domenica 11 agosto 2013

Kandy, la città regale e il principio dei fratelli Collin

Per raggiungere Kandy, distante poco più di 100 km, impieghiamo quattro ore. Si procede a 40 km all’ora perché il traffico è costituto soprattutto dai tricicli, gli autobus e camion… Poi per affrontare un viaggio del genere bisogna fermarsi a controllare la pressione dei pneumatici, per il tè, per bere una noce di cocco regale… Un viaggio è una cerimonia.
Lasciata Colombo ci si addentra in una interminabile periferia sempre più verde, fino alla vegetazione tropicale, palme di cocco, risaie, piantagioni di ananas. La strada continua ad essere contornata da villaggi e cittadine, che espongono di volta in volta la merce locale: lavorazione di vimini, ceramiche, i frutti della campagna, giocattoli, e insieme mattoni al dettaglio, chincaglierie, serramenti, poltrone d’automobile, il tutto in una ben combinata fantasia.
A mano a mano che ci avviciniamo a Kandy sorpassiamo i camion che trasportano gli elefanti per la festa buddista di Petahera che sta per cominciare con l’arrivo della luna nuova.
Saliamo gradatamente nella regione montagnosa dello Sri Lanka, fino al centro del Paese, dove il clima è temperato. La città di Kandy fu fondata nel 1300 e nel 1592 divenne la capitale di uno dei tre regni di Ceylon. Mentre le zone costiere dell’isola furono state conquistate dai colonizzatori portoghesi e olandesi, Kandy rimase libera fino al 1815, quando cadde nelle mani degli inglesi.
Qua e là spuntano le chiese costruite dagli Oblati.
Le storie dei primi missionari sembrano leggende. Carlo e Giulio Collin immigrarono ancora ragazzi in Australia con la famiglia. Una domenica Carlo, ormai trentasettenne e a capo dell’azienda fondata dal padre, dice al fratello: “Selliamo i cavalli e andiamo in campagna”. Lì iniziano a parlare e per la prima volta finalmente si confidano l’un l’altro che vorrebbero diventare missionari, anche se ormai sono troppo vecchi per farsi preti. “Ma dove andiamo?” “Hai letto sul giornale di questi missionari che sono andati da poco a Ceylon? Che dici, proviamo da loro? L’inglese lo sappiamo. Potremo sempre metterci a servizio loro come semplici domestici”. Carlo parte, incontra gli Oblati, chiama il fratello, sono ordinati preti e lavorano nella stampa, nell’insegnamento, nell’amministrazione, guidati da un principio semplice e chiaro: “Tutto, assolutamente tutto, deve convergere a far amare Dio; il resto è soltanto perdita di tempo”. Non è questo il compito dei missionari?

2 commenti:

  1. Carissimo Fabio,Oggi giorno di Santa Chiara, Ringrazierò Dio e anche Chiara per il dono immenso dell'Ideale, e per ogni persona con cui ho potuto sperimentare l'Unità, anche attraverso un Blog.Ti accompagnamo affinche la tua missione porti molto frutto!!!. 1

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  2. Leggendo questa storia di Carlo e Giulio mi vengono in mente le storie dell'antico testamento quando Dio chiamava, anche oggi come allora Dio si comporta con noi allo stesso modo e noi possiamo rispondere come facevano i nostri Padri, la storia della nostra Fede è straordinariamente bella.

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