Cammino lungo il Rio Grande nella mattinata fresca e assolata. Scatto fotografie alla barriera di ferro che per migliaia di chilometri separa il Messico dagli Stati Uniti. La polizia di frontiera mi ferma, ma appena comincio a parlare dell’Italia si dimenticano delle mie foto e conversano con piacere… Nella grande piazza davanti al posto di frontiera una grande statua di sant’Eugenio dà il benvenuto ai sudamericani che entrano negli Stati Uniti. Gli Oblati di Brownsville lo imitano.
È tempo di ripartire per il mio pellegrinaggio. Seguendo il corso del fiume percorro la strada militare, che collegava il forte Browns con il fort Ringlold. Oggi quella strada è chiamata anche il “cammino degli Oblati”. Quando leggevo della Valle del Rio Grande, mi immaginavo colline e montagne dove scorreva il fiume. Niente di più piatto. Da quando sono partito da San Antonio ho percorso più di 600 chilometri senza trovare una minima ondulazione; tutto piatto da morire. I ranch di una volta, con l’allevamento del bestiame, oggi hanno ceduto il posto alle fattorie, con le coltivazioni di canna da zucchero, ortaggi, limoni e arance, cotone. Lungo la strada sono disseminate le chiese costruite dagli Oblati. Quella di Santa Maria è un autentico gioiello. Al ciglio della strada minuscoli cimiteri senza recinzione alcuna, con le semplici croce piantate nel prato.
Nel ranch La Palomita, a poco più di 150 km da Brownsville, visito l’antica chiesetta, altro punto di irradiazione della “cavalleria di Cristo”. La città, che più tardi è sorta nelle vicinanze, ha preso il nome di Mission: da lì partiva la missione. Attorno alla cappella, ormai monumento storico, la città ha costruito un parco. Mi raccolgo in preghiera ricordando i nostri antichi “cavalieri”.
Anche nella città di Mission la prima chiesa fu costruita dagli Oblati. La famosa foto del 29 gennaio 1911, che ritrae i sette “cavalieri di Cristo”, fu scattata il giorno dell’inaugurazione della chiesa, dedicata alla Madonna di Guadalupe.
I due Oblati che oggi vivo nella parrocchia mi accolgono con festa. Con loro mi accolgono una dozzina di cani che abitano in casa (!), ognuno (i cani, naturalmente!) con al collo il fazzoletto colorato dei cow boy; due asini appena fuori dall’uscio, che si prestano per le sacre rappresentazione del Natale e della Domenica delle palme; alcuni pavoni; un imprecisato numero di pesci in sei o sette acquari… La casa è una autentica casa di cow boy.
Altra tappa del pellegrinaggio il Santuario nazionale della Madonna di san Giovanni, il più grande e il più bel santuario costruito dagli Oblati nel mondo, secondo forse soltanto a Notre Dame du Cap in Canada. Della prima costruzione, sempre degli Oblati, è rimasto soltanto il campanile: un pastore protestante, aveva promesso che avrebbe distrutto tutto, e infatti si lanciò sul santuario con il suo aereo, durante la messa. Tutti salvi meno il pilota sventurato. Gli Oblati riuscirono a portare in salvo la statua della Madonna e il Santissimo prima che tutto andasse in fiamme. Al suo posto costruirono una nuova chiesa, per la parrocchia, e vicino il grande santuario, con tutte le opere annesse e connesse: casa e albergo per i pellegrini, casa di riposo per anziani, scuole, casa di ritiri... Un gioiello, a cominciare dall’opera d’arte che incornicia la statuetta della Vergine. Circolare, la basilica ha una capienza di 2500 persone. Anche oggi tanta gente… Poi il vescovo ha chiesto che tutto passasse alla diocesi. L’anno scorso sono partiti gli ultimi Oblati: tutto per il bene della Chiesa.
Dovrei inoltrarmi ancora più avanti nella valle, verso altre mete, seguendo il cammino degli Oblati. I padri di Roma (così si chiama una città della Valle) e di Eagle Pass sarebbero contenti di vedermi. Ma il mio pellegrinaggio volge al termine. Ho appena gustato un tocco delle origini… e anche della vita che ancor oggi continua.
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