Questi giorni, ascoltando le storie di tanti dei
nostri giovani, mi è venuto da pensare: piuttosto che avere una storia, siamo
una storia, ove ognuno è un unicum plasmato dalla propria storia.
“Quanti siete in famiglia?”, domando. “Una
cinquantina”. È una famiglia tradizionale, un padre con più mogli, ognuna delle
quali con la propria casetta disposta in cerchio con le altre con in mezzo il
cortile comune. Come è arrivato a farsi Oblato?
Un altro viene da un villaggio completamente
animista. Quando vengono a sapere che vuole diventare cristiano decidono di
eliminarlo. Fugge e inizia un’avventura epica che nel giro di una decina di
anni poterà tutta la famiglia alla Chiesa. Come è arrivato a farsi Oblato?
Un altro proviene dal Togo, dove non ci sono gli
Oblati. Come è arrivato a farsi Oblato?
“Ieri hai festeggiato il tuo compleanno, sei
contento?”. “Avrei voluto sentire mio padre che mi dice: Buon compleanno. Non me l'ha detto, non me l'ha mai detto. Non
ho mai conosciuto mio padre, non ho mai avuto un padre…”. Come è arrivato a farsi Oblato?
Le storie, una dopo l’altra, mi passano davanti con
volti diversi come diverse sono le storie.
Mi torna alla mente la canzone di Giorgio Gaber:
Com’è bella la città
Com’è grande la città
Com’è viva la città
Com’è allegra la città…
E potrei continuare con parole mie che dicono il
caos della città, l’affollamento lungo le strade, la musica a tutto volume, il
debordare dei mercati, le mercanzie sparse per terra, gli ingorghi, i colori
e continuare a cantare:
Com’è bella la città
Com’è grande la città
Com’è viva la città
Com’è allegra la città…
Dicono che Yaoundé poggi su sette colle, come Roma, ma sono sette, quattordici, ventuno e molti altri ancora. Ed è circondata da altrettanti colli sui quali si arrampicano, fino a mezza costa, casupola tirate su alla meglio, senza alcun criterio urbanistico. Colli biturzoluti, rozzi, non ancora levigati dal tempo e dalla mano dell'uomo, coperti di verde, anche sulle rocce scoscese. Con un fascino che ammalia. Offrono sempre nuovi squarci di panorama. Così diversa dalle nostre città
Com’è bella la città
Com’è grande la città
Com’è viva la città
Com’è allegra la città…
Quanta gente per le strade, sulle grandi arterie
fiancheggiate dalle sedi istituzionali, su quelle crivellate di buche, su quelle
che si riducono a sentieri fangosi e si fanno labirinti tra le case e le
baracche. Quanta gente. In più di 10 giorni che sono qui continuo a non vedere
un solo bianco. Ammiro i volti neri, fini, grossolani, giovani, levigati dagli
anni, e i vestiti eleganti, logori, puliti, sporchi, e le scarpe lucide dalle
punte lunghissime, le ciabatte sgangherate…
Quanta gente. Prendo di mira una persona alla volta,
poi un’altra… Su ogni volto intravedo affetti, relazioni, sogni, stenti, delusioni,
speranze… Ognuno è unico, ognuno una storia che varrebbe la pena raccontare, ascoltare,
tramandare.
Non conosco, nessuno eppure Dio conosce ognuno e la
storia di ognuno, che di ognuno fa un unicum irripetibile, prezioso, divino.
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