gradatamente la presenza di Maria nella sua vita e nel suo ministero. Si riconosce strumento del suo amore di misericordia per gli uomini e si sente chiamato a portare a lei, Madre di Misericordia, i figli di Dio dispersi. Con i suoi fratelli inizia così a dirigersi verso coloro che più difficilmente sono raggiunti dalla pastorale ordinaria della Chiesa, dove altri non vogliono o non possono andare, con uno stile di evangelizzazione audace, d’avanguardia, capace di aprire vie nuove, nelle quali impegnarsi fino all’estremo, senza lasciare nulla di intentato. Contribuisce così, in comunione con tutte le altre vocazioni presenti nella Chiesa, al disegno di Dio: radunare uomini e donne nella grande famiglia di Dio, condurre l’umanità verso l’unità chiesta da Gesù al Padre, così da giungere ad essere tutti uno.
È un’esperienza che anch’io cerco di condividere. Un’esperienza che si può condividere o che può illuminare quella a cui si è chiamati, nella mirabile varietà delle vocazioni suscitate dallo Spirito nella sua Chiesa.

mercoledì 19 maggio 2010

Angela da Foligno e Chiara Lubich nel Mistero Trinitario

Al Convegno “Angela da Foligno e Chiara Lubich due mistiche per il III millennio” (Foligno sabato prossimo 22 maggio), terrò la relazione: “Angela da Foligno e Chiara Lubich nel Mistero Trinitario”.
Trascrivo l’inizio della conferenza, invitando a parteciparvi.

«Figlia della pace, in te riposa tutta la Trinità, tutta la verità, di modo che tu mi possiedi e io ti posseggo». Così si rivolge Dio ad Angela da Foligno.
«M’avvolge il Padre / nell’amoroso seno, / mi bacia il Verbo / qual saettante raggio, / il Santo Spirito / lieve venticello / l’anima accarezza / qual colomba bianca. / La Trinità / impera dentro me. / La Trinità / impera dentro me». Così testimonia Chiara Lubich il suo rapporto con la Trinità.
Due mistiche, così distanti nel tempo eppure così vicine nell’esperienza di Dio, nella traduzione dell’esperienza in dottrina, nella capacità di coinvolgere altri nella propria esperienza.
Angela, la “Maestra dei teologi”, come viene chiamata dal 1600, «la più grande mistica francescana, grande, grandissima mistica», per usare le parole di Pio XII; la «mistica per antonomasia» e «grande metafisica della mistica».
Chiara non ha ancora titoli prestigiosi, se non un modesto «grande mistica cattolica del nostro tempo», apparso recentemente nella prefazione di una sua raccolta di lettere, ma ne avrà presto di straordinari.
Ambedue ci hanno lasciato una straordinaria testimonianza della loro esperienza, Angela nel Libro e Chiara nel Paradiso ’49, due testi molto dissimili tra loro sia per il periodo di cui danno relazione, sia la modalità di scrittura, senza entrare, per ora, nei contenuti.
Il Libro di Angela inaugura un nuovo genere letterario nella letteratura cristiana, passando dalle “vite” alle “rivelazioni”. È un testo che abbraccia l’intera vita e il magistero della beata. Composto sotto dettatura, o comunque dopo l’ascolto della narrazione, conserva, se pure in un latino semplice e rozzo, le parole di Angela, nella sua bella parlata umbra. «Gli scritti di Angela forse non sono stati sorpassati per bellezza. Essi ci danno in ogni pagina il sentimento del sublime, e talora fanno passare attraverso l’anima come un brivido d’infinito».
Il Paradiso’49 di Chiara è un testo che copre un arco di tempo molto breve, poco più di due anni, dal 20 luglio 1949 al settembre del 1951. Il più ampio itinerario mistico della fondatrice del Movimento dei focolari andrà ricostruito a partire dalla documentazione straordinariamente vasta che ci ha lasciato, comprendente scritti, audio, video. Ma quel periodo di luce, iniziato il 16 luglio 1949, segnerà per sempre la sua vita e il libro che ne narra l’esperienza diventerà un grande classico della letteratura cristiana.
Personalmente, la prima cosa che mi colpì quando lo sentii leggere da Chiara stessa, fu la dimensione estetica del testo, scritto con un linguaggio moderno, senza niente di superfluo. Mi sembrava rispondesse alle aspettative di Garrigou-Lagrange quando scriveva: «I grandi mistici, per farci conoscere la loro esperienza, è opportuno che siano dei grandi poeti». Il Paradiso’49 è altissima poesia. Anche nella forma lascia intuire che Dio è Bellezza, che il Paradiso è bello.

I due testi, quello di Angela e quello di Chiara, una testimoniano stupefacente esperienza del mistero di Dio, che Gesù ci ha rivelato come Padre, Figlio, Spirito Santo, di Dio Amore che è Trinità.

«Incipit prologus in Librum de vere fidelium experientia, qua reperitur thesaurus absconditus in agro Evangelii». Il Libro della beata Angela da Foligno è il libro dell’esperienza, è la narrazione di una esperienza “vera” che ha portato a scoprire il tesoro nascosto nel campo, simbolo del Regno dei cieli.
«L’esperienza di coloro che sono veramente fedeli – come scrive frate A. nel Prologo – riguarda, attiene e ha per oggetto il Verbo della vita, che si è incarnato e nel vangelo dice: “Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mi lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”, e: “Chi mi ama… io mi manifesterò a lui”».
Per frate A. era evidente che l’esperienza mistica di Angela, come ogni esperienza mistica cristiana, nasceva dal Vangelo ed aveva come oggetto Gesù e, attraverso di lui, la vita di Dio Trinità. Quello che sarà narrato nel Libro è l’esperienza di “una fedele” particolare, di cui mai si dice il nome, ma nello stesso tempo è l’esperienza, o può esserla, di tutti coloro che sono “veramente fedeli”. Il modo in cui viene avvertita la dimora di Dio nell’anima potrà essere diversa, ma tutti possono sperimentarla, tutti siamo chiamato a viverla e a sperimentarla.
Angela stessa è convinta della chiamata universale alla vita mistica. L’esperienza dell’amore di Dio dovrebbe «ritrovarsi in tutti i figli Dio», asserisce, perché Dio «vorrebbe tutti i suoi figli strasformati in Lui per amore»:
Frate A. è anche convinto che dall’esperienza ne derivi una dottrina e nel libro della beata Angela si accinge a descrivere un’esperienza e insieme ad esporre la dottrina che ne deriva.

Anche Chiara, rileggendo quell’evento straordinario che nel 1949 la porta a vivere per mesi, con una consapevolezza unica, nel seno del Padre e a contemplare il Paradiso, parla di esperienza e di dottrina frutto dell’esperienza. Il patto d’unità con Igino Giordani, di cui diremo più avanti, che è all’origine del suo entrare nella Trinità, «ha dato inizio – testimonia lei stessa – all’esperienza straordinaria del Regno dei cieli fra noi. Non solo: ha dato pure inizio ad una nuova dottrina».
«Rileggendo tutto il testo del Paradiso – scrive ancora –, […] mi sono resa conto che l’esperienza del ‘49 è stata un fatto straordinario, una grazia. Il fatto stesso che ho “visto” […] il seno del Padre e in esso le varie realtà del Paradiso - ho “visto” con gli occhi dell’anima, non con quelli del corpo - è una grazia. […] È stata inoltre un’esperienza vissuta in una spiritualità “collettiva”, una spiritualità nuova, ed in questa esperienza è nata l’Opera, un’Opera nuova nella Chiesa. Perciò è un’esperienza che non è mai esistita, è stata - ripeto - una grazia. Nello stesso tempo è vero che la dottrina contenuta nel Paradiso ha le sue radici nella Scrittura ed è in continuità con i venti secoli di vita e di sviluppo dottrinale della Chiesa».

Quella di Angela e di Chiara è dunque un’esperienza. Lungo la storia della spiritualità cristiana si è presa sempre più coscienza che il Mistero lo si crede, lo si accoglie, lo si vive, ma se ne può avere anche una percezione sensibile, che coinvolge l’intera persona. La tradizione francescana, a cui è legata Angela e in qualche modo anche Chiara, è particolarmente eloquente al riguardo. Francesco e i suoi discepoli volevano assaporare, sentire, gustare, sperimentare, rivivere il mistero che contemplano. Lo stesso avviene nella tradizione domenicana. La conoscenza che si ottiene per grazia, scrive ad esempio san Tommaso, si attua in due modi: «uno è speculativo (…). L’altro consiste in una conoscenza affettiva o sperimentale della bontà o della volontà divine, e si ha quando uno sperimenta in se stesso il gusto della dolcezza divina e la benevolenza della sua volontà. Come Dionigi dice a Ieroteo, il quale “apprese le cose divine per averle provate”. È in questo senso che siamo invitati a fare esperienza della volontà divina e a gustare la sua soavità».

lunedì 17 maggio 2010

Presentazione del libro "La storia di Dio e la mia"


Martedì 18 maggio, alle ore 21.00, presentazione del libro di Fabio Ciardi La storia di Dio e la mia. La Bibbia fonte d’ispirazione per l’uomo. L’autore sarà intervistato dal giornalista Massimo Piagnani. Appuntamento a Roma, alla Chiesa del SS. Crocifisso, Via Bravetta 332.

domenica 16 maggio 2010

E' bello essere Chiesa

Stamattina festa in piazza san Pietro intorno a Benedetto XVI. Qualcosa sta cambiando! Effetto Portogallo? Lì, come oggi in piazza san Pietro, è apparsa una Chiesa fatta di popolo, visibile nelle masse che hanno fatto straripare piazze come il Terreiro do Paço a Lisbona, l’Avenida dos Aliados a Porto, la spianata a Fatima; una Chiesa che ha mostrato “l’entusiasmo dei bambini e dei giovani, la fedele adesione dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, la dedizione pastorale dei Vescovi, la voglia di ricercare la verità e la bellezza evidente nel mondo della cultura…, il vibrare della fede dei fedeli”. Negli operatori di pastorale sociale la Chiesa – continuo a citare dai discorsi del Papa – si mostra capace di “compassione verso i poveri, i malati, i detenuti, quelli che vivono da soli e abbandonati, le persone disabili, i bambini e i vecchi, i migranti, i disoccupati e quanti patiscono bisogni che ne turbano la dignità di persone libere”; una Chiesa che, grazie ai movimenti e le nuove comunità ecclesiali, sa “svegliare nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani, di vivere nella Chiesa, che è il Corpo vivo di Cristo”, comunicare “in modo persuasivo” la radicalità del Vangelo e il contenuto oggettivo della fede.
Abbiamo riscoperto una Chiesa che sa proporre valori positivi e scelte di vita autentiche e coraggiose, che può presentarsi con competenza davanti al mondo della cultura, senza paura della “dialettica tra secolarismo e fede”, anzi riconoscendovi “una chance per integrare fede e razionalità moderna in un’unica visione antropologica”. Una Chiesa che si fa dialogo, convinta che “il dialogo senza ambiguità e rispettoso delle parti in esso coinvolte è oggi una priorità nel mondo, alla quale la Chiesa non intende sottrarsi”; una Chiesa che non solo accetta “l’esistenza della cultura dell’altro”, ma “aspiri anche a venire arricchita da essa e ad offrirle ciò che possiede di bene, di vero e di bello”.
Una Chiesa che vince la tentazione di ripiegarsi su se stessa, che ritrova la sua vocazione “essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito”, continuando ad avvertire “con chiarezza l’importanza di comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscevano ancora”. Una Chiesa che prende coscienza che “il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio”.
Dobbiamo ricordarci sempre che la Chiesa è peccatrice ( “le sofferenze della Chiesa – ci ha detto Benedetto XVI in questo viaggio – vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”). Ma non possiamo dimenticare che è anche santa.

giovedì 13 maggio 2010

Come vivere il “nulla-tutto” dell’amore

Come vivere il “nulla-tutto” dell’amore, è il titolo dell’articolo che ho appena pubblicato su “Nuova Umanità” XXXII (2010) 185-215. Ecco la prima pagina che ne spiega le origini.

Il mistero della kenosis del Verbo che si fa uomo per farci dio, ha affascinato ogni generazione cristiana. Per radunare l’umanità dispersa e orientarla verso il Padre, egli non ha esitato a spogliare se stesso, ad assumere la condizione di schiavo, giungendo fino alla morte e alla morte di croce. I mistici d’Occidente, leggendo la Lettera agli Efesini nel latino della Vulgata, trovavano il termine ekénosen tradotto come exinanivit, e lo modularono a loro volta in molte espressioni: annichilarsi, annientarsi, raggiungere il vuoto, il nulla… Si sentivano attratti dalla kenosis di Cristo, fino a volerla rivivere in sé per avere il pieno possesso di Dio; un annullamento di sé totale, come via per l’infinita, totale pienezza di Dio.
Anche negli scritti di Chiara Lubich torna sovente il tema del “nulla” come elemento fondamentale nell’esperienza spirituale. Nel 1997 scrissi un articolo in proposito e glielo sottoposi. Ella volle che fosse letto insieme con tutti i membri della Scuola Abbà, perché venisse cesellato nella luce che emana la presenza di Gesù tra quanti sono uniti nel suo nome. Era il 28 marzo 1997, Venerdì santo; eravamo a Mollens, in Svizzera. A mano a mano che procedevo nella lettura, Chiara, nel suo profondo ascolto attento e amoroso, mi appariva icona di quel “vuoto d’amore” di cui stavo trattando. La trascrizione dei suoi interventi, puntuali, durante la mia lettura, hanno continuato ad essermi di luce. Mentre citavo Maister Eckhart sullo spogliamento completo di sé, commentava: «Noi non possiamo fare contemporaneamente due cose: svuotarci e riempirci. Noi possiamo solo riempirci, riempiendoci…». Dopo un ulteriore richiamo a sant’Agostino: «… è un vuoto sempre pieno il nostro. È la religione della pienezza, del Risorto, non dell’Abbandonato, l’Abbandonato è la strada per arrivare… E nella nostra spiritualità questo positivo è tantissimo in evidenza…». Infine rifletteva con noi sull’incidenza che la spiritualità dell’unità ha nella società attuale proprio perché non presenta allo stesso tempo vuoto e pieno, ma solo «il pieno, persone realizzate, persone che hanno un’idea, una cultura, una fede. Pienezza». In definitiva, concludeva, «Io non sono, perché sono nell’amore».
A Mollens avevo promesso un secondo scritto su “Come vivere il nulla”, su come lasciare che, sul “nulla di noi”, Dio sia davvero il nostro Tutto. Lo preparai subito dopo ma è rimasto in computer tutti questi anni, in attesa di poterlo leggere con Chiara… Forse è arrivato il momento di pubblicarlo comunque, anche se mancherà il suo ritocco carismatico.

mercoledì 12 maggio 2010

Forum di Unità e Carismi

Lo sguardo di p. Costanzo Donegana dice la meraviglia e lo stupore per il forum di Unità e Carismi. La novità di questa edizione sta soprattutto nel posto centrale riservato alle esperienze: il racconto di come si muove l’Opera di Maria in questi due anni dopo la partenza di Chiara, il racconto di come le Suore Gianelline hanno riconvertito le loro opere, il racconto di come Missionari e Missionarie della Consolata hanno riscoperto la collaborazione reciproca. Racconti di grande speranza, che vedono un sempre maggiore coinvolgimento dei laici, un impegno di “tutti per tutti”, l’assunzione di responsabilità delle comunità locali. Adesso aspettiamo che la rivista pubblichi i contributi e gli interventi.

martedì 11 maggio 2010

Parlaci di Lui colpisce ancora

In attesa di una parola sul forum di ieri, due letterine appena arrivate sul libro Parlaci di Lui.

Sono, per diletto, un'attrice. Dopo aver letto il Suo libro "Parlaci di Lui" , nell'autunno 2008 e trovandolo così "gustosamente" espressivo, ho cominciato a recitarne dei brani, in occasione varie (congresso delle volontarie, momenti di ricreazione, ecc). Anche ieri, ultima occasione (per ora), durante un momento di ritrovo fra "imprenditori Economia di Comunione" della nostra zona di Trento, in cui mi era stato chiesto di mettere a punto un momento artistico da offrire ai convenuti, ho scelto di interpretare "il ragazzo dei pani", che ben si adattava al tema della Provvidenza, molto sentito dagli imprenditori EdC. Il tutto, corredato dall'esecuzione musicale di un duo violino-violoncello. Ne è riuscito un momento delicato ed intenso, servito proprio a creare una vera aria di famiglia, tanto che il successivo momento di dialogo è stato veramente fruttuoso.
Inoltre, se Città Nuova Editrice ha avuto un impennata positiva nelle vendite di questo suo libro, beh... un pò è stato anche merito mio ... tante sono le persone che sono corse ad acquistarlo dopo avermi ascoltato ...
Non me ne voglia se il tono del mio racconto è un pò scherzoso. Desideravo farLa partecipe di questa mia esperienza, in quanto quel "libretto" continua a dare tanta gioia a me e a tanti.
(Biancarosa Chiarandini Battaini, Udine)

Durante il viaggio d'andata a Torino per visitare la Sindone, oltre ai materiali sulla Sindone ho riletto il Suo libro "Parlaci di Lui" che mi piace molto con la delicata sfumatura di un acquerello e lo stile poetico, meditativo e personalizzato... (Pancrazia Kuk, Corea)

lunedì 10 maggio 2010

In attesa del forum

Carissimo Fabio,
“Dio cerca nuove dimore. Ristrutturare o rivitalizzare?”. Questo il titolo del Forum di Unità e Carismi” di lunedì pomeriggio. Mi sono subito balzate in mente le letture bibliche della VI domenica di Pasqua.
Anzitutto l’Amore. L’Amore diventa “dimora” del divino. La prima casa da far nuova è la mia vita attraverso la “custodia” della Parola di Gesù. “Chi mi ama custodisce la mia parola”. Così preparata, dall’amore alla Parola, la mia casa attira l’amore del Padre. E attira la presenza che dà vita alla mia dimora: “verremo a lui
E prenderemo ‘dimora’ presso di lui”. La dimora di Dio tra gli uomini siamo noi, è la nostra persona. E la comunità religiosa come “tenda “ della presenza di Dio è l’insieme di persone viventi che hanno in sé la presenza di Dio.
Queste cose sono sempre da re-imparare: “Queste cose – dice Gesù – non le capite ancora pienamente”. Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà (riportare al cuore) tutto ciò che vi ho detto.
E l’Apocalisse ci parla di una Gerusalemme (la comunità) strana: nella Gerusalemme vecchia fondamentale era il tempio. Nella Gerusalemme nuova il tempio non c’è più perché il suo tempio è l’Agnello. Il Cristo stesso è il tempio: la sua presenza in noi e in mezzo a noi. E con il Padre e il Figlio fanno della nostra vita il tempio, la casa, la dimora.
Un’altra immagine che mi veniva in mente è quel gioiello incastonato nella lettera ai Filippesi: “Cristo Gesù, pure essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso….” Liberamente. Chi sa che, dopo un periodo in cui la Vita Consacrata ha vissuto un po’ come tutti un “delirio” di onnipotenza, non sia chiamata oggi, non per necessità storiche o per obblighi di tenere tutto, ma liberamente a “spogliare” se stessa da tante strutture e da tante “dimore” invecchiate e cadenti… per farsi in tutto simile agli uomini e portare la novità di relazioni provenienti dal cielo.
Forse vale anche per la Vita Consacrata oggi quello che Gesù disse al giovane ricco (come ci siamo arricchiti in tutti i sensi in due millenni): “Va’ vendi tutto, poi vieni e seguimi”.
Auguro a te e a tutti un Forum Vivo. Ciao. (Luigi Vitulano)

domenica 9 maggio 2010

Carisma del fondatore e carisma fondazionale - una risposta

Ho invitato il prof. German Sánchez Griese ad una prima risposta alla lettera pubblicata su questo blog due giorni riguardo alla vicenda dei Legionari di Cristo Re e all'interrogativo sulla distinzione tra carisma del fondatore e carisma fondazionale. Ecco quanto mi scrive:

Carissimo in Cristo, P. Fabio,
ti sono grato per il messaggio e la tua vicinanza in questi momenti.
Sentito dire da te “non è solo un problema dei Legionari, ma di tutta la Chiesa” riflette in una forma assai bella il carisma dell’unità su di cui se stato tu a introdurmi.
Io non vorrei fare nessuna distinzione, in questo piccolo spazio, su una differenziazione netta tra carisma del fondatore e carisma fondazionale. Forse lo lasceremo per un prossimo saggio.
Vorrei soltanto accennare l’importanza di saper che i Legionari e il Movimento Regnum Christi abbiamo ricevuto un carisma, cioè, una grazia di Dio, tradotta in una esperienza dello spirito (Mutuae relations, 11). Se in questo carisma si sono introdotti elementi che non corrispondono al proprio carisma, è nostro dovere, assecondando i desideri del Santo Padre, di fare una purificazione di questi elementi in forma tale di poter viver il carisma con più radicalità, con più purezza. Un lavoro che faremo in comunità, con l’adeguata preghiera e la mano del Santo Padre nella persona del suo delegato e della commissione per la revisione della Costituzione.
Per dirti la verità in questa dolorosa vicenda ho un pizzico di gioia al saper che saremo guidato della mano del Santo Padre. Come studioso di tantissime congregazioni religiose femminili, mi rendo conto che il lavoro che tante congregazioni hanno fatto con molta difficoltà, noi lo faremo con l’aiuto diretto del Santo Padre. Penso che abbia ragione in dire che ho diritto a questo pizzico di gioia. Tu, che ne pensi?
In Cristo, German Sánchez Griese

Viva le mamme!

sabato 8 maggio 2010

Forum di "Unità e Carismi"

Lunedì pomeriggio il forum della rivista "Unità e Carismi". Una lettura propositiva delle dinamiche in corso nella vita consacrata: chiusura di case, ristrutturazione delle opere, accorpamento di province: una sfida e una opportunità tutte la scoprire.

Carisma del fondatore e carisma fondazionale

Caro padre Fabio,
Riflettevo sul comunicato della sala stampa vaticana riguardante i risultati della visita apostolica ai Legionari di Cristo. Testo shoccante per la nettezza dei giudizi che emette a proposito del fondatore "indegno" e le conseguenze che il suo agire ha avuto o può aver avuto sul carisma e l'impostazione di vita della Congregazione.
La mia riflessione è stata arricchita dalla lettura di un articolo di Lorenzo Prezzi, pubblicato su Regno-attualità n. 8/2010, pp. 223-225, precedente di qualche giorno il documento vaticano. Da quest'articolo cito: "L’operazione già orientativamente indicata dalla Santa Sede nel documento di censura al fondatore prevede una distinzione fra carisma del fondatore e carisma fondazionale. Il primo è legato alla persona, il secondo all’istituzione. [...] Ma non è impresa facile. È vero che nella storia vi sono casi di fondatori rifiutati e, persino, di scelte ereticali, ma fenomeni d’immoralità tanto gravi non hanno precedenti. Se non in alcune fondazioni recenti. Per questo il processo merita di essere guardato con attenzione e condivisione come già stanno facendo gli organismi di rappresentanza dei superiori maggiori" (p. 224) . L'accenno ai casi d'immoralità in fondazioni recenti mi pare sia riferito alle dolorose vicende relative a p. Gino Burresi.
Innanzitutto mi ha molto preoccupata l'enfasi e l'insistenza con la quale i mezzi d'informazione di massa hanno riportato lunghi brani del comunicato vaticano: quando succedono queste cose, di solito "gatta di cova". Staremo a vedere.
Dal punto di vista teologico, poi, questa vicenda sconcertante, oltre che dolorosa e - per quello che riguarda le varie fasi delle sue "vicende processuali" anche emblematica - pone un problema che mi pare di rilievo: la necessità ormai impellente di operare la distinzione fra in maniera il più possibile chiara e netta "fra carisma del fondatore e carisma fondazionale"; cosa che, almeno in questo caso, il comunicato della santa Sede già abbozza, assieme a una velata critica, quando sottolinea "la necessità di ridefinire il carisma della Congregazione dei Legionari di Cristo, preservando il nucleo vero, quello della 'militia Christi', che contraddistingue l’azione apostolica e missionaria della Chiesa e che non si identifica con l’efficientismo a qualsiasi costo".
In questo caso, il servizio che la teologia può offrire mi sembra davvero prezioso e non soltanto nei riguardi dei Legionari di Cristo, anche perché quando i fondatori, per quanto buoni e santi, sono lontani o molto lontani nel tempo la distinzione di cui sto parlando diventa utile per l'opera di aggiornamento dei loro istituti.
Un caro saluto sr Mnerina

Pubblico volentieri questa e.mail nella speranza che qualcuno riprenda il tema su questo blog (o via e-mail) e risponda a sr. Nerina

venerdì 7 maggio 2010

Il carisma e la regola / 3 – La revisione delle Costituzioni

Il terzo schema sul tema del carisma e la regola, sempre in attesa di nuovi apporti da parte degli studenti.
clicca qui

(ma la foto non c’entra niente… appunto)





Ho visto il curato d’Ars di oggi

“Il pesce è fatto per il mare, l’uccello è fatto per il cielo, l’uomo è fatto per l’amore”. Così è terminato ieri Ars amoris, il ConcerTheatre sul curato d’Ars, riuscitissimo connubio di parola e musica, presentato nell’aula magna dell’università lateranense (vedi www.azionimusicali.com/ars.html). È la seconda volta che lo ascolto, ma questa volta mi è entrato dentro con maggiore profondità, come un invito serio alla santità.

Ma ieri, più ancora dello spettacolo sul curato d’Ars, mi ha colpito un altro “spettacolo”, quello dei sacerdoti presenti, riuniti attorno a Hubertus: uno spettacolo nello spettacolo; o meglio, questi sacerdoti erano lo spettacolo nel quale si è svolto lo spettacolo sul curato d’Ars. Uno spettacolo, quello dei sacerdoti, che parlava d’unità, d’amore reciproco vero, e quindi di gioia luminosa e contagiosa. La figura di Giovanni Maria Vianney andava in dissolvenza ed appariva il sacerdote di oggi, come l’ha sognato il Concilio – come lo sognava Gesù – attuazione del Vangelo che ha liturgia si fa leggere oggi: “Vi do un comandamento nuovo, amatevi gli uni gli altri… Siete miei amici se vivete il mio comandamento… amatevi gli uni gli altri”. Un sacerdozio nuovo, dunque, di tantri sacerdoti fatti uno dal comandamento nuovo. Ieri ho visto gli amici di Gesù.

giovedì 6 maggio 2010

Dal Congo lezione di solidarietà

Ultimissima, di questi giorni: abbiamo avuto un bebè qui a casa per più giorni e abbiamo fatto i turni per accudirlo. Non ti dico che rivoluzione: ogni due ore prepara la pappina poi cambialo, ecc. ecc. È un bimbo che la mamma ha partorito nel nostro centro, ma con una scusa il giorno dopo si è allontanata e non è più tornata… I dati che ci aveva comunicato erano falsi per cui il bimbo è stato abbandonato volutamente. Prima è rimasto al centro per i controlli poi ce lo siamo portato a casa nell'attesa di sapere come muoverci. Per fortuna la sorella di Josephine, una nostra Comi, avendo saputo la cosa, ci ha chiesto di adottarlo, anche se ha già quattro figli ed il più piccolo ha meno di due anni. E così ieri il nostro piccolo Eugenio (così lo avevamo chiamato mettendolo subito sotto la protezione di Sant'Eugenio de Mazenod, e il santo pare che si sia dato subito da fare, visto i risultati!!) ha lasciato le mamme Comi per andare in una bella famiglia e crescerà con altri fratellini e sorelline. Questi nostri fratelli sono poveri, non hanno il benessere della società occidentale, ma in quanto a solidarietà ci danno ancora lezioni! (Giovanna Clemente, Kinshasa)

mercoledì 5 maggio 2010

Il comandamento nuovo

Carissimo Fabio, sabato e domenica scorsi avevo letto il tuo "dialogo-preghiera" sul Vangelo della V domenica di Pasqua, quando Gesù dà il comandamento nuovo. Mi è piaciuto tantissimo, e altrettanto mi ha aiutato. Ho immaginato cosa sarebbe un supermercato se fra venditori e acquirenti ci fosse quella relazione che è la carità reciproca... ma ho anche capito che tutto il mio lavorare su carte (non solo però!)… non è un burocratico lavoro d'ufficio, ma occasione per tessere relazioni di amore reciproco. Lo sapevo, ma mi si è illuminato di più. Insomma, ero infuocato di questo che Gesù presenta come il distintivo nostro, la nostra identità... Percependo, nello stesso tempo, che quanto sembra a me così evidente e ovvio non "colpisce" automaticamente gli altri, non attira nello stesso modo la loro attenzione...

Alla luce di quanto vengo di dire mi hanno colpito le seguenti, pur bellissime, parole di Benedetto XVI: Gesù parla di un “comandamento nuovo”. Ma qual è la sua novità? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comando dell’amore; ora, però, questo comandamento è diventato nuovo in quanto Gesù vi apporta un’aggiunta molto importante: «Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri». Ciò che è nuovo è proprio questo “amare come Gesù ha amato”. Tutto il nostro amare è preceduto dal suo amore e si riferisce a questo amore, si inserisce in questo amore, si realizza proprio per questo amore. L’Antico Testamento non presentava alcun modello di amore, ma formulava soltanto il precetto di amare. Gesù invece ci ha dato se stesso come modello e come fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, universale, in grado di trasformare anche tutte le circostanze negative e tutti gli ostacoli in occasioni per progredire nell’amore. E vediamo nei santi di questa Città la realizzazione di questo amore, sempre dalla fonte dell’amore di Gesù. (Torino, 2 maggio 2010 – Omelia)
Come mai è così lenta la comprensione della "reciprocità", che è poi la natura dell'amore che si vive nella Trinità? Eppure, se c'è uno che vive per l'altro, che è tutto nell'altro che gli sta davanti, questi è proprio Benedetto XVI!
(Luigi da un Paese lontano)

martedì 4 maggio 2010

Citta Nuova - L'umanità ha il suo codice

Citta Nuova - L'umanità ha il suo codice

Aforisma di F. Hölderlin


Non si può senza ali
Afferrare ciò che è più prossimo.

Primavera d'Oriente / 2

Susanna Yang, mia ex studente del Claretianum, dall'estremo Oriente ha visto sul blog la foto dei ciliegi giapponesi e si è premurata di farmi arrivare una foto dalla Corea, con invito a verificare che la primavera coreana è più bella di quella giapponese. In Corea sono sempre andato d'inverno. La primavera, per adesso, mi accontento di vederla nella foto, ma non si sa mai...

domenica 2 maggio 2010

Religiose e sacerdoti costruttori della Chiesa

Pomeriggio vivace e molto partecipato in via Zanardelli di Roma, nella sede nazionale USMI. Assieme al vescovo Domenico Segalini e alla dottoressa Paola Bignardi (già presidente nazione dell’AC) ho parlato sul tema “Religiose e sacerdoti costruttori della Chiesa”. Più di 100 le presenti (ma anche un uomo presente, un Pallottino che anni fa avrebbe voluto fare la tesi di dottorato con me; essendoci difficoltà al Claretianum ha difeso la sua tesi alla Gregoriana; oggi, avendo visto il depliant dell’invito, ha voluto venire per incontrarmi e portarmi il libro da lui pubblicato).

Pochi passi prima di arrivare alla sede USMI vedo nell’edicola il famigerato “Calendario Romano”. Lo compro per mostrare l’abisso che c’è tra certe immagini di sacerdote di oggi (vedi appunto il calendario, di cui riproduco una delle tante foto “oscene”: sono tutte di “sacerdoti” laccati; un “Calendario Pirelli” clericale). Dirò infatti:


Il Sacerdote di Gesù nuovo si identifica con l’offerta di sé e insieme è l’altare della sua offerta: quella della propria vita, donata senza riserve al Padre e all’umanità. L’apice di questo sacerdozio inatteso si rivela in un luogo inaudito: sul Calvario, in un contesto decisamente “anti-sacerdotale” e in una veste estremamente “anti-liturgica”, se il metro della sua comprensione dovesse provenire dalla matrice giudaica. Questo Sacerdote, nel suo nascere, viene, infatti, teologicamente dichiarato “maledetto” dalla Legge stessa in quanto appeso sul legno (Dt 21, 22-23), segno di un orribile anti-valore e della completa inaccessibilità alla salvezza per chi intendesse unirsi alla sua offerta (una vita dannata) e al suo altare (il patibolo di chi muore senza speranza). Gesù crocifisso e abbandonato muore in una completa nudità umana e in un oscuramento relazionale impenetrabile. La sua è una “liturgia” senza precedenti, lontana mille miglia dalla purità rituale. Rimanendo però l’Amore fino al suo ultimo respiro (che coincide con il dono del suo Spirito – emisit spiritum), per una risposta dello stesso Amore, viene riportato in vita per l’opera del Padre e ridonato all’umanità quale Sacerdote della definitiva alleanza.

sabato 1 maggio 2010

La mistica a portata di tutti


«Chiunque volesse vedermi nell’anima sua, io non mi sottrarrei a lui; e chiunque volesse vedermi con gran diletto darei a lui la mia visione; e chi volesse parlare con me, con sommo piacere parlerei con lui». Così Dio parla ad Angela da Foligno. La vita mistica è a portata di tutti, basta volerla.