Parlando al seminario delle
università pontificie romane non potevo non citare il Proemio della Costituzione
apostolica Veritatis splendor di Papa Francesco, nella quale si riordinano
gli studi. Richiama parole che gli sono care: la «mistica del noi», il «dialogo a tutto campo», soprattutto la «cultura
dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture,
grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce
dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature». È l’obiettivo di questi
nostri Convegni: cercare le vie per una condivisione e comunione piena
all’interno delle nostre Università e tra le Università.
Il Papa sottolinea, come
sempre, che l’annuncio evangelico e la Tradizione ecclesiale portano il volto
delle tante culture e dei tanti popoli in cui sono accolte e radicate. Così la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e
mostra “la bellezza di questo volto pluriforme”.
Ciò che contribuisce a “la
bellezza di questo volto pluriforme” sono le diverse culture nelle quali viene
accolta l’unica Rivelazione, ma soprattutto la diversità dei carismi. Mi viene
spontaneo sostituire alla parola “cultura” la parola “carisma”. A me sembra che
l’eccellenza della pluriformità sia data proprio dalla ricchezza carismatica. Ogni
carisma è infatti una lettura particolare della Parola di Dio.
Non è un caso se noi a Roma
abbiamo tante università, ognuna espressione di modi diversi di intendere
l’unico mistero, ognuna espressione di un carisma particolare. È una grande
ricchezza, una “bio-diversità” culturale e spirituale arricchenti.
La sfida è mettersi in rete,
operare in “competizione”, nel senso dell’etimologia latina: cum
(insieme) e petere (andare verso), che suggerisce l’andare insieme, il
convergere verso un medesimo punto. Una collaborazione per raggiungere un
obiettivo comune, in “cooperazione”, lavorando insieme. “Concorrente” è una
persona – una istituzione – che corre con me, verso la meta comune. Se la
considero un avversario le faccio uno sgambetto perché perda la corsa così da
assicurarmi io la vittoria. Se lo considero un compagno di viaggio, possiamo
andare avanti a braccetto, aiutandoci quando c’è una difficoltà, aspettandoci
quando il passo si rallenta, per arrivare insieme alla meta.
Mi affascina la “mistica”
del vivere – e viaggiare – insieme su cui torna papa Francesco, quel “prenderci
in braccio, appoggiarci, partecipare alla marea un po’ caotica” dell’umanità in
cammino, fino a trasformarla “in una vera esperienza di fraternità, in una
carovana solidale, in un santo pellegrinaggio”, dove la comunicazione aperta e
sincera porta a “maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti…”
(cf. Evangelii gaudium, 87). Non possiamo applicarlo al cammino delle
nostre Università?
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