venerdì 28 giugno 2024

La Chiesa del cenacolo... in uscita

“Sapevo che ero amato da Dio. In questi giorni l’ho sperimentato!”. Così uno di quelli che stanno seguendo il ritiro qui al Celio. “Tutto mi ha portato a fare questa esperienza, le catechesi, la preghiera… All’inizio sono rimasto un po’ sconcertato vedendo che il programma prevedeva un momento di condivisione, inusuale durante gli esercizi. Invece è stato utilissimo…”.

Proseguiamo con la contemplazione del Chiesa del cenacolo:

La Chiesa del cenacolo è il luogo permanente della presenza del Signore risorto, dove lo si può incontrare, riconoscere nella fede, sperimentare e proclamare “Signore mio, Dio mio” in una benedizione e lode perenni. Un’esperienza che non può essere taciuta, ma che domanda di essere condivisa con tutti. La Chiesa è una Persona, quella di Cristo presente tra i suoi, fatti lui da questa presenza.

La Chiesa del cenacolo è mariana. La presenza nel suo seno della Madre del Signore è segno della piena accoglienza del dono di Dio, della Parola e dell’Eucaristia. Assicura il primato dell’ascolto, del carisma, del sacerdozio regale, della laicità del popolo di Dio, della sua essenziale componente femminile.

La Chiesa del cenacolo è carismatica, avvolta dal fuoco dello Spirito Santo. Niente meglio della Lumen gentium n. 4 ha saputo sintetizzare la presenza e l’opera dello Spirito nella Chiesa: egli inabita in essa e nel cuore dei fedeli «come in un tempio (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19), in essi prega e attesta la loro condizione di figli adottivi (cf. Gal 4, 6; Rm 8, 15-16 e 26). Egli guida la Chiesa verso la verità tutta intera (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la costruisce e la dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici, e la arricchisce dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1 Cor 12, 4; Gal 5, 22). Con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, la rinnova continuamente e la conduce all’unione perfetta col suo Sposo. Infatti lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: Vieni! (cf. Ap 22, 17)».

La Chiesa del cenacolo è una famiglia, con un solo cuore e una sola anima, unita attorno alla mensa della parola e dell’Eucaristia, pronta alla condivisione dell’esperienza di fede e di beni materiali. Una famiglia che mantiene rapporti veri e semplici tra tutti i suoi membri, come quella che si viveva nelle case di Giovanna madre di Marco, a Gerusalemme, di Aquila e Priscilla a Corinto e a Roma, dove c’era anche la comunità che si riuniva nella casa di Narciso, di Filòlogo e Giulia, Nereo e Olimpias.

La Chiesa del cenacolo deve continuare a essere una famiglia, che sa accogliere sempre nuovi membri provenienti da culture e nazioni diverse, aperta alla diversità dei riti e delle espressioni popolari e colte. Una famiglia “cattolica”, che valorizza le tradizioni del passato senza imporle, rimanendo aperta al nuovo, credendo nella ricchezza della pluralità.

La Chiesa del cenacolo è obbediente al comando di andare e di condividere l’esperienza del Signore Risorto, fiduciosa non nelle proprie risorse, ma nella grazia. È “Chiesa in uscita”.

In quest’ora in cui la Chiesa sta perdendo credibilità e sembra soccombere sotto il peso degli scandali, quando il Papa, suo segno visibile di unità, viene criticato e rifiutato, la tentazione è la stessa degli apostoli: rinnegare e fuggire. Chiesa in uscita è condividere l’umiliazione di Cristo, la sua angoscia nel vedersi tradito, rifiutato, abbandonato. «Volete andarvene anche voi?», sembra ripetere Gesù (Gv 6, 67). Chiesa in uscita è far proprio l’invito della Lettera agli Ebrei: «Usciamo dunque verso di lui fuori dell'accampamento, portando il suo disonore» (Eb 13, 13). 

«Nata dal sangue di un Dio che muore sulla croce – scriveva sant’Eugenio de Mazenod ai suoi fedeli di Marsiglia –, [la Chiesa] avrà un’esistenza conforme alla sua origine e sempre, tanto sotto la porpora come nelle galere, porterà la croce dolorosa, dove è sospesa la salvezza del mondo. Indissolubilmente unita a Gesù Cristo, calunniato, perseguitato, condannato dagli ingrati che voleva salvare, camminerà con costanza sino alla fine dei secoli nella via delle sue sofferenze e in un’unione ineffabile che l’inferno fremente di rabbia proverà incessantemente a turbare; dovrà sempre lottare, come il suo sposo divino che è anche il suo eterno modello, contro tutti gli errori e tutte le passioni scongiurate, e sostenere i diritti eterni di Dio, che sono la verità e la giustizia» (Lettera pastorale, 19 gennaio 1845).

Al termine della vita, nella sua ultima Lettera pastorale del 16 febbraio 1860, sant’Eugenio cantava il suo inno d’amore a Cristo e alla Chiesa, indissolubilmente compenetrati l’uno nell’altro: «Come è possibile separare il nostro amore per Gesù Cristo da quello per la sua Chiesa? Questi due amori si confondono: amare la Chiesa è amare Gesù Cristo e viceversa. Si ama Gesù Cristo nella Chiesa perché essa è la sua sposa immacolata uscita dal costato aperto sulla croce, come Eva è uscita dal primo Adamo».

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