Ogni giorno mi reco al santuario e mi fermo a parlare con i pellegrini
accampati nelle vicinanze, anche se pochi sanno l’inglese. Nella chiesa e
attorno la preghiera è costante, spesso in gruppo, con le cantilene tipiche di
queste regioni. Rimango sempre impressionato dalla devozione sincera della
gente, che prega con i gesti e i segni comuni alle altre religioni, buddismo e
induismo. Qualcuno prega con una intensità tale che sembra impossibile che la
Madonna non lo ascolti e lo esaudisca seduta stante.
È roba da niente, se penso ai nostri missionari di un tempo. Come hanno
fatto a sopravvivere in queste regioni? Infatti tanti sono morti di
dissenterie, malaria e altre malattie tropicali. Dovevano imparare una lingua
così diversa dalla loro, abituarsi a usi, costumi, cibi completamente diversi…
Quando il primo gruppo di Oblati arrivò in Sri Lanka, durante il cammino
per Jaffna loro prima destinazione, a uno dei quattro fu chiesto di rimanere a
Mannar, a pochi chilometri da qui: solo, senza sapere la lingua, sperduto in un
paesino da niente, come ho visto in questi giorni, tra gente che non conosceva,
senza mezzi di sussistenza… Erano proprio degli eroi. E ci credevano!
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