mercoledì 11 dicembre 2019

La mamma di un missionario



Il 12 dicembre 1916 moriva, all’età di 89 anni, p. Albero Lacombe, uno dei leggendari missionari dell’Ovest canadese, pioniere, paciere tra le tribù in lotta tra di loro, mediatore nelle insurrezioni di meticci e indiani, facilitatore della costruzione della ferrovia transcanadese, evangelizzatore di prima linea.
Nel 1885 in parlamento il capo dei Piedineri poteva rivolgersi a padre Lacombe con queste parole: «Quest’uomo è nostro fratello, - non soltanto nostro Padre, come lo chiamano i Bianchi – ma nostro fratello. È uno della nostra nazione. Quando piangiamo, si rattrista con noi; quando ridiamo, gioisce con noi. Lo amiamo. È nostro fratello».
Province, città, laghi portano in suo nome in segno di riconoscenza e di stima.
Era entrato tra gli Oblati a quasi trent’anni, già sacerdote, dopo averli conosciuti durante le sue prime iniziative missionarie.

Potremmo leggere una pagina delle sue Memorie, ma forse può essere bello sapere come sua mamma, ottantenne, seguiva il figlio. Dopo questa lettera ella visse ancora sette anni:

L’Assomption, 4 dicembre 1882
Caro Alberto, ho ricevuto a suo tempo, la tua affettuosa lettera del 20 ottobre, che, come tutte le altre, è tre volte benvenuta. [...]
Eccoti dunque di nuovo tra i tuoi indiani. Sono felice per te, perché so che tutte le tue aspirazioni ti portavano là. Non ho più dolce soddisfazione mentre prego o faccio altro, che accompagnarti nelle misere capanne di quei poveri esseri indifesi, ai quali fai conoscere Dio! ... So e sento che non dimentichi la tua anziana mamma, che non è poi tanto lontana dalla tomba!
Tuttavia, figlio mio, vuoi crederlo? nonostante i miei 80 anni, spero di rivederti ancora. E se Dio non ci riserva qui tale gioia, ho la dolce fiducia che lassù ci incontreremo, per non separarci mai più!
Non temere, figlio mio, di informarmi sulle tue fatiche e preoccupazioni. Sono felice di condividere le tue gioie e sofferenze. Il buon Dio mi mette alla prova, anche perché ho appena perso l’occhio sinistro, ma spero di conservare il destro che vedrà per due; e potrò vederti chiaramente come 66 anni fa, quando ti cullavo sulle mie ginocchia. Sono molto contenta qui con le brave Suore della Provvidenza dove spero di finire i miei giorni. Passo il tempo leggendo, pregando e lavorando un po’ di cucito e maglia. Ho fatto a maglia per te delle calze invernali, che ti invierò alla prossima occasione.
Caro figlio, pensa spesso alla tua anziana mamma nella messa, e raccomandami a Colui davanti al quale presto mi troverò, perché mi riceva nel suo bellissimo paradiso, che aspetto dalla sua misericordia.


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