21 novizi
fanno i primi voti, 50 giovani rinnovano i loro voti temporanei, 14 i voti
perpetui: Maria, nella sua festa, ha raccolto per gli Oblati una bella messe.
Lungo
le strade della capitale, sotto un cielo che minaccia pioggia, i pulmini fanno
la spola tra lo scolasticato e la parrocchia degli Oblati, dedicata all’arcangelo
Raffaele e a Tobia.
Negli
spazi attorno alla chiesa c’è già aria di festa. Faccio due passi nel quartiere
per avere almeno una prima idea superficiale di dove ci troviamo. I soliti bambini
con i dieci litri d’acqua sulla testa, le pentole che iniziano a cuocere riso e
polenta, persone che tornano dalla messa appena terminata, taxi sgangherati che
si arrampicano su sentieri sassosi e melmosi. Una signora, vedendomi passare mi
chiama “padre”, mi abbraccia e mi fa gli auguri, onorata di avermi sullo
spiazzo davanti alla sua casa.
Gli
Oblati sono qui da 30 anni, con la loro chiesa grande ed essenziale, e un
labirinto di stanze parrocchiali per le iniziative più varie.
La
messa dura tre ore e mezza. Tutti tranquilli, come fosse la cosa più normale (e
forse qui lo è). Una schiera di chierichetti e chierichette per ognuno di quali
hanno trovato qualcosa da fare. Una corale potente e colorata accompagna la
liturgia, seguita dal ritmo delle mani e dalle movenze ritmiche dell’assemblea.
I
bambini stanno nella parte alta della chiesa, tranquilli, anche loro presenti
dall’inizio alla fine…
Il
Vangelo della domenica sembra scelto per loro: «Se uno viene a me e non mi ama
più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le
sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
La gente
vuol loro bene. Quelli che vengono da più lontano – Madagascar, Guinea Bissau,
Congo, Nigeria – sono stati “adottati” da famiglie del posto che li fanno
sentire a casa. Da ognuno di questi Paesi è venuto un Oblato per condividere il
momento di festa. Per il Senegal-Guinea Bissau c’è Claudio Carleo, qui da un
mese per accompagnare i novizi di quella regione.
Su tutti
domina – anche per l’altezza e la mole! – Eduardo, il provinciale, gigante
buono.
Come
suonano bene e vere, alla fine della cerimonia, le parole rivolte ai nuovi
Oblati “armati” del grande crocifisso appena consegnato loro: “Adesso tra noi
tutto è comune!”.
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