lunedì 2 ottobre 2023

Credere in Dio guardando la natura

 

«I cieli narrano la gloria di Dio – canta il Salmo 19 –, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. (…) Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio» (2-5). La creazione, col suo stesso esserci, rivela l’esserci di Dio, la sua bellezza. Sant’Angela da Foligno (XIII secolo) racconta d’aver visto nella pienezza di Dio «tutto il mondo, vale a dire di là dal mare, di qua dal mare e l’abisso e il mare e il resto». Allora «l’anima, piena di ammirazione, gridò dicendo: “Questo mondo è pregno di Dio” … avvertendo la presenza di Dio che riempiva tutto». Anche santa Gemma Galgani (XIX secolo) un giorno vide «una luce di splendore immenso che penetra ogni cosa e, nello stesso tempo, dà vita ed anima tutto», facendole esclamare: «Io vedo il mio Dio e tutte le creature in lui». Questa non è soltanto l’esperienza dei mistica, ma anche di tanti scienziati, l’esperienza che tutti abbiamo fatto una volta o l’altra.

Chiara Lubich racconta che quando era ancora giovane maestra, percorrendo un viale di ippocastàni «tutti fioriti, belli, color rosa, ho visto uno di quei fiori come vivo che mi veniva incontro: vivo, penso, della presenza di Dio che era in esso. Questo fatto poi (…) diventò una esperienza generale: vedevo, cioè, Dio sotto tutta la natura, sotto le piante, le stelle...». Pochi anni più tardi, nell’estate del 1949, un’esperienza simile e ancora più forte: «Avevo l’impressione di percepire, forse per una grazia speciale di Dio, la presenza di Dio sotto le cose. Per cui se i pini erano inondati dal sole, se i ruscelli cadevano nelle loro cascatelle luccicando, se le margherite e gli altri fiori ed il cielo erano in festa per l’estate, più forte era la visione d’un sole che stava sotto a tutto il creato. Vedevo, in certo modo, credo, Dio che sostiene, che regge le cose».

Nei suoi viaggi gode della natura, come quando il 18 aprile 1964, a Recife, in Brasile, scrive: «Qui la natura sembra cantare il suo più alto grido, come massima espressione di bellezza ed abbondanza». Oppure in Svizzera, il 13 marzo 1967: «Qui tutto è bello. Tutto è “natura”. Laghi, monti, prati, boschi. Sole scintillante o candidissima neve o burrasche di temporali o grandine, ma... non so perché, qui tutto è così bello e così amabile».

Il 22 gennaio 1987, in uno dei collegamenti telefonici, racconta: «Contemplando l’immensità dell’universo, la straordinaria bellezza della natura, la sua potenza, sono risalita spontaneamente al Creatore del tutto e ho avuto come una nuova comprensione dell’immensità di Dio. (…) L’ho visto così grande, così grande, così grande che mi sembrava impossibile avesse pensato a noi». L’anno seguente, invita a cercare Dio «in modo particolare là dove la natura ce lo svela». Anche se siamo in una metropoli, continua, «basta uno squarcio di cielo azzurro scorto fra le cime dei grattacieli, per ricordarci Dio; basta un raggio di sole, che non manca di penetrare nemmeno fra le sbarre d’una prigione; basta un fiore, un prato, il volto di un bambino... (…) Questo dobbiamo fare: amare Dio per sé stesso nella sua immensità, nella sua infinitezza, nella sua bellezza, nel suo splendore, nella sua onnipotenza...».

Verso la fine della vita, guardando indietro, Chiara ha l’impressione di vedere il compiersi di una parabola. La sua spiritualità è tutta incentrata sull’amore che l’ha portata a cogliere la presenza di Dio dentro di sé, negli altri, nell’unità… Adesso, quasi a compimento del suo cammino, ecco riapparire Dio nel creato. Nasce così la pagina del suo diario del 26 aprile 2001:


Ho sempre detto che io non sono arrivata a Dio attraverso la natura, ma attraverso la vita interiore dove l’ho trovato per l’amore.

Ora mi sembra di aver fatto una parabola: da Dio dentro di me, a Dio fra noi, a Dio nella Chiesa, Dio, in certo modo, nella fraternità universale, a Dio nel creato e nel cosmo.

In questi giorni, infatti, ho guardato fuori di me, la natura: il cielo splendido, la natura in fiore, quell’ampiezza infinita che spalancano i cieli col sole, le stelle… E avvertivo che non era Chiara d’una volta che guardava, ma Chiara di oggi, che ha fatto la parabola che ho detto. Attraverso i miei occhi guardava con me o meglio in me qualcosa di dolcissimo, delicatissimo, caldo, sicuro: l’amore. Forse era Dio. E tutto era pieno della sua presenza. E capivo perché si può arrivare a credere a Dio anche solo guardando la natura. E dicevo: noi, uomini, certamente non abbiamo fatto tutto questo.  C’è stato Uno allora e non il caso perché il caso muto e sordo e ignorante non può aver creato noi persone intelligenti.  È stato Uno più grande del cosmo… È stato Dio.  E vorrei tornare di tempo in tempo a guardare la natura perché coincide con il vedere il Creatore ed adorarlo ed esser certa di Lui, e […] del nostro incontro, quel giorno con Lui.

 

1 commento:

  1. Grazie di questa bella meditazione. P. Fabio. Coincide con la pubblicazione di Laudate Deum. Per questo l’abbiamo tradotto in inglese e messo sul nostro sito. www.focolare.org/ireland

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