giovedì 19 settembre 2019

Il libro


Quasi quasi preparo uno dei miei soliti libretti a tiratura 10-20 copie per gli amici stretti. Mi sono infatti capitati tra mano i racconti di incontri fatti una ventina d’anni fa con tante persone in tante parti del mondo. Li ho riletti con gioia, ricordando tutti e ognuno come fosse adesso. Tra gli atri c’è addirittura… l’incontro con un libro!

Era rimasto sullo scaffale per vent’anni esatti. Sicuramente l’aveva comprato p. Giovanni, o forse glielo aveva regalato l’autore (lui, p. Giovanni, ne conosce di biblisti! è un po’ il papà di tutti i biblisti italiani).
Un libro senza tante pretese, in quanto a grafica, ma di contenuto semplice e profondo. Appena era arrivato nella grande biblioteca si era sentito onorato: qualcuno gli riconosceva il valore di cui era consapevole. Pregustava il calore delle palme che lo avrebbero accolto e la carezza delle dita che voltano i fogli. Si aspettava che qualcuno lo prendesse subito in mano, sfogliasse con calma le sue pagine, leggesse con attenzione i caratteri che gli erano stati stampati sopra. Sentiva già lo sguardo che lo avrebbe scrutato, riga per riga. Era sicuro che dopo un po’ il lettore lo avrebbe socchiuso, tenendogli dentro l’indice per segno, e lo avrebbe adagiato con cura sulle ginocchia. Quindi, trascorso un adeguato tempo di meditazione, sarebbe stato nuovamente aperto e ancora sfogliato.
Ma per quanto fosse lì in bella mostra, nessuno si accorgeva di lui.
All’inizio ne fu irritato. Si ricordò tuttavia che una delle qualità del libro è la pazienza. Non è mica come un programma televisivo che si consuma in un attimo. No no, il libro deve stare lì, disponibile, per essere letto a tempo opportuno. Non c’è fretta per un libro.
Intanto passavano gli anni e nessuno lo degnava di uno sguardo. Il libro si scoraggiò, infine si rassegnò: poteva tranquillamente lasciarsi scivolare in letargo. Nessuno avrebbe più pensato a lui. Ci sarebbero state ulteriori edizioni, nuovi studi e lui certamente sarebbe andato fuori moda. (Eppure una vocina dentro gli diceva: può mai un libro andare fuori moda? un libro serio come sei tu?).
Quando qualcuno, raramente, gli passava davanti, si svegliava appena appena dal letargo, senza agitarsi troppo. Allora si rendeva conto, con pacata tristezza, che in lui non rimaneva più traccia delle velleità giovanili. C’era soltanto il lento passare degli anni, il buio della biblioteca, la polvere che lenta e inesorabile lo andava ricoprendo, l’incuria del bibliotecario. Ormai ne era certo, non si sarebbe più mosso da lì (e difatti era quasi incollato con i due libri che da anni gli si erano pressati contro).
  
Era un libro che cercavo da tempo. L’ho visto per caso un giorno che sono passato da quelle parti. L’ho preso senza dire niente a nessuno. Sai come si fa con i libri, si prendono in prestito…
Il vecchio libro deve essere rimasto sorpreso, meravigliato che qualcuno pensasse ancora a lui. Anzi, a dire il vero lì per lì c’è rimasto anche male. Era contento di rimanersene pigramente sullo scaffale. Zitto zitto, buono buono, si era proprio adagiato; in fondo ci stava bene in quella rassegnazione triste. Non gli interessava più la vita, gli bastava non morire, che non lo mandassero al macero (era sicuro che mai gli sarebbe capitata una fine così miserevole: era entrato in una biblioteca seria, dove cose del genere non si fanno!).
Quando si sentì strappare dallo scaffale, sul quale era sicuro di rimanere per l’eternità, ebbe un sussulto. Un fremito di paura gli percosse il dorso da cima a fondo e ravvivò i colori già un po’ sbiaditi con il nome dell’autore e il titolo dell’opera. Ora, pensò, metteranno all’aria le mia pagine… Soffiai su per togliere la polvere e lui gemette: Non sono abituato a respirare a pieni polmoni.
Era ben rilegato, ma quando lo aprivo emetteva lievi lamenti. Il dorso non si era mai mosso prima di allora e scricchiolava penosamente. Dopo tanto tempo passato nella penombra della biblioteca gli costava stare alla luce. In fondo in fondo però si sentiva che era contento di essere tenuto tra le mani. Non era nato per essere letto?

L’ho letto tutto, con calma, proprio come lui si era sognato quando era uscito dalla tipografia, fresco di stampa. E quando lo tenevo socchiuso, con il dito tra le pagine, e lo dimenticavo per lasciarmi condurre là dove lui voleva, lo sentivo gongolare.
Però gli ho fatto fare una vitaccia e questo lui non se l’aspettava. L’ho portato con me in giro per il mondo e lo tiravo fuori nei momenti e nei luoghi meno adatti. Così si è sgualcito e anche un po’ sporcato. E guarda caso, più smetteva di essere un libro nuovo di zecca più era contento. Alla fine gli piaceva più diventare un libro usato e bistrattato che starsene bello tranquillo in biblioteca come aveva fatto per tanti anni.
Ora che ho finito di leggerlo l’ho rimesso su uno scaffale. Non quello antico dove l’avevo trovato, ma quello della mia stanza, più arioso e luminoso (non chiedermelo indietro, p. Giovanni, per favore…). Vedo che ogni tanto si appisola, ha ritrovato la sua quiete, ma non è più il libro di prima: finalmente si sente realizzato! Si è dato.
Quando casualmente lo sfioro con la mano, alla ricerca di altri libri di Sacra Scrittura, ha un sussulto di gioia. C’è un segreto sguardo d’intesa.


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