Da Gesù era appena uscita una “forza” che aveva risanato la donna
ammalata da dodici anni; forza capace di tutto, di sedare le tempeste, di
guarire ogni sorta di malattie e infermità, di vincere e cacciare il diavolo;
forza capace di annientare la morte e ridare la vita.
“Non temere”, sussurra al papà a cui è annunciata la morte della
figlia. Quale annunciò più straziante, disperazione più grande? L’ha ripetuta
tante volte questa parola, “non temere”. La prima volta ad Abramo, quando si
sentiva solo e scoraggiato, poi ad Isacco, a David, a Elia ogni volta che le
avversità e le prove si abbattevano su di loro e li lasciavano nello sconforto
e nella disperazione. La ripete ai discepoli spauriti e scoraggiati: “Non
temere, piccolo gregge…”.
La ripeterà anche a noi? Una difficoltà, un compito superiore alle
nostre forze e capacità, un fallimento, un incidente, una malattia, una morte…
Ci assale la paura, l’angoscia ci attanaglia. Cosa fare, come fare? Ed ecco la sua
voce: “Non temere, soltanto abbi fede”. È la nostra certezza. Con lui tutto è
possibile.
È morta di nuovo la bambina dodicenne, forse in età avanzata, dopo
aver potuto narrare per tanti anni la sua storia. Ma la sua risurrezione è il
segno della nostra risurrezione, di quella forza di Gesù che ci porta al di là
delle inquietudini, dei mali e della morte, nella pienezza della vita vera, che
non finisce mai.
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