Sì, ma io che ci sto
a fare qui nel Sahara? Con mia grande sorpresa e gioia sono stato invitato a
guidare gli esercizi spirituali alla comunità oblata, piccola, ma
significativa, all’avanguardia.
Il recente Capitolo
generale ci ha invitato a riprendere in mano le Costituzioni e Regole di cui
presto celebreremo i 200 anni dall’approvazione pontificia. Il tema della
nostra settimana di ritiro, appena conclusa, è stato proprio attorno alla
nostra vocazione così come viene espressa nella regola. Il titolo: “Il Vangelo
e la Regola”. Semplice. Un libretto preparato apposta per questa circostanza.
Ci ha aiutato a
contemplare la nostra vocazione, indubbiamente la più bella che esista perché è
la vocazione stessa di Gesù quando venne sulla terra… Modestamente…
La Regola: è il Vangelo letto attraverso il carisma, il Vangelo che si attualizza oggi, per noi.
La Regola aiuta a trovare
l’armonia tra le diverse componenti della vita, preserva da una vita piatta, fatta
di pezzi giustapposti e slegati fra loro. Dà così un ritmo. Tutto ha un ritmo nella
vita: le stagioni, il battito del cuore… Anche la Chiesa è ritmata dall’anno liturgico.
La Regola di Benedetto scandiva il tempo in tre parti uguali: preghiera, lavoro,
riposo; quella oblata in momenti che si alternano tra missione, che proietta in
donazione fuori della comunità, e vita in comunità, che assicura la contemplazione,
lo studio, la preghiera. Vi è anche un succedersi di momenti diversi all’interno
della giornata, della settimana, del mese, dell’anno (gli orari, le riunioni “regolari”
di comunità, il ritiro mensile e annuale, i tempi di lavoro e di riposo…) che garantiscono
un cammino ordinato e armonioso.
La Regola è un aiuto anche
per rimanere fedeli al progetto di vita che ci è stato dato. Esso richiede una ascesi,
il controllo di sé, il costante monitoraggio del percorso, una disciplina che ponga
un argine al cambio degli umori, al calo di tono. Costituisce una guida che apre
ad una esperienza sempre più ampia, sotto la guida dello Spirito. Non è fine a se
stessa, ma in funzione di “uno spirito comune”, ed è questo il suo fine ultimo,
costituire un corpo apostolico unito, che custodisca la medesima vocazione e che
eseguisca la medesima meta, che abbia una sua chiara identità carismatica all’interno
della Chiesa.
“Che vergogna avere tra
le mani un codice di vita così perfetto e non capirne il senso! – annotava sant’Eugenio
durante il suo ritiro del 1831. Per alcuni di noi questo codice è un libro sigillato!
(…) Stimiamola questa preziosa Regola, abbiamola incessantemente sotto gli occhi
e, ancora di più, nel cuore; nutriamoci abitualmente con i principi che essa afferma;
agiamo, parliamo, pensiamo solo in conformità al suo spirito: Solo così saremo ciò
che Dio vuole che siamo e solo così ci renderemo degni della nostra sublime vocazione…
Bisogna farci penetrare dallo spirito delle nostre Regole e, per arrivarvi, bisogna
farne l’oggetto delle nostre continue meditazioni. (…) Sono felice di essere stato
chiamato a una perfezione così sublime, senza essere confuso dal pensiero della
mia debolezza perché sono pieno di fiducia nella potenza di Colui che concede sempre
la grazia di compiere i comandi che dà”.
Nessun commento:
Posta un commento