Pochi passi prima di arrivare alla sede USMI vedo nell’edicola il famigerato “Calendario Romano”. Lo compro per mostrare l’abisso che c’è tra certe immagini di sacerdote di oggi (vedi appunto il calendario, di cui riproduco una delle tante foto “oscene”: sono tutte di “sacerdoti” laccati; un “Calendario Pirelli” clericale). Dirò infatti:
Il Sacerdote di Gesù nuovo si identifica con l’offerta di sé e insieme è l’altare della sua offerta: quella della propria vita, donata senza riserve al Padre e all’umanità. L’apice di questo sacerdozio inatteso si rivela in un luogo inaudito: sul Calvario, in un contesto decisamente “anti-sacerdotale” e in una veste estremamente “anti-liturgica”, se il metro della sua comprensione dovesse provenire dalla matrice giudaica. Questo Sacerdote, nel suo nascere, viene, infatti, teologicamente dichiarato “maledetto” dalla Legge stessa in quanto appeso sul legno (Dt 21, 22-23), segno di un orribile anti-valore e della completa inaccessibilità alla salvezza per chi intendesse unirsi alla sua offerta (una vita dannata) e al suo altare (il patibolo di chi muore senza speranza). Gesù crocifisso e abbandonato muore in una completa nudità umana e in un oscuramento relazionale impenetrabile. La sua è una “liturgia” senza precedenti, lontana mille miglia dalla purità rituale. Rimanendo però l’Amore fino al suo ultimo respiro (che coincide con il dono del suo Spirito – emisit spiritum), per una risposta dello stesso Amore, viene riportato in vita per l’opera del Padre e ridonato all’umanità quale Sacerdote della definitiva alleanza.
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