"Vorrei ringraziarLa per
l'incontro che ha appena tenuto a Roma a noi Memores. Mi hanno
colpito molto le Sue sottolineature sullo Spirito Santo, sull'esperienza, sui
doni carismatici e sull'invito che il Pontefice ci ha rivolto a vivere l'unità
nell'amore reciproco. A questo proposito vorrei condividere con Lei alcune
breve riflessioni.
Un primo punto che ho fissato è
la condivisione: se siamo tutti eredi del patrimonio del fondatore, credo che
siamo anche invitati per questo a partecipare alle cose di tutti, perché "quello
che riguarda tutti da tutti deve essere approvato".
Seguire Cristo come viene
presentato nel Vangelo è un altro elemento imprescindibile e credo che come
Associazione siamo chiamati a fare del Vangelo il nostro criterio ultimo, anche
nel modo di trattarci tra di noi.
Infine, credo che come laici
possiamo imparare l'unità, l'amore fraterno e la condivisione nella sinodalità
anche dagli istituti religiosi che hanno una storia molto più grande della
nostra".
È il primo messaggio
che mi giunge dopo questo intenso pomeriggio passato con i Memores Domini nella
sede centrale di Comunione e Liberazione a Roma. Un centinaio i presenti, con
collegamento con il mondo intero…
Tra l'altro ho anche messo in
rilievo l’unicità della persona di don Giussani. Ecco al riguardo quanto ho
scritto (anche se tutto il pomeriggio ho parlato a braccio, naturalmente)
Agli inizi di una
nuova esperienza carismatica si trova un gruppo, generalmente piccolo, di
uomini e di donne che, legati in uno stretto vincolo di comunione tra di loro,
sono animati da un profondo e unico ideale che sanno tradurre in forme particolarmente
dinamiche e intraprendenti.
In quanto cooperano alla realizzazione dell’ispirazione iniziale, i primi compagni del fondatore spesso vengono chiamarsi “cofondatori”. Il termine fondatore va comunque riservato in senso pieno a colui che riceve l’ispirazione e dà l’anima al gruppo. Egli rimane unico anche dopo la sua morte. Vi è “trasmissione” del carisma, non trasmissione della missione di fondatore.
Ciò appare evidente
dalle immagini bibliche ed ecclesiali che sono apparse lungo la storia dei
movimenti carismatici: la piantagione che vede la continuità tra seme e pianta,
il capo che ha un suo corpo, le fondamenta sulle quali si edifica l’edificio,
il pastore seguito da un piccolo o grande gregge. Quella della paternità e
della maternità rimane tuttavia l’immagine più ricorrente e più feconda di
suggestioni. Francesco d’Assisi, nella lettera a Frate Leone, chiama con
naturalezza il suo compagno «Figlio mio», paragonandosi ad una madre. Poi
«disse d’essere una donna che il Signore aveva messo incinta con la sua Parola
e che gli aveva generato figli spirituali». La stessa consapevolezza di
maternità è dichiarata da Angela Merici nei suoi Precetti, quando
afferma che Gesù Cristo l’«ha eletta di esser madre da viva e da morta, di sì
nobile Compagnia». Durante l’elezione di Ignazio di Loyola a superiore
generale, uno dei primi compagni, Claudio Jay, nella scheda di votazione motiva
la sua scelta per il fatto «che Dio ha dato a tutti noi da molti anni don
Ignazio per Padre». Un forte richiamo alla paternità è quello del mio
fondatore, Eugenio de Mazenod, quando scrive che Dio l’«ha predestinato ad
essere padre di una famiglia numerosa nella Chiesa»; «Io sono padre e quale
padre!». Spiega poi l’ardente l’origine dell’amore verso i suoi missionari:
«Amo i miei figli più di quanto qualsiasi altra creatura potrebbe amarli… È
senza dubbio a causa della posizione nella quale egli si è degnato pormi nella
sua Chiesa». Dio, comunicandogli il carisma di fondatore, gli aveva dato la capacità
di trasmettere ad altri, in un processo generativo, il suo progetto apostolico,
con tutte le ricchezze in esso contenute.
Pur rifiutando la
qualifica di “fondatore” – cosa che hanno fatto tanti altri fondatori prima di
lui – don Giussani si riconosce «come un padre e una madre che hanno dato la
vita ad un figlio: rimangono padre e madre per tutta la vita, e non c'è nessun
divorzio possibile dalla carne del figlio».
Le persone
carismatiche possono riferire a sé e al loro rapporto con i discepoli quanto
san Paolo diceva ai Corinzi: «Anche se aveste mille maestri, non avete però
molti padri; io vi ho generato, divenite miei imitatori» (cf. 1Cor 4,15; 11,1). Un’operazione che non ha mai fine:
«Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia
formato in voi!» (Gal 4, 19). Aveva ragione Angela Merici a dire: “Sarò
vostra madre da viva e da morta”.
Nessuno succede al
fondatore, che rimane unico, costante punto di riferimento, intercessore,
maestro, padre...
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