Nel silenzio della cella, scavata nella roccia, collocata nel vasto
silenzio del deserto, apa Pafnunzio andava spesso col pensiero alla morte.
Sarebbe accaduto che un giorno, non vedendolo arrivare alla sinassi – la divina
Liturgia che si teneva il sabato –, qualcuno avrebbe camminato
fino alla sua cella e lo avrebbe trovato disteso sulla terra nuda, le braccia
incrociate e il sorriso sulle labbra. Non che si sentisse vecchio o che
accusasse indisposizioni particolari. I digiuni, le veglie, l’aria asciutta del
deserto lo conservavano in buona salute. Ma prima o poi sarebbe accaduto e
avrebbe finalmente incontrato il suo Signore.
Come sarebbe stato quel momento? Cosa gli avrebbe detto? Avrebbe voluto
che il cuore fosse libero da ogni pur minimo attaccamento, sgombro come il
deserto attorno, infuocato d’amore come lo era il cielo certe sere
all’orizzonte. Avrebbe voluto le sue mani colme di amici, di tutti quegli
uomini e quelle donne per i quali, pur lontani, aveva pregato, sofferto,
sperato... Avrebbe voluto offrirgli il mondo intero.
Uscì sulla soglia della grotta e fissò il sole del tramonto, che ancora
brillava, vivo, nell’aria tersa della sera. Lo guardò scendere rapido
all’orizzonte. Stette lì, immobile, fin quando dall’alto calò la notte, sempre
più nera. Gli parve un segno dello spegnersi della sua vita.
Fu in quel momento che
gli fiorì sulle labbra la domanda: “Perché invece che attendere la morte, che
forse sarà lontana, non vivere come se l’incontro avvenisse adesso? Adesso ti
incontro, adesso ti amo”. (Dai detti dei
padri del deserto di Scite, 76)
Tempo fa, pensando che tra qualche mese la mia 'vita attiva e produttiva' avrà termine mi sono detto: E dopo inizierà il best project della mia vita. Metter mano alla santità.
RispondiEliminaQuesto post mi ha rimesso, come direbbero i carrozzieri, 'in dima'. Perchè questo 'progetto' abbia i presupposti per il successo è bene che il kick-off inizi bene cioè: adesso.
Grazie.
Buona giornata.