mercoledì 30 maggio 2018

Il desiderio di vivere in comunità per...


  
Sono passati 200 anni dalla prima Regola che sant’Eugenio scrisse nel 1818.
L’ho riletta, anche se ormai è un documento d’archivio poco noto.
Mi ha colpito soprattutto la prima frase dell'introduzione (Avant-propos), al punto che ho scritto un lungo articolo di commento che pubblicherò sulla rivista “Oblatio”.
Inizia con un periodo ipotetico: “Se i sacerdoti…” e subito si apre una parentesi:
“Se i sacerdoti,
a cui il Signore ha dato il desiderio
di riunirsi in comunità
- per lavorare in modo più efficace alla salvezza delle anime
- e alla loro stessa santificazione…”.
C’è un desiderio, messo dal Signore nei cuore dei primi Oblati;
è il desiderio di vivere in comunità;
vogliono vivere insieme perché hanno capito che la comunità
li fa autentici missionari
e autentici santi.
Si può essere missionari in tanti modi, così come ci si può fare santi in tanti modi. Gli Oblati sono missionari nella comunità e attraverso la comunità e si fanno santi insieme.
Fin qui tutte cose note.

La sorpresa è stata quando, facendo visita alla comunità di Marino, ho dato uno sguardo al registro delle ammissioni al noviziato.
C’è la mia richiesta di essere ammesso al noviziato, datata 28 settembre 1969, assieme a quella dei miei sei compagni. 
L’ho riletta ed è stata davvero una sorpresa: coincide con l’inizio della Regola di sant’Eugenio, un testo che allora non conoscevamo, perché come ho detto è un pezzo da archivio.
Non è come la formula dei noviziati precedenti, è una formula nuova. 
Mi sono ricordato che l’avevamo scritta insieme noi sette, perché volevamo che esprimesse davvero quello che volevano. 
Chi pensava che stavamo dicendo quello che aveva detto tanti anni prima sant’Eugenio; si vede che avevamo proprio la vocazione:

“Sentendo in me la chiamata
A vivere, in comunità,
la scelta totale ed esclusiva di Dio,
e a servire Cristo nei fratelli più poveri…”.


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