Nel 1854, sette anni dopo il loro arrivo, il superiore del piccolo gruppo
di missionari Oblati – allora erano una ventina –, padre Giovanni Stefano
Semeria, scrisse al fondatore, Sant’Eugenio:
Posso dire con tutta sincerità che siamo tutti un cuore e un’anima. È con
grandissima gioia posso testimoniare che tutti i nostri Padre mettono in
pratica con la perfezione possibile lo straordinario articolo della nostra
Regola che riguarda l’amore fraterno, nel quale è riassunto, come io stesso ho
sentito ripetere dalla vostra bocca, lo spirito della nostra amata
congregazione. I nostri cattolici non hanno mancato di far notare la loro
grande sorpresa. Recentemente hanno visto con quanta dimostrazione di affetto
abbiamo accolto i nuovi arrivati, Padre Flurin e Padre St. Geneys. Ci hanno
domandato se li avevamo conosciuti in Europa. Quale sorpresa quando abbiamo
detto loro che era la prossima volta che li vedevamo, Come i pagani, anche loro
erano semplicemente stupefatti. Non si può certo dire di noi che ci incontriamo
senza conoscerci, che viviamo insieme senza amarci l’un l’altro, e ancor meno
che moriamo senza che i nostri confratelli piangano. Ricordo spesso ai Padri
che questa santa unione è la garanzia per l’immenso bene che non possono
mandare di compiere verso le anime… Vivendo a immagine di Dio che è amore,
guideranno quanti non credono a conoscerlo e ad amarlo”.
Quant’anni più tardi un vescovo gesuita, dopo aver visitato Jaffna, scrisse
al vescovo oblato del luogo: “Ammiro tantissimo il vostro lavoro, ma ciò che mi
ha colpito più di tutto il resto è la carità che regna tra i vostri missionari.
Dopo averli visti si è tentati di credere che sono nati tutti dallo stesso
padre e dalla stessa madre”.
Ho terminato di guidare una settimana di ritiro a 40 Oblati dello Sri
Lanka, nel santuario della Madonna del Rosario a Madhu. Due settimane fa ne ho
guidato un altro con 45 Oblati sempre dello Sri Lanka a Kandy… Posso dire oggi
quello che diceva cento anni fa? Oggi non sono più una ventina ma 250, vengono
da una guerra trentennale che li ha divisi tra nord e sud, tra tamil e
singalesi, portano con sé il retaggio della divisione in caste... Eppure per la
prima volta hanno potuto fare i ritiri insieme Oblati del nord e sud, tamil e
singalesi… un cammino serio verso un’unità sempre più intensa.
La foto di gruppo è suggestiva per la cintura nera che dimostra che si è campioni e il crocifisso posto come in un taschino che lo custodisce con cura .Tanti segni per indicare verità profonde .Grazie
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