Nell’anno 243 avanti Cristo, sulle
ali del vento giunse in Sri Lanka il monaco Mihinda, figlio dell’imperatore
dell’India Asoka il Grande, che si era fatto propagatore del Buddismo. Mihinda
atterrò a Mihintale, vicino alla città di Anaradhapura, sede del re del Ceylon
e riuscì a convertire al Buddismo il re. Mihintale diventò una montagna sacra e
Anaradhapura la città santa del Buddismo in Ceylon.
Oggi è festa nazionale, festa buddhista,
che cade il giorno della luna nuova di agosto. Poteva esserci giorno migliore
di oggi per visitare questi due antichi siti buddhisti?
Sono partito da Jaffna che era
ancora buio, diretto al sud, a Colombo. Ripercorro la regione tamil. All’andata
mi aveva colpito soprattutto la natura, la foresta forte e dura dalla quale mi
immaginavo apparissero da un momento all’altro gli elefanti; i cartelli
stradali ne segnavano la presenza con il disegno di un elefante seguito dal suo
piccolo. Al ritorno, dopo due giorni intensissimi nella zona, dove ho incontrato
tantissime persone e ho ascoltato altrettanti storie, ho uno sguardo diverso.
Vedo adesso le innumerevoli case distrutte dalla guerra ce prima mi rimanevano
nascoste perché tutte costruite a pianterreno e quindi, una volta abbandonate,
quasi nascoste dalla vegetazione. Mi accorgo adesso che le nuove costruzioni
che mi avevano impressionato venendo, sono tutte dei militari: caserme, case,
negozi; il tutto gestito dai Singalesi del sud, su terreni espropriati ai Tamil
che si sono ritirati all’interno nella foresta o sono emigrati; 400.000 vivono
ormai all’estero. È una vera e propria colonizzazione dei territori conquistati,
con l’intento di far sparire la minoranza tamil. I racconti delle tragedie
familiari si materializzano a mano che scendiamo verso sud.
A Vanunya la vegetazione forte come
il popolo che l’abita, lascia in posto alla giungla esuberante, dai colori più
caldi. Inizia il mondo buddhista singalese.
Ed eccomi a Mihitale. 1840 gradini
in pietra conducono verso la cima della montagna sacra. In questo giorno di
festa non si contano i fedeli che salgono su. Famiglie intere, ognuno con un
fiore di loto da offrire, in un incontenibile senso di allegrezza. Anche le
scimmie saltano eccitate da un ramo all’altro. Sono attratto soprattutto dagli scavi archeologici che hanno rimesso in luce le
costruzione antiche più di 2000 anni. Da lassù poi si apre fino all’ultimo
orizzonte la visione della pianura con la giungla e i laghi.
La vicina Anaradhapura, fondata 2500
anni fa, è insieme a Mihitale la culla del buddhismo singalese. Per 1300 anni è
stata capitale dei re del Ceylon, fino a quando, a seguito di invasioni
nemiche, fu abbandonata, interamente ricoperta dalla giungla, rifugio degli
animale selvaggi. Fu riscoperta dagli inglesi nel 1817, ma soltanto nel 1912 si
cominciarono a liberare dalla vegetazione i numerosi grandi monumenti e a
restaurarli. Ci vorrebbe almeno un giorno intero per percorrerla da un lato all’altro.
Mi accontento di visitare la Dahoba (una grande massicciata a cupola costruita sopra una reliquia del Buddha) Jetavanarama.
Come tutte le dahoba era costruita in mattoni, ricoperta di intonaco e
imbiancata. Ora si erge solitaria e silenziosa, con i mattoni nudi e la cuspide
spezzata.
Bianca e animatissima è invece la
Dogoba Ruvanvelisaya, restaurata con cura e oggetto di venerazione. Resto
incantato davanti alle migliaia di fedeli che in questo giorno di festa sono
accorsi a visitarla. Molti sono seduti all’intorno, sotto i grandi alberi, in
orazione. Altri si avvicinano alla cupola per deporvi fiori, fiammelle,
incensi. La grande moltitudine si dirige verso l’albero del Bodhi, il luogo più
sacro. L’albero fu piantato 2200 anni fa da un germoglio dell’albero sotto il
quale il Buddha ricevette l’illuminazione. Anche qui, in questo luogo di pace,
il ricordo di stragi: i ribelli Tamil vi uccisero centinaia di fedeli in
preghiera.
Dopo tanto Buddhismo andiamo a
pranzo dal vescovo della città, nata vicina a questa antica, una volta sepolta
nella foresta. È un vescovo oblato, che ha appena 10.000 fedeli, l’uno per
cento della popolazione. Pochi preti, venuti tutti da fuori, compreso il
segretario, l’Oblato che si è portato con sé.
Giungiamo a Colombo quando il sole
sta per tramontare. Ne approfitto per una passeggiata lungo il canale che
sbocca nell’oceano. Anche qui si celebra la festa nazionale, ed è proprio una
festa, alla quale partecipa anche chi non è buddhista. Famiglie che prendono il
fresco, bambini che giocano, gruppi che fanno la gita in barca verso la baia,
le donne anziane che sedute in fila recitano insieme il rosario buddhista… Intanto
sant’Antonio, dalla grande statua collocata sotto l’albero dell’illuminazione
del Buddha, benedice tutti, senza distinzione di religioni.
Sulla riva opposta del canale ci
sono i pescatori che rammendano le reti. Come unico straniero non posso non
attirare l’attenzione. Qualche parola in inglese e la domanda di rito: “Da dove
vieni?” Si sparge subito la voce: Italia, Italia… Spuntano allora persone che hanno
lavorato in Italia, mamme che mostrano orgogliose i loro bambini… Che mondo!
Quanto è bella la gente!
La giornata termina con la messa.
Quante persone e quante situazioni da mettere nel calice del vino assieme alle due
gocce d’acqua. Che tutto si trasformi nel Cristo, come le due gocce d’acqua.
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