Obukhiv. Già, ma perché sono ai margini della foresta, nella periferia di questa cittadina spersa nel’Ucraina? Perché qui, nella loro casa principale, si sono dati appuntamento i 30 Oblati della regione. Alcuni vengono da vicino, da Kiev, altri da 800 chilometri. Sono qui per il loro ritiro annuale e sarei il loro “direttore degli esercizi”. Parlo in inglese e mi traducono in polacco: una cosa impossibile. Ma sono giovani. Due o tre sono sulla cinquantina, dieci sulla quarantina, gli altri sotto i trent’anni. Oggi si è aggiunto a noi un nuovo postulante dal Turkmenistan.
Parlo della nostra vocazione, che al dire di sant’Eugenio è la più bella, perché la stessa vocazione del Figlio di Dio quando venne sulla terra, la stessa che egli ha dato ai suoi apostoli quando li ha inviati nel mondo.
Nella mia solita ora di libera uscita mi sono incamminato nella foresta, in direzione opposta di ieri, per un sentiero tra gli abeti, fino ad un’altra piccola chiesa ortodossa, questa volta senza monastero, ma con una pia sacrestana che la custodisce. Mi sembra un pezzettino di cielo caduto sulla terra.
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