Yogyakarta, 7 giugno 2024
Devo interrompere la cronaca del viaggio in Indonesia perché
domani sono 80 anni dalla morte di p. Armando Messuri, avvenuta a Marino l’8
giugno 1944: era la festa del Corpus Domini. 12 giorni prima, la notte di
Pentecoste, due malviventi, in quel clima di terrore e di anarchia degli ultimi
giorni di guerra, gli avevano sparato e l’avevano lasciato sulla strada
credendolo morto. Il 17 giugno prossimo a Marino ci sarà la celebrazione
commemorativa.
In questi giorni, in viaggio, ho letto la sua biografia
scritta 50 anni fa, nel 1973, da p. Drago e completata da p. Liuzzo. Non l’avevo
mai letta prima, eppure lo scolasticato di Vermicino, dove eravamo arrivati a
giugno di quell’anno, era a lui dedicato, così come la casa di Marino che custodisce
le sue spoglie. Chissà perché quel libro è rimasto intonso per 50 anni… La
figura di p. Messuri, conoscendolo solo per sentito dire, m’era rimasta sempre
un po’ scialba. La lettura del libro è stata per me una rivelazione.
È un santo! Non so se sarà mai riconosciuto tale dalla Chiesa,
ma non è importante: è un santo! (l’ha detto anche p. Pio!!!). Lo è diventato lentamente
e sempre più decisamente.
Niente lo faceva immaginare. A parte la sorella più grande, un’altra
vera santa, morta a 19 anni il giorno dell’Assunta, come aveva chiesto alla
Madonna, non c'erano segni particolare. Armando appariva troppo “normale” per far pensare che sarebbe
diventato santo. Le note dei suoi formatori sono inequivocabili al riguardo:
niente di straordinario, una persona “normale”, timido, poco appariscente, con difficoltà
di apprendimento, sempre col mal di testa, anemico… Non diversamente lo ricordano
i compagni. Una volta divenuto prete anche solo preparare un’omelia è un’impresa.
Come mai a un certo punto scatta qualcosa che trasforma
questo uomo in un santo? Si avverte una accelerazione continua. A Santa Maria a
Vico prima, e Oné di Fonte poi, comincia con i giovani e questa persona un po’
insignificante acquista una attrattiva straordinaria. Dopo concentra la sua attenzione
sulle famiglie in difficoltà (e quale famiglia non ha difficoltà…).
Una volta mandato a Marino, accanto alla pastorale con i
giovani, gli viene affidata quella con le suore di diversi conventi, verso le
quali mostra una straordinaria capacità di accompagnamento spirituale, una
vicinanza che diventerà tangibile quando deve estrarre molte di loro dalle macerie
dei bombardamenti, ad Albano come a Marino. Infine l’aiuto alla gente, la
vicinanza a tutta Marino, in quel terribile periodo di guerra fatto di distruzioni,
paure, fame, odio... Senza mai riposo, giorno e notte, incurante del pericolo.
Cos’è che l’ha fatto diventare santo? I bisogni della gente,
il loro grido di aiuto, le sofferenze che vedeva attorno a sé. Ha dimenticato
se stesso, la sua pochezza, la sua timidezza e si è buttato verso gli altri, mettendosi
a totale servizio di tutti. Ha saputo ascoltare e rispondere agli appelli, come
vuole la nostra Regola: “La nostra missione è quella di andare prima di tutto
verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza
che solo Cristo può dare pienamente” (C 5). Gli Oblati “sentono e fanno sentire
il grido di chi non ha voce” (C 9).
È la gente che lo ha fatto diventare santo, come dice ancora
la Regola: “Lavorando con i poveri e con gli emarginati, ci lasceremo
evangelizzare da loro, poiché spesso ci fanno capire in maniera nuova il
Vangelo che annunciamo” (R 8).
Oggi, Festa del Sacro Cuore, mentre leggo i testi della
liturgia, mi pare di vedervi rispecchiato l’opera di padre Messuri, che mi
appare come un altro Gesù che ha saputo amare fino a dare la vita…
Grazie p.Fabio per avermi fatto scoprire un altro grande Santo Oblati.Quanta ricchezza della nostra storia non ancora raccontata.Grazie ancora
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