Alla riuscita teatrale ha contribuito in maniera
determinante la coreografia, lì fissata da più di 500 anni negli stradinari
affreschi di Tommaso di Pietro del Trombetto. La crocifissione soprattutto, che
domina la sala, mi ha attratto durante l’intero spettacolo. Non è la scena
drammatica che siamo soliti vedere. È piuttosto una contemplazione del frutto
della passione e morte del Cristo. Tutti personaggi, gli angeli, Maria,
Giovanni, la Maddalena, Gesù stesso, sono avvolti da una serenità di Cielo. Potrebbe
essere una Trasfigurazione, invece che una Crocifissione, o una Ascensione. Il
Gesù in croce è giovane, bello, composto, irradiante luce taborica che si
irradia sugli altri attorno a lui.
Mentre si svolgeva la rappresentazione continuavo a
guardare l’affresco e mi pareva che le voci degli attori venissero da lì. Quel
Cristo in croce, espressione dell’amore sommo, annuncio di resurrezione e di
vita nuova, continua a parlare ancora, a rivolgerci parole di vita, che vengono
dalla vita, spingono a vivere, danno vita. Che non sia anche questa una maniera per una “nuova
evangelizzazione”?
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