«Andate dunque e fate discepoli
tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». (Mt
28, 16-20)
Eccoci anche noi
all’appuntamento che Gesù ha dato ai suoi discepoli in Galilea, sul monte. Su
quale monte? Quello alto e solitario in mezzo alla pianura sul quale si era trasfigurato?
Oppure la dolce collina sul lago dove promulgò le beatitudini e la legge nuova?
C’è tutta la Chiesa, di
tutti i tempi, lì radunata, per incontrarsi ancora con il Signore risorto e
cogliere dalla sua bocca l’ultimo mandato.
Una Chiesa che sembra
assalita dal dubbio, provata nella fede, in ricerca, ma che non manca mai
all’appuntamento, perché vuole vedere, toccare, ascoltare la voce del suo
Signore.
Gesù ci convoca per
ricordarci che, anche dopo la sua partenza,
dovremo rimanere sempre discepoli e sempre ascoltare e mettere in pratica le sue
parole.
Discepoli quelli di allora,
discepoli noi oggi, chiamati a fare discepoli tutti quelli ai quali la Chiesa è
inviata. Poiché l’unico Signore abbraccia cielo e terra, a lui sono chiamati
tutti i popoli. Universale il suo amore, universale la missione della Chiesa
che a tutti deve annunciarlo, parlando di Lui.
Ha anche indicato come
attuare il suo progetto: battezzare e
insegnare.
L’ordine indicato non corrisponde alla nostra metodologia: prima
si insegna, poi si battezza. Si è confuso Gesù o l’evangelista ha
invertito i termini?
Forse è proprio la sequenza
giusta…
Essere discepoli non è
soltanto apprendere una dottrina. È molto di più: è entrare in comunione con Gesù,
aderire a lui, seguirlo, vivere la sua vita, che è unità con il Padre e lo
Spirito.
È incontrare Gesù e, in lui,
incontrare il Padre suo, che dona a noi come Padre nostro, lo Spirito suo, che
infonde in noi come nostro Spirito.
È scoprire e lasciarsi avvolgere
e trasformare dall’amore del Padre e dalla sua bontà, dalla bellezza del Figlio
– splendore del Padre –, dalla verità luminosa dello Spirito, che include nella
comunione con i Tre.
Questo è l’essere cristiani: coinvolti nel rapporto d’unità che lega
l’unico Dio in Tre Persone. Sperimentare d’essere anche noi, per il
Dio Uni-Trino e in Dio Uni-Trino, i molti – tutti i popoli; molti eppure un
cuore solo e un’anima sola, un solo corpo, una sola famiglia, come Dio è Uno.
Battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
non sarà dunque immergere nella vita d’amore e d’unità che Gesù dal cielo hai
portato sulla terra?
Battezzare significa far
sperimentare la fraternità che scaturisce dalla comunione trinitaria condivisa
tra noi, fatta vita nella comunità cristiana.
Prima “battezzare”, e dunque far vivere; poi, a partire
dall’esperienza, insegnare ciò che Gesù ha comandato.
Ripeteremo allora le sue
parole, proclamate proprio sul monte delle beatitudini, sintetizzate nell’unico
comando d’amare Dio con tutto il cuore, la mente, le forze e d’amare il
prossimo come se stessi.
Ripeteremo il comando nuovo
d’amarci gli uni gli altri. Vivendo così vivremo uniti tra noi, umanità nuova,
nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
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