sabato 17 agosto 2013

Verso Jaffna


La biblioteca
I bibliotecari, compreso un Oblato
La giornata inizia presto. Abbiamo davanti un grande viaggio di più di 300 chilometri; occorreranno molte ore per arrivare a destinazione. La strada che attraverso il centro del Paese dal sud al nord è infatti a una sola corsia, come tutte le strade dello Sri Lanka, che non conosce né autostrade né doppia corsia di marcia. Pochi i rettilinei. Prima di ogni sorpasso occorre raccomandarsi l’anima. Il manto stradale non è livellato, forse per tenere svegli gli autisti con i continui sobbalzi.
Lasciamo Kandy, che visiterò un’altra volta. Per circa due ore continuiamo a viaggiare tra montagne irregolari, ricoperte da una folta giungla. In quella attorno al seminario che ho appena lasciato, si contano 200 specie di piante. Oltre gli alberi giganteschi e alle liane, ho iniziato a riconoscere quelli delle spezie: chiodo di garofano, cinnamomo, il rampicate del pepe… Il verde è intenso sotto un cielo particolarmente azzurro. Gradatamente le montagne declinano, fino a lasciare il posto ai campi di riso. La giungla si dirada, appaiono piccoli laghi.
Gli Oblati (seduti), con i collaboratori, nel centro di avvio al lavoro
Un saluto veloce alla comunità degli Oblati di Vavuniya, nove padri che si dedicano alla predicazione delle missione parrocchiali in tutta l’isola.
È ormai fine mattinata quando giungiamo a quello che era considerato il confine tra il governo del sud, singalese, e i ribelli del nord, tamil. La guerra è terminata da tre anni, ma i controlli rimangono, come a una frontiera: passaporto, formalità…
Intanto il paesaggio è cambiato, si è fatto più arido, anche se è ancora verde. La giungla è completamente sparita lasciando il posto a piante sono più piccole e più rade. Appaiono templi buddisti e statue di Buddha, in una regione dove non ci sono buddisti; un modo per affermare l’identità singalese in territorio tamil.
Ci inoltriamo nel terreno dove si sono combattute le ultime sanguinose battaglie e l’esercito tamil ha dovuto arrendersi e successivamente trucidato (come si fa a fare una guerra senza che ci siano i crimini di guerra?). 30 anni di guerra non si cancellano facilmente. La strada è stata completamente rifatta (sempre a una corsia di marcia), la ferrovia, che corre parallela alla strada, è in via di rifacimento (sempre a un binario e non elettrificata). Dopo le distruzioni stanno risorgendo minuscole casette e altri edifici. Sulla strada non si vedono però macchine, perché non ce ne sono, ma soltanto camion, autobus, pulmini, i soliti tricicli.
Ci fermiamo in un centro che gli Oblati hanno appena costruito, in risposta alle necessità di questo dopo guerra che ha massacrato 150.000 dei due milioni di Tamil e ha lasciato il 40 per cento dei ragazzi senza genitori o senza un genitore. Il primo edificio è una biblioteca per aiutare gli studenti sprovvisti di tutto. Vi si tengono anche corsi di computer, di inglese, di avvio allo studio, programmi di aiuto psicologico per le ferite delle guerra tuttora aperte…
Un altro edificio è per gli aiuti sociali, in favore delle ragazze madri, delle numerosissime vedove, di gente sbandata che deve rifarsi una vita. Ci sono anche ambienti di accoglienza per chi non ha più un alloggio.
Continuiamo il viaggio fino ad un’altra opera oblata, sempre nata in conseguenza della guerra. Qui si avviano i giovani al lavoro, se ne accolgono altri che vivendo in paesini sperduti non potrebbero frequentare le scuole, si seguono gli studi di un altro gruppo di ragazzi e giovani che hanno bisogno di particolare aiuto anche economico.
Avevo letto di queste iniziative, ma vedere i luoghi e le costruzioni, vedere lo stile di vita semplice di questi Oblati che vivono in mezzo alla gente e si confondono con essa, la collaborazione data da un personale giovanissimo che vive con loro, è tutta un’altra cosa. Quante conseguenze negative lascia una guerra! E quanto coraggio in questi Oblati.
Nel pomeriggio, dopo aver attraversato il Passo degli elefanti, strettissima lingua di terra che introduce nella penisola di Jaffna, giungiamo in città. Siamo nella punta estrema a nord dell’isola, a 40 chilometri dall’India. Qui è cominciata l’avventura degli Oblati a metà del 1800.

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