sabato 24 novembre 2012

Il Museo Etnologico e la Chiesa esperta in umanità


La presentazione del catalogo si tiene in un ambiente prestigioso, nientemeno che nella grande sala della Pinacoteca dei Musei Vaticani, proprio dove è esposta la Trasfigurazione di Raffaello, assieme ad altre delle sue opere. Valeva la pena venire anche solo per sedersi davanti al capolavoro di Raffaello e ammirarlo con calma, quasi a lasciarsi trasfigurare con il Signore stesso.
La raccolta che costituisce il museo iniziò con i primi sei doni d'epoca precolombiana, offerti al papa bel 1692, proveniente dal nuovo mondo. Da allora la collezione si è arricchita con sempre nuovi apporti. Tutti i continenti vi sono rappresentati e di tutte le culture: buddiste e indu, degli aborigeni australiani, dell’Africa…
Alla presentazione mi pare di essere l’unico prete. Per il resto sono ambasciatori e studiosi, richiamati dall’evento: la pubblicazione del primo catalogo del Museo Etnologico dei Musei Vaticani, che presenta 3000 delle 80.000 opere ivi conservate.
Apre l’incontro il card Lajola, quindi la parola passa al direttore dei musei Vaticani, quindi al card. Ravasi e infine al direttore del Museo etnologico.
Ravasi parla naturalmente della cultura, attraversando i veri termini, dall’humanitas dei latini alla paideia dei greci, fino alla parola cultura dei tedeschi del 1500, gradualmente trasformata in concetto antropologico. Il passaggio dell’impiego di questa parola al plurale, le culture, indica il passaggio dalla convinzione radicata dell’esistenza di una sola cultura, fondamentalmente quella europea, greco romana, alla scoperta dell’esistenza di una pluralità di culture, a cominciare da quella ebraica, fino a quella persiana del vicino oriente, poi a quelle del lontano oriente, dilatandosi sempre più su tutta intera l’umanità.
Ravasi non poteva poi non parlare di come la Bibbia, lungo la sua storia millenaria, abbia assunto la varie culture dei popoli attorno. Con l’Incarnazione infine la Chiesa si è aperta su tutti i popoli: “Cristo è il Logos – diceva Giustino – e tutti quelli che vivono il Logos, come Socrate, Eraclito e tanti altri, sono cristiani”.
Quando nacque il Museo, in pieno periodo colonialista, Pio XI volle che assieme a Raffaello e Michelangelo ci fossero anche gli aborigeni dell'Australia; forse perché papa Ratti, prima d’essere papa, era stato prefetto dell'Ambrosiana  di Milano (come Ravasi), dove sono raccolte esotica e mirabilia: era insomma un persona dai grandi orizzonti e interessi; anche per questo forse divenne il “papa delle Missioni”, il granxde ammiratore degli Oblati, che definì “Gli specialisti delle missioni difficili”.
Il Papa fondò il Museo Missionario Etnologico il 12 novembre 1926, alla chiusura dell'Esposizione Universale Missionaria, che lo stesso Pontefice aveva voluto in occasione dell'Anno Santo del 1925. A quella esposizione contribuirono tutte le società missionarie. Gli Oblati portarono a Roma da tutto il mondo centinaia e centinaia di casse con i più vari oggetti, che poi entrarono a far parte del museo. La sezione dell’esposizione riguardanti libri e documenti fu affidata a un Oblato,  Padre Roberto Streit.  Arrivarono a migliaia tavole geografiche, grammatiche e vocabolari delle lingue indigene, catechismi, storie sacre, commenti teologici, e libri riguardanti la storia della religione, la topografia, l’etnografia dei paesi di attività missionaria; tutto fu donato al papa e costituì l’attuale Pontificia Biblioteca Missionaria; p. Streit divenne il primo bibliotecario. 
La prima sede del Museo su nel Palazzo del Laterano dove è rimasto sino al 1963. Nel 1973, sotto il pontificato di Paolo VI, il Museo fu allestito nell'attuale sede in Vaticano.
L’attuale direttore, p. Mapelli del PIME, ci illustra il catalogo e ci parla della nuova ristrutturazione del Museo, del collegamento con tanti altri musei nelle più varie parti della terra, dei viaggi compiuti da lui e dai suoi collaboratori per trovare la documentazione, del battaglione di donne studiose che lavorano nei vari lavoratori, e che per l’occasione sono lì presenti, tutte giovani.
Infine ecco finalmente l’inaugurazione delle nuova sede del Museo, sempre all’interno dei Musei Vaticani. Camminiamo insieme per le diverse stanze dove tutto è arredato con gusto e in maniera modernissima. I reperti sono spesso i più antichi al mondo e certamente i meglio conservati. Sì dà voce ai popoli, si raccontano le loro esperienze, si celebrano le persone che stanno dietro gli oggetti. Il reperto più antico, una pietra lavorata milioni di anni fa, proveniente dal Sud Africa. 20.000 gli oggetti preistorici. 3.000 le foto.
Il Museo è la testimonianza dell’interesse, dell’amore, del rispetto della Chiesa per tutte le culture, ossia per l’umanità! “La Chiesa è esperta in umanità” diceva Paolo VI. 

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