Perché sono in Sri Lanka? Padre
Angelo Dal Bello direbbe perché siamo… turisti della vita! La storia inizia nel
settembre di due anni fa quando ebbi la ventura di guidare il ritiro al Consiglio
generale degli Oblati. Si sparse la voce che era stato un bel ritiro. Fu così
che ho cominciato a ricevere inviti a destra e a manca: Ucraina, Francia,
Senegal e Guinea Bissau, Canada, Hong Kong…
Che cosa racconto ovunque? Che secondo
il noto studio sociologico di Hostie, Vie
et mort des ordres religieux, ogni famiglia religiosa conosce una parabola
di circa 200 anni, dopo di che o si estingue, o vivacchia, o si riforma e parte
di nuovo per un ulteriore periodo di fecondità. Penso che noi Oblati, dopo 200
anni di vita, siamo a questo punto. Abbiamo bisogno di una ri-forma, ossia di trovare di
nuovo (ri-) la forma primitiva. E la troviamo alle
origini, ad Aix-en-Provence. Penso siamo chiamati a ripercorrere i passi degli
inizi, non per un nostalgico ritorno al passato, ma per ritrovare le intuizioni
che hanno fatto nascere e crescere la Congregazione, in modo da riviverle oggi,
in maniera nuova e adatta ai tempi, e fare un balzo in avanti.
Propongo dunque di rifare l’esperienza
iniziale, vissuta nel 1816. Mi pare di aver capito che l’esperienza di
fondazione è costituita da cinque esperienze, che si sono susseguite nello
spazio di poco tempo.
La prima è una “nuova conversione”
che sant’Eugenio ebbe la grazia di fare nel 1814, a seguito di una malattia che
lo stava portando alla morte. Da quella nuova scelta di Dio nacque
l’ispirazione per fondare i Missionari di Provenza.
La seconda esperienza (25 gennaio
1816) è quella del patto tra un piccolissimo gruppo di giovani preti, decisi a
vivere insieme, uniti soltanto dalla più tenera carità e desiderosi di farsi
santi insieme.
La terza avvenne pochi giorni più
tardi, quando il nuovo gruppo intraprese la sua prima missione e iniziò ad
andare, come Gesù e gli apostoli, di villaggio in villaggio e di città in città
ad annunciare il Vangelo, con uno stile di vita tutto particolare.
La quarta avvenne quello stesso
anno, durante la notte del Giovedì Santo (14 aprile 1816), quando capirono che
per continuare la missione di Gesù e degli apostoli, avrebbero dovuto vivere
una vita totalmente donata: l’oblazione, il dono completo di sé, espresso nei
voti religiosi.
L’esperienza fondativa si concluse
una decina di anni più tardi, quando i missionari trovarono la loro piena e
completa identità in Maria, nel nome nuovo con il quale il papa li aveva approvati:
Oblati di Maria Immacolata.
Vado in giro per il mondo a ripetere
a tutti che se riviviamo queste cinque esperienze saremo capaci di fondare
ancora una volta gli Oblati, nell’oggi.
È così che anche questa volta passo
una settimana intera con una quarantina di Oblati della provincia del sud dello
Sri Lanka, e fra una settimana ancora con quelli del nord. Cerco di far riscoprire
la bellezza dell’esperienza di Aix-en-Provence, e loro mi fanno scoprire la
bellezza delle loro esperienze di missionari in questo Paese.
CARO FABIO. NOI DOVE SIAMO,(IN FAMIGLIA) VIVIAMO, PER FARE LA VOLONTA' DI DIO, ED ESSERE UNITI, PERCHE SI REALIZZI, IN OGNI LUOGO IL PROGETTO DI DIO!!!.
RispondiEliminaGRAZIE.
Carissimo p. Fabio,
RispondiEliminagrazie infinite per quanto scrivi nel tuo blog.
Quanto scrivi a proposito di tornare alle origini, è stato per me oggetto di meditazione: sono ancora fedele alla scelta di Dio come unico Bene? E l'entusiasmo con cui un giorno ho lasciato tutto per seguire Gesù è ancora presente? ....
Mi sembra anche in sintonia con il Vangelo del giorno: Gesù che riceve i bambini e dice che a chi è come loro appartiene il Regno. Mi è venuto alla mente il mio battesimo con le promesse della "rinuncia" e della "professione di fede" : è questo che mi permette di essere "bambino" che crede nell'amore del Padre e vive di questo amore.
Grazie per la tua comunione preziosa e ... che converte.
Uno! Giovanni, Argentino