mercoledì 21 febbraio 2024

Gli Oblati nel Sahara: 70 anni di storia

Laayounne, capitale del Sahara Occidentale. Un'antica oasi dove si fermavano le carovane attorno a un laghetto ricco di acqua. Oggi, su una vecchia casa, vedo una targa che dice: "Prima casa costruita a El Aaiun nell'anno 1934". Una città che non ha dunque neppure 100 anni e che conta già più di 270.000 abitanti. Adesso ha quartieri moderni e soprattutto tanti giardini curatissimi, una autentica oasi moderna.

Nei pochi momenti liberi mi piace camminare nelle strade attorno alla chiesa. Sono al sicuro, perché, a differenza di Dakhla, non c'è la camionetta della polizia, ma addirittura una garitta a ognuno dei quattro angoli della casa con i poliziotti di guardia, che poi ci seguono da lontano: sono dunque superprotetto!


Siamo nella parte antica della città, con casette ormai in decadenza, ancora con il tetto a cupola. La moschea del quartiere, che è una delle prime costruzioni assieme alla chiesa, diffonde la preghiera cinque volte al giorno, a differenza di Dakhla dove le moschee tacciono. La voce del muezzin è forte e nitida. Non ci sono altri rumori e le persone occorrono alla preghiera, soprattutto quella del mattino e della sera. Purtroppo a noi cristiani è proibito entrare nelle moschee. D'altra parte anche per i musulmani è difficile entrare nella chiesa: c'è un controllo molto severo da parte della polizia. Eppure preghiamo insieme, alla stessa ora, anche se separatamente. Noi non abbiamo gli altoparlanti, ma chissà come sarebbe contenta la gente nel sentirci cantare. Gli Oblati, solo soltanto cinque (il sesto in questi giorni è lontano), pregano e cantano meravigliosamente come fossero il coro della Sistina: una preghiera molto bella!  

Gli Oblati arrivarono nel 1954, quando il Sahara Occidentale era ancora sotto amministrazione spagnola. La loro missione era principalmente quella di assistere la popolazione cristiana del territorio. Dal punto di vista ecclesiastico, fu creata una prefettura apostolica e fu affidata a loro. Nel 1975, quando gli spagnoli dovettero lasciare il Paese, gli Oblati rimasero perché la Chiesa rimanesse. Dovettero firmare un documento che esonerava la Spagna da ogni responsabilità nei loro confronti. Erano gli anni della guerra. Il Marocco prese presto possesso del territorio. Iniziarono gli anni "di ferro", in cui gli Oblati continuavano a fare l'unica cosa che potevano fare: essere testimoni pazienti e oranti degli eventi.

Il 2 aprile 1989 p. Marcello Zago, nel resoconto della sua visita alla Missione OMI del Sahara, scriveva: "Questa missione è l'unica missione oblata dove non ci sono comunità cristiane, per questo è importante. Non sappiamo quale strada prendere, ma sappiamo che il Signore ci chiede di essere suoi testimoni qui". La visita segnò una svolta nella missione. Gli Oblati erano infatti sul punto di abbandonarla, non ne vedevano più il senso. 

La missione ricevette un nuovo impulso e molte vecchie amicizie saharawi furono ravvivate e ne nacquero di nuove. I cristiani sono esclusivamente gli immigrati provenienti dal Senegal, Costa d'Avorio, Camerun, Guinea, Burkina Faso... tanti sono in situazioni irregolari. Alla messa della domenica qui a Loayounne sono presenti una sessantina di persone.

Gli Oblati, ossia la Chiesa cattolica - il Prefetto apostolico è p. Mario -, hanno una terza chiesa, a una quarantina di chilometri da Laayounne, dove si recano ogni sabato per la messa. Ma non c'è nessun cristiano... L'ho appena visitata: bella, pulita, con un piccolo appartamento... Qualcuno vuole fare un anno di deserto? C'è posto per tutti.



 

Nessun commento:

Posta un commento