Il sole illumina di
luce calda la foce del Tevere che scende al mare salutato dal faro. Dall’alto
il quartiere dell’Idroscalo è un pugnetto di case raccolte sulla riva sinistra
del fiume. Questi giorni ho letto sull’Osservatore Romano un articolo del
parroco, un don Fabio, che ho incontrato nella sua chiesetta una sera qualche
mese fa. Racconta della povertà e della miseria del suo territorio, da quassù
un lembo di terra luminoso.
Il tramonto è lento e
prolungato. Inseguiamo il sole nella traiettoria che ci porta sulla Sardegna, le
Baleari, il sud della Spagna, la costa occidentale del Marocco. Aspetta che arriviamo a Casablanca
per tuffarsi nel mare, dopo averci regatalo un lungo orizzonte di fuoco.
Casablanca, la
mitica. È la seconda volta che vi atterro, ma conosco soltanto l’aeroporto. Il
tempo per rimettersi in volo: destinazione Dakhla. “A Dakhla fa bel tempo”, mi
ha detto a Roma l’assistente di volo vedendo sulla carta d’imbarco la mia
destinazione finale. Dakhla fino ad oggi era per me un nome soltanto. A notte
fonda ha preso il volto familiare di fratel Silvio!
Nel viaggio mi ha
accompagnato mia mamma: è l’anniversario della sua partenza per cielo. Ho
viaggiato su nel cielo, limpido, luminoso, con i colori del sole. Ben altro è
il Cielo nel quale lei è volata. Il “viaggio” non è questo piccolo piccolo che
mi ha portato nel Sahara. Il viaggio è quell’altro, di cui questa è
una tappa soltanto. Mai perdere di vista la meta vera.
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