“Dopo aver
fondato ed edificato la chiesa, gli apostoli Pietro e Paolo trasmisero a Lino
la carica dell’episcopato. Anacleto successe a Lino. Dopo di lui, al terzo
posto, partendo dagli apostoli, fu Clemente ad avere l’episcopato. Egli aveva
conosciuto gli apostoli ed era stato in relazione con loro. Egli aveva ancora
negli orecchi la risonanza della predicazione degli apostoli e dinanzi agli
occhi la loro tradizione. E non era il solo, poiché vivevano al suo tempo molti
che erano stati istruiti dagli apostoli”. Così Ireneo nel suo scritto Contro
le eresie.
Papa Clemente, di cui oggi celebriamo la memoria, divenne
famoso per la sua lettera ai Corinzi, litigiosi allora come anni prima al tempo
di Paolo. Sempre sant’Ireneo scrive: “Sotto Clemente nacque una grande
divergenza tra i fratelli di Corinto. La chiesa romana scrisse ad essi una
lettera efficacissima per richiamarli alla pace e ravvivare in essi la fede e
la tradizione che da poco avevano ricevuto dagli apostoli”.
Chi viene a Roma non
può mancare la visita alla basilica a lui dedicata nel IV secolo sul colle
Celio a Roma una basilica. Dopo essere stata devastata da un incendio nel 1084,
fu riedificata sulle antiche rovine. Sotto la sua abside gli scavi
ottocenteschi hanno fatto scoprire parti della basilica originale, con dipinti
murali anteriori al 1084 e sotto ancora case dell’antica Roma e un bellissimo
mitreo. Gli affreschi raccontano gli ultimi anni leggendari di Clemente, che sarebbe
stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio.
Come è noto in uno di questi
affreschi si trovano forse le prime parole della nascente lingua italiana, anche
quasi romanesche, pronunciare, come in un fumetto, dal perfido Sisinium: «Fili
de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo,
Carvoncelle!» (Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate!
Carvoncello, spingi da dietro con il palo). Non è il massimo della letteratura
italiana… meglio
aspettare il Cantico delle creature di san Francesco, o tornare a leggere la
stupenda lettera di Clemente: “Le più piccole membra
del nostro corpo sono necessarie e utili all’intero corpo, anzi tutte operano
insieme e a vicenda si sottomettono, affinché tutto il corpo sia salvo. Tutto
il nostro corpo perciò sia conservato in Cristo Gesù e ciascuno si sottometta
al suo prossimo secondo il dono della grazia a lui assegnato”; “Ciascuno si sottometta al suo prossimo,
secondo la grazia in cui fu posto. Il forte si prenda cura del debole, e il
debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero benedica Dio
per avergli dato chi supplisce alla sua indigenza”. Ancora 70 anni dopo, a Corinto, il documento veniva letto pubblicamente
nelle riunioni eucaristiche domenicali, insieme alle Scritture.
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