martedì 24 settembre 2019

La morte come compimento


Ieri abbiamo dato l’ultimo addio a sr. Evanice, nostra vicina di casa.
Come prima lettura ho scelto quella che la Chiesa ci aveva offerta alle lodi del mattino:
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12, 1).

Dicendo “i vostri corpi”, Paolo è come dicesse “offrite voi stessi”. “I vostri corpi” è un semitismo che indica la persona. Il riferimento al corpo è tuttavia appropriato, indica la concretezza e l’interezza della persona, con le relazioni, i rapporti, i contatti.
Quello che Paolo chiede a ogni cristiano è il dono integrale di sé e di tutto il proprio mondo interiore ed esteriore.

Mi è venuto da pensare alla nostra “oblazione”, la consacrazione che è all’origine della vita di ogni Oblato, ma anche di sr. Evanise.
Non avevo mai pensato, prima d’ora, che la morte è proprio il compimento dell’oblazione, l’offerta radicale e ultima del proprio corpo, come offerta vivente, santa e gradita a Dio, come il vero culto spirituale. È la possibilità di dire, con Gesù che muore, “Tutto è compiuto”.
Bella la morte come ultimo atto d’offerta, che invera tutta la vita portandola alla sua completezza.

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