È un episodio notissimo. L’ha
ricordato anche papa Francesco in una sua omelia (10 dicembre 2015). Ma forse
vale la pena ascoltarlo ancora una volta.
In una notte di Natale, mentre
stava a Betlemme nella grotta accanto a quella della Natività, il grande san
Girolamo vide apparirgli Gesù Bambino che gli chiede un regalo di Natale!: “Non
hai niente da darmi nel giorno della mia nascita?”. “Ti do il
mio cuore”, gli risponde con slancio. “Va bene – gli dice
Gesù Bambino – ma desidero ancora qualche altra cosa”. “Ti do le
mie preghiere”. “Va bene ma io voglio qualcosa di più”.
E avanti con questo dialogo. A Girolamo non mancavano certo i doni da fare al
suo Gesù, dalle penitenze a tutto il lavoro per la traduzione della Bibbia in
latino. Ma Gesù, in questo gioco di domande e risposte, non si mostrava mai
soddisfatto, fin quando Girolamo dovette arrendersi: “Non ho più niente,
che vuoi che ti dia?”. È allora che Gesù gli chiede il dono che più si
aspetta: “Dammi i tuoi peccati, dammi i tuoi peccati, o Girolamo, perché io
possa avere la gioia di perdonarli ancora!”.
Chissà che non sia soltanto una
leggenda. Ma è di pochi anni fa una richiesta simile, rivolta questa volta a
una donna, santa Faustina, che nel suo diario riporta ciò che Gesù le dice in
una delle sue apparizioni: “Dammi i tuoi peccati perché io possa bruciarli
nel fuoco del mio amore, avere la gioia di perdonarli e di stringerti al mio
cuore”.
Chissà perché è proprio questo il
dono che Dio desidera maggiormente da noi. Forse perché i peccati sono quello
che abbiamo di più nostro! Il resto è tutto suo.
È contento che gli doniamo i
nostri peccati perché è venuto sulla terra proprio per prenderli su di sé, come
ci ricorda un Prefazio della Liturgia: “… Nella sua vita mortale egli passò
beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancora oggi
come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello
spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della
speranza”.
Sant’Ambrogio afferma addirittura
qualcosa che potrebbe suonare strano, e che invece tradisce la sua esperienza
d’uomo perdonato: “Il Signore Dio nostro creò il cielo e non leggo che si
sia riposato; creò la terra e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la
luna, le stelle, e non leggo nemmeno allora che si sia riposato; ma leggo che
ha creato l’uomo e che a questo punto si sia riposato, avendo un essere a cui
rimettere i peccati”.
Si sono date tante definizioni
dell’uomo ma questa credo sia veramente inedita: “uomo perdonabile”. È una
definizione dell’uomo che porta alla definizione di Dio come “misericordia”.
Così sant’Ambrogio arriva a dire,
parlando di sé: “Non mi glorierò perché sono giusto, ma mi glorierò perché
sono redento. Mi glorierò non perché sono vuoto di peccati ma perché i peccati
mi sono rimessi… Anch’io ero piagato dalle passioni: ho trovato un medico che
abita in cielo ed effonde la sua medicina sulla terra: egli solo può risanare
le mie ferite, perché non ne ha di proprie. Egli solo può cancellare il dolore
del cuore, il pallore dell’anima, poiché conosce i mali nascosti”.
Arriviamo dunque alla nostra
beatitudine, o meglio a una sequenza infinita di beatitudini che attraversano
tutta la Bibbia: beato chi perdonato dal Signore. Forse ci basta ricordare come
la formula Paolo, per ben tre volte consecutive, nella lettera ai Romani: “Così anche Davide proclama beato
l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere” (4, 6); “Beati
quelli le cui iniquità sono state perdonate e i peccati sono stati ricoperti” (4,
7); “Beato l’uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!” (4,
8).
Non siamo beati perché siamo
bravi. No, non ci salviamo da noi stessi, con le nostre “buone opere”. Siamo
beati perché il Signore ci rende continuamente nuovi con il suo infinito amore
di misericordia, come ripetono in continuazione i salmi; basterà ricordarne uno
tra i tanti: “Egli
perdona tutte le tue colpe, / guarisce tutte le tue malattie…
Non ci tratta secondo i nostri peccati, / non ci ripaga secondo le nostre colpe… Come dista l’oriente dall’occidente, / così allontana da noi le nostre colpe… Perché egli sa di che siamo plasmati, / ricorda che noi siamo polvere” (102, 3.10.12.14).
Non ci tratta secondo i nostri peccati, / non ci ripaga secondo le nostre colpe… Come dista l’oriente dall’occidente, / così allontana da noi le nostre colpe… Perché egli sa di che siamo plasmati, / ricorda che noi siamo polvere” (102, 3.10.12.14).
Accettare il perdono di Dio è
forse una delle cose più difficili. Il pensiero dei nostri peccati torna tante
volte e non ci lascia nella gioia di andare avanti liberi. Ci ripiega su noi
stessi invece di aprirci completante agli altri e al futuro di Dio. Occorre
credere all’Amore.
Riconoscere
con sincerità il nostro peccato, confessarlo con fiducia, accogliere con
gratitudine il perdono. Ecco il dono che Dio si aspetta da noi, come
l’aspettava da san Girolamo.
Allora saremo beati
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