giovedì 29 agosto 2013

Il santuario nella giungla


Ogni giorno mi reco al santuario e mi fermo a parlare con i pellegrini accampati nelle vicinanze, anche se pochi sanno l’inglese. Nella chiesa e attorno la preghiera è costante, spesso in gruppo, con le cantilene tipiche di queste regioni. Rimango sempre impressionato dalla devozione sincera della gente, che prega con i gesti e i segni comuni alle altre religioni, buddismo e induismo. Qualcuno prega con una intensità tale che sembra impossibile che la Madonna non lo ascolti e lo esaudisca seduta stante.




Tutto attorno la giungla. Piano piano mi rendo conto di cosa significa essere circondati dalla giungla. Tra l’altro, oltre al caldo e all’umidità, occorre abituarsi a convivere con gli animali. Non con gli elefanti selvatici che attaccano l’uomo, non con i leopardi o i serpenti velenosi. Convivere nel senso che tanti animaletti stanno proprio nella tua stanza. Io ho con me alcuni coinquilini stabili: il solito geco timidissimo, il grosso ragno sornione, e soprattutto un’intera famiglia di rospetti saltatori che di giorno dormono beati arrampicati in alto verso il soffitto e di notte scorrazzano dappertutto lasciando le loro inevitabili tracce. Inutile cacciarli, riappaiono tranquillamente dalle mille apertura che ogni stanza deve avere per farla arieggiare. Ci sono poi gli animali di passaggio: il camaleonte che tenta inutilmente di mimetizzarsi su un filo della luce, la cavalletta impertinente. Appena finisce un temporale compaiono nuvoli di insetti volanti che si appiccicano addosso e guai a toccarli: ti rispondono subito con un odore terribile. Non parliamo poi dei soliti insettini quotidiani… Mi difendo, come posso, con la zanzariera.
È roba da niente, se penso ai nostri missionari di un tempo. Come hanno fatto a sopravvivere in queste regioni? Infatti tanti sono morti di dissenterie, malaria e altre malattie tropicali. Dovevano imparare una lingua così diversa dalla loro, abituarsi a usi, costumi, cibi completamente diversi…

Quando il primo gruppo di Oblati arrivò in Sri Lanka, durante il cammino per Jaffna loro prima destinazione, a uno dei quattro fu chiesto di rimanere a Mannar, a pochi chilometri da qui: solo, senza sapere la lingua, sperduto in un paesino da niente, come ho visto in questi giorni, tra gente che non conosceva, senza mezzi di sussistenza… Erano proprio degli eroi. E ci credevano!

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