Per raggiungere Kandy, distante poco
più di 100 km, impieghiamo quattro ore. Si procede a 40 km all’ora perché il
traffico è costituto soprattutto dai tricicli, gli autobus e camion… Poi per
affrontare un viaggio del genere bisogna fermarsi a controllare la pressione
dei pneumatici, per il tè, per bere una noce di cocco regale… Un viaggio è una
cerimonia.
Lasciata Colombo ci si addentra in
una interminabile periferia sempre più verde, fino alla vegetazione tropicale,
palme di cocco, risaie, piantagioni di ananas. La strada continua ad essere
contornata da villaggi e cittadine, che espongono di volta in volta la merce
locale: lavorazione di vimini, ceramiche, i frutti della campagna, giocattoli,
e insieme mattoni al dettaglio, chincaglierie, serramenti, poltrone
d’automobile, il tutto in una ben combinata fantasia.
A mano a mano che ci avviciniamo a
Kandy sorpassiamo i camion che trasportano gli elefanti per la festa buddista
di Petahera che sta per cominciare con l’arrivo della luna nuova.
Saliamo gradatamente nella regione
montagnosa dello Sri Lanka, fino al centro del Paese, dove il clima è
temperato. La città di Kandy fu fondata nel 1300
e nel 1592 divenne la capitale di uno dei tre regni di Ceylon. Mentre le zone
costiere dell’isola furono state conquistate dai colonizzatori portoghesi e
olandesi, Kandy rimase libera fino al 1815, quando cadde nelle mani degli
inglesi.
Qua e là spuntano le chiese
costruite dagli Oblati.
Le storie dei primi missionari sembrano
leggende. Carlo e Giulio Collin immigrarono ancora ragazzi in Australia con la
famiglia. Una domenica Carlo, ormai trentasettenne e a capo dell’azienda
fondata dal padre, dice al fratello: “Selliamo i cavalli e andiamo in
campagna”. Lì iniziano a parlare e per la prima volta finalmente si confidano
l’un l’altro che vorrebbero diventare missionari, anche se ormai sono troppo
vecchi per farsi preti. “Ma dove andiamo?” “Hai letto sul giornale di questi
missionari che sono andati da poco a Ceylon? Che dici, proviamo da loro?
L’inglese lo sappiamo. Potremo sempre metterci a servizio loro come semplici
domestici”. Carlo parte, incontra gli Oblati, chiama il fratello, sono ordinati
preti e lavorano nella stampa, nell’insegnamento, nell’amministrazione, guidati
da un principio semplice e chiaro: “Tutto, assolutamente tutto, deve convergere
a far amare Dio; il resto è soltanto perdita di tempo”. Non è questo il compito
dei missionari?
Carissimo Fabio,Oggi giorno di Santa Chiara, Ringrazierò Dio e anche Chiara per il dono immenso dell'Ideale, e per ogni persona con cui ho potuto sperimentare l'Unità, anche attraverso un Blog.Ti accompagnamo affinche la tua missione porti molto frutto!!!. 1
RispondiEliminaLeggendo questa storia di Carlo e Giulio mi vengono in mente le storie dell'antico testamento quando Dio chiamava, anche oggi come allora Dio si comporta con noi allo stesso modo e noi possiamo rispondere come facevano i nostri Padri, la storia della nostra Fede è straordinariamente bella.
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