Io?, rispose apa Pafnunzio.
Non era rivolta a Pietro la domanda, era
rivolta a lui.
Si sentì venire meno.
Perché il Maestro glielo chiedeva? Perché
non si fidava più di lui? e a ragione. L’aveva rinnegato. Era spergiuro come
Pietro.
Lo sai che non ti amo, avrebbe voluto
rispondergli. Lo sai che ho tradito la tua fiducia. Sono venuto meno ai miei
impegni, alle mie promesse. Se lo sai perché me lo chiedi?
Stava per rispondergli che no, che non
l’aveva amato, che non gli era stato fedele.
Quando per la terza volta Gesù gli chiese
se lo amava, apa Panunzio comprese finalmente la domanda.
Non gli stava chiedendo se lo aveva amato.
Gli stava semplicemente chiedendo se in quel momento lo amava.
Perché guardare al passato se Gesù l’aveva
dimenticato e lo stava interrogando sull’adesso? Perché guardare se stesso,
mentre aveva dinnanzi il Maestro?
Levò gli occhi e lo guardò. Era il Signore
risorto, con ancora i segni della Passione, i segni del suo amore sconfinato.
Lo guardava e d’una cosa era certo, che il
Maestro l’amava. Avrebbe voluto essere lui a chiederli: Gesù, mi ami? Non ce
n’era bisogno, lo sapeva che Gesù l’amava.
Fu la consapevolezza di quell’amore a
fargli dire:
“Tu sai tutto. Tu lo sai che ti amo”.
Non aveva bisogno d’aggiungere “adesso” ti
amo. Quand’è l’amore se non ora?
“Tu sai tutto. Tu lo sai che ti amo”.
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