Evangeliario di Echternach (VIII secolo) |
«C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e
tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome
Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe» (Lc, 16, 19-30).
Lazzaro.
È l’unico personaggio delle molte parabole a cui Gesù dà un nome. E non è
certamente un nome che spunta lì a caso. È il nome dell’amico di Gesù che è
davvero risorto, come il povero della parabola.
Viene
naturale fare il confronto con l’uomo ricco che invece è senza nome.
Tutto
il contrario di quando avviene abitualmente: chi è ricco e ha potere si fa un
nome, che è povero e insignificante non lascia traccia di sé nella storia.
Forse
è proprio questo l’insegnamento di Gesù.
La parabola è infatti collocata in un
contesto preciso: Gesù, rivolgendosi ai farisei attaccati al denaro, aveva
appena detto: “Ciò che tra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole”
(Mi dispiace, ma questa gliel’aveva insegnato la mamma! Nel Magnificat aveva cantato: “Ha rovesciato
i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote”). La parabola ne è un esempio concreto: c’è
un riccone che tutti esaltano e c’è un poveraccio che non è nessuno. Ma questo
è come si vedono le cose dal basso, secondo l’opinione pubblica, è quello che
dicono i mass media. Dall’alto le cose si vedono in altro modo e la storia si
capovolge.
I
mezzi di comunicazione, che condizionano il nostro modo di vedere e di
giudicare, ci fanno vedere sempre e solo la prima parte della parabola, ma è
una storia che dura poco. La seconda parte della parabola si svolge altrove e
non si può registrare, neppure di nascosto, con un telefonino, ed è la storia
vera, che dura per sempre.
Chissà
che ascoltando il Vangelo di questa domenica non impariamo davvero a guardare
le cose con occhi diversi, come le guarda Dio: “Ciò che tra gli uomini viene
esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole” (16, 15).
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