martedì 17 dicembre 2019

Novena di Natale: Il presepe


Il presepe di casa
Quest’anno il Papa ci ha scritto una lettera per «sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe». Ha ricordato che preparare il presepe «è davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata».
Allora iniziamo la novena di Natale con il presepe, come ce lo racconta Luciano De Crescenzio facendo parlare il professore Bellavista e i suoi studenti:

«Il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi: “Adesso viene Natale e facciamo il presepe”. (…) il presepista bravo o non bravo, diventa creatore (…)
I pastori debbono essere quelli di creta, fatti a mano, un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che si vendono all’UPIM, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli dell’anno precedente e non fa niente se sono quasi tutti un poco scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno, e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello: “Questo è Benito che non teneva voglia di lavorare e che dormiva sempre, questo è il padre di Benito che pascolava le pecore sopra alla montagna e questo è il pastore della meraviglia” e a mano a mano che i pastori escono dalla scatola, c’è la presentazione.
Il padre presenta i pastori ai figli più piccoli, che così ogni anno, quando viene Natale, li possono riconoscere e li possono voler bene come a persone di famiglia. Personaggi della vita, anche se storicamente inaccettabili come ’O monaco e ’O cacciatore c’o fucile». (…)

«Papà mio», dice Luigino, «quelli un poco scassati li riusciva sempre a mettere in maniera tale che poi nessuno si accorgeva se tenevano un braccio o una gamba di meno; mi diceva: “Luigi, adesso papà trova una posizione strategica per questo povero pastoriello che ha perduto una coscia”, e lo piazzava dietro a una siepe o dietro a un muretto, e poi mi ricordo che avevamo un pastore che ogni anno si perdeva qualche pezzo, tanto che alla fine ci rimase solo la testa e papà la piazzò dietro a una finestrella di una casetta. Papà le casette le faceva con le scatole delle medicine e poi dentro ci metteva la luce, e quando, durante l’anno, io mi dovevo prendere una medicina, per esempio uno sciroppo che non mi piaceva, allora lui prendeva lo scatolino e mi diceva: “Luigi, questo scatolo ce lo conserviamo per quando viene Natale, che così ne facciamo una bella casetta per il presepio, tu però bell’ ’e papà devi finire prima la medicina che ci sta dentro, se non papà la casarella come la fa?”».

«E poi quando veniva la mezzanotte», continua Salvatore, «ci mettevamo tutti in processione e giravamo per tutta la casa cantando “Tu scendi dalle stelle”. Il più piccolo della famiglia avanti con il Bambino Gesù, e tutti quanti dietro con una candela accesa tra le mani».

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