Lontano dalle luci della città, il cielo è pieno di stelle. Appena una falce di luna, ma basta a illuminare gli alberi magri. Nessun rumore se non quello monotono i grilli, l’ululato del coyote e l’agitarsi delle rade palme mosse dal vento. Sono in pieno deserto. Dopo una mattinata di viaggio nella pianura che porta sull’oceano Atlantico, eccomi in un minuscolo paese, Sarita, tra le città di Corpus Christi e Brownsville, il centro del ranch della famiglia Kenedy, che si estende per 400,000 acri e che, assieme al ranch della famiglia King, occupa la maggior parte del Deserto Cavallo Brado, la vasta area di confine tra Texas e Messico. La storia dei Kenedy vale un romanzo, ma basterà dire che il loro ranch, alla fine del 1800, divenne un punto nevralgico del lavoro missionario dei famosi Oblati a cavallo. In particolare Padre Juanito (ne riparleremo) visitava le famiglie dei cow boy che abitavano in questo immenso ranch. In quegli anni la famiglia Kenedy costruì la propria villa a una decina di chilometri dal quartier generale di Sarita. Oggi la villa e parte del ranch (sono 11.000 acri!) sono degli Oblati. Il resto è affidato ad una fondazione che con i ricavati, soprattutto dai pozzi petroliferi che vi sono stati trovati e dalle 300 pale eoliche per l’elettricità, finanzia università e scuole cattoliche di mezzo Texas.
Nel 1961 la villa divenne noviziato. Dal 1973 è casa di preghiera. Attorno sono state costruite una quindicina di casette, veri e propri eremitaggi. Circa 500 persona all’anno fanno qui una esperienza di assoluto silenzio, di preghiera, di solitudine. Chi vuole leggere e studiare con pace ha a disposizione una biblioteca di 30.000 volumi.
La regione è desertica e solitaria. Acacie, quercioli, cespugli spinosi e un gran bel caldo secco tropicale, con il sole che picchia. I cervi passano tranquilli vicino casa; questa sera è venuta a pascolare un intero branco. I tacchini selvatici sono alti e snelli, lontani parenti di quelli di allevamento. Non ho ancora visto né gli armadilli né i cinghiali. I serpenti per fortuna sono in letargo. In cielo volano solenni i rapaci.
Re di questa reggia è p. Francis Kelly Nemeck, qui ormai da tanti anni, alla guida di questa particolare attività missionaria: insegnare alla gente a pregare, a mettersi davanti a Dio, a ritrovare la propria strada. La casa di preghiera si chiama Lebh Shomea, una parola ebraica che significa “cuore docile”, e si espira alla preghiera di Salomone: “Signore, concedi al tuo servo un cuore docile… che sappia distinguere il bene dal male” (1 Re 3, 9).
Quanta fantasia, questi Oblati, anche la vita contemplativa ed eremitica!
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